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  1. #321
    Burrasca L'avatar di EnnioDiPrinzio
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    Predefinito Re: il td della paleoclimatologia

    Citazione Originariamente Scritto da burian br Visualizza Messaggio
    Molto interessante!

    Ho trovato questo:
    Il Mediterraneo sui Colli Euganei - La Rivista della Natura

    Sarebbe un "relitto" dell'Optimum Olocenico, e comunque questa macchia mediterranea si avrebbe solo in limitate zone sul versante esposto a meridione e al sole.
    La spiegazione della loro presenza credo sia trovabile in più fattori.

    Innanzitutto la linea di costa: come sappiamo, dopo la fine della glaciazione, il livello del mare salì vertiginosamente fino a raggiungere un massimo circa 6000-7000 anni fa. I segni di questa trasgressione marina (cioè innalzamento del livello del mare) si trovano ovunque. Qui in Puglia si stima che la linea di costa fosse fino a 6 metri più in alto rispetto all'attuale.

    I Colli Euganei sono già adesso non distanti dalla Laguna Veneta e dal mare Adriatico. Nell'Optimum Olocenico, quando l'ingressione marina raggiunse il suo culmine, ecco come si presentava la linea di costa:

    Allegato 529205

    Le distanze dai Colli Euganei erano ridotte a circa 13-14 km, e se a ciò aggiungiamo la presenza di lagune sotto-costiere possiamo arrivare anche a 12 km di distanza. Direi sufficiente perchè i Colli Euganei, almeno una loro parte, risentisse degli influssi miti del mare e in generale ricadesse sotto il territorio della macchia mediterranea che ha avuto modo di raggiungerli per prossimità alla costa degli stessi.

    Con il ritorno di fenomeni di regressione del livello del mare, cioè di abbassamento, le distanze sono tornate ad aumentare e quella macchia appare ora isolata e apparentemente "fuori posto". Tuttavia anche oggi i colli veneti risentono di un clima decisamente più mite della pianura in inverno, essendo sopraelevati e quindi spesso fuori dallo strato di inversione termica.


    Credo che un mix tra geostoria e climatologia del luogo possa spiegare questa particolarità davvero curiosa!
    Infatti la spiegazione dell'optimum climatico è molto più logica rispetto all'idea di un rifugio mediterraneo anche in epoca glaciale.
    Che poi il fenomeno delle isole mediterranee in mezzo a bioclimi diversi è ampiamente presente laddove il bioclima è collocato a metà tra quello medioeuropeo ( di caducifoglie) e quello sempreverde mediterraneo e basta poco.per far prevalere l'uno o l'altro .
    Nel caso dei colli Euganei conta, come hai ben detto, la posizione sopraelevata e l'esposizione dei versanti rivolti a sud che creano protezione dalle gelate da inversione e microclimi più miti.
    Lungo l'Appennino, ad esempio in Abruzzo, si assiste allo stesso fenomeno ove a bassa quota emergono le formazioni calcaree dalle argille: sulle argille vegetazione a foglia caduca di quercie, mentre sui versanti esposti a sud, ove emergono i calcari, isole mediterranee che con precisione chirurgica seguono il cambiamento di substrato ( lecci, lentischi ginepri rossi dai 200 ai 500 metri sui versanti sud, assenti nei versanti nord).
    Poi salendo in quota fino a 7-800 m. gli ultimi lecci cespugliosi, ma senza corredo mediterraneo, resistono sulle rupi a strapiombo ove la concorrenza delle caducifoglie è meno soffocante.
    In questo senso possiamo ipotizzare che se oggi il leccio riesce ad arrivare in particolari condizioni ad 800 metri in Abruzzo ( ed in casi isolati anche oltre) , durante l'ultimo massimo glaciale non era del tutto scomparso dai tratti di costa più riparati di Sicilia e Calabria ( ove i lecci oggi arrivano in certi casi a 1500 m. e tendono a scomparire sotto i 400 m.).

