Infatti la spiegazione dell'optimum climatico è molto più logica rispetto all'idea di un rifugio mediterraneo anche in epoca glaciale.
Che poi il fenomeno delle isole mediterranee in mezzo a bioclimi diversi è ampiamente presente laddove il bioclima è collocato a metà tra quello medioeuropeo ( di caducifoglie) e quello sempreverde mediterraneo e basta poco.per far prevalere l'uno o l'altro .
Nel caso dei colli Euganei conta, come hai ben detto, la posizione sopraelevata e l'esposizione dei versanti rivolti a sud che creano protezione dalle gelate da inversione e microclimi più miti.
Lungo l'Appennino, ad esempio in Abruzzo, si assiste allo stesso fenomeno ove a bassa quota emergono le formazioni calcaree dalle argille: sulle argille vegetazione a foglia caduca di quercie, mentre sui versanti esposti a sud, ove emergono i calcari, isole mediterranee che con precisione chirurgica seguono il cambiamento di substrato ( lecci, lentischi ginepri rossi dai 200 ai 500 metri sui versanti sud, assenti nei versanti nord).
Poi salendo in quota fino a 7-800 m. gli ultimi lecci cespugliosi, ma senza corredo mediterraneo, resistono sulle rupi a strapiombo ove la concorrenza delle caducifoglie è meno soffocante.
In questo senso possiamo ipotizzare che se oggi il leccio riesce ad arrivare in particolari condizioni ad 800 metri in Abruzzo ( ed in casi isolati anche oltre) , durante l'ultimo massimo glaciale non era del tutto scomparso dai tratti di costa più riparati di Sicilia e Calabria ( ove i lecci oggi arrivano in certi casi a 1500 m. e tendono a scomparire sotto i 400 m.).
C'è una cosa veramente poco convincente di questo articolo, ovvero il fatto che non ci sia alcun segno della presunta eruzione del vulcano islandese Hekla del 1104, che ha emesso grandi quantità di solfati con una eruzione molto esplosiva (inusuale per l'Islanda) quindi dovrebbe essere ben visibile (potenzialmente anche in Antartide). Visto che la data di questa eruzione è piuttosto incerta probabilmente va spostata avanti di qualche anno.
A quel punto con due forti eruzioni nell'emisfero nord nell'arco di 1-2 anni si potrebbe spiegare quasi tutto, salvo forse il picco tra il 1109 e il 1110 visibile in Antartide che richiederebbe una eruzione nell'emisfero sud non particolarmente forte. Purtroppo è difficile trarre conclusioni definitive per eruzioni così lontane nel tempo.
Leggendo la letteratura non mi sembra che la data del 1104 sia incerta. Pare che la datazione sia su fonti storiche.
Fonti storiche messe per iscritto secoli dopo, quindi non necessariamente affidabili. L'eruzione è stata certamente vista ma il racconto fu tramandato oralmente per almeno 150 anni, quindi l'anno preciso potrebbe essere sbagliato.
Le nuove ricostruzioni fatte tramite i carotaggi groenlandesi spostano l'eruzione di alcuni anni, come si vede nel grafico postato sopra, non c'è traccia di eruzione nel 1104. Sinceramente credo che siano più affidabili queste delle cronache vichinghe.
Hekla of history: the 1104 eruption | VolcanoCafeThe precise moment of the Hekla 1104 eruption remains uncertain, in spite of the precise year attached to the name
Chissà perché allora la chiamano Hekla1104 e non con una lettera come le precedenti.
....The 1104 (or 1108) eruption itself has been studied extensively by Sigurdur Thorasinson, the giant of 20th century Icelandic volcanology who initiated the study of tephra layers.
Hekla_1104_full.jpgOne of his many results is the map showing the distribution of the 1104 tephra. It shows that the wind was southerly at the time of the explosion. The area immediately north of Hekla was worst affected with 20 cm of tephra quite widespread. It was bad luck that this included some prime, albeit fragile, farmland. But a lot of the tephra also ended up on the central highlands where it could do little damage.
Secondo l'autore quella del Laki (1783-1784) fu maggiore.The volume of the tephra from 1104 is impressive. The 10-cm contour encloses 2000 km2! The total volume is estimated at 2.5 km3. It is less in rock volume, of course, as tephra is highly fragmented: the dense rock equivalent (DRE) is around 1 km3. This was a plinian eruption, not huge, but severe and damaging. The output is of course dwarfed by that of Laki.
