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  1. #301
    Uragano L'avatar di burian br
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    Predefinito Penultimo Periodo Interglaciale (Eemiano o LIG): Parte 5, Groenlandia

    Un accenno ai ghiacciai della Groenlandia. Nell'Eemiano le stime dei modelli sono le seguenti:






    Si nota bene come la fusione fosse già presente 127mila anni fa, e ciò in accordo con i dati delle carote groenlandesi (progetto NEEM) che mostrano come le temperature avessero superato quelle dei livelli preindustriali (1850-1900) già 127mila anni fa (lo stesso indicano le simulazioni).

    Stando ad alcune ricerche compiute al Summit (qui una: http://homepages.vub.ac.be/~phuybrec...ature_2013.pdf) tra 128 e 126mila anni vi fu il picco termico con anomalie +8±4°C rispetto alla media dello scorso millennio (praticamente la preindustriale). Questo soprattutto in estate.
    Gli alti livelli termici (sopra la media del presente) perdurarono almeno fino a 121mila anni fa.

    A causa delle alte temperature, si ebbe la fusione della calotta glaciale groenlandese.
    Badate bene: la fusione interessò appunto l'area del Summit! Evento oggi rarissimo, verificatosi in una manciata di occasioni, con una frequenza di 1 volta ogni 250 anni (e non crediate per molto tempo, si tratta di ore!) e 1 volta ogni 80 anni a inizio Olocene.
    Dati presi dall'ottimo @elz: Agosto 2019.Record di freddo estivo a Summit (Groenlandia)?

    Per dare un'idea del warming vissuto durante l'Eemiano in Groenlandia, l'informazione appena riportata sopra credo basti. Nemmeno nel caldissimo mondo di oggi infatti eventi di fusione sul Summit accadono sovente (anzi, direi MAI). Infatti prima che nel 2019 e nel 2012 (e ripeto: per qualche ora!) l'ultimo evento di fusione risale al 1889, e prima ancora al 1192, 1094, 992, 758, 753, 244 considerando gli ultimi 2000 anni!).
    La fusione dell'Eemiano invece fu consistente e prolungata, probabilmente si ripeteva ogni estate per mesi: si stima che si fusero 400±250 m di calotta rispetto alla fine del periodo glaciale precedente, toccando un livello -130±300 m rispetto all'attuale! Il livello del mare aumentò fino a +5 m rispetto ad oggi.
    Insomma, nulla di paragonabile.

    Come detto, le medie erano durante quel periodo tra i 4 e i 10° più alti rispetto al 1850.
    Vediamo come è evoluta la temperatura in Groenlandia (l'andamento del Summit è del tutto sovrapponibile) negli ultimi 200 anni.



    I dati sono ricavati da Berkeley Earth, che attenzione presenta nel periodo pre-1950 un'incertezza di ±1/2° rispetto alla media lì illustrata.

    Le temperature in Groenlandia sono circa 2° più alte rispetto ai livelli preindustriali. Questo significa ben 3° inferiori rispetto alle medie più basse stimate per l'Eemiano.
    Nei prossimi 100 anni non sono previsti aumenti catastrofici del livello del mare, nemmeno stando alle stime più catastrofiste. Questo significa che non è previsto uno scioglimento significativo della calotta, visto che altrimenti aumenterebbe di diversi metri (ma a mala pena nelle peggiori stime si vede un aumento di 1 metro) il livello del mare (abbiamo visto come 130 m circa di calotta siano stati responsabili di +5 m rispetto ad oggi circa 125mila anni fa).

    Andiamo dunque a ripescare la ricerca che avevo postato, e che mostrava la simulazione matematica: in Groenlandia il warming annuale è di appena +1-3° rispetto alla PEG, vale a dire come oggi o al più solo +1° rispetto ad adesso. Incompatibile con la fusione di cui rendono conto i proxy.
    Mi si può obiettare che dovremmo guardare alle anomalie estive, dopotutto nelle altre stagioni si sarebbe scesi sotto zero anche con 10° in più. Giusto. Ma le simulazioni suggeriscono appena +3/5° rispetto alla PEG, quando questa è solo la stima inferiore dell'intervallo che si deduce dalle carote di ghiaccio della Groenlandia.

