ho visto le giornate gelate, crude invernali...quasi sparire dalla mia area...eppure la mia memoria che non è andata persa manco per niente mi ricorda che da ragazzino da Novembre a Marzo...c'èrano anche giornate in cui se non ti mettevi berretto e guanti.....congelavi sotto il soffio della tramontana romana...
ho visto le piogge atlantiche quelle estese e persistenti....rarefarsi..fino a quasi sparire...sostituite da rovesci temporaleschi anche in pieno inverno..
E' proprio perché non abbiamo perso la memoria..che siamo stupefatti dai cambiamenti che abbiamo vissuto.
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Ho imparato negli anni che discutere di meteo e cambiamenti climatici con chi si è avvicinato a questo hobby per amor di freddo e neve...alla fine è tempo perso.
Riprendo questo vecchio TD, poiché questi giorni ho curiosato su street view le foto di territori che conosco bene, ma che ultimamente non sono più riuscito visitare. La mia attenzione è stata catturata dall’incuria del territorio che ha raggiunto livelli mai visti. Basta andare a vedere l’immagine del ponte sul Po di Verolengo per vedere come la vegetazione, in assenza di onde di piena significative, si stia appropriando dell’alveo fluviale. Nei fiumi questo fatto determina diversi problemi concatenati, con un significativo aumento dell’altezza dell’onda di piena che, a sua volta, può determinare il cedimento delle infrastrutture di protezione progettate per eventi atmosferici ben peggiori. Riprendendo l’equazione del rischio che posterò al fondo del TD, in questo caso non si può dare la colpa al clima che cambia (H), ma è aumentata la Vulnerabilità del territorio (V); se poi ci mettiamo la costruzione di nuove aree residenziali, commerciali, industriali e infrastrutture nelle zone protette è aumentato anche E nell’equazione del rischio.
Ad esempio, lungo alcuni corsi d’acqua dopo l’alluvione del 2000 sono state costruite opere di protezione progettate per resistere ad eventi con tempi di ritorno di 200 anni. Nelle zone protette sono state poi costruite anche infrastrutture, immobili, ecc. ecc. All’interno del corso d’acqua, però, l’assenza di piene significative favorisce la formazione di aree arbustive ed arboree che, il giorno in cui arriverà un’onda di piena con tempi di ritorno di 180 anni, determineranno il suo rallentamento. Conseguentemente, con la riduzione di velocità dell’onda di piena, si avrà un aumento dell’altezza idrica
che andrà ad impattare su queste opere di protezione, progettate per proteggere da eventi meteo ben peggiori, ma che, probabilmente, cederanno sotto questa ‘spinta’.
L’altezza dell’onda di piena potrebbe poi venir amplificata dai detriti trasportati dall’acqua che, trovando un’infrastruttura o i suddetti arbusti cresciuti con il tempo all’interno dell’alveo, restano incagliati determinando l’effetto ‘diga’. Di conseguenza da un’esondazione fluviale con tempi di ritorno collegati all’evento, potremo avere un effetto amplificato con
tempi di ritorno ben più alti, nonostante non si sia modificata la pericolosità dell’evento. E non mettiamo nel ‘calderone’ anche l’impermeabilizzazione del territorio che anch’esso incide sull’aumento dell’acqua riversata nei fiumi
durante gli eventi meteo. Ovviamente anche i danni causati sarebbero esponenzialmente maggiori, oltre che per l’aumento della vulnerabilità del territorio, anche per l’aumento dei beni economici esposti al rischio.
Aggiungo una nota su quanto successo al Brennero l'altrasettimana… ho sentito chi tirava in ballo i cambiamenti climatici, però attraversare un passo alpino in pieno inverno oltre a 1000mslm con le ruote lisce ce ne vuole!!!
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