Ma i discorsi legati al pil si possono fare solo nei paesi sviluppati, dove chi vive in città, per esempio può utilizzare elettrodomestici che consumano meno e durano di più, usare meno l'auto e ridurre i consumi.
In africa (giusto come esempio, ma vale per tutta la popolazione che vive in povertà) chi vive nelle baraccopoli senza nessun servizio e senza mezzi di locomozione, per forza aumenteranno le emissioni se miglioreranno le condizioni di vita, a meno che non si voglia tenerli perennemente nelle condizioni attuali.
Allo stesso tempo non credo sia fattibile tornare alle condizioni di vita di un centinaio di anni fa per la popolazione che le ha migliorate (detto in modo esagerato).
Qualsiasi cosa si faccia il fabbisogno di energia aumenterà e occorrerà avere il modo di produrre questa energia sempre per averla a disposizione quando serve.
Fino ad ora nessuno se non pochissimi (non intendo sul forum) ha affrontato questi discorsi seriamente e senza slogan di vario tipo che non tengono conto della realtà.
Bisogna cambiare mentalità: non è più possibile credere all'aumento infinito del Pil che si basa anche sull'aumento della popolazione " perché sennò non sapremo come pagare le pensioni "...
Abbiamo già un numero sufficientemente alto di popolazione sulla Terra e molti Paesi sono in piena esplosione demografica.
Non sono per la decrescita (in)felice ma per una sana politica di controllo delle nascite, ove serve, per evitare consumo di siolo ed inquinamento.
La faccenda dei cambiamenti climatici, per com'è posta di solito, mi appassiona poco.
Da che mondo è mondo, i cambiamenti climatici ci sono stati, ci sono e ci saranno.
Certamente, è un discorso che riguarda soprattutto i paesi ricchi, in gran parte dell'Africa è inevitabile che le emissioni aumenteranno, anche se si spera adotteranno strategie tecnologicamente più avanzate e meno impattanti di quando le abbiamo sviluppate noi nel secolo scorso. E' importante il nostro ruolo (come pure emerso dall'ultimo G20) nello sviluppo di quei paesi, ma deve essere un ruolo di guida e non raptorio come è stato fino a poco fa.
Quanto all'altra obiezione, nessuno ha detto che si debba tornare allo stile di vita di 100 anni fa, è proprio con l'ausilio delle tecnologie e dell'avanzamento delle scienze dei sistemi complessi che si eviterà di ritornare indietro di secoli. Ma appunto è l'impatto in termini quantitativi soprattutto che va ridotto, questo avverrà prima nei paesi ricchi e poi, tra una o al massimo 2 generazioni in quelli "ex poveri". Già sarebbe tanto vedere la curva della crescita del consumo di risorse iniziare a rallentare intanto, per poi invertire la rotta, almeno dopo il 2040.
Il report del club di Roma diceva che il mondo avrebbe superato la soglia intorno alla metà degli anni settanta, ora può darsi che con le nuove tecnologie e le scienze dei sistemi questa sogli si sia alzata un altro pò, permettendoci di "impattare" ai livelli forse degli anni '90. Siccome però come hai giustamente sottolineato ci saranno tutti gli altri paesi che nel frattempo saranno diventati anche loro fonte di emissioni e inquinamento, è chiaro che il cambiamento dovrà essere sostanziale. Il che non implica vivere come 100 anni fa. Si pensi solo ai progressi della medicina o ai mezzi di informazione, al web eccetera. Fermo restando che i ponti vanno costruiti (ma forse sarebbe utile intanto manutenere quelli già esistenti, almeno in Italia) e l'acciaio va prodotto, vedo la possibilità di un mondo molto migliore e molto più attraente rispetto a quello presente. Mi piace fare l'esempio dei computer e degli smartphone. Nessuno vorrebbe andare in giro con uno smartphone che pesa 4 chili. In termini di riduzione delle dimensioni e di aumento della quantità di servizi e informazioni che può dare uno smartphone rispetto a un megacomputer del passato il progresso è stato incredibile. Perchè non provare a fare altrettanto col resto? E' chiaro, non è proprio la stessa cosa, un conto è la pura informazione e un conto è la vita reale, ma l'approccio dovrebbe essere quello.
Il PIL per alcuni tipi di funzioni serve così com'è, ad esempio per la politica monetaria o per fare previsioni sul gettito fiscale. Per definizione coincide con la somma dei redditi prodotti, quindi ha una rilevanza molto concreta, ogni volta che scrivi "farà crollare il PIL" stai implicando "farà crollare i redditi".
È anche un indicatore abbastanza semplice e oggettivo da definire (specie quello nominale, già il deflatore è più controverso).
È una buona rappresentazione di alcune dimensioni dell'economia e in quanto tale andrebbe utilizzato, senza feticismi né avversioni ideologiche. Ci hanno provato in tanti a inventarsi altri indicatori, ma hanno avuto poca fortuna, in parte perché difficili da sintetizzare in un numero unico ma soprattutto perché hanno forti implicazioni politiche e difficilmente si riesce a trovare una ampia condivisione su quali elementi includere e con quale peso. In compenso abbiamo una abbondanza di indicatori di sviluppo, benessere, impatto ambientale e roba simile che già esistono e si possono facilmente affiancare al PIL.