  2. #322
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    Predefinito Re: il td della paleoclimatologia

    Citazione Originariamente Scritto da burian br Visualizza Messaggio
    Rispolvero questo meraviglioso thread, in cui conto un domani di tornare a scrivere, tempo permettendo, per postare questa recente scoperta:
    La verita sulla misteriosa scomparsa della luna avvenuta 900 anni fa


    L'articolo muove i passi da questo studio comparso su Nature:

    Climatic and societal impacts of a forgotten cluster of volcanic eruptions in 1108-1110 CE | Scientific Reports



    L'analisi della carota di ghiaccio NEEM in Groenlandia ha infatti permesso di individuare un eccesso di accumulo di solfati tra il 1108 e il 1113 d.C.
    In passato l'evento era stato relazionato all'eruzione del vulcano Hekla in Islanda, avvenuta nel 1104. Tuttavia una recente rivisitazione cronologica delle carote antartiche ha consentito di individuare una deposizione anche in queste sempre risalente al medesimo periodo temporale, il 1109. La deposizione di questi solfati sia nei registri groenlandesi sia in quelli antartici ha portato a rivelare un'eruzione (o una serie di eruzioni) vulcanica all'origine di questi depositi.

    Si possono ipotizzare nello specifico tre scenari.

    1. Un'eruzione vulcanica tropicale nel 1108, responsabile dei depositi sulfurei in Antartide nel 1109 e di un segnale di fondo in Groenlandia rinforzato da un'altra eruzione sincrona nell'emisfero boreale (i ricercatori propongono l'eruzione del Monte Asama in Giappone, verificatasi nell'Agosto 1108 e ben documentata da un'osservatore giapponese dell'epoca) associata o meno ad altre eruzioni sempre nel NH nel tardo 1109 o nel 1110.
    2. un numero di grandi eruzioni alle medio-alte latitudini dell'emisfero nord (il Monte Asama sempre in prima linea) nel 1108, responsabili della deposizione nei ghiacci groenlandesi, seguite da un'eruzione tropicale nel 1109 che ha generato i depositi in Antartide e depositato altro particolato sulfureo in Groenlandia
    3. nessuna grossa eruzione, ma una serie di eruzioni minori nel NH nel 1108 seguita da altre eruzioni minori nel SH nel 1109, secondo la stessa sequenza temporale di deposizione vista per lo scenario 2 suddetto



    I ricercatori hanno sostenuto questa tesi con prove storiografiche e dendrocronologiche.
    La principale fonte storiografica è la narrazione contenuta nel Petersborough Chronicle, un testo in prosa medievale inglese che registra nella notte del 5 Maggio 1110 un'eclissi lunare in cui la luna era totalmente scomparsa, senza nemmeno lasciar vedere la luce rossastra tipica delle eclissi totali (il database Nasa conferma si trattasse, per l'Inghilterra, di una eclissi totale di luna in quella data).
    A causare il fenomeno non poté essere della nuvolosità, perchè lo stesso autore annota che il firmamento brillava di stelle.
    Le principali eclissi lunari totali con luminosità 0 avvenute nell'ultimo millennio e a noi note sono sempre state associate a eruzioni vulcaniche major: nel 1601 (1600 Huaynaputina), 1642 (1641 Parker), 1816 (1815 Tambora), 1884 (1883 Krakatoa), 1913 (1912 Katmai-Novarupta), 1983 (1983 El Chicon), 1992 (1991 Pinatubo).
    Queste ricostruzioni supportano la tesi che nell'atmosfera fosse dunque disperso del particolato che offuscò la tenue luce terrestre riflessa dalla Luna durante l'eclissi, rendendola quindi invisibile.
    Le tempistiche sono compatibili con l'eruzione del Monte Asama, e con i depositi sulfurei in Groenlandia.


    I ricercatori a questo punto si domandano l'impatto che ebbe sul clima quest'eruzione. Ebbene, a quanto pare il 1109 fu uno degli anni più freddi degli ultimi due millenni:

    Immagine


    Quella che vedete è la ricostruzione, basata sugli anelli di accrescimento di 25 alberi dell'emisfero boreale extratropicale (40-90°N), delle anomalie delle temperature calcolate rispetto alla media 1961-1990.

