Citazione Originariamente Scritto da Mrneve91 Visualizza Messaggio
Questo racconto è un'insieme di varie informazioni che mi sono state dette e che ho trovato su vari libri e soprattutto su internet.

L'ALLUVIONE DI FIRENZE DEL 4 NOVEMBRE 1966
Avvenuta nelle prime ore di Venerdì 4 Novembre 1966 a seguito di un'eccezionale ondata di maltempo, fu uno dei più gravi eventi alluvionali mai verificatosi in Italia, e causò forti danni non solo a Firenze ma in gran parte della Toscana e, più in generale, in tutto il paese. Diversamente dall'immagine che in generale si ha dell'evento, l'alluvione non colpì solo il centro storico di Firenze ma l'intero Bacino idrografico dell'Arno, sia a monte sia a valle della città. Sommersi dalle acque furono anche diversi quartieri periferici della città come Rovezzano, Brozzi, Peretola, Quaracchi, svariati centri del Casentino e del Valdarno in provincia di Arezzo, del Mugello, alcuni comuni periferici come Campi Bisenzio, Sesto Fiorentino, Lastra a Signa e Signa (dove strariparono i fiumi Bisenzio ed Ombrone Pistoiese e praticamente tutti i torrenti e fossi minori) e varie cittadine a valle di Firenze, come Empoli e Pontedera. A questo si aggiunse anche una vera e propria tempesta di Scirocco che si propagò rapidamente a quasi tutta l'Italia, raggiungendo intensità da record sulle coste della medio-bassa Toscana e al largo del medio-alto Adriatico. A Piombino lo Scirocco toccò un massimo di 162 km/h, 150 km/h sulla laguna di Orbetello, 100-120 km/h sulla città di Grosseto e 80-100 km/h su Firenze e su Venezia. In Toscana si vennero a creare due aree di convergenza, che poi finirono per coprire e invadere vasti territori e interi bacini fluviali, rispettivamente sull'area grossetana e sulla Val d'Ambra. Il diluvio e la successione dei temporali che ne conseguirno assunsero connotati impressionanti. Sull'area di Grosseto caddero in 24 ore dai 320 ai 370 mm di pioggia (quantitativo ancora oggi imbattuto), dai 240 ai 280 mm sull'area di Siena (record storico assoluto), dai 250 ai 450 mm sui bacini dell'Arbia e del Merse (affluenti dell'Ombrone) e dai 350 ai 550 mm sul bacino dell'Ambra (affluente dell'Arno), 437,2 mm a Badia Agnano (nell'alta Val di Sieve), fino a 590 mm sulla località La Trappola e addirittura 710 mm a Rocca Ricciarda (dati privati e della Forestale). La sciroccata fece cadere tanta pioggia tutta insieme anche sulle innevate vette più alte dell'Appennino. Caddero dai 180 mm ai 300 mm sull'area di Firenze e 150-250 mm sui bacini del Bisenzio e dell'Ombrone Pistoiese. Dopo il disastro, le campagne rimasero allagate per giorni, e molti comuni minori risultarono isolati e danneggiati gravemente. Sempre in Toscana, la devastante alluvione provocò lo straripamento del fiume Ombrone, colpendo gran parte della piana della Maremma e sommergendo completamente la città di Grosseto. La situazione sinottica nella giornata di Lunedì 31 Ottobre 1966 era estremamente complessa: infatti in pieno atlantico stazionava una poderosa alta pressione di 1030 hPa che in quelle ore andava a formare un classico ponte di wejkoff con una alta termica di 1030 hPa posizionata fra la Russia e la Siberia. Questa situazione sinottica innescò un affondo freddo siberiano su tutto il Centro-Nord italiano. Se vediamo le temperature a 850 hPa di quel frangente, notiamo che una isoterma di -2° abbracciava tutto il centro-nord; in queste condizioni, abbondanti nevicate ricoprirono le vette del Mugello e del Casentino. La situazione peggiorò nel giorno seguente, 1 Novembre 1966 quando il ponte di wejkoff si spezzò e un minimo depressionario, alimentato nel cuore del Mediterraneo ancora da aria fredda siberiana, si