Originariamente Scritto da
vigna
Corigliano
L'IMPORTANZA DI IMPARARE LA CLIMATOLOGIA.
In uno dei miei ultimi interventi ho scritto che la mancata conoscenza della climatologia italiana porta a giudizi fuorvianti che sono peraltro diametralmente opposti nel caso in cui dovessimo attraversare una fase con temperature sopra la media o sotto la media. Nel primo caso – come è successo nelle ultime due settimane – allora è comune il pensiero che “è estate e quindi è normale che faccia caldo”, mentre nel secondo caso quasi quasi ci si “scandalizza”, come è avvenuto nel mese di maggio. Si tratta di giudizi soggettivi che di fronte alla scienza non hanno alcuna valenza. Perché la scienza giudica con i numeri e non con le sensazioni. E che cosa ci dicono questi numeri? Ci dicono, per esempio, che a metà luglio le temperature minime e massime che dovremmo avere nelle nostre città italiane sono quelle riportate in tabella. Se quindi per esempio a Milano si dovesse registrare una temperatura massima di 35 °C a metà luglio, non è che… “è normale perché è estate e quindi deve fare caldo”. No. Vuol dire che a Milano con quella temperatura siamo di 6 °C oltre la media del periodo. Se a Roma ci dovessimo svegliare una mattina di metà luglio con una temperatura minima di 24 °C invece di 17 °C, vuol dire che abbiamo trascorso una notte più calda della norma di ben 7 °C. I giudizi sulle fasi meteorologiche si danno facendo questi confronti. Quante sono allora le città italiane in cui è normale avere nottate con minime a 25 °C e giornate con massime a 37 °C, come quando sopraggiunge il promontorio nord africano? Nessuna. Non c’è una sola città italiana che ha come media della temperatura minima un valore di 25 °C e come media della temperatura massima un valore di 37 °C. Vuol dire allora che l’arrivo di un’ondata di caldo dall’entroterra sahariano non è che… “Ah, finalmente arriva l’estate!”, ma che siamo di fronte a una fase meteorologica dai connotati anomali o molto anomali, a seconda di quanta aria calda viene pompata verso le nostre latitudini.
È anche vero che, come abbiamo detto più volte, una media climatologica è fatta per starci un po’ sopra e un po’ sotto e quindi rientra nella variabilità meteorologica avere anche fasi più calde della norma: in altre parole, le avvezioni di aria sahariana fanno parte dei possibili scenari a cui possiamo andare incontro. Il problema è che queste fasi non sono bilanciate da fasi diametralmente opposte in intensità e in numero e quindi le fasi più calde della norma sono diventate di gran lunga superiori rispetto a quelle più fredde, tanto da condizionare ormai la stragrande maggioranza dei bilanci termici mensili: sono infatti nettamente superiori i mesi che a conti fatti chiudono più caldi del normale, rispetto a quelli più freddi. Anche questi conti si fanno con il confronto tra il tempo che ha fatto e il tempo che avrebbe dovuto fare. E sempre grazie a questi conti ci rendiamo conto se su lungo periodo, cioè su intervalli trentennali, è in atto un cambiamento climatico.
Ecco, a mio modesto avviso questi sono concetti importanti che andrebbero conosciuti e imparati anche dal cittadino comune. Non serve strafare e cimentarsi su testi universitari che parlano di fisica del clima: basterebbe anche solo conoscere per ogni periodo dell'anno quei numeri in tabella per la nostra città perché fissano dei paletti e perché ci dicono per esempio quanto dovrebbe fare caldo o freddo alle nostre latitudini. Così scopriremmo da soli che ci sarebbe da… “meravigliarsi” di più se a Torino si dovesse registrare a metà luglio una temperatura massima di 34 °C (6 °C sopra la media) invece di 25 °C (3 °C sotto la media). E invece questo non succede perché siamo così “cotti” da questo stare troppo spesso in condizioni più calde del normale (effetto "rana bollita") da credere che con 25 °C faccia freddo e che 34 °C vadano bene.
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