Visti gli eventi degli ultimi giorni e le notizie che sento dai media, vorrei riproporre nella stanza nazionale una mia idea espressa già 2 anni fa nel forum settoriale del Nowcasting.
Come premessa queste mie considerazioni sono prevalentemente centrate sugli eventi alluvionali, ma possono benissimo essere utilizzati anche per tornado o eventi simili. Questo perché magari dove 100 anni fa è passato un tornado distruttivo, ma nessuno l'ha segnalato perché ha tirato giù un po' di piante, oggi sono costruiti centri abitati ed industrie e se lo stesso tornado passasse oggi cosa succederebbe? Anche località come Dallas che sono in zone dove gli F5 sono di casa ad oggi nessun tornado è passato in centro la città, ma quando capiterà (e dagli studi che ho fatto all'Uni la probabilità c'è), quali saranno i risultati? Io preferisco non definirli.
Tornando alla mia idea espressa 2 anni fa, io, prima di prendere in considerazione il clima con i suoi cambiamenti a livello locale, prenderei in esame la cementificazione ed impermeabilizzazione dei suoli.
Prendiamo come esempio il triangolo Varese - Como - Milano ... Orbene, in questa zona il 70-75% di territorio è stato cementificato ed impermeabilizzato e, conseguentemente, nei fiumi, come l'Olona, si riversa moltissima più acqua rispetto ad un secolo fa. Alla fine si può studiare tutta la pioggia che cade su questo territorio, ma se i vari input dello studio dei tempi di corrivazione, dei tempi di ritorno e della portata del fiume non vengono aggiornati frequentemente, ovvio che un evento potrebbe risultare sempre eccezionale, nonchè creare danni sempre maggiori, perchè aumenta il rischio e non la pericolosità dell'evento meteorologico.
Tanto per dare un'idea ecco qualcosa che riguarda il rischio a livello matematico:
Rt = E×H×V
dove:
H (pericolosità): indica la probabilità che si verifichi, entro un assegnato intervallo di tempo ed entro una area assegnata, un fenomeno potenzialmente dannoso. Pertanto, il termine rischio idraulico, indicante la probabilità che in periodo di n anni, si presenti un evento uguale o superiore all'evento stimato con tempo di ritorno T.
V (vulnerabilità): indica il grado delle perdite arrecate ad un bene o ad una pluralità di beni (esposti a rischio), determinate dalla vulnerabilità del territorio, a seguito del verificarsi di un fenomeno naturale di assegnata entità. Si esprime con riferimento ad una scala di valori compresa fra 0 e 1.
E (elemento o bene a rischio): indica la popolazione, le proprietà, le attività economiche, inclusi i servizi pubblici che si trovano esposti al pericolo di un evento naturale in una determinata area. Il valore si esprime in €.
Rt (rischio totale): indica il numero atteso di morti, feriti, danni alle proprietà o interruzione di attività economiche a seguito di un evento naturale.
Ovvio se H resta invariato, quindi si ha un evento pluviometrico che si è avuto anche con tempi di ritorno ridotti, ed aumentano V (incuria del territorio) ed E (più case, più fabbriche, più infrastrutture) aumenta, di conseguenza, anche Rt.
Ora faccio un esempio dove le Fasce Fluviali non contano nulla...
Tra Quincinetto e Pont Saint Martin c'è un rilevato ferroviario (alto una decina di metri) che taglia l'imbocco della Valle d'Aosta da una parte all'altra della Vallata con un ponte solo sopra la Dora Baltea. Attraverso questo ponte di acqua ne passa e tanta, a livello di quella sezione idraulica. Però se arriva un evento che supera la Fascia A, come nel 2000, dalla sezione idraulica passa più acqua che può, ma prima o poi l'acqua che scende a valle del rilevato è meno rispetto a quella che arriva a monte, e così, sempre a monte del rilevato, il fiume esonda formando un lago.
Pian piano l'acqua cresce con una pressione sul rilevato via via crescente e la velocità all'interno della sezione idraulica è sempre maggiore. Nel momento in cui questo rilevato cede, tutto o parzialmente, sotto la pressione dell'acqua, si forma un'onda di piena che potrebbe non corrispondere neanche ad un'onda di piena con tempi di ritorno superiori ai 200 anni, oltre a tempi di corriazione assurdi.
