
Originariamente Scritto da
Nino Gatto
Esco di casa alle 15:30.
L'aria è secca, ferma.
Nessun suono nell'aria se non quello delle ambulanze che vanno e vengono.
C'è aria di record, oggi.
Mi reco in facoltà per sbrigare delle pratiche. Anche qui si parla del caldo: si soffre tantissimo, specialmente in una città che agli effetti favonici non è abituata come Palermo: ma col Sud-Ovest, i 40 sono garantiti. Prima di uscire ho controllato i dati: +39.
Alle quattro e mezza esco. Ho in programma di vedermi con Roger per prendere un caffè(lo so, è da pazzi con questa temperatura).
Telefono entusiasta a Luca di Lodi, per comunicargli che i gradi sono adesso 41.
In cuor mio spero però che la fornace finisca presto, perchè se continua così molti anziani potrebbero sentirsi male.
L'asfalto è un forno sotto i piedi, i muri trasudano calore.
E' un inferno.
C'è puzza di smog, che rende sgradevole il camminare, e questo odore acre si unisce al caldo. Divampano le fiamme in una zona della città, e il cielo è bianco, lattiginoso.
Superata Piazza Duomo credo di non farcela: non è tanto il caldo a farmi soffrire(anzi, l'essere dentro una giornata da record è mostruosamente bello), ma l'isola di calore che si fa evidente quando percorro le vie adiacenti alla piazza.
Sudo, e il sudore appiccica ovunque, e mi manca l'aria.
Vedo Roger, e parliamo del caldo. Ci ficchiamo dentro un bar, con l'aria sbattuta come di chi abbia appena corso per chilometri e chilometri, i capelli-quei pochi che rimangono-madidi di sudore, malgrado il secco, il respiro affannoso, un senso di oppressione.
Fuori non si muove una foglia.
Dentro il bar è pieno, se non altro per l'aria condizionata.
Sorseggiamo lentamente il caffè, gustandolo. Qui, al fresco, è possibile.
Usciamo, e l'aria calda riprende il sopravvento, presuntuosa, arrogante, ficcanaso.
Vorrei dire basta a questo caldo che sembra non dover finire, e aumenta la sua potenza.
Noi abbiamo poco più di vent'anni, e reggiamo. Molti anziani, invece, sono lì, dentro le ambulanze con le sirene spiegate che sfrecciano in mezzo alla città, con un rombo cupo e un ululare sinistro.
Parliamo un pò, ma entrambi abbiamo la vista appannata, sudiamo da matti e la bocca si apre a stento.
Non ce la faccio più, e neanche lui.
Torniamo con fatica a casa, in mezzo a un cielo bianco latte, al suono inquietante delle sirene che aumenta e si moltiplica e a una città che sembra immersa in un film dell'orrore.
I gradi fra poco saranno 43,6.
Segnalibri