    Questo spero sia illuminante per tutti: i modelli matematici falliscono nel dipingere le anomalie dell'Eemiano, che finisce per essere sottovalutato, e addirittura squalificato come ormai un'epoca remota se non più fresca (!!) rispetto al mondo del 2020. Nulla di più sbagliato. Questo forse varrà localmente (ma ne dubito: in Siberia altra prova che si oppone alla visione di un Eemiano termicamente equivalente a oggi se non ai livelli di 50 anni fa è il fatto che ci sono palesi e incontrovertibili ritrovamenti di pollini nei sedimenti che suggeriscono come il limite delle foreste arrivasse pressocchè alle coste siberiane dell'oceano Artico), ma assolutamente no globalmente.

    Al tempo stesso ci aiuta meglio a comprendere che (almeno per l'emisfero boreale extratropicale) l'epoca attuale non è senza rivali.
    E che anche gridare all'estinzione di specie artiche (penso agli orsi polari) sia fuorviante. Dopotutto sopravvissero a 10mila anni di Eemiano, con condizioni ben più miti di oggi. I dati paleoclimatici indicano questo. Perchè quindi gridare all'estinzione quando si è ancora in tempo?

    Le stime sul livello del mare, infine, mi lasciano intendere come, nonostante il GW sia previsto galloppare ad alti regimi fino al 2100, non penso si raggiungeranno i livelli dell'Eemiano, nemmeno in Artico, nel nostro emisfero boreale. Certo, sulla carta può risultare che a livello globale il 2100 potrebbe essere mite quanto lo era nel LIG, ma non dimentichiamo che l'Eemiano fu un periodo sopra le righe solo tra i 30° e i 90°N. E che quindi le anomalie sarebbero ben distribuite, non come accadde 120mila anni fa.

  2. #302
    Uragano L'avatar di burian br
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    Predefinito Penultimo Periodo Interglaciale (Eemiano o LIG): Parte 6

    Concludiamo con l'Eemiano con un breve excursus di carattere naturalistico.

    Si dice spesso che quel periodo fu talmente caldo che "ippopotami si trovavano fin sul Tamigi".
    Ciò lascia pensare a chissà quale clima caldo in Europa, perchè si associa l'immagine dell'ippopotamo a un clima africano.

    Ma come è la realtà dei fatti?

    Abbiamo visto che di certo nel penultimo periodo interglaciale il clima fosse molto più caldo di oggi in Europa. Questo è soprattutto vero in estate, ma anche in inverno la differenza termica era sensibile.
    Eppure, nonostante questo, non è possibile sostenere l'idea di un'Europa "savana", perchè i dati dei sedimenti evidenziano un'esteso ambiente forestale. Inoltre i proxy paleoclimatologici restituiscono sì un clima più caldo, ma non così caldo.

    Ovviamente il tema è molto più complesso di come semplicisticamente lo si affronti basandosi sul banale ragionamento "animali oggi ai Tropici = clima tropicale". Quest'affermazione si rivela infatti di una falsità inaudita alla luce della storia e della zoologia, tanto più perchè è iscritta come una convinzione radicata nelle nostre menti tanto quanto lo è il fatto che al polo c'è ghiaccio. Una banalità tale da non stimolare nemmeno un'analisi. Eppure questa andrebbe fatta.