Peccato che manca la bibliografia.The 1104 eruption was explosive. Recent results suggest that it was a short-lived (hours?) but steady eruption, which as usual waned towards the end.
Però dalle descrizioni non sembra un'eruzione catastrofica tranne che per l'Islanda stessa. Laki (1783-1784) e specialmente Laki 934 sembrano state nettamente maggiori. Per la prima esistono documenti di influenze sul clima sia in Europa che in America del Nord.
Certo che questi vulcani ne hanno combinate delle belle.
Ormai è passata alla storia come eruzione del 1104, non sarà facile cambiarle nome. Però anche l'articolo che hai citato parla della questione dell'anno preciso in cui è avvenuta l'eruzione, prima era stato preso per buono l'anno ricostruito dalle fonti storiche e addirittura era stato usato come riferimento per calibrare i dati dei carotaggi ma le calibrazioni fatte utilizzando il C14 e Be10 hanno spostato in avanti le date precedenti al 1200 di qualche anno, in questo articolo (vecchio di qualche anno ormai) spiega più nel dettaglio la questione in relazione alla grande eruzione di Eldgja)
Eldgja: Eruption dating | VolcanoCafe
Laki (1783) e Eldgja (ora corretta a 939) erano molto più grandi ma effusive, quindi hanno avuto un maggiore impatto locale ma non è scontato che l'iniezione stratosferica sia stata maggiore, senza attività esplosiva il trasporto verso la stratosfera di polveri e gas dipendeva solo dalla convezione causata dal calore.
Secondo questa ricostruzione sarebbero esempio sarebbero sostanzialmente equivalenti, anche se Hekla potrebbe aver avuto un aiutino da Asama.
20200607_192101.jpg
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Ultima modifica di snowaholic; 07/06/2020 alle 18:36
Ciao a tutti!
da studente di dottorato in Polar Sciences volevo complimentarmi per tutti i contributi, sto giusto seguendo un corso di Climate of the Past che tratta proprio questi temi
Con l'occasione, sperando di fare cosa gradita per arricchire ulteriormente la discussione, vi posto un approfondimento che sto facendo sui terribili anni intorno alla metà del sesto secolo d.C.
In effetti proprio il 536 d.C. è stato definito come il peggior anno in cui vivere e in generale gli anni successivi sono stati davvero terribili sotto diversi punti di vista, non solo climatico come vedremo: c'è stata la guerra gotica, uno dei peggiori conflitti che abbiano mai interessato la nostra penisola e la peste di Giustiniano, probabilmente la peggiore epidemia di sempre, che si stima abbia causato qualcosa come quasi 100 milioni di morti.
La catastrofe climatica inizia proprio nel 536, avviata molto probabilmente da una intensa eruzione vulcanica in Islanda o in Nord America che oscurò il sole per 18 mesi (si parla di una nebbia secca in cronache europee e del medio oriente) tanto che secondo lo storico bizantino Procopio il sole non scaldava più, tanto era "privo di raggi a simiglianza della luna". Le temperature estive crollarono di 1.5-2.5°C provocando nevicate estive in Asia, e distruzione generalizzata dei raccolti con conseguente carestia. La decade degli anni 536-545 è stata probabilmente la più fredda degli ultimi 2000 anni
Pochi anni dopo, nel 540, un'altra eruzione stavolta a latitudini equatoriali, diede un secondo colpo al sistema climatico con effetti anche più estesi:
CapturFiles.png
(van Dijk et al., 2020, in prep.)
In effetti le polveri in atmosfera spariscono dopo un paio d'anni (primo grafico, AOD = aerosol optical depth), come confermano le cronache, ma l'effetto in atmosfera si è fatto sentire per i successivi 15-20 anni, soprattutto alle alte latitudini. In queste aree è probabile che abbia giocato un ruolo importante il feedback oceano/ghiaccio marino, come mostrano alcune ricostruzioni modellistiche:
Picture 1.png
(NH sea ice area anomaly, van Dijk et al. 2020, in prep.)