    Si notano bene dei picchi negativi molto marcati e ben definiti: il primo nel 536 (definito esageratamente da alcuni storici addirittura l'anno più buio della storia umana; in ogni caso fu un anno freddo e foriero di carestie in un mondo occidentale depresso a causa della caduta dell'impero romano d'Occidente e alle divisioni politiche che ne susseguirono; fece sicuramente da apripista alla peste di Giustiniano che sarebbe occorsa dal 541 a flagellare per decenni il Mediterraneo centro-orientale), il secondo nel 1109, il terzo nel 1259, il quarto nel 1453, il quinto nel 1601 e l'ultimo nel 1815.
    Nella parte b) si ingrandisce la vicenda di quei periodi, e si nota che a tutti si associa un'eruzione vulcanica, anche se di alcuni è sconosciuta la sede o la registrazione storiografica.


    La ricostruzione omogeneizzata ('filtered') evidenzia un forte cooling avvenuto nell'estate del 1109, stimato a circa -1° a livello emisferico extratropicale rispetto alle medie 1961-1990!
    Si collocherebbe all'11° posto tra le estati più fredde dal 500 d.C ad oggi! Per fare un confronto, l'estate 1816 ("anno senza estate") vide un'anomalia stimata a -1,2° dalla 61/90. Pressocchè siamo lì.

    Questo il pattern spaziale delle anomalie nel NH durante quell'estate, confrontata con le anomalie delle estati 1258 e 1816:

    Immagine



    A differenza delle altre due estati, dunque, nel 1109 fu decisamente meno colpita l'Europa Occidentale, con un'anomalia stimata a -0,4° dalla media mobile sui 31 anni, a fronte di oltre -1/-2° nelle altre due.
    Le aree più colpite furono la Siberia (-2,3°), la Scandinavia (-2°), l'Asia centrale (-1,5°), il Quebec (-1,5°).
    Videro invece anomalie positive la Jacuzia (+0,3°), la British Columbia (+0,8°) e la Groenlandia (+0,4°).

    Mi viene in mente un pattern con anticiclone permanente sull'Atlantico Centrale e masse d'aria fredda a scendere sulla Scandinavia e l'Europa. Immagine


    Il forcing radiativo negativo stimato è -12,6 W/m2 , circa -1 W/m2 dalla soglia di impatto su clima e società, il che lo pone al settimo posto tra gli episodi vulcanici più forti dall'anno 1000, e al 13° posto degli ultimi 2500 anni.


    L'articolo di Nature si conclude con una disamina di altri documenti storici medievali che parlano di carestie e raccolti magri nel periodo in esame.
    C'è una cosa veramente poco convincente di questo articolo, ovvero il fatto che non ci sia alcun segno della presunta eruzione del vulcano islandese Hekla del 1104, che ha emesso grandi quantità di solfati con una eruzione molto esplosiva (inusuale per l'Islanda) quindi dovrebbe essere ben visibile (potenzialmente anche in Antartide). Visto che la data di questa eruzione è piuttosto incerta probabilmente va spostata avanti di qualche anno.


    A quel punto con due forti eruzioni nell'emisfero nord nell'arco di 1-2 anni si potrebbe spiegare quasi tutto, salvo forse il picco tra il 1109 e il 1110 visibile in Antartide che richiederebbe una eruzione nell'emisfero sud non particolarmente forte. Purtroppo è difficile trarre conclusioni definitive per eruzioni così lontane nel tempo.

  3. #323
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    Predefinito Re: il td della paleoclimatologia

    Leggendo la letteratura non mi sembra che la data del 1104 sia incerta. Pare che la datazione sia su fonti storiche.

  4. #324
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    Predefinito Re: il td della paleoclimatologia

    Citazione Originariamente Scritto da zoomx Visualizza Messaggio
    Leggendo la letteratura non mi sembra che la data del 1104 sia incerta. Pare che la datazione sia su fonti storiche.
    Fonti storiche messe per iscritto secoli dopo, quindi non necessariamente affidabili. L'eruzione è stata certamente vista ma il racconto fu tramandato oralmente per almeno 150 anni, quindi l'anno preciso potrebbe essere sbagliato.

    Le nuove ricostruzioni fatte tramite i carotaggi groenlandesi spostano l'eruzione di alcuni anni, come si vede nel grafico postato sopra, non c'è traccia di eruzione nel 1104. Sinceramente credo che siano più affidabili queste delle cronache vichinghe.

