Originariamente Scritto da
MarcoSarto
Mi ricollego alle deadline di cui si è parlato, agli scenari di rallentamento dello sviluppo e ai tuoi dubbi sulla necessità di costruire centrali nucleari.
L'IPCC nel 2018 ha pubblicato il "Global Warming of 1.5°C", un report basato su 6000 studi da cui emergono 4 scenari plausibili per la decarbonizzazione nei tempi:
1) Scenario dell'inefficienza: la domanda di energia cala grazie all'efficientamento dei processi sociali, tecnologici e aziendali entro il 2050. Rimane solo da riforestare.
2) Scenario della sostenibilità: aumento dell'uso di energie sostenibili e low-carbon, della cooperazione internazionale; pattern di consumo sostenibili e utilizzo di Bioenergy with carbon capture and storage (BECCS)
3) Scenario realistico: una via di mezzo. La crescita tecnico-sociale continua ai ritmi attuali seguendo cicli storici. Le emissioni si riducono cambiando il modo di produrre energia
4) Scenario turbo: crescita globale intensiva, si inquina moltissimo: trasporti, cibo... Per ridurre le emissioni si ha un utilizzo massiccio di tecnologie BECCS e CDR (Carbon Dioxide Removal)
Importante sottolineare che tutti e quattro gli scenari prevedono un aumento dell'uso del nucleare. Entro il 2030 è previsto un aumento compreso tra il 59% e il 106%, mentre entro il 2050 un aumento compreso tra il 98% e il 501%.
Si tratta di previsioni ampiamente sottostimate a causa delle resistenza politico-sociali attuali al nucleare. Previsioni che non tengono nemmeno conto degli SMR (ovvero gli Small Modular Reactor).
Questo per rispondere al tuo lecito ''dubbio", se posso considerarlo tale, rispetto alla necessità di costruire centrali. La risposta è chiaramente affermativa, considerando che nonostante le campagne propagandistiche contro al nucleare, nella scienza (per fortuna) parlano i dati, e a parità di energia prodotta è chiaramente la fonte di energia più sicura. Spesso non si considera la filiera, quanto solo il risultato finale, così che eventuali confronti non abbiano alcun senso.
Volevo anche sottolineare il fatto che mi sono avvicinato all'ingegneria nucleare proprio a partire dall'ambientalismo e quindi dalle necessità di ridurre le emissioni di gas climalteranti.
Insomma, nei paesi in cui l'idroelettrico e il geotermico non sono sufficienti (es. la nostra Italia, a differenza della Norvegia in cui risultano sufficienti), il baseload deve essere coperto dal nucleare.
Non so se è già stato sottolineato nelle pagine indietro del thread, ma il carico di base non può essere coperto da eolico e solare, essendo innanzitutto rinnovabili aleatorie (un paese richiede potenza costante, 24/24h), e presentano due criticità:
- richiedono un sistema di accumulo su grossa scala, che ad oggi non esiste;
- necessitano di sistemi di backup (quasi sempre combustibili fossili);
- il capacity factor (CF), ovvero il rapporto tra l'energia prodotta da un impianto in un anno e l'energia che potrebbe produrre se lavorasse sempre al massimo della sua potenza, è tra il 15/25% per il solare e il 30/40% per l'eolico.
Maggiore è la potenza installata, e maggiore è quindi il problema.
Dunque il baseload può essere soddisfatto da geotermico, biomasse (richiederebbero un approfondimento a parte: in ogni caso possono causare danni ambientali enormi, come deforestazioni, e vanno intese in un'ottica di riutilizzo di scarti, come fanghi industriali, letame, rifiuti civili, scarti agricoli e forestali... si può produrre un po' di energia) e infine dal nucleare.
Per decarbonizzare, a seconda del paese, può servire dal 20 al 70% di energia nucleare. Tutto ciò che non è coperto dal carico base può essere fornito da eolico, solare ed idroelettrico, il quale in particolare risulta molto adatto per coprire i picchi di potenza. Se tutto ciò a seconda del paese non fosse sufficiente, si potrebbe utilizzare una piccola percentuale di gas.
Dunque, riallacciandoci al discorso iniziale, se il reale scopo è la decarbonizzazione (e non proclami sensazionalistici che violano i principi base della termodinamica del tipo "zero emissioni", ''impatto zero'', "zero scarti, scorie, rifiuti" e ce ne sarebbero una caterva, dato che comunque le rinnovabili sfruttano la filiera delle terre rare), a seconda delle caratteristiche del paese sono queste le fonti energetiche sulle quali si deve puntare.
Un Paese che infatti ha puntato su questo mix energetico (da ormai quarant'anni...) è la Francia, che utilizza per meno del 10% i combustibili fossili.
Una cartina molto interessante da tenere sott'occhio, così da vedere quanto sono 'green' i paesi nella produzione di energia elettrica:
electricityMap | Live CO₂ emissions of electricity consumption
E per approfondire consiglio sicuramente la IEA:
IEA – International Energy Agency
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