Esatto, su questo non ci piove. Mi ero concentrato sulle dinamiche degli ultimi due anni.
Da semplice spettatore di queste vicende, mai avrei creduto in un possibile scenario dopo l'ecatombe del 2012. Ero abbastanza dell'idea, senza ombra di dubbio che l'estate scorsa o al massimo quella di quest'anno, i ghiacci si sarebbero ritirati non dico al 100% ma all'80-90% visto, come dice giustamente Snowstorm84, l'imponente ridimensionamento dei ghiacci pluriennali.
Che ci possa stare viste le configurazioni, va bene, ma non ditemi che dopo i minimi del 2007 e, tantomeno, del 2012, vi saresti aspettati un recupero del genere perchè non ci credo neanche se me lo diceste di persona!
Fra l'altro, per rimanere in tema, dopo il tracollo del 2012, parte del recupero degli ultimi due anni è imputabile alla situazione particolare del 2013, anno che è stato connotato nei cieli artici da minore nuvolosità nell'inverno antecedente (2012/13) - ciò che ha consentito un incremento di spessore fino a ~ 45 cm a nord dell'Alaska - e un contributo ulteriore è venuto dalla maggior nuvolosità della prima parte dell'estate 2013, coincidente con il periodo di maggior insolazione sull'Artico.
Questo lavoro mette in luce alcuni importanti aspetti che starebbero alla base di questa recente parziale ripresa dei ghiacci artici in particolare nella parte occidentale del bacino e queste cause sono riconducibili alla variabilità interannuale delle condizioni meteorologiche al di sopra dell'Artico. Variabilità che, come detto, in un nuovo stato di equilibrio dinamico instabile come quello in cui la regione polare si è trovata ad essere negli ultimi 10-15 anni di amplificazione termica, ha decisamente miglior gioco nel condizionare struttura, concentrazione, estensione e infine volume della banchisa durante tutto l'anno e quindi pure alla fine dell'estate.
Le nuvole normalmente hanno un effetto misto, isolano la superficie sottostante (effetto serra) e riflettono parte della luce solare in entrata (effetto riflettente), ma nell'Artico - non essendoci la luce del sole per diversi mesi ed essendo la superficie spesso coperta di neve e ghiaccio - hanno un effetto isolante più grande rispetto a quello riflettente.
Un esame della nuvolosità invernale con due prodotti satellitari e dati di rianalisi (vedi lavoro linkato) ha mostrato una copertura nuvolosa inferiore alla media nei primi due mesi del 2013 al di sopra di gran parte del Mar Glaciale Artico. Le anomalie di copertura nuvolosa corrispondono bene con un'altezza del geopotenziale a 850 hPa al di sopra della media con un anomalo movimento atmosferico di subsidenza, confermando il ruolo della circolazione atmosferica su larga scala nel determinare la scarsa copertura nuvolosa. Meno nubi durante l'inverno artico si traduce in un bilancio radiativo superficiale più fortemente negativo, il che porta a raffreddamento della superficie e permette così una maggiore crescita nello spessore del ghiaccio. Alla diminuzione della copertura nuvolosa nella prima parte dell'inverno artico del 2013 è poi seguita un'anomalia positiva della copertura nuvolosa nel giugno 2013, un periodo dell'anno che coincide con la maggior insolazione sull'Artico e quindi un elemento che ha contribuito a raffreddare la superficie aiutando a mantenere la copertura glaciale; entrambi i fattori hanno dunque agito in maniera conservativa permettendo di mantenere uno spessore glaciale marino un po' più consistente già prima dell'inizio della fusione estiva e favorendo in seguito il rebound della copertura glaciale alla fine dell'estate scorsa. Con riverbero anche sul successivo 2014.
Cambiamenti nella copertura nuvolosa associata a cambiamenti della circolazione atmosferica su larga scala possono dunque avere un impatto significativo sul bilancio radiativo di superficie, influenzando così crescita e fusione e quindi variazione interannuale del ghiaccio marino.
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Dopo il 2007 probabilmente non mi sarei aspettato massivi recuperi(che comunque ad oggi non ci sono) ma nel frattempo la conoscenza della variabilità interna è molto aumentata, l'analisi delle ensemble cesm è ancora in corso e quando saranno pubblicati i risultati sarà ancora più chiaro; nel frattempo anche altre simulazioni con il ccsm4 mostrano chiaramente quanto sia ampia la variabilità interna di breve periodo infatti non è difficile trovare trend di 20 anni positivi nelle simulazioni del 20°secolo e ce sono anche il 5% nel 21° secolo nelle RCP8.5(le simulazioni in cui il mondo si scalda di più):
Con il procedere della perdita di ghiaccio tra l'altro la variabilità interannuale si accentua ed iniziano a veificarsi fluttuazioni di oltre +-2 milioni di Km2 da un anno all'altro, fino a che si arriva ad avere condizioni "ice free"(<1milione di km2) e a quel punto anche la variabilità interannuale ovviamente si riduce di nuovo.
Ultima modifica di elz; 10/11/2014 alle 14:25
Si, ok, ma non e' un pattern a determinare la discesa delle estensioni glaciali, determina le oscillazioni di breve periodo ma ci sono fattori piu' importanti.
Il primo e' la AMO che determina i livelli medi di trasporto di calore. Poi certamente gli aspetti configurativi vanno ad assecondare o meno certi aspetti, ma l'aspetto energetico secondo me e' fondamentale.
Nel 2007 ci fu quel minimo xche' nei due anni precedenti il flusso west svalbard fu potentissimo, poi calo' ... non trovo i dati + recenti ma sono certo che nel 2010-11 c'e' stato altro massimo e poi calo.
L'aspetto energetico del ciclo oceanico e' visibile anche nelle temperature delle località artiche e sub-artiche:
Ma appunto. Ma di cosa stiamo parlando?
Anche io non mi sarei aspettato i grandi recuperi dopo il 2007 che non ci sono stati. Siccome da un lato aumenta la conoscenza della variabilità interna e dall'altro si sa che questa - su scala interannuale - riveste un ruolo più importante in presenza, come ho già detto, di meno ghiaccio in un nuovo stato di equilibrio dinamico instabile, testimoniato fra l'altro dall'aumento delle oscillazioni annue.
D'altra parte, come giustamente rimarca Nix, quello che ha sorpreso quasi tutti i modelli e l'ensemble delle loro corse è proprio l'accelerazione della perdita di estensione e volume, con il doppio tracollo del 2007 e del 2012, nonostante si sappia che in un sistema climatico con feedback positivi, spesso la risposta climatica è più grande/veloce di quel che ci si aspetti.
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Con gli ultimi due anni, dal punto di vista dell'estensione, si è tornati al margine inferiore dell'ensemble delle corse.
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