isolò nei pressi della Sardegna; in queste condizioni tutta la catena appenninica esposta a sud ricevette forti precipitazioni mentre sulle vette del Casentino e del Mugello furono ancora nevose. Alla fine di questi due giorni le vette del Casentino e del Mugello apparivano imbiancate. Fu questa la prima di una serie di coincidenze nefaste che provocarono la tragedia. L’ultima decade di Ottobre fu caratterizzata inoltre da piogge molto abbondanti sul tutto il bacino dell’Arno. L’area era quindi già caratterizzata da terreni saturi e falde idriche non più in grado di ricevere altre piogge. Il tempo che seguì all'irruzione siberiana fu contraddistinto da una serie di eventi che portarono a una vera e propria "bomba meteorologica". Infatti il giorno 2 Novembre il minimo, formatosi il giorno prima, dalla Sardegna si diresse verso l'Italia meridionale e il giorno 3 Novembre si colmò. Contemporaneamente una cellula anticiclonica dinamica si isolò sulla Russia e il giorno 4 Novembre scese fin sulla Jugoslavia, mentre nelle stesse ore la potente alta azzorriana ruotava in maniera tale da pilotare una imponente massa di aria fredda direttamente proveniente da un'alta termica sulla Groenlandia verso l'Algeria. Era la genesi di una delle figure bariche più penalizzanti della storia della meteorologia italiana. La risposta umida africana non si fece attendere: puntuali si innescarono potenti correnti meridionali sull'Italia, favorendo la formazione di una violentissima perturbazione che rimase pressoché bloccata a causa di una cellula di alta pressione dinamica presente sui Balcani. l’Italia risultò soggetta a piccoli ma intensissimi vortici ciclonici, di breve durata ma localmente violentissimi, con minimi di pressione intorno a 996 hPa. Si ipotizza che si formarono quattro minimi depressionari, quasi allineati da sud a nord: uno nel Tirreno Meridionale (tra Sardegna e Sicilia), un altro tra Alto Tirreno e Mar Ligure (quello che poi genererà l’alluvione di Firenze); il terzo al centro della Pianura Padana ed il quarto sulle Alpi Orientali. Questi minimi di bassa pressione provocarono come già detto venti di Scirocco fortissimi, associati a precipitazioni di eccezionale intensità, soprattutto nel Centro-Nord Italia, dove la perturbazione persistette in maniera più duratura e con effetti più devastanti. Le precipitazioni si svilupparono a partire dalle prime ore del 3 Novembre , intensificandosi gradualmente e divenendo persistenti intorno alla tarda mattinata. Si trattò di piogge forti, estese, continue, intense, spesso a carattere di nubifragio. Le piogge aumentarono di intensità nel pomeriggio ma a Firenze e dintorni nessuno si dava eccessive preoccupazioni, dato che le piene dell'Arno, del Bisenzio, dell'Ombrone Pistoiese e degli altri corsi d'acqua erano per tutti un "classico d'Autunno", occasione magari per una chiacchierata con i concittadini sulle spallette e sugli argini; anzi in città e nei dintorni ci si preparava a trascorrere in casa il 4 Novembre, anniversario della vittoria nella prima guerra mondiale, allora festa nazionale. Le vittime dell'alluvione furono relativamente poche anche per questa casualità: nessuno può dire cosa sarebbe accaduto se le acque avessero sorpreso i fiorentini che andavano al lavoro o i contadini all'opera nei campi in un giorno feriale.
Ecco la cronaca 3-4 Novembre 1966:
10.00: a Firenze sta piovendo e il vento è molto forte. Il bacino dell'Arno, a causa dell'ingrossamento del fiume, viene monitorato con sempre maggiore attenzione. Inizia a nevicare sul Casentino e sul Mugello, che sono da sempre le due porzioni di bacino maggiormente responsabili delle piene dell'Arno e dei suoi affluenti.
