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  1. #1
    Vento forte L'avatar di Diego Martin
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    Predefinito Il clima cambia o la memoria storica sta andando persa?

    Visti gli eventi degli ultimi giorni e le notizie che sento dai media, vorrei riproporre nella stanza nazionale una mia idea espressa già 2 anni fa nel forum settoriale del Nowcasting.

    Come premessa queste mie considerazioni sono prevalentemente centrate sugli eventi alluvionali, ma possono benissimo essere utilizzati anche per tornado o eventi simili. Questo perché magari dove 100 anni fa è passato un tornado distruttivo, ma nessuno l'ha segnalato perché ha tirato giù un po' di piante, oggi sono costruiti centri abitati ed industrie e se lo stesso tornado passasse oggi cosa succederebbe? Anche località come Dallas che sono in zone dove gli F5 sono di casa ad oggi nessun tornado è passato in centro la città, ma quando capiterà (e dagli studi che ho fatto all'Uni la probabilità c'è), quali saranno i risultati? Io preferisco non definirli.

    Tornando alla mia idea espressa 2 anni fa, io, prima di prendere in considerazione il clima con i suoi cambiamenti a livello locale, prenderei in esame la cementificazione ed impermeabilizzazione dei suoli.

    Prendiamo come esempio il triangolo Varese - Como - Milano ... Orbene, in questa zona il 70-75% di territorio è stato cementificato ed impermeabilizzato e, conseguentemente, nei fiumi, come l'Olona, si riversa moltissima più acqua rispetto ad un secolo fa. Alla fine si può studiare tutta la pioggia che cade su questo territorio, ma se i vari input dello studio dei tempi di corrivazione, dei tempi di ritorno e della portata del fiume non vengono aggiornati frequentemente, ovvio che un evento potrebbe risultare sempre eccezionale, nonchè creare danni sempre maggiori, perchè aumenta il rischio e non la pericolosità dell'evento meteorologico.

    Tanto per dare un'idea ecco qualcosa che riguarda il rischio a livello matematico:

    Rt = E×H×V


    dove:

    H (pericolosità): indica la probabilità che si verifichi, entro un assegnato intervallo di tempo ed entro una area assegnata, un fenomeno potenzialmente dannoso. Pertanto, il termine rischio idraulico, indicante la probabilità che in periodo di n anni, si presenti un evento uguale o superiore all'evento stimato con tempo di ritorno T.

    V (vulnerabilità): indica il grado delle perdite arrecate ad un bene o ad una pluralità di beni (esposti a rischio), determinate dalla vulnerabilità del territorio, a seguito del verificarsi di un fenomeno naturale di assegnata entità. Si esprime con riferimento ad una scala di valori compresa fra 0 e 1.

    E (elemento o bene a rischio): indica la popolazione, le proprietà, le attività economiche, inclusi i servizi pubblici che si trovano esposti al pericolo di un evento naturale in una determinata area. Il valore si esprime in €.

    Rt (rischio totale): indica il numero atteso di morti, feriti, danni alle proprietà o interruzione di attività economiche a seguito di un evento naturale.

    Ovvio se H resta invariato, quindi si ha un evento pluviometrico che si è avuto anche con tempi di ritorno ridotti, ed aumentano V (incuria del territorio) ed E (più case, più fabbriche, più infrastrutture) aumenta, di conseguenza, anche Rt.

    Ora faccio un esempio dove le Fasce Fluviali non contano nulla
    ...

    Tra Quincinetto e Pont Saint Martin c'è un rilevato ferroviario (alto una decina di metri) che taglia l'imbocco della Valle d'Aosta da una parte all'altra della Vallata con un ponte solo sopra la Dora Baltea. Attraverso questo ponte di acqua ne passa e tanta, a livello di quella sezione idraulica. Però se arriva un evento che supera la Fascia A, come nel 2000, dalla sezione idraulica passa più acqua che può, ma prima o poi l'acqua che scende a valle del rilevato è meno rispetto a quella che arriva a monte, e così, sempre a monte del rilevato, il fiume esonda formando un lago.
    Pian piano l'acqua cresce con una pressione sul rilevato via via crescente e la velocità all'interno della sezione idraulica è sempre maggiore. Nel momento in cui questo rilevato cede, tutto o parzialmente, sotto la pressione dell'acqua, si forma un'onda di piena che potrebbe non corrispondere neanche ad un'onda di piena con tempi di ritorno superiori ai 200 anni, oltre a tempi di corriazione assurdi.
    Ma questo problema alla fine non è da attribuire all'evento alluvionale che di per se potrebbe essere rilevante, ma all'interferenza dell'opera antropica con la normale onda di piena.