Ma questo problema alla fine non è da attribuire all'evento alluvionale che di per se potrebbe essere rilevante, ma all'interferenza dell'opera antropica con la normale onda di piena.
Aggiungo che durante gli anni universitari e per la tesi ho passato a rassegna parecchi documenti storici del Piemonte e della Valle d'Aosta e devo dire che in passato eventi devastanti per il nostro territorio ce ne sono stati tantissimi. Quello che più mi ha colpito è quello del 1755 quando addirittura il Vescovo di Ivrea descriveva il 18 Ottobre 1755 che la Dora Baltea passava sopra il Ponte Vecchio, portando tra le sue acque innumerevoli cadaveri di persone ed animali.
Come scritto già nel forum nazionale, dico solo che succedesse oggi questo evento sarebbe la catastrofe ...
E nonostante questo evento, probabilmente, avrebbe tempi di ritorno che rientrano nella FASCIA B (nonostante l'evento sia maggiore drispetto a quello del 2000) del PSFF del PO e 7/LAP, succedesse oggi penso che i danni saranno incredibili per tutta l'antropizzazione del territorio che si è avuta da quell'evento.
Ma se veramente succedesse (e, aihmè, potrebbe succedere anche di peggio ricordando la FASCIA C) si griderà al clima che cambia o la memoria storica dei popoli e del territorio è stata persa?
Purtroppo a questa memoria persa si aggiungono anche l'incuria del territorio e la cementificazione in luoghi assurdi. Torno con l'esempio dell'Olona, definito FIUME, che è stato tombato a Milano. Anche se la precipitazioni di un evento meteorologico sul suo bacino ricadono nella normalità (FASCIA A PSFF), cosa può succedere se l'alveo del fiume è stato ristretto o se l'imbocco della tombatura viente ostruito dal materiale che porta con se il corso d'acqua stesso? E' veramente colpa del clima? Senza ovviamente pensare la sedimentazione del materiale all'interno della tombatura stessa che ne riduce la portata e conseguentemente per una precipitazione normale potrebbe non avere più la reale portata di progetto.
Per ridurre o evitare spiacevoli catastrofi legate al clima, bisogna prima di tutto avere memoria della storia del territorio, sapere cos'è successo in passato e di cosa potrebbe succedere in futuro e non dare sempre e solo la colpa al clima che cambia o i fenomeni sono più estremi.
Inoltre non voglio toccare l'argomento dei Lahar (o rare nubi ardenti) che sembrano sconosciuti, ma in realtà sui vulcani (es. Vesuvio dal Magma Riolitico ed attività prevalentemente esplosiva) non sono poi tanto rari.
Per l'alluvione del 1755 vi rilascio delle testimonianze descritte in questo pdf a pag 10 (pg 15 di Nimbus) che fanno pensare parecchio
http://pluiesextremes.meteo.fr/media...2_fev_2001.pdf
Hai ragione. INfatti nel metodo della corrivazione si applicano coefficienti correttivi ( il phi greco) che tengono conto dell'impermeabilizzazione del suolo. e che quindi sono molto vicini all'unità per aree così cementificate.
Tempo fa discussi col mio prof sulla possibilità dell'aumentare degli eventi di pioggia estremi. Qui a Napoli ci fu il famoso settembre 2001 in cui caddero 164mm in 3 quarti d'ora. tempi di ritorno millenari. Ma è corretto dire tempi di ritorno millenari in un clima esposto a continuo cambiamento?