Il meccanismo di feedback prevede che il raffreddamento iniziale dovuto alle polveri abbia portato ad un aumento dell'estensione dei ghiacci artici che ha sostenuto a sua volta il raffreddamento con una maggiore albedo della superficie in estate (B) a un ridotto scambio di calore tra il mare e l'atmosfera in inverno (C), con questo risultato:
Picture 1.png
(Toohey et al. 2016)
In (A) sono mostrate le anomalie di temperatura dell'emisfero nord rispetto ai livelli preindustriali.
Le evidenze empiriche di questi eventi ci sono non solo nelle cronache ma indirettamente anche negli studi dendrocronologici e dalle carote di ghiaccio:
Picture 1.png
(Sigl et al. 2018)
Questi studi ci dicono che l'analisi dei campioni di nssS (non-sea-salt sulfur, zolfo non marino) nei ghiacci di Groenlandia (primo grafico) e Antartide (terzo grafico), supportano l'ipotesi di una prima eruzione da qualche parte nelle medie-alte latitudini dell'emisfero nord (536) e una più a latitudini più basse che ha interessato entrambi gli emisferi (540). Si nota anche una successiva intensa eruzione nel 574-575 il cui impatto per quanto intenso non si è protratto a lungo come l'effetto combinato delle prime due.
Quale sia il vulcano del 540 non è chiaro, alcuni dicono il Rabaul, altri il Krakatoa, altri il Tierra Blanca Joven; certamente in ogni caso va localizzato nella fascia equatoriale.
L'effetto è evidente anche nelle ricostruzioni fornite dagli anelli degli alberi (secondo grafico, linea verde).
L'intensità reale delle eruzioni non è chiara, per quella del 540 in particolare le ricostruzioni che si basano sui nssS dei ghiacci groenlandesi indicano una immissione di solfati maggiore del 40% rispetto alla famosa eruzione del 1815 del Tambora, altri studi che considerano i valori antartici invece suggeriscono che sia minore del 15%. Ciò in realtà va d'accordo col fatto che per l'emisfero sud l'oscuramento e quindi il raffreddamento sono stati molto inferiori, come indicano i (pochi) studi dendrocronologici affidabili che arrivano a quegli anni per le zone australi.
Le stime più aggiornate attribuiscono all'eruzione del 1815 del Tambora una forzante di -17W/m2, e di -19W/m2 a quella del 540 (e di -11W/m2 a quella del 536).
Da menzionare che altri studi imputano il global dimming di quegli anni non a vulcani ma al passaggio di polvere cometaria (Abbott et al. 2014) per il contenuto di alcuni elementi particolari e la forma di alcune tracce di aerosol sempre nei carotaggi polari. Si tratterebbe dello sciame Eta Aquaridi associato alla cometa di Halley che dovrebbe essere passata dalle nostre parti proprio intorno a quegli anni. Potrebbe anche essere che una cosa non escluda, in una congiunzione incredibile tra cometa e vulcani.
Proprio il clima terribile di quegli anni pare abbia dato una spinta importante alla mitologia nordica, in particolare del Fimbulvetr, il "terribile inverno" che avrebbe preannunciato il Ragnarök, la battaglia finale degli dèi tra luce e oscurità con conseguente distruzione e rigenerazione del mondo...
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Dottorando in Polar Sciences - Il mio libro su Amazon: L'apocalisse climatica del 536
Estremi termici dal 1774: -18.6° (1985) / +38.1° (2003)
Il mio sito e la mia stazione meteo: http://meteopsn.altervista.org/index.html
Post splendido! Mi piacciono moltissimo questi studi interdisciplinari, tra storia e scienza.
A proposito, ne approfitto per chiederti dell'inverno 1407/1408, che da quel che leggevo dovrebbe essere stato uno dei freddi dell'ultimo millennio, ecco: in inverni come quello, o come anche nel 1708/1709, ci sono delle stime su dove potrebbe essere arrivata la banchisa artica?
Perchè sono molto appassionato del clima e delle fluttuazioni climatiche dell'Olocene, in particolare degli eventi estremi (sono laureato in geologia e da sempre ho la passione per la meteo e la geografia fisica) degli ultimi 11.000 anni, e vorrei saperne un po' di più su questi temi.
Tu in particolare cosa studi?
