Il parere di Gianni Viola su Viking e la vita marziana:
F.D.B.: Qual è il giudizio complessivo su tutta la faccenda delle meteoriti di origine marziana?
G.V.: Il giudizio complessivo sulla faccenda concernente la vita su Marte è certamente negativo e non per pregiudizio. Si tratta di una vicenda molto squallida, male impostata, male affrontata e soprattutto strumentalizzata. In realtà, come troviamo scritto nel pezzo "Una finestra sull'Universo" di Mario Di Martino (apparso su internet il 15 gennaio 2010, sul sito di "Focus") ad oggi, "sono più di 80 i meteoriti che sono stati individuati e designati come provenienti da Marte, per la semplice ragione che tutte quante hanno composizioni e rapporti dei gas intrappolati al loro interno che corrispondono esattamente ai dati raccolti dai due lander Viking (nel 1976) e nondimeno queste rocce hanno una composizione identica a quella delle rocce marziane che è stata determinata dalle numerose sonde che hanno finora esplorato il pianeta rosso."
F.D.B.: A questo punto sorge spontanea la domanda: perché rivolgere la propria attenzione alle rocce terrestri di provenienza marziana e non piuttosto riconsiderare in una diversa prospettiva le rocce marziane direttamente analizzate sul pianeta di origine, cioè su Marte?
G.V.: Il valore ed il clamore rivolti alle recenti "rivelazioni" delle meteoriti trovate sulla Terra e a cui viene attribuita una provenienza marziana, rappresenta dunque una semplice strumentalizzazione priva di alcun valore scientifico.
In pratica, avendo a disposizione dei risultati di esperimenti biologici (condotti già 34 anni fa), ed essendo stati, quei risultati, intelligentemente rivisitati nel 2001 tramite l'utilizzo di apparecchiature più moderne, ed in tal modo avendo tali rivisitazioni confermato in senso generale, la positività dei risultati in un primo tempo assegnata dubbiosamente solo ad uno dei tre esperimenti condotti, appare grottesco lo sforzo di trovare risultati positivi (del resto, ancora non trovati) su meteoriti marziane presenti sulla Terra.
Come si sa, uno dei principi della scienza è di scegliere, nella conduzione del metodo scientifico, la via più breve e più semplice e, soprattutto, di non scartare per pregiudizio dei risultati già ottenuti, ma in contrasto, con le posizioni dominanti della "casta scientifica".
F.D.B.: Quali furono in realtà i risultati degli esperimenti del 1976?
G.V.: Le sonde "Viking" furono lanciate nel periodo agosto-settembre 1975, giungendo su Marte l'estate successiva. I due lander si posarono sulla superficie del pianeta successivamente eseguendo una serie di esperimenti atti ad analizzare campioni del suolo.
Questo esperimento, denominato "Liberazione", fornì carbone radioattivo ai campioni di terreno presi da Marte e proseguì per ricercare ossido di carbonio radioattivo, che poteva essere stato liberato dalla respirazione di organismi viventi. In tutti i test, i campioni produssero quantitativi misurabili di ossido di carbonio radioattivo.
In pratica un braccio robotizzato raccoglieva dei campioni di terreno deponendoli in un contenitore assieme ad una soluzione nutritiva in precedenza marcata con carbonio radioattivo. Se nel suolo ci fosse stato qualche organismo vivente, avrebbe assimilato e processato gli elementi nutritivi marcati dal carbonio radioattivo, eventualmente rilasciando poi il carbonio nella forma di gas.
F.D.B.: Come si sviluppavano in pratica gli esperimenti?
G.V.: L'esperimento era controllato attraverso un rilevatore di radiazioni, installato sopra il coperchio del contenitore e collegato ad esso attraverso un tubo nel quale ogni gas eventualmente rilasciato poteva scorrere.
F.D.B.: E i risultati ottenuti, quali furono?
G.V.: L'esperimento diede risultati corretti, tanto è vero che i ricercatori preposti - Patricia Straat e Gilbert Levin - trovarono chiare prove del rilascio di gas. Il dottor Klem, commentando la reazione della terra marziana al cosiddetto "brodo di pollo", sostiene che se so tratta di un fenomeno biologico, ciò indica che la vita microbica è più sviluppata lassù rispetto alla Terra.
Nonostante il raggiungimento di tali risultati, altri scienziati suggerirono che il rilascio poteva essere meglio spiegato come risultato di reazioni chimiche con componenti altamente reattivi, ad esempio perossidi e superossidi.Stante il livello della ricerca all'epoca degli esperimenti, i due ricercatori si trovarono nell'impossibilità di provare che quei gas erano stati rilasciati da organismi viventi, quindi furono costretti ad abbandonare l'ipotesi inizialmente sostenuta. Non solo. Altri ricercatori indagarono su possibili spiegazioni alternative riguardo ai risultati ottenuti stando bene attenti a non tirare in ballo organismi viventi. Nonostante fossero ipotizzate diverse soluzioni, nessuna fra loro non è stata mai ritenuta del tutto soddisfacente.