    Aggiungo che durante gli anni universitari e per la tesi ho passato a rassegna parecchi documenti storici del Piemonte e della Valle d'Aosta e devo dire che in passato eventi devastanti per il nostro territorio ce ne sono stati tantissimi. Quello che più mi ha colpito è quello del 1755 quando addirittura il Vescovo di Ivrea descriveva il 18 Ottobre 1755 che la Dora Baltea passava sopra il Ponte Vecchio, portando tra le sue acque innumerevoli cadaveri di persone ed animali.

    Come scritto già nel forum nazionale, dico solo che succedesse oggi questo evento sarebbe la catastrofe ...

    E nonostante questo evento, probabilmente, avrebbe tempi di ritorno che rientrano nella FASCIA B (nonostante l'evento sia maggiore drispetto a quello del 2000) del PSFF del PO e 7/LAP, succedesse oggi penso che i danni saranno incredibili per tutta l'antropizzazione del territorio che si è avuta da quell'evento.

    Ma se veramente succedesse (e, aihmè, potrebbe succedere anche di peggio ricordando la FASCIA C) si griderà al clima che cambia o la memoria storica dei popoli e del territorio è stata persa?

    Purtroppo a questa memoria persa si aggiungono anche l'incuria del territorio e la cementificazione in luoghi assurdi. Torno con l'esempio dell'Olona, definito FIUME, che è stato tombato a Milano. Anche se la precipitazioni di un evento meteorologico sul suo bacino ricadono nella normalità (FASCIA A PSFF), cosa può succedere se l'alveo del fiume è stato ristretto o se l'imbocco della tombatura viente ostruito dal materiale che porta con se il corso d'acqua stesso? E' veramente colpa del clima? Senza ovviamente pensare la sedimentazione del materiale all'interno della tombatura stessa che ne riduce la portata e conseguentemente per una precipitazione normale potrebbe non avere più la reale portata di progetto.

    Per ridurre o evitare spiacevoli catastrofi legate al clima, bisogna prima di tutto avere memoria della storia del territorio, sapere cos'è successo in passato e di cosa potrebbe succedere in futuro e non dare sempre e solo la colpa al clima che cambia o i fenomeni sono più estremi.

    Inoltre non voglio toccare l'argomento dei Lahar (o rare nubi ardenti) che sembrano sconosciuti, ma in realtà sui vulcani (es. Vesuvio dal Magma Riolitico ed attività prevalentemente esplosiva) non sono poi tanto rari.

  2. #2
    Vento forte L'avatar di Diego Martin
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    Predefinito Re: Il clima cambia o la memoria storica sta andando persa?

    Per l'alluvione del 1755 vi rilascio delle testimonianze descritte in questo pdf a pag 10 (pg 15 di Nimbus) che fanno pensare parecchio

    http://pluiesextremes.meteo.fr/media...2_fev_2001.pdf

  3. #3
    Uragano L'avatar di Marco.Iannucci
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    Predefinito Re: Il clima cambia o la memoria storica sta andando persa?

    Hai ragione. INfatti nel metodo della corrivazione si applicano coefficienti correttivi ( il phi greco) che tengono conto dell'impermeabilizzazione del suolo. e che quindi sono molto vicini all'unità per aree così cementificate.
    Tempo fa discussi col mio prof sulla possibilità dell'aumentare degli eventi di pioggia estremi. Qui a Napoli ci fu il famoso settembre 2001 in cui caddero 164mm in 3 quarti d'ora. tempi di ritorno millenari. Ma è corretto dire tempi di ritorno millenari in un clima esposto a continuo cambiamento?
    comunque di certo non si progetteranno mai le fognature per tali portate enormi ed eccezionali, per cui bisogna accettare che la strada si allaghi ogni tanto, prevedendo comunque tutta la manutenzione possibile sul territorio
    Ultima modifica di Marco.Iannucci; 05/05/2013 alle 22:37

  4. #4
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    Predefinito Re: Il clima cambia o la memoria storica sta andando persa?