    Veniamo intanto al versante storico.
    Come detto, i fossili indicano incontrovertibilmente come questi grandi mammiferi vissero fin sulle rive del Reno e del Tamigi durante l'Eemiano.
    La stessa storia però ci ricorda come essi sopravvissero in Europa continentale, spostando il loro habitat sempre più a sud, anche durante buona parte dell'ultima glaciazione. In un clima che tuttavia anche alle latitudini meridionali era ben più freddo di oggi.
    E qui le prime sorprese: secondo un principio base dell'evoluzione, quanto più una specie vive in condizioni difficili, o in condizioni di isolamento, tanto più essa evolve in senso "estremo", favorendo l'ereditarietà di una taglia molto più grande, o viceversa molto più piccola. Si parla di "nanismo/gigantismo insulare".
    Quanto detto si riscontra nel nostro caso: la realtà è che gli ippopotami riuscirono addirittura a superare l'era glaciale! Infatti, seppure in forma nana, una specie di ippopotami si ritrovava ancora a Cipro all'inizio dell'Olocene, quando il clima ormai stava migliorando se non era anche ai livelli di oggi (ricordiamoci dell'Optimum olocenico che è succeduto in poche migliaia di anni lo Younger Dryas).

    Allo stesso modo, una specie di elefante nano è esistito ben oltre la fine della glaciazione, fino anzi al 4000 a.C, praticamente alle soglie della storia (fissata convenzionalmente proprio al 4000-3500 a.C con l'invenzione della scrittura), in Sicilia e nell'arcipelago di Malta.
    Elefanti inoltre si ritrovavano ancora al tempo dei Romani in Nord Africa mediterranea, quindi nella Libia, Tunisia, Algeria e Marocco. Sappiamo bene come in termini termici quelle zone non sono particolarmente diverse dal clima del Sud Italia.
    Ippopotami si ritrovavano ancora all'epoca della civiltà egizia ed ellenistica nella valle del Nilo fin sulle rive del Mediterraneo!

    Quanto detto supporta dunque una prima conclusione: queste specie erano adatte a climi non solo tropicali, ma anche subtropicali.
    Per comprendere questo, passiamo adesso all'analisi dell'aspetto zoologico.

    Premettiamo intanto un dato: le specie di ippopotami ed elefanti europei erano diverse dalle specie attualmente viventi. Ciononostante già l'analisi dei loro discendenti consente di capire come questi animali non debbano necessariamente vivere in un clima caldo e tropicale.
    Gli elefanti d'altronde si trovano in India. E se qualcuno si andasse a controllare le medie termiche indiane, scoprirebbe come non sono infrequenti temperature fin sotto i 10° in inverno, e addirittura alcuni mesi sono talmente freddi da avere una sfilza di massime e minime che potrebbero benissimo rientrare nelle medie di un inverno freddo qui al Sud. Basta leggere il dato di Delhi in questo Dicembre 2019, la cui media minime è stata ben più fredda di diverse località italiane (persino di Genova, o Brindisi!) con diverse puntate sotto i 5° e massime sotto i 14°.
    E' evidente dunque come questi grandi mammiferi possano ben sopportare un clima freddo per brevi lassi di tempo (non dimentichiamoci al tempo stesso della moria degli elefanti di Annibale, che non sopravvissero al clima invernale padano!), oltre che un clima molto caldo e afoso quale è quello indiano.

    Gli ippopotami allo stesso modo vivono in Africa anche sulle montagne, laddove sono possibili puntate sotto i 10° e in alcuni casi, se soffia un harmattan freddo, anche sotto i 5°. Ancora una volta l'andamento termometrico di quest'inverno, che ha visto una prima metà di Gennaio 2020 abbastanza fredda fin sulla savana (con minime sotto i 10°!) ci viene in sostegno.

    Ora: se persino i loro discendenti sono adatti a un clima che prevede brevi fasi fredde, perchè non dovrebbero i loro antenati che appartenendo a specie diverse potrebbero essere stati ancor più resistenti?

