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  1. #21
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    Predefinito Re: La lunga strada verso le emissioni zero

    Citazione Originariamente Scritto da andi Visualizza Messaggio
    Questo discorso non s5ta proprio in piedi, costerà anche meno il fotovoltaico però non è assolutemente sufficiente a coprire nemmeno il 20% del fabbisogno, a meno di non distruggere il paese tapezzandolo di panneli solari (senza coltivare più?). pensa poi se tutte le auto fossero elettriche! Che articoli assurdi
    Solita polemica ad minchiam, nessuno ha mai scritto di produrre tutta l'energia con i pannelli fotovoltaici, già con tetti, parcheggi e simili puoi fare quel 20%. Ma ci sono anche studi sui pannelli fotovoltaici messi sopra i campi coltivati, molte colture hanno addirittura rese superiori con una parziale ombreggiatura dei pannelli.

    Poi ci sono idroelettrico, eolico, geotermico, maree, nucleare, biomasse e via dicendo.

    L'unica assurdità è continuare allegramente a bruciare combustibili fossili.

  2. #22
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    Predefinito Re: La lunga strada verso le emissioni zero

    Citazione Originariamente Scritto da snowaholic Visualizza Messaggio
    Solita polemica ad minchiam, nessuno ha mai scritto di produrre tutta l'energia con i pannelli fotovoltaici, già con tetti, parcheggi e simili puoi fare quel 20%. Ma ci sono anche studi sui pannelli fotovoltaici messi sopra i campi coltivati, molte colture hanno addirittura rese superiori con una parziale ombreggiatura dei pannelli.

    Poi ci sono idroelettrico, eolico, geotermico, maree, nucleare, biomasse e via dicendo.

    L'unica assurdità è continuare allegramente a bruciare combustibili fossili.

    Questo è un po vecchio ma ancora attuale, ma sono tutte polemiche inutili vero?
    Palle Eoliche | Climatemonitor

  3. #23
    Vento fresco
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    Predefinito Re: La lunga strada verso le emissioni zero

    Citazione Originariamente Scritto da andi Visualizza Messaggio
    Questo è un po vecchio ma ancora attuale, ma sono tutte polemiche inutili vero?
    Palle Eoliche | Climatemonitor
    Ovviamente sì, come qualunque cosa compaia su quel sito.

    A parte il fatto che attaccarsi così ad un singolo progetto è chiaramente una operazione strumentale al solito inno alle fonti fossili (che economiche non sono più da una quindicina d'anni), il progetto di Ravenna invece è estremamente interessante.

    Verranno usate turbine molto grandi e ottimizzate per sfruttare anche velocità molto basse, i bassi fondali e le infrastrutture esistenti delle piattaforme di estrazione del gas consentiranno di tenere bassi i costi e propongono di associare al parco eolico anche un parco fotovoltaico off-shore (chiedevi dove mettere i pannelli?) e un impianto per produrre idrogeno sfruttando l'energia in eccesso. Stimano di produrre 1,5 TWh all'anno di energia, molto più di quanto ipotizzato da climatemonitor (ma sicuramente sono gli ingegneri di ENI e Saipem che hanno sbagliato i calcoli).

    L'ambizioso progetto per produrre energia in mare, a Ravenna - Il Post

    Grazie per lo spunto che mi hai dato per parlare di questo progetto, continua pure la tua battaglia contro i mulini a vento (letteralmente).

  4. #24
    Uragano L'avatar di Alessandro1985
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    Predefinito Re: La lunga strada verso le emissioni zero

    Citazione Originariamente Scritto da snowaholic Visualizza Messaggio
    l'importante è fare tutto il possibile per provarci.
    è passato qualche decennio ma al giorno d'oggi è attuale più che mai:

    Soyez réalistes, demandez l'impossible
    C'ho la falla nel cervello


  5. #25
    Uragano L'avatar di Alessandro1985
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  6. #26
    Vento fresco
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    Predefinito Re: La lunga strada verso le emissioni zero

    Un breve riassunto a corredo di quanto già postato, il piano di decarbonizzazione cinese per il 2060 (la Cina ha già dichiarato che non riuscirà a rispettare la deadline del 2050) è effettivamente ragionevole.

