Più o meno, è così. Un'area carsica classica non ha acqua in superficie. L'acqua va tutta giù. Già dalla carta topografica, si vede subito perché al massimo ci sono alvei fossili, valli cieche e zero linee azzurre, cioè corsi d'acqua. Poi, al margine dell'area carsica, in scarpata, magari saltano fuori delle sorgenti, che sono tutto quello che è caduto sopra e non vi è rimasto. Questo per lo meno negli esempi classici, da manuale, quelli per intenderci che presenti agli studenti all'esame per vedere se sanno leggere la carta.
Potremmo dire che in un’area carsica il ruscellamento avviene, tramite gli inghiottitoi prima, attraverso i rami alti e poi al fondo delle grotte. E ciò a prescindere dal tipo di precipitazione
Grigne: piove o nevica ma appena la neve di scioglie ( o inizia a sciogliersi) ti ritrovi Fiumelatte in piena
“Sopra le nuvole il meteo è noioso”
Cioè l'acqua viene comunque tutta di fatto "inghiottita", normalmente, in una zona carsica?
Quindi è corretto ritenere che, quantomeno ai soli fini di un bacino di accumulo per delle sorgenti, basta che precipiti qualcosa e va bene anche solo la pioggia?
Immagino però che almeno in occasione delle precipitazioni piovose più intense un po' d'acqua potenzialmente utile vada perduta, ma magari è abbastanza ininfluente sul bilancio idrico. Così come è ovvio che se fai fondere la neve, ulteriore acqua può penetrare lentamente nel sottosuolo e aggiungersi a quella "inghiottita", ma anche questa può essere ininfluente sul bilancio, se non addirittura superflua a seconda dei casi.
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Ultima modifica di inocs; 28/04/2021 alle 22:37
Tutto dipende dalla profondità della falda però.
In Sicilia gli Iblei nella zona orientale sono solcati da veri e propri canyon e in fondo scorre l'acqua. Addirittura in quello del Cassibile c'è un impianto di presa a monte, una lunga galleria in roccia e una centrale elettrica nella zona dove il canyon si apre.
Uno dei più lunghi acquedotti in roccia di epoca antica, il Galermi, va dall'Anapo nei pressi di Pantalica fino a Siracusa e pare che originariamente fosse lungo 40 km.
Alcuni centri in quota nei pressi dei canyon avevano scavato dei tunnel in roccia per assicurarsi l'approvigionamento acqua nel fondovalle anche durante gli assedi. Uno di questi, ben conservato e visitabile, è noto come Centoscale, circa 280 gradini. Un altro che ho visto si trova a Scicli ma è in parte crollato, la parte visibile è dentro un ristorante che sta in un ambiente scavato in roccia.
La zona greca degli Iblei doveva essere piena di queste opere ma ultimamente molte stanno crollando per mancanza di manutenzione o perché costruite su roccia friabile. Io personalmente ne ho esplorato uno a Licodia Eubea, precedentemente esplorato da Paolo Orsi ad inizio secolo scorso, dove abbiamo trovato anche tunnel sovrapposti (errori? abbassamento della falda?), giunzioni, tunnel laterali di controllo (l'equivalente dei pozzi iniziali, qui si era in parete e si è preferito usare gallerie orizzontali) e probabilmente tracce di usi successivi per qualcosa di diverso.
A Siracusa poi la maggior parte delle catacombe sono state ricavate da acquedotti greci e cisterne abbandonate. Evidentemente il livello dell'acua almeno in quell'area doveva essere più in alto.
Sull'Etna invece non si sono mai trovate tracce di antiche opere ipogee fino adesso, magari sono state distrutte o seppellite da eruzioni. Sono rimasti solo tratti di un acquedotto visibili anche in quella che adesso è città
Google Maps
ma che solo fino a 100 anni fa era periferia e campagne.
In Sicilia c'erano anche mulini ad acqua e mulini a vento ma ormai la stragrande maggioranza sono spariti ad eccezione di quelli del trapanese. Ci saranno stati sicuramente anche nel resto d'Italia visto che vento e acqua erano tra le poche fonti di energia disponibili.