    Ed ecco quindi svelata la realtà. Questa fauna oggi associata ai Tropici è (ed era) capace di vivere in climi che oggi ritroveremmo per medie termometriche nel Mediterraneo.
    I proxy paleoclimatici (e i dati zoologici) combaciano, ma offrono un clima dell'Eemiano dell'Europa centrale ben più fresco di quanto si pensi. Estati con medie almeno sui 18-20° (non diverse dunque da oggi in molte località tedesche o francesi, soprattutto considerando che oggi fa ben più caldo che negli anni 70; insufficienti però se rapportate al clima inglese, che dunque era di certo più mite all'epoca). Inverni paragonabili a quelli del Sud Italia, con gelate rare e senza prolungati periodi sotto i 5°. Su questo è invece evidente la differenza rispetto ad oggi, e conferma come l'Eemiano vivesse ancora su altri livelli rispetto al (seppur caldo) mondo del 2020.
    Non dimentichiamoci poi che questi animali sono stati ritrovati su un'area corrispondente grosso modo alla Francia. In Germania solo attorno al Reno, quindi solo sull'estremo settore occidentale.
    Quest'area risente molto del flusso mite atlantico, che riscalda e intiepidisce gli inverni. Poco più a est, dove la distanza dall'oceano è tale da rendere maggiore la continentalità e le inversioni, nonchè a rendere meno influente la mitezza atlantica e più suscettibili alle incursioni fredde che ieri come oggi prediligono sempre il settore orientale del Continente, sicuramente c'erano diverse gelate o periodi molto freddi che avrebbero impedito ogni tentativo di abitazione da parte di quella fauna.

    In conclusione: i resti archeozoologici sono un'ottima spia delle condizioni climatiche del passato. Ma non dobbiamo associare necessariamente gli habitat odierni di questi animali al clima di quegli habitat.
    L'Eemiano che ne emerge altrimenti è troppo caldo. Molto diverso da quello che fu. E, in fondo, ci ricorda che nemmeno se in Europa un domani ci fossero elefanti o ippopotami il clima non consentirà freddo in inverno.

  3. #303
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    Predefinito Re: il td della paleoclimatologia

    Vi segnalo questo interessante archivio di ricostruzioni paleoclimatiche del noaa, inclusa la NAO di Ortega, con la possibilità di scaricare i dati numerici.
    Paleo Data Search | Predefined Searches: All Studies | National Centers for Environmental Information (NCEI)
    ftp://ftp.ncdc.noaa.gov/pub/data/pal...ega2015nao.txt

    Se facessero tutti così potrei fare qualche modellizzazione seria anziché ridurmi solo a fare confronti ragionati tra i grafici dei vari studi.
    In proposito, avevo accennato alla forte influenza solare sulla PDO e ho provato a confrontare la ricostruzione di Svalgaard dell'attività solare con i 2700 anni di pdo ricostruita dallo studio già citato.
    ResearchGate
    La corrispondenza è impressionante, per renderla più evidente ho provato a sovrapporre la serie numerica di Svalgaard (che l'ha pubblicata sul suo sito in formato excel) al grafico della PDO. Graficamente una schifezza ma rende l'idea.
    PDO-SSN.png
    Le fasi di PDO estremamente negativa sono tutte precedute da forti minimi solari (tipo Maunder per intenderci, con decenni caratterizzati da una quasi totale assenza di macchie solari e una scomparsa del ciclo undecennale). C'è una notevole discrepanza nel periodo medievale, che però sarebbe meno netta utilizzando altre ricostruzioni come quella di Usoskin che vedono un massimo solare meno pronunciato. Complessivamente questo risultato ci consente di affermare che le forti oscillazioni della PDO su scala secolare sono determinate principalmente dall'attività solare, è difficile trovare una simile correlazione tra due proxy di due diversi fenomeni naturali.
    Le oscillazioni di attività solare più piccole come quelle dell' ultimi secolo però non hanno una buona corrispondenza, probabilmente il loro effetto è troppo debole e viene sovrastato dalla variabilità climatica interna. L'attuale minimo per esempio dovrebbe favorire una tendenza al ribasso della PDO ma potrebbe non essere sufficiente se altri fattori spingono in direzione opposta. I meccanismi causali di questa correlazione non sono chiari, così come il potenziale collegamento con il bilancio termico globale e le forzanti orbitali.
    Ultima modifica di snowaholic; 31/01/2020 alle 18:16

  4. #304
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    Predefinito Re: il td della paleoclimatologia

    Guarda che il NOAA ha un sito dove ci sono tutti i dati paleoclimatici, di carotaggio, anelli degli alberi e così via
    Paleoclimatology Datasets | National Centers for Environmental Information (NCEI) formerly known as National Climatic Data Center (NCDC)

  5. #305
    Tempesta L'avatar di Cristiano96
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    Predefinito Re: il td della paleoclimatologia

    In tempi di magra ogni tanto rivedo questo 3d, per ricordarmi che un tempo la Puglia aveva il clima dell'Ucraina Meridionale.