Da quello che scrivi comunque mi sembra che tu appartenga alla folta schiera di persone che criticano il PIL senza sapere cosa sia. L'inefficienza generalmente non aumenta il PIL reale, perché aumenta i costi. Un packaging inutile messo solo per ragioni di marketing non fa più PIL e toglierlo non lo abbassa. Aumentare l'efficienza generalmente aumenta il PIL, perché ottieni la stessa funzione con minori materie prime, quindi hai più valore aggiunto. Nel calcolo del PIL reale vengono incluse valutazioni sulla qualità dei prodotti, un elettrodomestico a basso consumo vale più di uno che consuma di più. Lo spostamento dei consumi verso prodotti di maggiore qualità fa aumentare il PIL, se mi compro un pollo biologico a filiera corta dal coltivatore locale vale molto di più di un pollo AIA da allevamento in gabbia. Quindi aumentare il PIL non implica un aumento quantitativo, può anche essere prevalentemente qualitativo (dipende tutto da cosa scelgono i consumatori).
Il PIL è ormai al 70% fatto di attività immateriali, nulla impedisce che diventi l'80 o il 90%. Istruzione, ricerca, sanità e ristorazione fanno più PIL di tutta la produzione di beni messa insieme, un caffè al bar ha un impatto minimo rispetto al farselo a casa ma contribuisce molto al PIL.
Non ho mai scritto che il covid19 abbia fatto aumentare il PIL, ha fatto ridurre il PIL ma aumentare l'impatto ambientale perché ha aumentato il consumo di beni e ridotto i servizi, quindi semmai è l'ennesima dimostrazione della scarsa relazione tra i due.
Le importazioni non fanno parte del PIL, sono anzi sottratte nel calcolo dell'indice (altrimenti non avrebbe senso la I nel nome). Sono i consumi, più che il PIL, ad utilizzare risorse di altri Paesi e per questo esistono le misure consumption-based, che aiutano a tracciare questo fenomeno.
Ultima modifica di snowaholic; 27/07/2021 alle 16:05
Secondo me non è serio depennare a priori delle tecnologie con molto potenziale, il nucleare ancora deve dimostrare di essere competitivo sul piano economico ma sarebbe fondamentale per un mix energetico sostenibile.
Ha assolutamente ragione Marco quando dice che abbiamo industrie molto più pericolose di quella nucleare che passano inosservate perché l'impatto psicologico del disastro di Chernobyl ne ha distorto la percezione.
Sul fotovoltaico, non credo nemmeno io sia opportuno utilizzare massicciamente terreni agricoli, ma nel milione di ettari dell'articolo sono incluse anche le superfici già edificate, che andrebbero invece sfruttate al massimo. Però con le superfici disponibili potremmo arrivare forse ad un 15-20% di energia prodotta con pannelli fotovoltaici, non di più.
Se si vuole puntare sull'elettrificazione e l'idrogeno per sostituire i fossili da trasporti il consumo di energia elettrica è destinato a salire dopo il calo degli ultimi anni, quindi è indispensabile trovare altre fonti di energia primaria.
Dismettere le attività estrattive in toto è una posizione estremista e irrealizzabile, si deve puntare al massimo sul riutilizzo e il riciclo ma per costruire una infrastruttura diversa da quelle fossili ci sarà sicuramente una fase di aumento di consumo di alcune materie prime. Altrimenti a parole dici di non voler tornare indietro di 100 anni ma nei fatti è l'unica strada che consideri accettabile.
Concordo su tutto.
Ne approfitto per fare una precisazione sull'idrogeno, visto che lo citi.
L'idrogeno é spesso menzionato come fonte di energia pulita, ma sarebbe meglio definirlo VETTORE di energia, poiché occorre produrlo visto che non esistono giacimenti di idrogeno.
Vettore poiché sarebbe un ottimo metodo per spostare l'energia prodotta nel luogo dove verrà utilizzata: un esempio molto semplificato potrebbe essere utilizzarlo nei serbatoi delle auto al posto della benzina e delle batterie elettriche.
Ma presenta due enormi problemi dati dalle leggi della fisica:
1) é estremamente reattivo, quindi reagisce con quasi tutti i materiali formando idruri che li rendono fragili e causano deterioramento dei contenitori di trasporto. Cosa estremamente pericolosa, visto che le pressioni per renderlo liquido sono altissime e che é estremamente infiammabile.
2) l'energia che serve per produrlo é più grande di quella che si ricava "bruciandolo", quindi occorre valutare per bene la convenienza della produzione rispetto ad utilizzare direttamente l'energia necessaria a farlo.
Anche in questo caso gli slogan ambientalisti abbondano e non ho mai sentito un serio dibattito sulle reali applicazioni.