15.00: su Firenze si sta abbattendo un violento temporale. Dai comandi militari partono le segnalazioni e i fonogrammi verso il Ministero della difesa e degli interni, avvertendo che la situazione, pur essendo sotto controllo, necessita di essere seguita con attenzione. Alcuni torrenti sono notevolmente ingrossati e potrebbero provocare danni alle infrastrutture ed alle persone. Da Roma arriva un invito alla tranquillità, evitando gli allarmismi.
18.00: le forti precipitazioni colpiscono tutto il bacino dell'Arno e le stazioni pluviometriche registrano valori elevatissimi; a Firenze, in quella notte, cadranno tra i 180 mm e i 200 mm. Il livello dell'Arno inizia a crescere con sempre maggiore rapidità. L'idrometro, prima di essere distrutto, segnalerà 8,69 m e la piena al momento di massimo raggiungerà l'eccezionale valore di 4100 m3/s (dati dell’Autorità di Bacino dell’Arno). La temperatura sale in modo inaspettato: questo sbalzo contribuirà allo scioglimento delle nevi sulle catene montuose, che porteranno a valle ancora più acqua. A monte, molti torrenti iniziano a tracimare, mentre sull'Arno il livello è ancora entro i limiti di guardia, tale che non venne, a suo tempo, classificato in nessuna delle categorie a rischio idraulico. Solo in alcuni tratti, per qualche affluente, sono stati rafforzati gli argini.
20.30: nel centro storico è tutto pronto per la festa delle Forze Armate, che si sarebbe dovuta festeggiare il giorno dopo.
21.00: nessuno sembra badare all'Arno.
22.00: iniziano a giungere le prime notizie allarmanti dal Mugello e dalla provincia di Arezzo (Casentino, Valdarno Superiore), dove fiumi, torrenti e fossi in piena hanno rotto gli argini. Le segnalazioni ai vigili del fuoco e alle forze dell'ordine si moltiplicano. Una squadra formata da vigili del fuoco, carabinieri e più di 100 uomini del reparto mobile della Polizia di Stato partono per il Valdarno.
23.00: il livello dell'Arno continua a crescere; adesso inizia ad inquietare. I vigili del fuoco hanno già ricevuto 130 chiamate di piccoli allagamenti di scantinati e garage. Le campagne sono allagate e le famiglie che vi abitano sono salite sui tetti.
00.00: l'Arno inizia la sua opera di devastazione tracimando nel Casentino e nel Valdarno Superiore. Nella zona di Incisa in Val d'Arno vengono interrotte l'Autostrada del Sole e la ferrovia per Arezzo e Roma. Le acque dell'Arno invadono Montevarchi, Figline Valdarno, Incisa in Val d'Arno, Rignano sull'Arno, Pontassieve, Le Sieci e Compiobbi.
00.16: in mezza Toscana si verificano smottamenti e frane a causa dell'acqua e straripano anche dei fiumi. Non è più possibile comunicare con il Casentino; l'Arno è straripato a Ponte a Poppi, allagando tutto il paese: la situazione è tragica e le persone si sono rifugiate sui tetti.
01.00: l'Arno straripa in località La Lisca, nel comune di Lastra a Signa. Vengono interrotte la strada statale Tosco-Romagnola e le comunicazioni tra Firenze ed Empoli. A Firenze sui lungarni sono affacciate diverse persone che osservano la situazione: sono presenti poliziotti, ingegneri del Genio Civile, giornalisti, il sindaco e il prefetto. Ci si domanda se dare l'allarme alla città suonando tutte le campane oppure evitare il panico sperando che non accada niente: si opta per la seconda opzione.
01.30: la piena dell'Arno si fa notare attraverso le fogne: l'acqua affiora in Piazza Mentana e anche attraverso il passaggio dell'antica porticciola d'Arno.
02.00: il torrente Mugnone, affluente dell'Arno in piena città, rompe gli argini e straripa presso il Parco delle Cascine a Firenze. L'ippodromo viene allagato; Anche lo zoo viene allagato.
02.30: le fognature granducali esplodono una dopo l'altra: la pressione dell'Arno è troppo forte. Il fiume straripa alla Nave a Rovezzano, a Varlungo e a San Salvi. Nell'Oltrarno di Firenze, nel quartiere di Gavinana, inizia la paura per i cinquantamila fiorentini che vi abitano: la gente cerca di sgomberare gli scantinati e si rifugia nei piani più alti. Nella zona di Santa Croce l'acqua inizia a inondare via de' Benci.
