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Per l’ultima volta… i motivi di un’estate non eccezionale
Mi scuso se per la terza volta ripropongo il solito tema, ma quando c’è da mettere per iscritto alcuni concetti, finisci sempre per tagliare corto perché c’è sempre troppo da dire e leggere un papiro, alla lunga, può diventare noioso. Parto però da un dato di fatto: il discorso è molto articolato da affrontare e meriterebbe invece un confronto diretto, tutti insieme, seduti magari ad un tavolo (MNW… perché non lo organizzi qualcosa del genere per l’autunno o per questo inverno su questo tema?). Ora mi rimbocco le maniche e vedrò di esaurire questo argomento affrontando gli aspetti più importanti…
Tutto è nato quando la settimana scorsa ho parlato del significato, dal punto di vista statistico, del concetto di evento eccezionale, dicendo che un fenomeno (imputata era la temperatura) si definisce tale se non si ripete negli ultimi 20 anni circa. Prendendo come esempio i 37 °C di Verona, ho detto che questa temperatura, applicando questa definizione, non può più considerarsi eccezionale in virtù del fatto che è stata raggiunta più volte negli ultimi 8 anni. Applicando però la statistica più remota, quella che vede un confronto di questi valori con le medie del trentennio 1961-1990, il valore appare eccezionale, perché ricade all’interno di quel 2.5% della curva gaussiana etichettata con “anomalia”. Mi sono quindi soffermato a valutare adoperando due criteri di giudizio che sono assolutamente coincidenti, ma i cui risultati differiscono tra di loro perché sono applicati a due periodi sfasati: il primo inizia nel 1986 e finisce nel 2006 (sono gli ultimi 20 anni) mentre il secondo inizia nel 1961 e finisce nel 1990 (è il trentennio di riferimento imposto dall’OMM).
Osservazione n°1: Se applicando lo stesso criterio di giudizio a due periodi differenti si ottengono risultati diversi, non sorge il dubbio che uno dei due criteri sia vecchio e obsoleto? Se una temperatura, che vogliamo definire eccezionale, diventa frequente nell’ultimo decennio, dove sta l’eccezionalitÃ*?
Si parla poi, in continuazione, del 2003 e ad ogni occasione non si fa altro che paragonare i dati di quest’anno con quelli di tre anni fa. Per paragonare una serie di dati con un’altra, è necessario (non lo dico io ma lo dice sempre la statistica) che le condizioni di partenza che hanno portato ad avere queste serie di dati siano molto simili. Tali condizioni, ovviamente, vanno ricercate a scala globale e non a scala limitata, e tantomeno alla capannina meteorologica del nostro giardino. La caldissima estate del 2003, in sintesi, è stato caratterizzata da:
1) presenza di un robusto campo anticiclonico al suolo, garanzia di cielo sereno, per tutto il periodo estivo, salvo una brevissima pausa nella terza decade di luglio;
2) forte anomalia di geopotenziale in quota generata dalla persistenza di una struttura anticiclonica di matrice africana giÃ* da maggio, con insistenti correnti discendenti associate a relativo moto di compressione, avvitamento e surriscaldamento di una massa d’aria giÃ* calda per la sua provenienza dal Nord Africa. ;
3) notevole accumulo energetico da parte del mare, fino a 6-7 gradi di anomalia positiva su tutto il comparto centro-occidentale del Mediterraneo, che ha inibito l'azione mitigante delle brezze;
4) forte fenomeno di Nino sull'Oceano Pacifico nell'inverno 2002-2003.
Osservazione n°2: Quale di queste quattro caratteristiche si è ripresentata quest’anno? Forse la 3? Ammesso fino a un certo punto (non siamo arrivati a quei livelli), manca di sicuro il 75% delle condizioni (3 su 4). Si può allora fare un confronto serio tra quest’anno e quell’anno?
Il problema su dove focalizzare la nostra attenzione, anche in un prossimo futuro quando dovremo tirare le somme di questa stagione, non dovrebbe essere quindi “il valore della media” fine a se stessa, ma “il valore della media in riferimento al contesto climatico”, cioè alle condizioni che lo hanno generato, in cui tale valore medio è stato raggiunto.
Questo non significa snaturare le ondate di calore che si sono verificate, ma significa andare ad indagare meglio sulla dinamica che ha portato a tali situazioni che, per certe regioni ha generato alcune conseguenze, per altre regioni ne ha generato di differenti. A scala nazionale, non è possibile parlare di stagione eccezionale se solo il Nordest e parte del Centro ha visto una continua rincorsa del termometro verso valori molto elevati. Se si vuole poi approfondire la questione limitatamente alle zone menzionate, si è liberissimi di farlo, a patto che si approfondiscano tutti gli aspetti meteo-climatologici a scala regionale che hanno portato a quella situazione, lasciando fuori le altre zone che hanno risentito in modo diverso della stessa situazione, come il Medio e Basso Adriatico, per esempio.
Osservazione n°3: Qual è, allora, il contesto climatico a cui dobbiamo associare il valore medio calcolato? Naturalmente, per quest’anno, sarÃ* non tanto dettato dalle caratteristiche sinottiche che si sono susseguite e prese come un semplice iter atmosferico, ma dalla estremizzazione degli eventi che, per l’ennesima volta, si sono susseguiti e tenderanno a ripetersi, ad iniziare da giugno per finire ad agosto.
Comportando questa ultima osservazione una maggiore variabilitÃ* climatica (aumento di sigma, ovvero della deviazione standard), tale fattore statistico dovrÃ* per forza essere preso in considerazione. E tale fattore, a mio avviso, appare molto più rappresentato in quella definizione di “eccezionalitÃ*” dato all’inizio piuttosto che nel trentennio di riferimento, perché si tratta di una definizione che sta al passo con il ritmo del cambiamento climatico ormai in atto.
E qui chiudo su questo argomento, nella speranza di non aver dimenticato nulla e di aver chiarito il concetto nel modo più esaustivo possibile.
Un caro saluto a tutti
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