F.D.B.: Puoi dirci quali sono stati i dati ottenuti dalla rivisitazione degli esperimenti?
G.V.: Ti leggo quanto riportato da Panorama nel 2001, sulle convinzioni di Levin riguardo agli esperimenti: "Erano tutti a favore della presenza di vita. Da allora ho sempre cercato d far capire il valore di quello che si era scoperto, ma invano". "Tutti i microrganismi terrestri che metabolizzano sostanze organiche liberano anidride carbonica. Pensai che se si fosse preso un campione di suolo marziano e lo si fosse spruzzato con acqua e sostanze nutrienti contenenti carbonio radioattivo, eventuali organismi viventi si sarebbero nutriti d tali sostanze, quindi avrebbero emesso anidride carbonica la cui molecola sarebbe stata composta, tra l'altro, dal carbonio radioattivo immesso, facile da rilevare. Il test fu provato sulla Terra, per verificarne la validità, poi fu effettuato su Marte, da entrambe le sonde Viking, in maniera automatica. E diede risultati analoghi: emissione d'anidride carbonica come se fosse stata prodotta da un organismo vivente, che respirava".
F.D.B.: Se non ricordo male, si occupò della faccenda anche Michael Carr, geologo operante al centro di controllo della NASA al tempo delle Viking...
G.V.: Sì, secondo una dichiarazione del Carr, nel momento in cui arrivarono i dati dell'esperimento, egli si espresse in questi termini: "Mio Dio, dissi, c'è vita su Marte. La risposta non lasciava dubbi. In presenza dei nutrienti, si notava una forte emissione di anidride carbonica radioattiva, che poi calava lentamente".
F.D.B.: Tutto faceva pensare che la vita su Marte ci fosse, in ogni modo...
G.V.: Certo! Tuttavia il gelo scese tra gli scienziati quando un altro esperimento a bordo di una delle due "Viking", con il compito di trovare molecole organiche direttamente nel suolo di Marte, non ne trovò neanche una. A tal proposito il ricercatore Levin afferma: "Non furono individuate molecole organiche nel suolo di Marte solo perché il sistema di rilevazione di allora non era così raffinato da poter mettere in luce i microrganismi marziani".
F.D.B.: Altri scienziati si sono occupati della medesima questione?
G.V.: Il secondo scienziato a sostenere l'ipotesi della vita è Joseph Miller, professore al Dipartimento di Neurobiologia della "Keck School of Medicine" presso l'Università della California del Sud (San Diego), che ha il pieno sostegno della NASA. È stato lui, negli anni '80, a preparare i giusti ritmi di veglia e sonno per gli astronauti degli Shuttle.
A colpirlo è stato un dettaglio cui nessuno, 26 anni fa, aveva dato importanza. Nell'ambito di una nuova ricerca NASA per la futura esplorazione umana su Marte, lo scienziato ha di recente analizzato di nuovo i grafici dell'esperimento di Levin, scoprendo che l'attività chimica riscontrata nel suolo può essere correttamente spiegata solo ammettendo la presenza di cellule viventi e secondo Miller tutto ciò fornisce la prova che la vita potrebbe esistere sul Pianeta Rosso.
Ne ha dato notizia In occasione del 26° congresso annuale della Società americana d'ingegneria ottica.
F.D.B.: Cosa afferma in particolare Miller?
G.V.: Miller ha affermato: "Il segnale dell'emissione dei gas non solo aveva un ritmo circadiano, ma ha un preciso ritmo di 24,66 ore, particolarmente significativo perché è uguale alla lunghezza di un giorno marziano. Notai che l'emissione di anidride carbonica dal suolo marziano non era continua, ma mostrava un aumento durante il giorno e un calo di notte".
I ritmi coincidono perfettamente con il giorno marziano. E come sostenuto da Miller, si tratta di "una ritmicità tipica di qualche forma di attività biologica".
Anche stavolta i chimici si sono messi al lavoro per trovare una risposta che non richiedesse la presenza di organismi viventi ma, dal canto suo, Miller ha smontato tutte le ipotesi avanzate, precisando: "Credo che Levin avesse ragione e già 25 anni fa. Ora la NASA dovrebbe replicare un esperimento a bordo di una sonda, per rifare i test delle Viking. Ma è restia".
F.D.B.: Che cosa sostengono i "detrattori" della tesi della riuscita degli esperimenti biologici e in che modo altri hanno confutato tali critiche?