03.00: alla nuova sede de La Nazione, in via Paolieri, si cerca di fare un quadro della situazione. Nessuno in redazione si aspettava un evento di dimensioni così catastrofiche. Franco Nencini chiama per telefono Carlo Maggiorelli, addetto alla sorveglianza degli impianti idrici dell'Anconella, per avere qualche informazione. La situazione descritta da Maggiorelli è tragica; l'acqua lo travolge durante la telefonata.
03.30: un sottufficiale dei vigili del fuoco, vedendo l'acqua che zampilla dai muretti, telefona al suo comando per dare l'allarme. La Prefettura e Palazzo Vecchio bombardano il Ministero degli Interni a Roma per chiedere aiuti e rinforzi, ma il ministero non comprende fino in fondo il livello di emergenza. L'acqua dell'Arno arriva a Bellariva.
03:48: arriva la prima notizia dell'ANSA: "La situazione in Toscana diventa sempre più grave. La pioggia non accenna a cessare e i corsi d'acqua, specialmente quelli più piccoli, sono notevolmente ingrossati. In provincia di Firenze, è emergenza a Incisa Valdarno e negli altri centri in prossimità dell'Arno, nel quale confluiscono altri torrenti. Le acque hanno invaso molte abitazioni".
04.00: le acque dell'Arno invadono il Lungarno Benvenuto Cellini, corrono per via dei Renai e sommergono una larga parte dell'Oltrarno storico, i quartieri di San Niccolò, Santo Spirito, San Frediano, l'Isolotto e San Bartolo a Cintoia, fermandosi solo a Soffiano ed alle porte di Scandicci. L'acqua inizia ad affluire nel quartiere di Santa Croce e salta la luce elettrica. A San Piero a Ponti il Bisenzio inonda la stazione del Genio Civile, posta sull'argine; la gente della zona inizia a tirare fuori le cateratte, credendo di avere a che fare con una delle solite tracimate del fiume, che al massimo portano ad un allagamento di qualche decina di centimetri nella zone più prossime all'argine.
04.30: inizia il dramma nella periferia occidentale: Lastra a Signa e una parte del comune di Scandicci (San Colombano, Badia a Settimo) sono allagate dalle acque di alcuni torrenti (Vingone, Rimaggio, Guardiana).
05.00: l'Arno straripa anche nella zona del Lungarno Acciaioli e di quello alle Grazie, mentre nel resto della città l'acqua è a filo delle spallette. Gli orefici del Ponte Vecchio cercano di mettere in salvo i gioielli preziosi; a pochi passi via de' Bardi è allagata. Precipita la situazione nella provincia. A San Piero a Ponti il Bisenzio rompe l'argine e le sue acque si riversano su San Mauro a Signa e poi sulla parte sud del comune di Campi Bisenzio. Montelupo Fiorentino è sommersa dalle acque del fiume Pesa, che non riescono a confluire in Arno.
06.50: a Firenze cede la spalletta di Piazza Cavalleggeri: la furia dell'Arno si abbatte sulla Biblioteca Nazionale Centrale e sul quartiere di Santa Croce.
07.00: la tipografia de La Nazione è allagata da 5 metri d’acqua andando fuori uso. Solo nelle zone ancora intatte esce con il titolo: "L'Arno straripa a Firenze". Marcello Giannini, caporedattore della sede Rai fiorentina (allora in pieno centro storico, esattamente in piazza Santa Maria Maggiore), chiama il direttore a Roma, ma la notizia non convince la sede centrale. Durante il suo giornale radio allora decide di calare il suo microfono fuori dalla finestra e far sentire in diretta la furia dell'Arno che scorreva tra le strade: "Ecco" disse Giannini "non so se da Roma sentite questo rumore. Bene: quello che state sentendo non è un fiume, ma è via Cerretani, è la via Panzani, è il centro storico di Firenze invaso dalle acque". Nel frattempo viene interrotta l’erogazione dell’energia elettrica e tutti gli orologi della città si fermeranno alle ore 7:26.