  5. #325
    Burrasca
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    Predefinito Re: il td della paleoclimatologia

    The precise moment of the Hekla 1104 eruption remains uncertain, in spite of the precise year attached to the name
    Hekla of history: the 1104 eruption | VolcanoCafe
    Chissà perché allora la chiamano Hekla1104 e non con una lettera come le precedenti.
    The 1104 (or 1108) eruption itself has been studied extensively by Sigurdur Thorasinson, the giant of 20th century Icelandic volcanology who initiated the study of tephra layers.
    ....
    One of his many results is the map showing the distribution of the 1104 tephra. It shows that the wind was southerly at the time of the explosion. The area immediately north of Hekla was worst affected with 20 cm of tephra quite widespread. It was bad luck that this included some prime, albeit fragile, farmland. But a lot of the tephra also ended up on the central highlands where it could do little damage.
    Hekla_1104_full.jpg
    The volume of the tephra from 1104 is impressive. The 10-cm contour encloses 2000 km2! The total volume is estimated at 2.5 km3. It is less in rock volume, of course, as tephra is highly fragmented: the dense rock equivalent (DRE) is around 1 km3. This was a plinian eruption, not huge, but severe and damaging. The output is of course dwarfed by that of Laki.
    Secondo l'autore quella del Laki (1783-1784) fu maggiore.
    The 1104 eruption was explosive. Recent results suggest that it was a short-lived (hours?) but steady eruption, which as usual waned towards the end.
    Peccato che manca la bibliografia.
    Però dalle descrizioni non sembra un'eruzione catastrofica tranne che per l'Islanda stessa. Laki (1783-1784) e specialmente Laki 934 sembrano state nettamente maggiori. Per la prima esistono documenti di influenze sul clima sia in Europa che in America del Nord.

    Certo che questi vulcani ne hanno combinate delle belle.

  6. #326
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    Predefinito Re: il td della paleoclimatologia

    Citazione Originariamente Scritto da zoomx Visualizza Messaggio
    Hekla of history: the 1104 eruption | VolcanoCafe
    Chissà perché allora la chiamano Hekla1104 e non con una lettera come le precedenti.

    ....

    Hekla_1104_full.jpg

    Secondo l'autore quella del Laki (1783-1784) fu maggiore.

    Peccato che manca la bibliografia.
    Però dalle descrizioni non sembra un'eruzione catastrofica tranne che per l'Islanda stessa. Laki (1783-1784) e specialmente Laki 934 sembrano state nettamente maggiori. Per la prima esistono documenti di influenze sul clima sia in Europa che in America del Nord.

    Certo che questi vulcani ne hanno combinate delle belle.
    Ormai è passata alla storia come eruzione del 1104, non sarà facile cambiarle nome. Però anche l'articolo che hai citato parla della questione dell'anno preciso in cui è avvenuta l'eruzione, prima era stato preso per buono l'anno ricostruito dalle fonti storiche e addirittura era stato usato come riferimento per calibrare i dati dei carotaggi ma le calibrazioni fatte utilizzando il C14 e Be10 hanno spostato in avanti le date precedenti al 1200 di qualche anno, in questo articolo (vecchio di qualche anno ormai) spiega più nel dettaglio la questione in relazione alla grande eruzione di Eldgja)

    Eldgja: Eruption dating | VolcanoCafe

    Laki (1783) e Eldgja (ora corretta a 939) erano molto più grandi ma effusive, quindi hanno avuto un maggiore impatto locale ma non è scontato che l'iniezione stratosferica sia stata maggiore, senza attività esplosiva il trasporto verso la stratosfera di polveri e gas dipendeva solo dalla convezione causata dal calore.
    Secondo questa ricostruzione sarebbero esempio sarebbero sostanzialmente equivalenti, anche se Hekla potrebbe aver avuto un aiutino da Asama.