comunque di certo non si progetteranno mai le fognature per tali portate enormi ed eccezionali, per cui bisogna accettare che la strada si allaghi ogni tanto, prevedendo comunque tutta la manutenzione possibile sul territorio
Ultima modifica di Marco.Iannucci; 05/05/2013 alle 22:37
http://golfodigaeta.altervista.org/
Webcam Formia su http://www.meteoliri.it/#!prettyPhoto/10/
Stazione meteo http://www.wunderground.com/weathers...p?ID=ILAZIOFO2
Poni una questione fondamentale. Dal momento che una caratteristica del clima è proprio la mutevolezza, al variare delle frequenze di accadimento degli eventi inevitabilmente anche il tempo di ritorno subisce modifiche essendo l'inverso della frequenza. Concetti come frequenza, tempo di ritorno, media, variabilità, normalità presentano carattere di relatività rispetto al periodo di riferimento. In climatologia non esiste il concetto assoluto di normalità climatica data la natura stessa del clima. In particolare il tempo di ritorno è un concetto utilizzato più in idrologia che in climatologia in quanto fornisce una stima della probabilità di accadimento espressa anziché in percentuale in tempo cronologico. Ciò permette di confrontarsi con un parametro dalle caratteristiche maggiormente "umane" essendo rapportabile alla durata della vita umana o alla durata delle progettazioni umane permettendo quindi un più semplice conteggio del costo/beneficio nell'intraprendere un'opera che deve avere utilità in termini di durata temporale compatibile con le esigenze della nostra esistenza. Tornando alla tua domanda in senso stretto non ha senso parlare in termini assoluti né di tempo di ritorno, né di media climatica, né di normalità climatica, ma questi concetti se utilizzati in termini relativi assumono eccezionale rilevanza pratica![]()
Ultima modifica di CausaEffetto; 07/05/2013 alle 08:48
[B]Lorenzo Smeraldi : [/B]le migliori idee sono sempre quelle che vengono realizzate
Grazie. Grazie grazie grazie. Mi si sono consumati i polpastrelli a forza di ripetere questo concetto - ma buona parte della gente e' totalmente impermeabile.
Possiamo cambiare il dominio di meteonetwork in www.Poni una questione fondamentale. Dal momento che una caratteristica del clima è proprio la mutevolezza, al variare delle frequenze di accadimento degli eventi inevitabilmente anche il tempo di ritorno subisce modifiche essendo l'inverso della frequenza. Concetti come frequenza, tempo di ritorno, media, variabilità, normalità presentano carattere di relatività rispetto al periodo di riferimento. In climatologia non esiste il concetto assoluto di normalità climatica data la natura stessa del clima. In particolare il tempo di ritorno è un concetto utilizzato più in idrologia che in climatologia in quanto fornisce una stima della probabilità di accadimento espressa anziché in percentuale in tempo cronologico. Ciò permette di confrontarsi con un parametro dalle caratteristiche maggiormente "umane" essendo rapportabile alla durata della vita umana o alla durata delle progettazioni umane permettendo quindi un più semplice conteggio del costo/beneficio nell'intraprendere un'opera che deve avere utilità in termini di durata temporale compatibile con le esigenze della nostra esistenza. Tornando alla tua domanda in senso stretto non ha senso parlare in termini assoluti né di tempo di ritorno, né di media climatica, né di normalità climatica, ma questi concetti se utilizzati in termini relativi assumono eccezionale rilevanza pratica.com ?
"You are not entitled to your opinion. You are entitled to your informed opinion. No one is entitled to be ignorant." (Harlan Ellison)
Sono tanti gli esempi. Pensiamo solo al tempo di ritorno di una estate 2012, lato termico medio trimestrale in Italia. Se lo calcoliamo in riferimento ad una gaussiana, base 1971-2000 viene fuori un valore ultrasecolare quando nei fatti, tale tempo di ritorno è circa 3 anni nell'ultimo quindicennio. Il motivo è semplice. Lo stato climatico attuale non è lo stato climatico del periodo 1971-2000 il che significa che la frequenza di questi eventi è aumentata in concomitanza con lo shift del valor medio della gaussiana. Così, nel contesto attuale il tempo di ritorno di una estate in stile anni '70 è diventato quasi secolare sempre tenendo bene in mente che frequenze e relativi tempi di ritorno richiedono il vincolo della stazionarietà climatica per essere utilizzati in senso predittivo.
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[B]Lorenzo Smeraldi : [/B]le migliori idee sono sempre quelle che vengono realizzate
Tornando al punto centrale della discussione. Su questo sono solo parzialmente d'accordo. La normalità climatica esiste, eccome. Non è certo un dato puntuale, ma è un range, una fascia.