08.30: l'Ombrone Pistoiese rompe gli argini a Castelletti (comune di Signa) e le sue acque si uniscono a quelle del Bisenzio sommergendo Lecore, Sant'Angelo a Lecore, Le Miccine, San Giorgio a Colonica e una parte del comune di Prato (Castelnuovo, Tavola). Anche gli abitanti di questa zona, come quelli di San Piero a Ponti abituati alle piccole inondazioni del fiume, non si rendono conto del pericolo, limitandosi a mettere gli oggetti su mensole o rialzi e nessuno pensa di mettere in salvo i vitelli e le mucche nelle stalle. A Sant'Angelo a Lecore si raggiungeranno i 4,20 metri di acqua ed il ricco patrimonio zootecnico sarà pressoché distrutto.
09.00: le acque limacciose dell'Arno irrompono in Piazza del Duomo a Firenze. L'Arno comincia a defluire dalla Porta San Frediano mentre da tutte le fognature l'acqua defluisce con forza in via Pisana. Alle ore 11.00 sarà divenuto un vero e proprio fiume di acqua fangosa e piena di chiazze di nafta.
09.30: in alcune zone di Firenze l'acqua ha raggiunto il primo piano delle abitazioni. Il sindaco Piero Bargellini, assediato dalle acque in Palazzo Vecchio, manda le prime richieste di aiuto. Nel viale Edmondo De Amicis saltano le condotte dell'acqua ed è fuori uso anche l'amplificatore di stato. L'Arno rompe anche nella zona di Quaracchi e sommerge i sobborghi di Peretola, Brozzi e la piana dell'Osmannoro nel comune di Sesto Fiorentino.
10.00: in via Scipione Ammirato a Firenze esplode un deposito di carburo e muore un anziano pensionato. L'Arno travolge l'argine strada a San Donnino, che verrà pressoché sommersa. Nella stessa zona tracimano anche il Fosso Reale ed il Fosso Macinante. I parroci della zona hanno la prontezza di suonare le campane a martello, avvertendo la popolazione che può così rifugiarsi ai piani superiori delle case.
10.30: allarme rosso a Campi Bisenzio, dove l'argine del Bisenzio dà vistosi segni di cedimento nel quartiere di San Lorenzo. Fortunatamente il grosso muro resiste ma nella zona nord del comune si registrano le esondazioni dei torrenti Marina e Marinella.
12.00: a Firenze, dove il dramma è in pieno svolgimento e ci sono già le prime vittime note (due anziani rimasti intrappolati), la popolazione della zona di via Ghibellina è impegnata a salvare i detenuti del carcere delle Murate.
14.30: a Campi Bisenzio le acque inondano il quartiere di San Martino. Nella zona di Brozzi e San Donnino, dove le case a schiera sono in buona parte basse e le acque hanno raggiunto anche i 6 metri, molte persone si salvano rompendo i muri divisori delle abitazioni per rifugiarsi nelle case più alte. A San Donnino, alcuni allevatori della zona mettono in salvo le loro mucche al primo piano della locale Casa del Popolo: la scena delle inconsuete ospiti nelle sale e nel balcone del circolo sarà ripresa dai mezzi di comunicazione e diverrà una delle notizie più popolari e curiose dell'alluvione.
16.00: quasi tutta l’area cittadina risulta sott’acqua, per una estensione di 3000 ettari. L’acqua putrida assume sempre più il colore di una catastrofe, il marrone del fango si mescola con il nero della nafta e la superficie è costellata di detriti, auto, oggetti, rami e grandi tronchi.
20.00: mentre cala la sera, a Firenze, dove le acque hanno raggiunto anche i 6 metri di altezza, l'Arno inizia lentamente a lasciare il centro storico e rientrare nel suo corso. È l'inizio della fine dell'incubo per la città ma la furia del fiume in queste stesse ore arriva ad Empoli, dove l'Elsa rompe gli argini.
Vengono i brividi a leggere questo resoconto.