    20200607_192101.jpg


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    Ultima modifica di snowaholic; 07/06/2020 alle 18:36

  7. #327
    Vento fresco L'avatar di Diego 14
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  8. #328
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    Predefinito The abrupt climate change event of the VI century

    Ciao a tutti!
    da studente di dottorato in Polar Sciences volevo complimentarmi per tutti i contributi, sto giusto seguendo un corso di Climate of the Past che tratta proprio questi temi

    Con l'occasione, sperando di fare cosa gradita per arricchire ulteriormente la discussione, vi posto un approfondimento che sto facendo sui terribili anni intorno alla metà del sesto secolo d.C.

    In effetti proprio il 536 d.C. è stato definito come il peggior anno in cui vivere e in generale gli anni successivi sono stati davvero terribili sotto diversi punti di vista, non solo climatico come vedremo: c'è stata la guerra gotica, uno dei peggiori conflitti che abbiano mai interessato la nostra penisola e la peste di Giustiniano, probabilmente la peggiore epidemia di sempre, che si stima abbia causato qualcosa come quasi 100 milioni di morti.

    La catastrofe climatica inizia proprio nel 536, avviata molto probabilmente da una intensa eruzione vulcanica in Islanda o in Nord America che oscurò il sole per 18 mesi (si parla di una nebbia secca in cronache europee e del medio oriente) tanto che secondo lo storico bizantino Procopio il sole non scaldava più, tanto era "privo di raggi a simiglianza della luna". Le temperature estive crollarono di 1.5-2.5°C provocando nevicate estive in Asia, e distruzione generalizzata dei raccolti con conseguente carestia. La decade degli anni 536-545 è stata probabilmente la più fredda degli ultimi 2000 anni

    Pochi anni dopo, nel 540, un'altra eruzione stavolta a latitudini equatoriali, diede un secondo colpo al sistema climatico con effetti anche più estesi:
    CapturFiles.png
    (van Dijk et al., 2020, in prep.)

    In effetti le polveri in atmosfera spariscono dopo un paio d'anni (primo grafico, AOD = aerosol optical depth), come confermano le cronache, ma l'effetto in atmosfera si è fatto sentire per i successivi 15-20 anni, soprattutto alle alte latitudini. In queste aree è probabile che abbia giocato un ruolo importante il feedback oceano/ghiaccio marino, come mostrano alcune ricostruzioni modellistiche:
    Picture 1.png
    (NH sea ice area anomaly, van Dijk et al. 2020, in prep.)

    Il meccanismo di feedback prevede che il raffreddamento iniziale dovuto alle polveri abbia portato ad un aumento dell'estensione dei ghiacci artici che ha sostenuto a sua volta il raffreddamento con una maggiore albedo della superficie in estate (B) a un ridotto scambio di calore tra il mare e l'atmosfera in inverno (C), con questo risultato:
    Picture 1.png
    (Toohey et al. 2016)

    In (A) sono mostrate le anomalie di temperatura dell'emisfero nord rispetto ai livelli preindustriali.
    Le evidenze empiriche di questi eventi ci sono non solo nelle cronache ma indirettamente anche negli studi dendrocronologici e dalle carote di ghiaccio:
    Picture 1.png
    (Sigl et al. 2018)

    Questi studi ci dicono che l'analisi dei campioni di nssS (non-sea-salt sulfur, zolfo non marino) nei ghiacci di Groenlandia (primo grafico) e Antartide (terzo grafico), supportano l'ipotesi di una prima eruzione da qualche parte nelle medie-alte latitudini dell'emisfero nord (536) e una più a latitudini più basse che ha interessato entrambi gli emisferi (540). Si nota anche una successiva intensa eruzione nel 574-575 il cui impatto per quanto intenso non si è protratto a lungo come l'effetto combinato delle prime due.
    Quale sia il vulcano del 540 non è chiaro, alcuni dicono il Rabaul, altri il Krakatoa, altri il Tierra Blanca Joven; certamente in ogni caso va localizzato nella fascia equatoriale.
    L'effetto è evidente anche nelle ricostruzioni fornite dagli anelli degli alberi (secondo grafico, linea verde).
    L'intensità reale delle eruzioni non è chiara, per quella del 540 in particolare le ricostruzioni che si basano sui nssS dei ghiacci groenlandesi indicano una immissione di solfati maggiore del 40% rispetto alla famosa eruzione del 1815 del Tambora, altri studi che considerano i valori antartici invece suggeriscono che sia minore del 15%. Ciò in realtà va d'accordo col fatto che per l'emisfero sud l'oscuramento e quindi il raffreddamento sono stati molto inferiori, come indicano i (pochi) studi dendrocronologici affidabili che arrivano a quegli anni per le zone australi.
    Le stime più aggiornate attribuiscono all'eruzione del 1815 del Tambora una forzante di -17W/m2, e di -19W/m2 a quella del 540 (e di -11W/m2 a quella del 536).