  6. #306
    Uragano L'avatar di burian br
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    Predefinito Re: il td della paleoclimatologia

    Rispolvero questo meraviglioso thread, in cui conto un domani di tornare a scrivere, tempo permettendo, per postare questa recente scoperta:
    La verita sulla misteriosa scomparsa della luna avvenuta 900 anni fa


    L'articolo muove i passi da questo studio comparso su Nature:

    Climatic and societal impacts of a forgotten cluster of volcanic eruptions in 1108-1110 CE | Scientific Reports



    L'analisi della carota di ghiaccio NEEM in Groenlandia ha infatti permesso di individuare un eccesso di accumulo di solfati tra il 1108 e il 1113 d.C.
    In passato l'evento era stato relazionato all'eruzione del vulcano Hekla in Islanda, avvenuta nel 1104. Tuttavia una recente rivisitazione cronologica delle carote antartiche ha consentito di individuare una deposizione anche in queste sempre risalente al medesimo periodo temporale, il 1109. La deposizione di questi solfati sia nei registri groenlandesi sia in quelli antartici ha portato a rivelare un'eruzione (o una serie di eruzioni) vulcanica all'origine di questi depositi.

    Si possono ipotizzare nello specifico tre scenari.

    1. Un'eruzione vulcanica tropicale nel 1108, responsabile dei depositi sulfurei in Antartide nel 1109 e di un segnale di fondo in Groenlandia rinforzato da un'altra eruzione sincrona nell'emisfero boreale (i ricercatori propongono l'eruzione del Monte Asama in Giappone, verificatasi nell'Agosto 1108 e ben documentata da un'osservatore giapponese dell'epoca) associata o meno ad altre eruzioni sempre nel NH nel tardo 1109 o nel 1110.
    2. un numero di grandi eruzioni alle medio-alte latitudini dell'emisfero nord (il Monte Asama sempre in prima linea) nel 1108, responsabili della deposizione nei ghiacci groenlandesi, seguite da un'eruzione tropicale nel 1109 che ha generato i depositi in Antartide e depositato altro particolato sulfureo in Groenlandia
    3. nessuna grossa eruzione, ma una serie di eruzioni minori nel NH nel 1108 seguita da altre eruzioni minori nel SH nel 1109, secondo la stessa sequenza temporale di deposizione vista per lo scenario 2 suddetto



    I ricercatori hanno sostenuto questa tesi con prove storiografiche e dendrocronologiche.
    La principale fonte storiografica è la narrazione contenuta nel Petersborough Chronicle, un testo in prosa medievale inglese che registra nella notte del 5 Maggio 1110 un'eclissi lunare in cui la luna era totalmente scomparsa, senza nemmeno lasciar vedere la luce rossastra tipica delle eclissi totali (il database Nasa conferma si trattasse, per l'Inghilterra, di una eclissi totale di luna in quella data).
    A causare il fenomeno non poté essere della nuvolosità, perchè lo stesso autore annota che il firmamento brillava di stelle.
    Le principali eclissi lunari totali con luminosità 0 avvenute nell'ultimo millennio e a noi note sono sempre state associate a eruzioni vulcaniche major: nel 1601 (1600 Huaynaputina), 1642 (1641 Parker), 1816 (1815 Tambora), 1884 (1883 Krakatoa), 1913 (1912 Katmai-Novarupta), 1983 (1983 El Chicon), 1992 (1991 Pinatubo).
    Queste ricostruzioni supportano la tesi che nell'atmosfera fosse dunque disperso del particolato che offuscò la tenue luce terrestre riflessa dalla Luna durante l'eclissi, rendendola quindi invisibile.
    Le tempistiche sono compatibili con l'eruzione del Monte Asama, e con i depositi sulfurei in Groenlandia.