    Il piano prevede un 73% di rinnovabili, 23% di nucleare e 4% di combustibili fossili con cattura della CO2. La quota di produzione continuativa è quindi garantita da nucleare (23%) e da idroelettrico (12%), andando a coprire una percentuale vicina al carico di base cinese.
    Solare ed eolico fanno il 30% e il 31% rispettivamente, percentuali vicine al loro capacity factor. Avendo il baseload garantito, la quantità di storage richiesto è minima, ed è quindi possibile ottimizzare solare ed eolico:

    - quando la domanda è bassa e la produzione è bassa il carico di base è comunque garantito;
    - quando la domanda è bassa e la produzione è alta viene modulato l'idroelettrico in basso accumulando il possibile;
    - quando la domanda è alta e la produzione è bassa si utilizza l'accumulo, si modula l'idroelettrico in alto e si sfrutta il 4% di centrali fossili;
    - quando la domanda è alta e la produzione è alta il carico di picco è coperto.

    Modulando in maniera intelligente idroelettrico + fossile, inoltre, permetterebbero un 16% del carico totale ad elevata flessibilità.


    Ovviamente non è il miglior piano possibile (ad esempio non implementa sistemi di cattura della CO2 dopo il 2050 come prevede l'IPCC, è ancora vulnerabile a lunghi periodi di scarsa produzione rinnovabile, non sfrutta gli eccessi energetici per la produzione di idrogeno ecc.) ma è un piano realistico per l'obiettivo che si sono posti, ovvero la decarbonizzazione entro il 2060.
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  7. #27
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    Predefinito Re: La lunga strada verso le emissioni zero

    Citazione Originariamente Scritto da MarcoSarto Visualizza Messaggio
    Un breve riassunto a corredo di quanto già postato, il piano di decarbonizzazione cinese per il 2060 (la Cina ha già dichiarato che non riuscirà a rispettare la deadline del 2050) è effettivamente ragionevole.

    Il piano prevede un 73% di rinnovabili, 23% di nucleare e 4% di combustibili fossili con cattura della CO2. La quota di produzione continuativa è quindi garantita da nucleare (23%) e da idroelettrico (12%), andando a coprire una percentuale vicina al carico di base cinese.
    Solare ed eolico fanno il 30% e il 31% rispettivamente, percentuali vicine al loro capacity factor. Avendo il baseload garantito, la quantità di storage richiesto è minima, ed è quindi possibile ottimizzare solare ed eolico:

    - quando la domanda è bassa e la produzione è bassa il carico di base è comunque garantito;
    - quando la domanda è bassa e la produzione è alta viene modulato l'idroelettrico in basso accumulando il possibile;
    - quando la domanda è alta e la produzione è bassa si utilizza l'accumulo, si modula l'idroelettrico in alto e si sfrutta il 4% di centrali fossili;
    - quando la domanda è alta e la produzione è alta il carico di picco è coperto.

    Modulando in maniera intelligente idroelettrico + fossile, inoltre, permetterebbero un 16% del carico totale ad elevata flessibilità.


    Ovviamente non è il miglior piano possibile (ad esempio non implementa sistemi di cattura della CO2 dopo il 2050 come prevede l'IPCC, è ancora vulnerabile a lunghi periodi di scarsa produzione rinnovabile, non sfrutta gli eccessi energetici per la produzione di idrogeno ecc.) ma è un piano realistico per l'obiettivo che si sono posti, ovvero la decarbonizzazione entro il 2060.
    Ottimi contributi, mostrano bene come i cinesi per quanto si siano sottratti alle richieste di fissare obiettivi più ambizioni sono piuttosto realistici e dettagliati su come raggiungere gli obiettivi che si sono dati, probabilmente potranno anche superarli con relativa facilità. In occidente al contrario si tende a fissare obiettivi molto ambiziosi e poi si fatica a mettere in campo gli strumenti concreti per raggiungerli. Considerato che fanno circa il 30% delle emissioni globali, cosa succederà da loro è fondamentale.

    La Cina però ha una struttura economica molto particolare che vale la pena di approfondire, al di là dei fattori oggettivi come la loro popolazione enorme hanno una quantità di emissioni pro-capite eccezionalmente alta per essere un paese a medio reddito, più alta anche rispetto alla media europea. Questo è dovuto principalmente a due fattori: hanno una intensità energetica molto alta (consumano molta energia in proporzione al PIL prodotto) e utilizzano in carbone come principale fonte primaria.