    Da menzionare che altri studi imputano il global dimming di quegli anni non a vulcani ma al passaggio di polvere cometaria (Abbott et al. 2014) per il contenuto di alcuni elementi particolari e la forma di alcune tracce di aerosol sempre nei carotaggi polari. Si tratterebbe dello sciame Eta Aquaridi associato alla cometa di Halley che dovrebbe essere passata dalle nostre parti proprio intorno a quegli anni. Potrebbe anche essere che una cosa non escluda, in una congiunzione incredibile tra cometa e vulcani.

    Proprio il clima terribile di quegli anni pare abbia dato una spinta importante alla mitologia nordica, in particolare del Fimbulvetr, il "terribile inverno" che avrebbe preannunciato il Ragnarök, la battaglia finale degli dèi tra luce e oscurità con conseguente distruzione e rigenerazione del mondo...
    Picture 1.jpg
    Dottorando in Polar Sciences - Il mio libro su Amazon: L'apocalisse climatica del 536
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  9. #329
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    Predefinito Re: The abrupt climate change event of the VI century

    Citazione Originariamente Scritto da Wolf359 Visualizza Messaggio
    Ciao a tutti!
    da studente di dottorato in Polar Sciences volevo complimentarmi per tutti i contributi, sto giusto seguendo un corso di Climate of the Past che tratta proprio questi temi

    Con l'occasione, sperando di fare cosa gradita per arricchire ulteriormente la discussione, vi posto un approfondimento che sto facendo sui terribili anni intorno alla metà del sesto secolo d.C.

    In effetti proprio il 536 d.C. è stato definito come il peggior anno in cui vivere e in generale gli anni successivi sono stati davvero terribili sotto diversi punti di vista, non solo climatico come vedremo: c'è stata la guerra gotica, uno dei peggiori conflitti che abbiano mai interessato la nostra penisola e la peste di Giustiniano, probabilmente la peggiore epidemia di sempre, che si stima abbia causato qualcosa come quasi 100 milioni di morti.

    La catastrofe climatica inizia proprio nel 536, avviata molto probabilmente da una intensa eruzione vulcanica in Islanda o in Nord America che oscurò il sole per 18 mesi (si parla di una nebbia secca in cronache europee e del medio oriente) tanto che secondo lo storico bizantino Procopio il sole non scaldava più, tanto era "privo di raggi a simiglianza della luna". Le temperature estive crollarono di 1.5-2.5°C provocando nevicate estive in Asia, e distruzione generalizzata dei raccolti con conseguente carestia. La decade degli anni 536-545 è stata probabilmente la più fredda degli ultimi 2000 anni

    Pochi anni dopo, nel 540, un'altra eruzione stavolta a latitudini equatoriali, diede un secondo colpo al sistema climatico con effetti anche più estesi:
    CapturFiles.png
    (van Dijk et al., 2020, in prep.)