G.V.: Per quanto concerne i dubbi sollevati 25 anni fa dai chimici, che sostenevano che lo stesso segnale potesse semplicemente derivare da reazioni chimiche con composti non organici del suolo altamente reattivi, Miller afferma che questo scenario sembra ora in sostanza impossibile da immaginare. "Per prima cosa, ci sono ricerche che mostrano che i superossidi esposti ad una soluzione acquosa, come la soluzione nutritiva usata nei Viking, sono rapidamente distrutti. Invece i ritmi circadiani mostrati dal suolo marziano persisterono per ben nove settimane. E non c'è ragione che una normale reazione chimica sia così fortemente sincronizzata a così minuscole fluttuazioni di temperatura. Se uniamo ciò alle recenti immagini delle sonde che indicano fortemente che l'acqua fluì sulla superficie di Marte fin nel recente passato, molte delle caratteristiche necessarie alla vita sono lì. Penso che i ricercatori del Viking, nel 1976 ebbero eccellenti ragioni di credere di aver scoperto la vita; ora, con questa nuova scoperta, direi che la vita lassù è presente con un grado di certezza di almeno il 90%. E penso che ci siano molti biologici d'accordo con me. Sulla base di nuove informazioni che ho ricavato da uno degli esperimenti biologici che il Vikng condusse su Marte, mi sento di sostenere che la probabilità dell'esistenza di vita microbica, su pianeta è del 90 per cento".
F.D.B.: Della faccenda si sono occupati anche tanti altri ricercatori. Puoi citarne alcuni?
G.V.: Si tratta di Vincent Di Petro e Gregor Molenaar, i quali, senza mezzi termini, scrivono che il già citato dott. Levin (uno dei responsabili degli esperimenti della ricerca della vita condotti con il materiale prelevato dalle sonde Viking) "ha provato vigorosamente ed effettivamente che gli esperimenti del Viking (...) probabilmente hanno mostrato l'esistenza della vita".
Un altro ricercatore è Carol Stoker, biologo presso l'"Ames Reserarch Center" della NASA. Egli afferma che dalle analisi delle immagini ricevute dalla sonda Pathfinder, che scese su Marte nel 1997, apparirebbero tracce di clorofilla sulle superficie in almeno due aree vicino alla sonda. Si è preferito pensare a un "possibile errore", ma Stoker ha analizzato quei luoghi in 15 lunghezze d'onda e in quelle due aree si osserva proprio la lunghezza d'onda che si ottiene quando la clorofilla assorbe la luce solare.
F.D.B.: Quali sono le conclusioni possibili?
G.V.: Se chiedi ad un qualsiasi operatore di un centro di ricerca, ad un astronomo, ad un docente, se ritiene possibile la presenza su Marte, dì vita intelligente, quindi in prospettiva, anche umana, vi dirà, no, che non è possibile, anzi vi informerà che le sonde ne hanno appurato l'assenza (mentre è vero il contrario) e infatti, per tale asserzione nessuno ha mai fornito prove a sostegno di quanto affermato. Del resto non potrebbe fornirne, perché di prove il tal senso, non ne esistono. Ma andiamo avanti...
F.D.B.: Si sostiene sempre che potrebbero esservi presenti solo delle forme elementari...
G.V.: Già. A proposito dei tre meteoriti cui si faceva cenno poc'anzi, nell'intervista a "Spaceflight Now", David S. McKay, responsabile del dipartimento di astrobiologia, afferma di "non poter provare rigorosamente l'esistenza di vita marziana", ma è convinto che il suo team sia "molto, molto vicino a dimostrare che su Marte ci sia stata vita".
Dalle affermazioni di questo ricercatore si evince che:
- la vita intelligente non è mai stata trovata su Marte (poiché essa sovercherebbe in significato, la vita elementare);
- la vita elementare non è stata ancora rilevata in termini definitivi.
Sul primo punto stendiamo un velo pietoso, poiché McKay, alla pari di tutti i suoi colleghi, non può sapere che la vita intelligente fu rilevata dalle sonde "Mariner 9", "Viking 1" e "Viking 2" (e, nel caso, lo sapesse, dovrebbe non dirlo). Sul secondo punto, al limite, potrebbe pure saperlo e potrebbe pure dirlo, poiché, nella realtà, altri esperimenti biologici (nella fattispecie, quelli condotti dai due moduli di discesa dei Viking, nel 1976), dimostrarono sin da allora, che la vita su Marte esiste e non ha mai cessato di esistere.
F.D.B.: In pratica, la strategia ufficiale tende a dimostrare, che cosa...?
G.V.: Volendo sintetizzare, sarebbero questi i termini della questione. I ricercatori tendono di raggiungere l'obiettivo, dimostrando:
- Tramite la ricerca di vita intelligente fuori dal Sistema Solare, che essa "non si trova all'interno di esso";
- Tramite la ricerca di vita elementare su Marte, che essa "non è stata ancora trovata sul pianeta Rosso".