Grazie Simo
La risposta non è affatto banale, perchè in passato è capitato di avere inverni gelidi nell'Europa continentale con interessamento anche di Islanda e/o Scandinavia settentrionale ma anche casi in cui al freddo europeo si è contrapposto un clima mite alle alte latitudini, come è il caso ad esempio del 1709 (prima immagine, Luterbacher et al. 2004) o 1784 (seconda immagine, d'Arrigo et al. 2011 - le linee bianche sono i valori normalizzati):
CapturFiles_3.pngCapturFiles_4.png
(anomalie rispetto al XX secolo)
ma quel che più conta è che non è scontata l'associazione "freddo in Islanda" --> "più ghiaccio in Islanda" (ad esempio), in effetti uno studio un po' datato ma ancora valido sulle temperature e ghiaccio marino islandesi mostra come "severe weather in Iceland does not necessarily indicate the presence of sea ice", per quanto ovviamente la correlazione non sia certo debole (The past climate and sea-ice record from Iceland, Part 1 - Data to A.D. 1780, Ogilvie 1984). Altri ingredienti da considerare sono le condizioni del Mar di Groenlandia e del bacino polare oltre che delle correnti marine e delle condizioni meteorologiche.
Ciò detto, nonostante il 1709 (e un po' tutta la decade 1701-1710) sia stato mite in Islanda, il ghiaccio in prossimità dell'isola era ben presente, anche più di altri periodi.
Questo grafico è a titolo di esempio riferito alcuni decenni del XIX secolo per mostrare la relazione non sempre lineare tra T e ghiaccio: CapturFiles.png
Un'altra vecchia ricostruzione (da Lamb 1977) ci mostra la frequenza della presenza di ghiaccio marino sulle coste islandesi: CapturFiles.png
Dell'ultimo millennio, il XIX è stato il secolo in cui si sono osservati più spesso porti bloccati a causa del ghiaccio, nonostante in Europa non sia stato invece il secolo più freddo, si stava anzi uscendo gradualmente dalla PEG.
A più larga scala comunque, sia in senso spaziale che temporale, durante il periodo 1575-1724, quindi diciamo il clou della PEG in Europa, questa dovrebbe essere stata la situazione del ghiaccio artico:
CapturFiles_1.png
(il colore è l'anomalia di concentrazione, Chamarro et al. 2017)
Difficile scendere nel dettaglio dei singoli anni, ma si nota come abbastanza frequentemente d'inverno la banchisa toccasse l'Islanda (raramente avvolgendola quasi completamente secondo alcune cronache) e soprattutto come la differenza maggiore risiedesse nel Mare di Barents, per un meccanismo un po' contorto spiegato recentement da Lehner et al. 2013 il cui titolo è esemplificativo: Amplified Inception of European Little Ice Age by Sea Ice–Ocean–Atmosphere Feedbacks:
CapturFiles_2.png
Cercando di sintetizzare al massimo, sono coinvolti due cicli di feedback. Nel primo, a un forcing esterno (vulcani? attività solare?) segue un primo raffreddamento --> cresce ghiaccio artico --> cresce il trasporto di ghiaccio verso il mare del Labrador --> quando questo fonde, indebolisce la MOC --> diminuisce l'afflusso di acque calde verso il mare di Barents --> il ghiaccio nel mare di Barents aumenta.
Nel secondo, la maggiore presenza di banchisa rende il mare di Barents meno salino e meno denso. Allo stesso tempo un effetto secondario fa sì che la maggior SLP in tale zona induca un aumento della superficie marina (SSH) --> la conseguenza di questi due processi è un aumento del gradiente di SSH --> viene ridotto ulteriormente il flusso caldo --> maggior crescita della banchisa.
Questo aumento del ghiaccio marino isola gli scambi di calore aria/acqua e il forte raffreddamento che ne consegue viene dirottato facilmente verso l'Europa meridionale.
Io comunque ho appena iniziato il primo anno del PhD, il mio progetto di ricerca sarà orientato verso lo studio dei processi di fusione delle calotte polari di Groenlandia e Antartide (in particolare quest'ultima, dove credo/spero mi manderanno ) per mezzo di remote sensing in sinergia coi modelli climatici. Ma questo dal prossimo anno, per ora abbiamo solo tanti corsi da seguire
Ultima modifica di Wolf359; 20/10/2020 alle 04:49
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