    In effetti le polveri in atmosfera spariscono dopo un paio d'anni (primo grafico, AOD = aerosol optical depth), come confermano le cronache, ma l'effetto in atmosfera si è fatto sentire per i successivi 15-20 anni, soprattutto alle alte latitudini. In queste aree è probabile che abbia giocato un ruolo importante il feedback oceano/ghiaccio marino, come mostrano alcune ricostruzioni modellistiche:
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    Il meccanismo di feedback prevede che il raffreddamento iniziale dovuto alle polveri abbia portato ad un aumento dell'estensione dei ghiacci artici che ha sostenuto a sua volta il raffreddamento con una maggiore albedo della superficie in estate (B) a un ridotto scambio di calore tra il mare e l'atmosfera in inverno (C), con questo risultato:
    Picture 1.png
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    In (A) sono mostrate le anomalie di temperatura dell'emisfero nord rispetto ai livelli preindustriali.
    Le evidenze empiriche di questi eventi ci sono non solo nelle cronache ma indirettamente anche negli studi dendrocronologici e dalle carote di ghiaccio:
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    Questi studi ci dicono che l'analisi dei campioni di nssS (non-sea-salt sulfur, zolfo non marino) nei ghiacci di Groenlandia (primo grafico) e Antartide (terzo grafico), supportano l'ipotesi di una prima eruzione da qualche parte nelle medie-alte latitudini dell'emisfero nord (536) e una più a latitudini più basse che ha interessato entrambi gli emisferi (540). Si nota anche una successiva intensa eruzione nel 574-575 il cui impatto per quanto intenso non si è protratto a lungo come l'effetto combinato delle prime due.
    Quale sia il vulcano del 540 non è chiaro, alcuni dicono il Rabaul, altri il Krakatoa, altri il Tierra Blanca Joven; certamente in ogni caso va localizzato nella fascia equatoriale.
    L'effetto è evidente anche nelle ricostruzioni fornite dagli anelli degli alberi (secondo grafico, linea verde).
    L'intensità reale delle eruzioni non è chiara, per quella del 540 in particolare le ricostruzioni che si basano sui nssS dei ghiacci groenlandesi indicano una immissione di solfati maggiore del 40% rispetto alla famosa eruzione del 1815 del Tambora, altri studi che considerano i valori antartici invece suggeriscono che sia minore del 15%. Ciò in realtà va d'accordo col fatto che per l'emisfero sud l'oscuramento e quindi il raffreddamento sono stati molto inferiori, come indicano i (pochi) studi dendrocronologici affidabili che arrivano a quegli anni per le zone australi.
    Le stime più aggiornate attribuiscono all'eruzione del 1815 del Tambora una forzante di -17W/m2, e di -19W/m2 a quella del 540 (e di -11W/m2 a quella del 536).

    Da menzionare che altri studi imputano il global dimming di quegli anni non a vulcani ma al passaggio di polvere cometaria (Abbott et al. 2014) per il contenuto di alcuni elementi particolari e la forma di alcune tracce di aerosol sempre nei carotaggi polari. Si tratterebbe dello sciame Eta Aquaridi associato alla cometa di Halley che dovrebbe essere passata dalle nostre parti proprio intorno a quegli anni. Potrebbe anche essere che una cosa non escluda, in una congiunzione incredibile tra cometa e vulcani.

    Proprio il clima terribile di quegli anni pare abbia dato una spinta importante alla mitologia nordica, in particolare del Fimbulvetr, il "terribile inverno" che avrebbe preannunciato il Ragnarök, la battaglia finale degli dèi tra luce e oscurità con conseguente distruzione e rigenerazione del mondo...
    Picture 1.jpg
    Post splendido! Mi piacciono moltissimo questi studi interdisciplinari, tra storia e scienza.

    A proposito, ne approfitto per chiederti dell'inverno 1407/1408, che da quel che leggevo dovrebbe essere stato uno dei freddi dell'ultimo millennio, ecco: in inverni come quello, o come anche nel 1708/1709, ci sono delle stime su dove potrebbe essere arrivata la banchisa artica?

    Perchè sono molto appassionato del clima e delle fluttuazioni climatiche dell'Olocene, in particolare degli eventi estremi (sono laureato in geologia e da sempre ho la passione per la meteo e la geografia fisica) degli ultimi 11.000 anni, e vorrei saperne un po' di più su questi temi.

    Tu in particolare cosa studi?