    Riguardo all'intensità energetica oltre al livello estremamente alto anche rispetto ai paesi più spreconi colpisce il fatto che non hanno il minimo accenno al rapido calo dell'intensità energetica che caratterizza la quasi totalità delle economie mondiali negli ultimi decenni, incluse alcune come l'India che partono da livelli di reddito ed emissioni molto più bassi.
    energy-intensity.jpg

    Questa voracità energetica si accoppia con una forte dipendenza dal carbone, maturata soprattutto nei primi anni 2000, ed un settore delle costruzioni totalmente fuori scala che gonfia anche le emissioni legate alla produzione di cemento.
    china_co2-emissions-by-fuel-line.jpg

    Anche in termini di emissioni per settore sono molto diversi rispetto alla maggior parte degli altri Paesi, i trasporti pesano relativamente poco mentre energia elettrica, industria e costruzioni dominano le emissioni, coerentemente con quanto mostrato del grafico precedente.


    china_ghg-emissions-by-sector.jpg

    Quindi ciò che gonfia le emissioni è il peculiare modello di sviluppo cinese, in cui gli investimenti (prevalentemente industria ed edilizia) hanno un ruolo completamente sproporzionato (oltre il 40% del PIL) mentre il settore dei servizi è ancora molto arretrato. La scarsa efficienza sia della produzione industriale sia di energia elettrica aggrava enormemente il problema.
    Sono invece messi relativamente bene in termini di trasporti, con buoni trasporti pubblici e una spinta notevole sulla mobilità elettrica (anche a causa dei gravissimi problemi di smog).

    Questi elementi suggeriscono quindi che oltre alla componente meramente tecnologica nella riduzione delle emissioni cinesi moltissimo si giocherà sul destino del loro modello di sviluppo, estremamente squilibrato e profondamente iniquo, che sta mostrando segni di cedimento notevoli. La bolla speculativa del settore dell'edilizia gonfia non poco le emissioni e la sua esplosione potrebbe farle ridurre rapidamente nei prossimi anni.

    D'altro canto il tentativo del governo cinese di pompare ulteriormente il modello attuale alimentando ulteriori investimenti infrastrutturali (per lo più improduttivi) rischia di vanificare questo vantaggio, mentre il riequilibrio dell'economia a favore del settore dei servizi (e da investimenti a consumi finali), che è assolutamente indispensabile anche se il governo cinese si rifiuta di prenderlo in considerazione seriamente, potrebbe accelerare enormemente i tempi. Non si può nemmeno escludere uno scenario stile giapponese anni 90 con una prolungata recessione innescata dall'incapacità i gestire questi squilibri economici.

    Insomma i piani cinesi oltre ad essere piuttosto prudenti di per sé assumono una sostanziale continuità dal punto di vista economico, che non è né auspicabile né scontata.

    P.S.
    A compendio di questo discorso riporto un interessante articolo di Krugman di qualche giorno fa (probabilmente piacerà a @Gianni78ba) , che non tocca direttamente il discorso emissioni ma ribadisce i problemi dell'economia cinese. Montagne di investimenti improduttivi fatti per sostenere l'economia portano anche ad avere molte emissioni perché generano relativamente poco valore aggiunto rispetto alla dimensione fisica dei progetti, quindi alzano l'intensità energetica.

    Opinion | Of Dictators and Trade Surpluses - The New York Times
    Altro articolo più approfondito e specifico sulla Cina
    The Only Five Paths China’s Economy Can Follow - Carnegie Endowment for International Peace
    Ultima modifica di snowaholic; 26/08/2022 alle 10:12

  8. #28
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    Predefinito Re: La lunga strada verso le emissioni zero

    Citazione Originariamente Scritto da MarcoSarto Visualizza Messaggio
    Un breve riassunto a corredo di quanto già postato, il piano di decarbonizzazione cinese per il 2060 (la Cina ha già dichiarato che non riuscirà a rispettare la deadline del 2050) è effettivamente ragionevole.