    I ricercatori a questo punto si domandano l'impatto che ebbe sul clima quest'eruzione. Ebbene, a quanto pare il 1109 fu uno degli anni più freddi degli ultimi due millenni:



    Quella che vedete è la ricostruzione, basata sugli anelli di accrescimento di 25 alberi dell'emisfero boreale extratropicale (40-90°N), delle anomalie delle temperature calcolate rispetto alla media 1961-1990.

    Si notano bene dei picchi negativi molto marcati e ben definiti: il primo nel 536 (definito esageratamente da alcuni storici addirittura l'anno più buio della storia umana; in ogni caso fu un anno freddo e foriero di carestie in un mondo occidentale depresso a causa della caduta dell'impero romano d'Occidente e alle divisioni politiche che ne susseguirono; fece sicuramente da apripista alla peste di Giustiniano che sarebbe occorsa dal 541 a flagellare per decenni il Mediterraneo centro-orientale), il secondo nel 1109, il terzo nel 1259, il quarto nel 1453, il quinto nel 1601 e l'ultimo nel 1815.
    Nella parte b) si ingrandisce la vicenda di quei periodi, e si nota che a tutti si associa un'eruzione vulcanica, anche se di alcuni è sconosciuta la sede o la registrazione storiografica.


    La ricostruzione omogeneizzata ('filtered') evidenzia un forte cooling avvenuto nell'estate del 1109, stimato a circa -1° a livello emisferico extratropicale rispetto alle medie 1961-1990!
    Si collocherebbe all'11° posto tra le estati più fredde dal 500 d.C ad oggi! Per fare un confronto, l'estate 1816 ("anno senza estate") vide un'anomalia stimata a -1,2° dalla 61/90. Pressocchè siamo lì.

    Questo il pattern spaziale delle anomalie nel NH durante quell'estate, confrontata con le anomalie delle estati 1258 e 1816:




    A differenza delle altre due estati, dunque, nel 1109 fu decisamente meno colpita l'Europa Occidentale, con un'anomalia stimata a -0,4° dalla media mobile sui 31 anni, a fronte di oltre -1/-2° nelle altre due.
    Le aree più colpite furono la Siberia (-2,3°), la Scandinavia (-2°), l'Asia centrale (-1,5°), il Quebec (-1,5°).
    Videro invece anomalie positive la Jacuzia (+0,3°), la British Columbia (+0,8°) e la Groenlandia (+0,4°).

    Mi viene in mente un pattern con anticiclone permanente sull'Atlantico Centrale e masse d'aria fredda a scendere sulla Scandinavia e l'Europa.

    Il forcing radiativo negativo stimato è -12,6 W/m2 , circa -1 W/m2 dalla soglia di impatto su clima e società, il che lo pone al settimo posto tra gli episodi vulcanici più forti dall'anno 1000, e al 13° posto degli ultimi 2500 anni.


    L'articolo di Nature si conclude con una disamina di altri documenti storici medievali che parlano di carestie e raccolti magri nel periodo in esame.
    Ultima modifica di burian br; 28/05/2020 alle 05:21

  7. #307
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    Predefinito Re: il td della paleoclimatologia

    Citazione Originariamente Scritto da burian br Visualizza Messaggio
    L'articolo muove i passi da questo studio comparso su Nature:
    Mi leggo l'articolo ma intanto faccio un appunto: l'articolo è pubblicato su Scientifi Reports non su Nature. La casa editrice è la stessa ma c'è una bella differenza, stiamo parlando della rivista che ha pubblicato l'articolo errato dellla Zharkova.


