Questo lo fa già la natura. Il livello di CO2 è così basso solo grazie alle piante e agli organismi fotosintetici. La mineralizzazione e il sequestro di CO2 nell'humus che poi diviene minerale dopo moltissimi anni così come la precipitazione dei carbonati del fitoplancton nelle profondità dell'oceano è quello che consente di mantenere i livelli di CO2 molto più bassi di quanto sarebbero altrimenti. Vedi venere e marte, tanto per fare un esempio.
Solo che occorre tempo, e le coltivazioni a rapida crescita sottraendo materia organica non consentono questo lentissimo processo. In questo caso hai (nella migliore delle ipotesi) un bilancio neutro, ma neutro non è perchè sposta l'equilibrio verso livelli molto più alti (una porzione maggiore di CO2 te la ritrovi in atmosfera) rispetto a quanto sarebbero in un ecosistema integro, in cui i processi di mineralizzazione e sequestro continuano ad avvenire.
Questo è un punto molto importante da capire, altrimenti si potrebbe immaginare che trasformando il mondo in un unica coltura intensiva avremmo risolto i problemi della CO2. Avremmo invece aggiunto CO2, non solo estraendola dal sottosuolo (che poi è quella tanto faticosamente sottratta dalla biosfera nel corso di milioni di anni), ma anche accelerando il ciclo biogeochimico del carbonio.
Solo che con l'acidificazione degli oceani il plancton non riesce a produrre abbastanza CaCO3 perché hai tanta CO2 ma manca il resto, credo il Ca.
Poi non penso che le piante ricavino la CO2 dal suolo.
Il seppellimento del materiale organico sarebbe un sistema più rapido per arrivare alla mineralizzazione e quindi stabilizzazione della CO2.
In fondo anche noi siamo un deposito di carbonio, circa 14Kg a persona.
Che vuol dire che le piante ricavano CO2 dal suolo? forse non hai compreso bene quello che dicevo...
Quando le piante muoiono, vanno in decomposizione e attraverso l'azione degli insetti e di altri organismi detritivori prima e poi attraverso complessi meccanismi microbiologici dovuti all'azione dei batteri del terreno, vanno incontro ad un lento processo di mineralizzazione. E' così da milioni di anni. E' solo una porzione di CO2 quella che viene sequestrata ma è quella porzione che a poco a poco sposta l'equilibrio verso il basso e consente al netto concentrazioni estremamente basse in atmosfera. Se non ci fossero questi processi, non solo non esisterebbe quasi ossigeno (prodotto per fotosintesi) , ma la CO2 andrebbe rapidamente aumentando fino a diverse decine di volte i livelli attuali. Una porzione rilevante della litosfera è di origine biologica, tanto per rendere l'idea dell'enormità del sequestro. Sequestrare la CO2 artificialmente credo che sia un compito estremamente arduo e dispendioso viste le quantità in gioco, oltre che una scelta poco saggia. Si farebbe molto prima a piantare tantissimi alberi, cosa che d'altronde è prevista dalla coop26 (ho sentito parlare di 1000 miliardi di alberi).
In Cina d'altronde già lo stanno facendo, questo anche per limitare l'erosione dei suoli e la desertificazione.
Dici che i boschi riescono a sequestrare carbonio in profondità, mentre le colture no.
Potresti avere ragione, ma, dato che i processi biochimici di un bosco e di una coltura sono esattamente gli stessi (infatti anche una grossa parte delle colture ritorna al suolo come humus), a questo punto servirebbero confronti numerici.
In ogni caso, piantare alberi (magari inadatti, come ahimè avviene il più delle volte) non è il modo più rapido di arrivare al bosco.
Quando le piante muoiono stanno in superficie e la loro decomposizione significa che tutta la CO2 ritorna in atmosfera. Magari solo l'apparato radicale non subisce questo processo ma se fosse così io dovrei avere terreni che in profondità sono ricchi di composti organici. Non mi pare sia così ma non è che sia andato ad analizzare per la ricerca di composti organici in terreni profondi. Le cose cambiano quando i resti organici vengono seppelliti.