    Non sono informato sugli eventi alluvionali delle zone climatiche da te indicate, ma sono sostanzialmente d'accordo con te. Aggiungo inoltre che almeno dalle mie parti, a dispetto delle apparenze questo discorso, salvo rare eccezioni, potrebbe essere esteso anche alle temperature.

  5. #5
    Vento fresco
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    Predefinito Re: Il clima cambia o la memoria storica sta andando persa?

    Io invece direi che è il caso di considerare anche i cambiamenti climatici, visto che le serie storiche secolari abbondano in italia e ad esempio al nord ovest ci dicono che a fronte di una riduzione dei giorni di pioggia l'intensità media in autunno è aumentata del 17%/secolo dal 1880 al 2002, sia a causa di una riduzione degli eventi meno intensi che di un aumento di quelli che cadono nella fascia di maggiore intensità:
    http://www.unicam.it/matinf/pasef/co...tietAl2004.pdf

  6. #6
    Josh
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    Predefinito Re: Il clima cambia o la memoria storica sta andando persa?

    Citazione Originariamente Scritto da elz Visualizza Messaggio
    Io invece direi che è il caso di considerare anche i cambiamenti climatici, visto che le serie storiche secolari abbondano in italia e ad esempio al nord ovest ci dicono che a fronte di una riduzione dei giorni di pioggia l'intensità media in autunno è aumentata del 17%/secolo dal 1880 al 2002, sia a causa di una riduzione degli eventi meno intensi che di un aumento di quelli che cadono nella fascia di maggiore intensità:
    http://www.unicam.it/matinf/pasef/co...tietAl2004.pdf
    Straquoto.

  7. #7
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    Predefinito Re: Il clima cambia o la memoria storica sta andando persa?

    Citazione Originariamente Scritto da Marco.Iannucci Visualizza Messaggio
    Ma è corretto dire tempi di ritorno millenari in un clima esposto a continuo cambiamento?
    Poni una questione fondamentale. Dal momento che una caratteristica del clima è proprio la mutevolezza, al variare delle frequenze di accadimento degli eventi inevitabilmente anche il tempo di ritorno subisce modifiche essendo l'inverso della frequenza. Concetti come frequenza, tempo di ritorno, media, variabilità, normalità presentano carattere di relatività rispetto al periodo di riferimento. In climatologia non esiste il concetto assoluto di normalità climatica data la natura stessa del clima. In particolare il tempo di ritorno è un concetto utilizzato più in idrologia che in climatologia in quanto fornisce una stima della probabilità di accadimento espressa anziché in percentuale in tempo cronologico. Ciò permette di confrontarsi con un parametro dalle caratteristiche maggiormente "umane" essendo rapportabile alla durata della vita umana o alla durata delle progettazioni umane permettendo quindi un più semplice conteggio del costo/beneficio nell'intraprendere un'opera che deve avere utilità in termini di durata temporale compatibile con le esigenze della nostra esistenza. Tornando alla tua domanda in senso stretto non ha senso parlare in termini assoluti né di tempo di ritorno, né di media climatica, né di normalità climatica, ma questi concetti se utilizzati in termini relativi assumono eccezionale rilevanza pratica
    Ultima modifica di CausaEffetto; 07/05/2013 alle 08:48
    [B]Lorenzo Smeraldi : [/B]le migliori idee sono sempre quelle che vengono realizzate

  8. #8
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    Predefinito Re: Il clima cambia o la memoria storica sta andando persa?

    Sono vere le due ipotesi, a mio parere.
    Il clima è per sua stessa natura mutevole e cambia continuamente, anche se spesso riproduce quello che è già successo nel passato, informa più o meno forte.
    La memoria storica poi è particolarmente fallace, perché quasi nessuno si ricorda di quello che è successo 50 o 70 anni fa e dato che certi eventi hanno un ritorno dopo magari un secolo, per cui quando succede si grida al fatto imprevisto e imprevedibile o peggio ancora ci sono subito le Cassandre che riconducono tutto non solo al mutamento del clima, ma al mutamento "cattivo" del clima, per cui dovremo aspettarci sempre più eventi estremi, inondazioni, mari che sommergono Venezia ecc...
    Il fattore antropico, con sempre maggiori fette di territorio urbanizzate e coperte da costruzioni ed asfalto, come ben evidenziato da chi ha iniziato l'argomento, gioca un ruolo molto importante negli effetti delel precipiotazioni: una stessa notevole quantità di pioggia caduta 60 anni fa avrebbe provocato danni limitati, mentre oggi potrebbe provocarne di molto gravi, sia perchè l'acqua avrebbe minore sfogo e percolazione, sia perché andrebbe ad interagire con gli insediamenti umani.