    Il piano prevede un 73% di rinnovabili, 23% di nucleare e 4% di combustibili fossili con cattura della CO2. La quota di produzione continuativa è quindi garantita da nucleare (23%) e da idroelettrico (12%), andando a coprire una percentuale vicina al carico di base cinese.
    Solare ed eolico fanno il 30% e il 31% rispettivamente, percentuali vicine al loro capacity factor. Avendo il baseload garantito, la quantità di storage richiesto è minima, ed è quindi possibile ottimizzare solare ed eolico:

    - quando la domanda è bassa e la produzione è bassa il carico di base è comunque garantito;
    - quando la domanda è bassa e la produzione è alta viene modulato l'idroelettrico in basso accumulando il possibile;
    - quando la domanda è alta e la produzione è bassa si utilizza l'accumulo, si modula l'idroelettrico in alto e si sfrutta il 4% di centrali fossili;
    - quando la domanda è alta e la produzione è alta il carico di picco è coperto.

    Modulando in maniera intelligente idroelettrico + fossile, inoltre, permetterebbero un 16% del carico totale ad elevata flessibilità.


    Ovviamente non è il miglior piano possibile (ad esempio non implementa sistemi di cattura della CO2 dopo il 2050 come prevede l'IPCC, è ancora vulnerabile a lunghi periodi di scarsa produzione rinnovabile, non sfrutta gli eccessi energetici per la produzione di idrogeno ecc.) ma è un piano realistico per l'obiettivo che si sono posti, ovvero la decarbonizzazione entro il 2060.
    Magari lo avessimo noi un piano per il 2060....noi abbiamo scadenze più pressanti ma mi pare di capire che non sia stato ideato nessun piano concreto e dettagliato...

    La Cina attualmente ha un impatto enorme sulle emissioni globali ma se riuscisse ad attuare questo piano migliorerebbe velocemente

  9. #29
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    Predefinito Re: La lunga strada verso le emissioni zero

    Citazione Originariamente Scritto da snowaholic Visualizza Messaggio
    Ottimi contributi, mostrano bene come i cinesi per quanto si siano sottratti alle richieste di fissare obiettivi più ambizioni sono piuttosto realistici e dettagliati su come raggiungere gli obiettivi che si sono dati, probabilmente potranno anche superarli con relativa facilità. In occidente al contrario si tende a fissare obiettivi molto ambiziosi e poi si fatica a mettere in campo gli strumenti concreti per raggiungerli. Considerato che fanno circa il 30% delle emissioni globali, cosa succederà da loro è fondamentale.

    La Cina però ha una struttura economica molto particolare che vale la pena di approfondire, al di là dei fattori oggettivi come la loro popolazione enorme hanno una quantità di emissioni pro-capite eccezionalmente alta per essere un paese a medio reddito, più alta anche rispetto alla media europea. Questo è dovuto principalmente a due fattori: hanno una intensità energetica molto alta (consumano molta energia in proporzione al PIL prodotto) e utilizzano in carbone come principale fonte primaria.

    Riguardo all'intensità energetica oltre al livello estremamente alto anche rispetto ai paesi più spreconi colpisce il fatto che non hanno il minimo accenno al rapido calo dell'intensità energetica che caratterizza la quasi totalità delle economie mondiali negli ultimi decenni, incluse alcune come l'India che partono da livelli di reddito ed emissioni molto più bassi.
    energy-intensity.jpg

    Questa voracità energetica si accoppia con una forte dipendenza dal carbone, maturata soprattutto nei primi anni 2000, ed un settore delle costruzioni totalmente fuori scala che gonfia anche le emissioni legate alla produzione di cemento.
    china_co2-emissions-by-fuel-line.jpg

    Anche in termini di emissioni per settore sono molto diversi rispetto alla maggior parte degli altri Paesi, i trasporti pesano relativamente poco mentre energia elettrica, industria e costruzioni dominano le emissioni, coerentemente con quanto mostrato del grafico precedente.


    china_ghg-emissions-by-sector.jpg

    Quindi ciò che gonfia le emissioni è il peculiare modello di sviluppo cinese, in cui gli investimenti (prevalentemente industria ed edilizia) hanno un ruolo completamente sproporzionato (oltre il 40% del PIL) mentre il settore dei servizi è ancora molto arretrato. La scarsa efficienza sia della produzione industriale sia di energia elettrica aggrava enormemente il problema.
    Sono invece messi relativamente bene in termini di trasporti, con buoni trasporti pubblici e una spinta notevole sulla mobilità elettrica (anche a causa dei gravissimi problemi di smog).