Che esista (e non è un fatto opinabile, questo) è dimostrato dal'esistenza di ecosistemi stabilizzati nei secoli. Per capirci: io non so se sia normalità climatica una temperatura di 21 o 22 gradi, ma so che normalità climatica è che l'ulivo cresca nel meridione d'Europa (e non in Scozia, per esempio), che le palme siano feconde a sud dell'Europa, che certe specie marine sessili riescano a sopravvivere... ecc. ecc. . Per permettere ad un ecosistema di sopravvivere non è affatto necessario una normalità climatica puntuale, ma è indispensabile il mantenimento di un range fatto di intervalli di temperatura, accumuli di pioggia oltre un certo minimo e così via.
Il clima muta, e lo sappiamo. Ma muta all'interno di un range o intervallo che permette, data una certa zona, l'instaurarsi di un ecosistema. Se rimango entro il range, l'ecosistema si tiene. Se esco dal range, muta l'ecosistema e allora è ovvio che parlerò di anormalità climatica.
Per i tempi di ritorno. La cosa mi appassiona poco, mi appassiona poco stabilire se siano 100 o 200 anni. Ma se noi diciamo che un evento (estate 2012, come fai giustamente notare) da ultrasecolare diventa triennale o giù di lì, stiamo in realtà dicendo un'altra cosa: stiamo "testando", o forzando, il limite superiore del range di cui sopra. E allora sì che sono guai, perché vuol dire che siamo (possiamo essere?) alla vigilia di un salto in un nuovo range. Che non sarà indolore, perché comporterà la modificazione dell'ecosistema e dell'ambiente nel quale viviamo da parecchi secoli e svariati millenni. Cioè, comporterà la fuoriuscita dalla normalità climatica.
Maurizio
Rome, Italy
41:53:22N, 12:29:53E
Ciò che in assoluto da più problemi è la rapidità con cui si manifesta questo cambiamento di fase. Prendere 1 grado in 2 secoli è indolore (oltretutto l'uscita dalla PEG è stata avvertita come piacevole, visti gli scarsi mezzi con cui ci si poteva difendere dal freddo almeno fino al secondo dopoguerra).
Mentre se dovessimo prendere 1 grado globale in vent'anni, avremmo notevoli difficoltà di adattamento, oltre al rischio di andare a sconquassare gli equilibri dell'intera biosfera con meccanismi e feedback che è bene non andare a "toccare".
Anche senza andare a toccare i massimi sistemi, guardate quanti squilibri in Natura sta comportando questa fase di caldo anomalo, con particolare riferimento all'estate:
- risveglio vegetativo precocissimo, con rischio di danni in caso di irruzione fredda fuori stagione in piena primavera
- stagione di ablazione molto lunga e pesante, quindi fusione record dei ghiacciai fino ad autunno inoltrato e meno riserve idriche per il futuro
- invasione di insetti e animali mai visti prima e diffusione di malattie non endemiche, quindi a cui il nostro sistema immunitario non è "abituato". Inoltre nella mia zona quest'anno siamo FLAGELLATI (scusate il maiuscolo ma è così) dalla processionaria, che sta facendo morire tutte le piante.
- aumento dei decessi legati direttamente o indirettamente al caldo
- spreco energetico maggiore, dovuto all'uso dei condizionatori, che a ruota va ad aumentare il noto problema dello spreco delle risorse, ovviamente dovuto anche ad altre cause che non sono solo il caldo
E questi sono solo alcuni dei problemi...cose ben più gravi e debilitanti (per l'umanità) potrebbero succedere nel caso il GW dovesse aumentare ulteriormente![]()
Adesso te li smonto.![]()
1. E' vero, ma diminuendo la probabilità di irruzioni fredde a causa della T mediamente più alta il rischio diminuisce
2. Questa è l'unica indiscutibile da ogni punto di vista
3. Il sistema immunitario di abitua in un amen.
4. Diminuzione dei decessi legati direttamente o indirettamente al freddo
5. Bilanciato dal risparmio per riscaldamento.
Alla fine sta a vedere che conviene...
Battute a parte sicuramente a qualcuno converrà. A tutti quelli che vivono nelle odierne fasce temperate sicuramente meno.
Banalmente ci si sposterà tutti a latitudini più elevate, come è sempre avvenuto nel corso della storia.
(il tutto da non leggersi come patetico tentativo di sminuire il tutto).
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27/11: fuori a calci i pregiudicati. Liberazione finalmente.
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