Secondo me in questa fase non fa tanto danno rivendere un mezzo Euro0 in Africa, perché la capacità di produrre mezzi più puliti su larga scala non c'è. Tra un Euro0 e un Euro6 in termini di impatto globale cambia poco, è molto più una questione di inquinamento urbano (e quindi sarà una scelta dei Paesi in via di sviluppo quando aumentare gli standard, inclusi quelli sul carburante che inquina molto di più di quelli usati in occidente). Sono molto più problematiche politiche locali come i sussidi sul prezzo della benzina, su cui molti Paesi in via di sviluppo sprecano buona parte delle scarse risorse fiscali anziché investire su servizi più importanti come l'istruzione. Gradualmente arriveranno anche loro su queste tecnologie, ma tutte le nuove tecnologie hanno un'adozione che parte dai prodotti di fascia alta, dove il costo elevato della nuova tecnologia ha un impatto minore sul prezzo finale. Poi con l'adozione di massa i prezzi scenderanno per tutti e a quel punto avrà senso forzare di più sulla rottamazione di quelle vecchie.
I Paesi molto indietro nello sviluppo hanno molte più difficoltà ad adottare le rinnovabili (o il nucleare) perché hanno scarse disponibilità di capitali e le tecnologie a bassa intensità di carbonio hanno tutti una struttura di costo sbilanciata sull'investimento iniziale, anche se con costi di esercizio molto più bassi. Quindi non si può realisticamente pretendere che la costruzione di centrali a carbone finisca immediatamente, a meno che non si propongano alternative altrettanto valide e i mezzi finanziari per realizzarle. Non è un caso che gli obiettivi fissati nell'accordo di Parigi per i Paesi in via di sviluppo (che hanno quasi tutti aderito, sono 191 gli aderenti al momento) sono molto più generici e permettono un aumento nel breve termine, vincolando solo l'intensità energetica dell'attività economica.
In ogni caso i Paesi a basso reddito non hanno una popolazione 10 volte quella di quelli sviluppati, più di un miliardo di persone su 8 miliardi fanno parte del gruppo ristretto dei Paesi industrializzati ma c'è un nutrito gruppo di stati a reddito medio-alto (Cina inclusa) che hanno un impatto ambientale pro-capite paragonabile se non superiore a quelli occidentali e quindi avrebbero margini per cominciare a ridurlo da subito. Le emissioni pro-capite italiane, per esempio, sono poco superiori alla media globale e inferiori a molti Paesi che hanno reddito più basso.
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Molti di questi dovrebbero cominciare a stabilizzare e poi ridurre le emissioni entro questo decennio, mentre quelli che sono più indietro come l'India solo dopo il 2030.
Ultima modifica di snowaholic; 27/07/2021 alle 16:06
Da quel che ho visto le applicazioni più credibili sono quelle al trasporto pesante su strada a lunga distanza, per il quale peso e ridotta autonomia delle batterie sono un grosso limite, e per sostituire il carbone nella produzione dell'acciaio, ci sono già tentativi di applicazione commerciale in corso.
Ovviamente serve una fonte di energia per produrlo e il costo è elevato, per cui è difficile capire se potrà essere realmente competitivo.
Però è una delle tante tecnologie in fase di studio che potrebbe essere interessante in alcune nicchie di mercato dove le alternative scarseggiano.
India e Cina fanno quasi 2,5 mld di persone, ma non tutte hanno un reddito medio alto, forse solo un centinaio di milioni, gli altri sono molto poveri (é una delle ragioni per cui hanno un tasso di crescita molto più alto dei paesi "sviluppati").
Quindi sì il rapporto non é 1/10, sarà 1/8 o poco ci manca.
Qui sulla parte climatica avrei da ridire, al momento gli ecosistemi e gli oceani stanno assorbendo circa il 50% delle emissioni antropiche, quindi le concentrazioni in atmosfera se riuscissimo a ridurre le emissioni in questa misura dovrebbero stabilizzarsi (e con esse rallenterebbe il riscaldamento globale). Nel lungo termine bisognerebbe puntare allo zero e in quel caso le emissioni dovrebbero gradualmente scendere su livelli più bassi. Riportare forzatamente le concentrazioni al livello pre-industriale non mi sembra necessario e nemmeno auspicabile, visto che viviamo in un pianeta con enormi masse continentali (e molti dei migliori terreni agricoli) collocati a latitudini elevate.
La CCS applicata alle infime concentrazioni atmosferiche sarebbe uno spreco di energia enorme, sono molto più interessanti altre tecnologie come il calcestruzzo ad emissioni negative o tecniche agricole che aumentino il contributo di carbonio nel suolo. Nella fase di transizione potrebbe avere senso la CCS applicata alle centrali termiche, in quel caso le concentrazioni sono abbastanza alte da consentirne una cattura più efficiente, ma se si riuscisse ad evitarle direttamente (quindi evitando la fase estrattiva e di trasporto dei combustibili fossili) sarebbe tutto di guadagnato.
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