Come fai a dire che da quando c'è l'agricoltura il vlima è stabile?
Sotto l'impero romano era più csldo dimoggi, poi nel primo medioevo è diventato più freddo, poi calfo poi c'è stata la piccola era glaciale.
Lenlinee di costa dal periodo romsno ad oggi sono cambiate moltissimo.
Siamo noi che pretendiamo di costruire sul bagnasciuga ebpoi ci lamentiamo se il mare sale di qualche centimetro.
Però credo che il cambiamento delle linee di costa sia più legato alla trasgressione marina per erosione della costa o motivi tettonici, e non tanto al clima. Qui sul litorale pugliese ad esempio dall'epoca romana il livello del mare si è alzato di 2 metri, come mostrano segnali geologici sulla costa e anche ritrovamenti archeologici (e non solo).
Tra l'altro, se all'origine di questo fenomeno ci fosse il clima, dovremmo dedurre che c'è stata una maggiore fusione per maggiore riscaldamento negli ultimi millenni.
Ma sono sicuro che se qui c'è stata trasgressione, su altri litorali ci sarà stata regressione, cioè ritiro del mare.
Credo siano fenomeni di natura geologica, dunque.
Hai ragione sul fatto che il clima non è rimasto stabile dall'invenzione dell'agricoltura, ma diciamo è rimasto entro un range a noi favorevole. Non sappiamo se con il GW il riscaldamento sarà tale da superare il range ottimale per la nostra "vivibilità", inoltre potrebbe essere tale da superare quello di qualsiasi epoca storica negli ultimi 120mila anni.
Non c'è nessun aumento di 10°C globale in pochi anni, è del tutto impossibile che l'oceano si scaldi così in fretta, quelle rapide fluttuazioni sono in groenlandia e accadono solo nel clima glaciale.
nell'olocene anche in groenlandia le oscillazioni sono molto più ridotte e graduali e lo stesso sono molto maggiori della media globale, molto più sensibili al forcing orbitalico, inoltre molti proxy sono della stagione calda e questo accentua l'impatto del forcing orbitalico vs l'attuale riscaldamento che ha cause diverse.
Factcheck: What Greenland ice cores say about past and present climate change
Ultima modifica di elz; 18/07/2020 alle 21:31
qui c'è un altro articolo recente di carbonbrief sui cicli glaciali, nella media globale le temperature aumentano di circa 3.5-4°C in 5000 anni, circa 1/3 di questo aumento è dovuto ai gas serra che in questo caso sono un feedback indotto dai cicli orbitalici.
Explainer: How the rise and fall of CO2 levels influenced the ice ages
La composizione chimica dell'atmosfera ha per ovvi motivi legati alla trasmissione del calore (è fisica, termodinamica...) un ruolo centrale in quanto sta avvenendo. Il mio era un discorso più generale, teorico, che provava a spiegare come è inevitabile (anche in una piccola realtà cittadina) un'immissione di calore.
Quelle sono piccole variazioni, per lo più di carattere regionale, che impallidiscono rispetto a quelle globali che possono produrre i gas serra. Variazioni repentine ampie quanto quelle dell'ultimo secolo ne trovi soltanto nelle fasi glaciali, l'attuale fase interglaciale è stata molto stabile a livello globale.
Il periodo caldo romano era probabilmente paragonabile a quello attuale in Europa, ma il nostro emisfero 2000 anni fa beneficiava di una maggiore insolazione estiva, quindi si trattava di un fenomeno limitato alle alte latitudini e non rappresentativo della media globale. Ma il problema non è il clima attuale, che non è particolarmente lontano dai periodi caldi storici e probabilmente inferiore al massimo post-glaciale, bensì cosa può succedere se il riscaldamento continua al ritmo attuale, cosa che farà se continueremo a produrre gas serra in questo modo.
Le linee di costa poi cambiano più per fattori geologici che per quelli climatici, al di fuori del passaggio tra fasi glaciali e interglaciali. Ma se le temperature continuano ad aumentare di questo passo le variazioni del livello del mare dovute allo scioglimento delle calotte glaciali saranno nell'ordine di grandezza dei metri, altro che centimetri.
Puntualizzo alcuni aspetti:
- il periodo caldo attuale è probabilmente meno caldo di quanto fosse nell'Optimum Olocenico a livello scandinavo e artico (dopotutto il livello del mare era alcuni metri più alto di oggi), ma a livello globale è probabilmente su un livello paragonabile. Non dimentichiamo che se è vero che le latitudini temperate e polari erano più miti, quelle tropicali erano più fresche
- inoltre il riscaldamento va distinto anche per stagione e località: se è vero ad esempio che in Scandinavia le estati di oggi sono più fresche di quelle di migliaia di anni fa, è anche vero che probabilmente nel Mediterraneo le ultime estati non hanno precedenti per continuità fino al penultimo interglaciale, visto che gli studi sembrerebbero supporre che anche nell'Optimum Olocenico si godeva di un clima più fresco per richiami orientali legati a un'alta scandinava
- circa l'innalzamento del livello del mare, al momento le stime peggiori lo vedono di solo un metro. Il forcing, per quanto presente, deve scontrarsi nella sua fretta di fondere le calotte con la stagionalità, e per 5-6 mesi l'anno la fusione è interrotta. Quindi, in realtà, su 100 anni di osservazione di fatto la fusione avviene in 50 anni (la metà del tempo) e per quanto forte sia il forcing credo ci vorrà del tempo anche se le temperature globali aumentassero, perchè in prossimità delle calotte, nella stagione fredda, si andrà comunque sotto zero.