Avendo fatto per anni speleologia conosco un po' sia le cavità naturali che quelle artificiali della Sicilia orientale (e anche un po' in Italia).
Quelle artificiali sono un mondo che sta scomparendo ormai e se non fosse per gli speleologi che le esplorano non ne sapremmo niente.
Allora, per tornare indietro e ricondurre il tutto ad alcune sintetiche considerazioni , direi questo:
- la pioggia e la neve contribuiscono entrambe all'approvvigionamento delle falde idriche dei massicci montani carsici;
- tuttavia, dato che qualcuno ha addirittura definito "superflua" la presenza della componente solida ( o neve che dir si voglia ), ricordo che esistono studi ben fatti che dimostrano come l'effetto della neve non sia importante in termini di maggiori quantitativi di rifornimento ma soprattutto in termini di latenza di afflusso verso i bacini di raccolta e verso le sorgenti interne dei massicci carsici. Siamo tutti d'accordo circa il fatto che nelle aree geologiche carsiche le rocce favoriscono la penetrazione di tutte le piogge che cadono ( con frazione di evaporazione e ruscellamento esigua o nulla), ma resta il fondato dubbio che il lento scioglimento della neve faccia si' che l'approvvigionamento da essa arrecato alle sorgenti, minore probabilmente in termini di flusso, sia maggiormente duraturo nei mesi che, al sud, sono quelli critici ( giugno, luglio, agosto) in cui NON PIOVE PER NULLA!
Forse, tra le tante chiacchiere che ci siamo detti, sembra sfuggito il mio concetto iniziale: l'acqua proveniente dallo scioglimento della neve ( Matese, Picentini, Maiella, Ernici, Simbruini, Carseolani, Orsomarso, Pollino, Nebrodi, Madonie ecc), arrivando "in basso" con tre mesi di ritardo, rispetto ai soli 30 - 40 giorni di quella delle piogge, pur essendo probabilmente poca ( non che nevichi chissa' quanto e chissa' su quali grandi superfici ), rende costante un minimo di approvvigionamento anche nei mesi estivi. L'ipotesi da verificare o confutare CON DATI, sarebbe questa. Nessuno mette in dubbio l'importanza della pioggia sui bacini carsici.
Altrimenti andiamo fuori tema. La neve , estrapolando, sarebbe come un qualcosa che garantisce, dentro le nostre montagne, un lento e costante flusso di pioggia anche quando non piove più ( come se ci fosse un "drizzly" britannico che bagna i prati costantemente tutti i giorni anche a giugno e luglio....acqua "poca ma buona" ).
La mia ipotesi sarebbe la seguente: la pioggia rimane il fattore essenziale, dirimente e critico. Tuttavia, laddove sia presente un massiccio montano in cui si depositano 2 - 3 metri di neve annua a stagione, la riserva ulteriore garantita dal lento scioglimento di questa frazione che arriva a rimpinguare gli accumuli interni che riforniscono le sorgenti a valle, nei mesi in cui le piogge sono cessate del tutto, qui avremo minori problematiche di carenza idrica.
A supporto di questa IPOTESI, noto che l'approvvigionamento idrico di quasi tutte le grandi metropoli Mediterranee ( che quindi insistono in zone a regime precipitativo con picco minimo nei 3 mesi estivi ), hanno i loro principali acquedotti provenienti da bacini montani dove in inverno nevica (Atlante, Sierra Nevada, Sistema Iberico, Sistema Centrale, Cordigliera Cantabrica, Pirenei, Alpi Liguri, Appennini, Monti Balcanici, Monti di Creta, Monti Siculi, Cipro, Turchia, Libano, Monte Hermon in Israele ecc. ecc. ecc. ).
Io dico che la neve rimane importante e che se, in futuro, non dovesse nevicare più ( come alcuni studi prevedono) sarebbe necessario urgentemente industriarsi per garantire gli approvvigionamenti in maniera diversa da quelli attuali, favorendo i grandi bacini artificiali ed i dissalatori di acqua marina
Ultima modifica di Ghiacciovi; 07/05/2021 alle 14:24
Bentornato Pino 64 e grazie
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