    Edit: ad una prima lettura mi sembra un buon articolo ma ho qualche dubbio riguardo le date. In quel periodo si usava ancora il calendario giuliano che aveva accumulato un ritardo arrivato a 10 giorni quando è stato adottato il gregoriano che usiamo oggi.
    Quindi quando si confrontano documenti storici con le date delle eclissi bisogna fare attenzione specialmente per quella del 18.8 1114 che potrebbe non essere accaduta prima del picco di SO2 visibile in figura 1.
    Ultima modifica di zoomx; 28/05/2020 alle 09:59

  8. #308
    Uragano L'avatar di burian br
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    Predefinito Re: il td della paleoclimatologia

    Citazione Originariamente Scritto da zoomx Visualizza Messaggio
    Mi leggo l'articolo ma intanto faccio un appunto: l'articolo è pubblicato su Scientifi Reports non su Nature. La casa editrice è la stessa ma c'è una bella differenza, stiamo parlando della rivista che ha pubblicato l'articolo errato dellla Zharkova.


    Edit: ad una prima lettura mi sembra un buon articolo ma ho qualche dubbio riguardo le date. In quel periodo si usava ancora il calendario giuliano che aveva accumulato un ritardo arrivato a 10 giorni quando è stato adottato il gregoriano che usiamo oggi.
    Quindi quando si confrontano documenti storici con le date delle eclissi bisogna fare attenzione specialmente per quella del 18.8 1114 che potrebbe non essere accaduta prima del picco di SO2 visibile in figura 1.
    Il link recita Nature, puoi controllare tu stesso , poi non so se l'abbiano pubblicato successivamente su Nature.

    Circa le date del calendario, è tutto adattato. Il database Nasa tiene conto del calendario occidentale, quindi prima dell'Ottobre 1582 usa le date del calendario giuliano, e dopo quello gregoriano. La Nasa evidenzia un'eclissi totale in quella data.

  9. #309
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    Predefinito Re: il td della paleoclimatologia

    Citazione Originariamente Scritto da burian br Visualizza Messaggio
    Il link recita Nature, puoi controllare tu stesso , poi non so se l'abbiano pubblicato successivamente su Nature.

    Circa le date del calendario, è tutto adattato. Il database Nasa tiene conto del calendario occidentale, quindi prima dell'Ottobre 1582 usa le date del calendario giuliano, e dopo quello gregoriano. La Nasa evidenzia un'eclissi totale in quella data.
    Il sito è sempre lo stesso, ma gli articoli pubblicati su Nature Communications o Scientific Reports non hanno neanche lontanamente lo stesso standard di review di quelli che sono sulla rivista nature vera e propria. Sotto questi due titoli ho visto parecchia spazzatura di primissimo livello, con errori marchiani evidenti a prima vista anche su temi che non sono del mio stretto ambito di competenza.

    Il modo in cui è fatto il sito è estremamente poco chiaro e non sei la prima persona che confonde le varie riviste, è una scelta che non ho mai capito da parte di Nature e bisogna farci molta attenzione.

    Pubblicano anche ottimi articoli, in questo caso mi sembra molto buono, ma non bisogna farci troppo affidamento visto che il livello è più o meno quello delle riviste open senza peer-review.

  10. #310
    Uragano L'avatar di burian br
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    Predefinito Re: il td della paleoclimatologia

    Citazione Originariamente Scritto da snowaholic Visualizza Messaggio
    Il sito è sempre lo stesso, ma gli articoli pubblicati su Nature Communications o Scientific Reports non hanno neanche lontanamente lo stesso standard di review di quelli che sono sulla rivista nature vera e propria. Sotto questi due titoli ho visto parecchia spazzatura di primissimo livello, con errori marchiani evidenti a prima vista anche su temi che non sono del mio stretto ambito di competenza.

    Il modo in cui è fatto il sito è estremamente poco chiaro e non sei la prima persona che confonde le varie riviste, è una scelta che non ho mai capito da parte di Nature e bisogna farci molta attenzione.

    Pubblicano anche ottimi articoli, in questo caso mi sembra molto buono, ma non bisogna farci troppo affidamento visto che il livello è più o meno quello delle riviste open senza peer-review.
    Ah ok, ringrazio allora sia te sia @zoomx !

    Non ne ero a conoscenza, e ne terrò conto per le prossime volte.

    In ogni caso l'articolo come dici mi sembra ottimo, me lo son letto tutto da capo a piedi e se avessi notato punti deboli non credo lo avrei postato qui

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