    Saluti

  9. #9
    Vento forte L'avatar di Diego Martin
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    Predefinito Re: Il clima cambia o la memoria storica sta andando persa?

    Riprendo questo TD, in quanto curiosando con street view si può vedere anche come ci sia una forte incuria della vegetazione in crescita nei fiumi non interessati da grosse piene da diverso tempo. Il risultato è che tutte le piante che crescono all'interno dei corsi d'acqua aumentano la scabrezza determinando l'aumento dei tempi di corrivazione e dell'altezza dell'onda di piena con una conseguente maggiore esondazione del corso d'acqua. Ovviamente senza contare l'effetto diga se vengono sradicate e si accatastano sotto un ponte.

    https://www.google.it/maps/@45.63681...7i13312!8i6656

    https://www.google.it/maps/@45.67538...7i13312!8i6656

    https://www.google.it/maps/@45.55438...7i13312!8i6656

  10. #10
    Vento fresco L'avatar di Jadan
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    Predefinito Re: Il clima cambia o la memoria storica sta andando persa?

    Mi sembra un giusto approccio. Bisogna però evitare di cadere nella semplificazione che la Vulnerabilità sia variabile inevitabilmente crescente con l'urbanizzazione e la cementificazione. Un fatto noto e conosciuto da tutti: quando arrivarono i piemontesi qui a Roma, la città aveva 100.000 abitanti circa ed era soggette a periodiche (nonché spesso rovinose) piene del Tevere. Arrivata l'Unità d'Italia, dopo il 1870, Roma è gradatamente cresciuta sino ad arrivare agli oltre 2.000.000 di oggi. Ma, a partire dal 1890, sono stati ultimati i muraglioni sul Tevere che hanno impedito alla città, nonostante sia "ventuplicata" di avere un'inondazione dei quartieri centrali. (Se si allaga qualcosa avviene infatti a monte, ed è spesso più reponsabilità dell'affluente Aniene che del Tevere).
    Quindi la vulnerabilità va analizzata situazione per situazione: il constatare che vi sia più cemento non basta.
    Un esempio tratto da un libro che lessi anni fa (e che non ricordo nemmeno quale sia, a dir la verità). Ed è il seguente: uomo primitivo naviga a cavalcioni di un tronco. Arriva onda e lo travolge. Allora costruisce una zattera, ma arriva un'onda un po' più grande della precedente, e lo travolge. Fa barca più grossa, nave, nave grossa, nave immensa ecc. ecc. Sino ad arrivare ad una GROSSA nave che resiste a quasi tutte le onde. Quasi, perché poi arriva quell'onda enorme, di frequenza tale che la grossa nave non riesce a scavallare, e affonda. Solo che, per quest'onda gigantesca, forse il tronco iniziale sarebbe stato più sicuro: si sarebbe limitato a salire sulla cresta e, magari, dopo essere stato portato spaventosamente in alto, sarebbe sceso senza troppi problemi.
    Morale: il progresso tende sempre a costruire un argine fino ad un tipo di pericolosità nota e sperimentata. Ma, così facendo, si espone al rischio che, se arriva l'evento di pericolosità superiore a quelli conosciuti, SENZA NESSUN tipo di argine si sarebbe stati meglio.
    Spero che l'esempio (ancorché fantasioso) sia chiaro. Il progresso tecnico ci mette al riparo da tutte le difficoltà da 0 a 8, ma se arrivano le 9 e le 10 siamo più vulnerabili rispetto alla situazione nella quale non avevamo nulla. A senso si potrebbe dire: non avessimo fatto nulla si assorbivano meglio le 9 e le 10. Vero, ma nel computo hai incluso tutte le situazioni da 0 a 8 che, nel frattempo hai evitato?
    Maurizio
    Rome, Italy
    41:53:22N, 12:29:53E

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