    Questi elementi suggeriscono quindi che oltre alla componente meramente tecnologica nella riduzione delle emissioni cinesi moltissimo si giocherà sul destino del loro modello di sviluppo, estremamente squilibrato e profondamente iniquo, che sta mostrando segni di cedimento notevoli. La bolla speculativa del settore dell'edilizia gonfia non poco le emissioni e la sua esplosione potrebbe farle ridurre rapidamente nei prossimi anni.

    D'altro canto il tentativo del governo cinese di pompare ulteriormente il modello attuale alimentando ulteriori investimenti infrastrutturali (per lo più improduttivi) rischia di vanificare questo vantaggio, mentre il riequilibrio dell'economia a favore del settore dei servizi (e da investimenti a consumi finali), che è assolutamente indispensabile anche se il governo cinese si rifiuta di prenderlo in considerazione seriamente, potrebbe accelerare enormemente i tempi. Non si può nemmeno escludere uno scenario stile giapponese anni 90 con una prolungata recessione innescata dall'incapacità i gestire questi squilibri economici.

    Insomma i piani cinesi oltre ad essere piuttosto prudenti di per sé assumono una sostanziale continuità dal punto di vista economico, che non è né auspicabile né scontata.

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    Purtroppo l'articolo di Krugman non me lo fa leggere, mi avrebbe certamente interessato.
    Se qualcuno riesce a fare copia-incolla lo ringrazio molto
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  10. #30
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    Predefinito Re: La lunga strada verso le emissioni zero

    Visualizing Where the World's Solar Panels are Made

    China’s Dominance in the Solar Panel Supply Chain

    Many governments are investing in renewable energy sources like solar power, but who controls the manufacturing of solar photovoltaic (PV) panels?
    As it turns out, China owns the vast majority of the world’s solar panel supply chain, controlling at least 75% of every single key stage of solar photovoltaic panel manufacturing and processing.
    This visualization shows the shares held by different countries and regions of the key stages of solar panel manufacturing, using data from the International Energy Agency (IEA).
    Solar Panel Manufacturing, by Country and Stage

    From polysilicon production to soldering finished solar cells and modules onto panels, China has the largest share in every stage of solar panel manufacturing.
    Even back in 2010, the country made the majority of the world’s solar panels, but over the past 12 years, its average share of the solar panel supply chain has gone from 55% to 84%.
    China also continues to lead in terms of investment, making up almost two-thirds of global large-scale solar investment. In the first half of 2022, the country invested $41 billion, a 173% increase from the year before.
    Country/Region Solar Panel Demand Average Share of Solar Panel Manufacturing Capacity
    China 36.4% 84.0%
    Europe 16.8% 2.9%
    North America 17.6% 2.8%
    Asia-Pacific 13.2% 9.1%
    India 6.9% 1.3%
    Rest of the World 9.1% 0.8%
    Source: IEA
    Note: Percentages may not add up to 100% due to rounding

    After China, the next leading nation in solar panel manufacturing is India, which makes up almost 3% of solar module manufacturing and 1% of cell manufacturing. To help meet the country’s goal of 280 gigawatts (GW) of installed solar power capacity by 2030 (currently 57.9 GW), in 2022 the Indian government allocated an additional $2.6 billion to its production-linked incentive scheme that supports domestic solar PV panel manufacturing.
    Alongside China and India, the Asia-Pacific region also makes up significant amounts of solar panel manufacturing, especially modules and cells at 15.4% and 12.4% respectively.
    While Europe and North America make up more than one-third of the global demand for solar panels, both regions make up an average of just under 3% each across all stages of actually manufacturing solar panels.
    Too Little Too Late to Diversify?

    China’s dominance of solar photovoltaic panel manufacturing is not the only stranglehold the country has on renewable energy infrastructure and materials.
    When it comes to wind, in 2021 China built more offshore wind turbines than all other countries combined over the past five years, and the country is also the leading producer and processor of the rare earth minerals essential for the magnets that power turbine generators.
    In its full report on solar panel manufacturing, the IEA emphasized the importance of distributing global solar panel manufacturing capacity. Recent unexpected manufacturing halts in China have resulted in the price of polysilicon rising to 10-year highs, revealing the world’s dependence on China for the supply of key materials.
    As the world builds out its solar and wind energy capacity, will it manage to avoid repeating Europe’s mistakes of energy import overdependence when it comes to the materials and manufacturing of renewable energy infrastructure?
    https://themarketjourney.substack.com :
    economia, modelli, mercato, finanza

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