Questo thread è per raccogliere testimonianze storiche di eventi meteo particolari che hanno lasciato il segno nella letteratura. Eventi risalenti a periodi nei quali non era usanza rilevare le temperature in modo maniacale come si fa oggi. Invito chiunque a contribuire.
Il testo che mi ha invogliato ad aprire questo thread è il seguente:

Io credo che ognuno si ricordi aver udito da’ suoi vecchi piú volte, come mi ricordo io da’ miei, che le annate sono divenute piú fredde che non erano, e gl’inverni piú lunghi; e che, al tempo loro, giá verso il dì di Pasqua si solevano lasciare i panni dell’inverno, e pigliare quelli della state; la qual mutazione oggi, secondo essi, appena nel mese di maggio, e talvolta di giugno, si può patire. E non ha molti anni, che fu cercata seriamente da alcuni fisici la causa di tale supposto raffreddamento delle stagioni, ed allegato da chi il diboscamento delle montagne, e da chi non so che altre cose, per ispiegare un fatto che non ha luogo: poiché anzi al contrario è cosa, a cagione d’esempio, notata da qualcuno per diversi passi d’autori antichi, che l’Italia ai tempi romani dovette essere piú fredda che non è ora. Cosa credibilissima anche perché da altra parte è manifesto per isperienza, e per ragioni naturali, che la civiltá degli uomini venendo innanzi, rende l’aria, ne’ paesi abitati da essi, di giorno in giorno piú mite: il quale effetto è stato ed è palese singolarmente in America, dove, per cosí dire, a memoria nostra, una civiltá matura è succeduta parte a uno stato barbaro, e parte a mera solitudine. Ma i vecchi, riuscendo il freddo all’etá loro assai piú molesto che in gioventú, credono avvenuto alle cose il cangiamento che provano nello stato proprio, ed immaginano che il calore che va scemando in loro, scemi nell’aria o nella terra. La quale immaginazione è cosí fondata, che quel medesimo appunto che affermano i nostri vecchi a noi, affermavano i vecchi, per non dir piú, giá un secolo e mezzo addietro, ai contemporanei del Magalotti, il quale nelle Lettere familiari scriveva: «Egli è pur certo che l’ordine antico delle stagioni par che vada pervertendosi. Qui in Italia è voce e querela comune, che i mezzi tempi non vi sono piú; e in questo smarrimento di confini, non vi è dubbio che il freddo acquista terreno. Io ho udito dire a mio padre, che in sua gioventú, a Roma, la mattina di pasqua di resurrezione, ognuno si rivestiva da state. Adesso chi non ha bisogno d’impegnar la camiciuola, vi so dire che si guarda molto bene di non alleggerirsi della minima cosa di quelle ch’ei portava nel cuor dell’inverno».Questo scriveva il Magalotti in data del 1683. L’Italia sarebbe piú fredda oramai che la Groenlandia, se da quell’anno a questo, fosse venuta continuamente raffreddandosi a quella proporzione che si raccontava allora. È quasi soverchio raggiungere che il raffreddamento continuo che si dice aver luogo per cagioni intrinseche nella massa terrestre, non ha interesse alcuno col presente proposito, essendo cosa, per la sua lentezza, non sensibile in decine di secoli, non che in pochi anni.

Questo è uno stralcio di Pensieri di G.Leopardi, XXXIX, scritto fra il 1831 e il 1835.
In esso, l'autore discute quella che era comune credenza, all'epoca, che il clima in Italia si stesse raffreddando. Riporta quanto fosse comune sentire dai più anziani lamentarsi che il freddo era aumentato rispetto a quando erano più giovani. Leopardi, tuttavia, non crede che ciò sia realmente accaduto, attribuendo alla vecchiaia l'impressione che le annate stessero raffreddandosi. Leopardi cade vittima di un pensiero molto comune all'epoca, ovvero la credenza secondo cui la presenza dell'essere umano in una data area ne migliorasse l'abitabilità. Molti credevano che, dal momento che l'uomo è al centro del Creato, se un essere umano decide di seminare un raccolto in una zona arida, col passare del tempo quella zona diventerà più piovosa per asccomodare l'agricoltura. in simil modo, se una civiltà progredisce in una zona, il clima diventa più mite e accomodante per ospitarla meglio. Per cui è impossibile, secondo Leopardi e molti del suo tempo, che una zona abitata da millenni quale lo è l'Italia sia soggetta a un raffeddamento del clima.
Leopardi riporta inoltre uno stralcio di Lorenzo Magalotti nel quale, oltre 150 anni prima, le stesse identiche lamentele popolari venivano riportate. Conclude che se fosse vero che il clima era in raffeddamento da così tanto tempo, l'Italia sarebbe già diventata un paese artico.
Noi oggi sappiamo che ciò che Magalotti riportava era l'inizio della Piccola Era Glaciale, fase molto fredda in Europa che perdurò fino a dopo gli anni di Leopardi stesso. Ciò fa del nostro Giacomo uno dei primi climate change deniers della Storia