Ora, noi ben sappiamo invece che entrambe queste posizioni sono false, poiché la vita intelligente su Marte fu trovata nel 1972, dalla sonda "Mariner 9", e riconfermata nel periodo 1976-1982 dalle sonde "Viking", mentre la vita elementare fu trovata su Marte già nel 1976.
F.D.B.: In questi giorni si è affermato che "Marte potrebbe essere stato popolato nel primo miliardo di anni successivo alla sua formazione" (Marte, su meteoriti prove di vita - 10 gennaio 2010 - Agenzia ANSA), ovviamente popolato da microrganismi.
G.V.: In pratica la vita ipotizzata su Marte è relativa a forme lontane nel "tempo" (3 miliardi di anni fa!) e nello "spazio concettuale" (batteri anziché esseri intelligenti). Tutto, cioè, combacia perfettamente con lo scopo di "allontanare" in termini fisici e filosofici, l'idea che Marte possa ospitare "attualmente" una vita intelligente.
Lo sforzo è tutto teso a dimostrare questa tesi e il linguaggio è volutamente (e costrittivamente) fumoso: così gli scienziati sono "molto, molto vicini a dimostrare che su Marte ci sia stata vita", si è "praticamente certi che i meteoriti provengano da Marte", e ancora "i risultati di questo studio possono essere un ottimo punto di partenza per indagare sulle possibilità di vita su Marte" e così via discorrendo, ma sempre nessuna certezza...
F.D.B.: Alla fine, si riparte sempre da zero...?
G.V.: Certo. Vuoi un esempio? Il giornalista Luigi Bignami afferma, nel titolo di un pezzo apparso sul sito del quotidiano La Repubblica del 10 gennaio 2010: «Gli studiosi dei meteoriti: "Sicuri, c'è vita su Marte"», quando poi, nella conclusione dello stesso, se ne parla solo come ipotesi futura... Infatti dice: "Ora non rimane che attendere le prossime missioni spaziali verso Marte che porteranno strumenti per un'analisi approfondita del suolo marziano, con il fine primo di cercare proprio sul luogo forme di vita passate o presenti".

F.D.B.: A questo punto è d'obbligo, un tuo commento...

G.V.: Diciamo che non vorrei essere mai nei loro panni, nell'inutile e patetico tentativo di nascondere quello che altri sanno già da tempo.

F.D.B.: Un'ultima domanda. Prima riferivi delle riprese satellitari che avrebbero rilevato in maniera chiara la presenza di vita intelligente su Marte. Noi ben sappiamo che oggi la risoluzione delle sonde in attività su Marte è ben superiore a quelle utilizzate in passato. Come mai in tali rilevazioni, questi scienziati non vedono nulla?

G.V.: A questo proposito ti offro una chicca incredibile... il professore Jan-Peter Muller dell'UCL (University College London), responsabile della mappatura della forma tridimensionale (3D) della superficie marziana, dice: "Ora riusciamo a modellare la forma tridimensionale di Marte ad una risoluzione sotto il metro, al pari di un qualsiasi buon satellite commerciale che orbiti intorno alla Terra. In questo modo siamo in grado di verificare la nostra ipotesi (la presenza di acqua nel passato di Marte - nota di edicolaweb) in modo più rigoroso di quanto fosse possibile in passato".

F.D.B.: Si accorgono dei laghi fossili, dei fiumi in secca e dei fondi degli oceani ormai privi di acqua, ma non riescono ad identificare nessuna fra le strutture "non naturali" già vista e decodificata in base alle rilevazioni effettuate dalle missioni "Mariner 9", "Viking 1" e "Viking 2"?

G.V.: Dici bene... Basterebbe solo considerare che, nelle medesime condizioni in cui sono osservate le varie strutture che su Marte appaiono con connotati artificiali, sulla Terra sono osservate tutte le strutture, sulla "artificialità" delle quali nessun pone alcun dubbio, per la semplice ragione che si tratta di strutture risaputamene opera dell'ingegno umano.
Ciò è tanto vero perché molti ricercatori, interrogati dal sottoscritto, hanno giudicato alcune strutture terrestri (artificiali), ritenendole di origine naturali, perché presentate come se fossero marziane.
Questo significa che la "linea guida" di tali ricercatori non è il metodo scientifico, quanto piuttosto un pregiudizio che fa ritenere loro per principio che su Mate non possa esistere nulla di artificiale e che "per decreto" si possano trovare solo tracce di vita elementare passata, o presente, ma nulla che possa ricondursi a forme di vita intelligente.
Chiaro che una scienza che si ponga dei limiti, o che pretenda di porli agli altri, è già una pratica del tutto priva di legittimazione "scientifica". Una scienza così non può insegnare niente a nessuno e non può essere presa in considerazione.
F.D.B.: Grazie per questo tuo contributo che porta chiarezza...
Intervista a Gianni Viola
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