Sposto qui allora.
In Italia la composizione della popolazione era simile, anche se la natalità era già molto più bassa di posti come l'Angola. Infatti oltre il 50% della popolazione era analfabeta, era normale che i bambini venissero messi a lavorare a 5-6 anni e le condizioni di vita non erano molto diverse da quelle dei Paesi africani attuali (l'età media era molto più bassa). Ai tempi peraltro l'industria non aveva bisogno di manodopera istruita, adesso invece di un analfabeta nessuno sa che farsene. L'eccesso di popolazione comunque trovava sfogo nell'emigrazione di massa, cosa che in parte avviene anche ora ma con molte più difficoltà.
L'aspetto demografico è cruciale perché determina il rapporto tra persone in età da lavoro e popolazione, con natalità molto elevata già soltanto avere un numero sufficiente di educatori con formazione adeguata diventa un'impresa, così come sostenerne il costo. Inoltre una crescita troppo rapida della popolazione crea difficoltà nell'accumulazione di capitale, sia a livello di capitale produttivo sia infrastrutturale (residenziale, energia elettrica, acqua, trasporti ecc). Si crea una sorta di trappola malthusiana dello sviluppo economico per cui servono enormi capitali per finanziare sia lo sviluppo economico sia le infrastrutture necessarie ad una popolazione crescente, in Paesi troppo poveri per riuscire a sostenerne il costo. Da queste dinamiche (oltre che dai fenomeni corruttivi) nascono le ricorrenti crisi di debito dei Paesi più poveri.
Ci sono perfino teorie economiche secondo cui uno dei fattori cruciali che ha consentito la rivoluzione industriale in Europa e non altrove sia stata proprio la minore natalità, che caratterizza le popolazioni europee da molti secoli a questa parte.
Ovviamente non è l'unico problema, le barriere culturali e di inadeguatezza della classe dirigente esistono ma sono superabili. L'India ad esempio un suo percorso di sviluppo lo sta percorrendo, con una forte accelerazione a partire dagli anni 90, guarda caso a seguito della forte riduzione della natalità avvenuta a partire dagli anni 70.
Di sicuro tutto ha una sua logica, e "purtroppo" (diciamo così) per svilupparsi oggi bisogna adeguarsi agli standard occidentali, che prevederebbero un lungo ciclo di istruzione (fino a 20-25 anni) e poi inserimento nel mondo del lavoro.
Ma ciò avrebbe senso, a mio parere, se prima si riuscisse ad allungare la vita media della popolazione. Perchè altrimenti, in un mondo dove è già molto se arrivi a 35-40 anni, avresti "perso" metà della vita a studiare, e potrebbero rimanerti 10-15 anni forse per lavorare. Alla fine, ci si perde di più economicamente.
Secondo me il primo sviluppo che si dovrebbe compiere è quello sanitario, e da esso poi discenderà (quasi automaticamente) il resto.
D'altronde è stato così anche per noi: fino all'epoca dei nostri bisnonni, ci si sposava appena compiuti 18 anni, e si facevano tanti figli, anche perchè la mortalità infantile era molto alta. Si moriva o poteva morire anche giovani, e quindi la vita si adeguava a questo ritmo.
Bisognerebbe poi anche analizzare come indirizzare lo sviluppo di società che si fondano soprattutto sul settore primario, e comprendere come far avvenire la conversione a una società industrializzata senza sacrificare l'ambiente (come hanno fatto purtroppo India e Cina).
Insomma, non proprio facile per niente. E' stato più facile per la società europea che non aveva nessun modello cui ispirarsi, e si è autocostruita da sè.
Ho sempre trovato interessante però il modello giapponese, che mi sembra si sviluppò a fine Ottocento per volontà del suo imperatore in modo che non dovesse sottomettersi alle potenze occidentali divenendo colonia, e finanziò un rapido sviluppo in pochi decenni.
Non so se sia praticabile anche oggi, in verità.
Ma si potrebbe percorrere, faccio per dire, uno sviluppo parallelo di miglioramento sanitario (imprescindibile e fondamentale secondo me prima di tutto), scolarizzazione (almeno elementare), e selezione di chi vorrebbe formarsi ulteriormente in modo da creare un'elite di ingegneri o medici del posto che possano contribuire allo sviluppo della propria nazione.
Ma tutto questo deve avvenire con l'alleanza delle politiche locali, e non so sinceramente se sia fattibile. Non so nemmeno se eventuali modelli socio-culturali radicati (dicevo la suddivisione in caste in India) giochino contro.
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