Confermo il fatto che i boschi nelle Prealpi specialmente sono aumentati a dismisura da metà del secolo scorso ad oggi, ho notato anch'io guardando diverse fotografie di parecchi decenni fa (ad esempio alcune del Summano in zona Piovene Rocchette) che i boschi attuali sono diffusissimi dove prima praticamente c'era gran poco.
Ben vengano comunque, a mio parere, questo aumento di vegetazione.
Riguardo alle specie, sí la robinia é ovunque ormai, ma secondo me é una buona pianta appunto per i suoi fiori che attirano moltissimo le api come ha detto Stefano de C.
I pioppi sono la mia pianta preferita, io li amo, e li pianterei ovunque
Anche io sarei per l'eradicazione dell'ailanto, ma mi sa che é molto difficile riuscirci.
Io quando lo vedo lo estirpo subito, bisognerebbe agire quando é ancora piccolo.
Sono d'accordissimo sulla robinia, è versatile e ha vari pregi; ma non dimentichiamo che resta un infestante e rappresenta una minaccia per la biodiversità. Sicuramente è meglio un bosco di robinia che una zona industriale, sono d'accordo. Ma meglio ancora sarebbe un bosco di specie autoctone con varie essenze - e non una "monocoltura" di robinia con minor biodiversità. Appunto perchè non ha problemi a crescere e farsi strada nelle zone incolte, sarebbe meglio limitarla un po', tanto si arrangia a crescere, di certo non si estinguerà se ne estirpiamo qualche zona.
Il pioppo è una specie autoctona, verissimo. Ma ho notato, almeno qui nelle valli dei colli asolani, che il bosco igrofilo ormai è rappresentato solo da pioppo e salice, con olmi, ontano nero e acero campestre. La specie che predomina maggiormente è il pioppo che colonizza anche zone non prettamente adatte (media collina). È vero che il pioppo è autctono, ma lo sono anche Farnia e Carpino bianco. Il bosco planiziale della pianura padana era appunto il querco-carpineto. Oggi capita raramente di imbattersi in una farnia, un rovere o un carpino bianco. Se si parla di piantine spontanee in crescita nelle zone incolte poi direi che è praticamente impossibile vederne. Magari mi sono spiegato un po' male, ma il mio discorso è di favorire queste piante autoctone che oggi faticano a crescere e colonizzare nuove zone, limitando quelle specie come robinia o pioppo o olmo che non hanno problemi a trovare spazio e quindi anche se ne togliamo qualcuna facciamo solo un bene alla biodiversità. Aggiungo anche che il bosco può avere un valore in termini economici, per legna da ardere o legname (ovviamente se gestito in modo corretto senza distriggere l'ambiente boschivo). Rovere, carpino, farnia, ma anche olmo hanno un certo valore. Il pioppo no, l'unico impiego che trova è quello della carta ma per questo ci sono le piantagioni in pianura
Qui in Emilia la farnia è molto efficiente nel colonizzare aree abbandonate, è decisamente in espansione e come specie infestante viene subito dopo olmo campestre, e pioppo nero, prima della robinia. Credo a causa del gran numero di ghiandaie che fanno riserve di ghiande.
In ogni caso, realisticamente non arriveremo mai a controllare le infestanti, pensa che nessuno muoverà mai un dito contro l'edera, che sarebbe la prima da limitare semplicemente per il bene di un bosco quale che sia!
Non è così, la composizione dell'atmosfera attuale è dovuta quasi esclusivamente alla biosfera e ai processi fotosintetici, se ipotizzi un bilancio neutro, travisi completamente l'intero processo biogeochimico. L'estrazione di petrolio e gas non è altro che l'inversione di un processo naturale durato milioni di anni che ha permesso la vita sulla terraferma e che consente alla co2 atmosferica di rimanere a bassissimi livelli. Naturalmente nel caso del petrolio la Co2 è ancora intrappolata in forma organica, ma per la maggior parte viene immagazzinata come minerale nelle rocce e questo grazie ai processi lentissimi che avvengono nei vari strati dell'humus ad opera prima degli organismi detritivori e poi delle popolazioni batteriche e fungine del terreno...ma non è che la mia è un opinione, sono cose studiate da almeno un secolo, è come mettere in dubbio l'evoluzione naturale...
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