  10. #330
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    Predefinito Re: il td della paleoclimatologia

    Grazie Simo

    La risposta non è affatto banale, perchè in passato è capitato di avere inverni gelidi nell'Europa continentale con interessamento anche di Islanda e/o Scandinavia settentrionale ma anche casi in cui al freddo europeo si è contrapposto un clima mite alle alte latitudini, come è il caso ad esempio del 1709 (prima immagine, Luterbacher et al. 2004) o 1784 (seconda immagine, d'Arrigo et al. 2011 - le linee bianche sono i valori normalizzati):
    CapturFiles_3.pngCapturFiles_4.png
    (anomalie rispetto al XX secolo)

    ma quel che più conta è che non è scontata l'associazione "freddo in Islanda" --> "più ghiaccio in Islanda" (ad esempio), in effetti uno studio un po' datato ma ancora valido sulle temperature e ghiaccio marino islandesi mostra come "severe weather in Iceland does not necessarily indicate the presence of sea ice", per quanto ovviamente la correlazione non sia certo debole (The past climate and sea-ice record from Iceland, Part 1 - Data to A.D. 1780, Ogilvie 1984). Altri ingredienti da considerare sono le condizioni del Mar di Groenlandia e del bacino polare oltre che delle correnti marine e delle condizioni meteorologiche.

    Ciò detto, nonostante il 1709 (e un po' tutta la decade 1701-1710) sia stato mite in Islanda, il ghiaccio in prossimità dell'isola era ben presente, anche più di altri periodi.

    Questo grafico è a titolo di esempio riferito alcuni decenni del XIX secolo per mostrare la relazione non sempre lineare tra T e ghiaccio: CapturFiles.png

    Un'altra vecchia ricostruzione (da Lamb 1977) ci mostra la frequenza della presenza di ghiaccio marino sulle coste islandesi: CapturFiles.png

    Dell'ultimo millennio, il XIX è stato il secolo in cui si sono osservati più spesso porti bloccati a causa del ghiaccio, nonostante in Europa non sia stato invece il secolo più freddo, si stava anzi uscendo gradualmente dalla PEG.

    A più larga scala comunque, sia in senso spaziale che temporale, durante il periodo 1575-1724, quindi diciamo il clou della PEG in Europa, questa dovrebbe essere stata la situazione del ghiaccio artico:
    CapturFiles_1.png
    (il colore è l'anomalia di concentrazione, Chamarro et al. 2017)

    Difficile scendere nel dettaglio dei singoli anni, ma si nota come abbastanza frequentemente d'inverno la banchisa toccasse l'Islanda (raramente avvolgendola quasi completamente secondo alcune cronache) e soprattutto come la differenza maggiore risiedesse nel Mare di Barents, per un meccanismo un po' contorto spiegato recentement da Lehner et al. 2013 il cui titolo è esemplificativo: Amplified Inception of European Little Ice Age by Sea Ice–Ocean–Atmosphere Feedbacks:
    CapturFiles_2.png

    Cercando di sintetizzare al massimo, sono coinvolti due cicli di feedback. Nel primo, a un forcing esterno (vulcani? attività solare?) segue un primo raffreddamento --> cresce ghiaccio artico --> cresce il trasporto di ghiaccio verso il mare del Labrador --> quando questo fonde, indebolisce la MOC --> diminuisce l'afflusso di acque calde verso il mare di Barents --> il ghiaccio nel mare di Barents aumenta.

    Nel secondo, la maggiore presenza di banchisa rende il mare di Barents meno salino e meno denso. Allo stesso tempo un effetto secondario fa sì che la maggior SLP in tale zona induca un aumento della superficie marina (SSH) --> la conseguenza di questi due processi è un aumento del gradiente di SSH --> viene ridotto ulteriormente il flusso caldo --> maggior crescita della banchisa.

    Questo aumento del ghiaccio marino isola gli scambi di calore aria/acqua e il forte raffreddamento che ne consegue viene dirottato facilmente verso l'Europa meridionale.

    Io comunque ho appena iniziato il primo anno del PhD, il mio progetto di ricerca sarà orientato verso lo studio dei processi di fusione delle calotte polari di Groenlandia e Antartide (in particolare quest'ultima, dove credo/spero mi manderanno ) per mezzo di remote sensing in sinergia coi modelli climatici. Ma questo dal prossimo anno, per ora abbiamo solo tanti corsi da seguire
    Ultima modifica di Wolf359; 20/10/2020 alle 04:49
    Dottorando in Polar Sciences - Il mio libro su Amazon: L'apocalisse climatica del 536
    Estremi termici dal 1774: -18.6° (1985) / +38.1° (2003)
    Il mio sito e la mia stazione meteo: http://meteopsn.altervista.org/index.html

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