Ah sì, ci sarebbe anche la dòna al posto del torinesissimo (ma ammetto di averlo sempre sentito anch'io) fomna. Senza dimenticare il zio e zia al posto dei piemontesi barba e magna. In certe zone dell'Astigiano (vicino al Monferrato) hanno subito un po' di più queste contaminazioni. Un torinese DOC (tipo bon-anima 'd mè barba Meco) non li avrebbe mai usati e, in effetti, non li usava.
In compenso, mai tanto usato grand e granda per dire nonno e nonna, sempre nòno e nòna.
Maire, paire e fraire si riscontrano anche nell'area linguistica ligure, attualmente nei dialetti di tipo intemelio e roiasco ma nel genovese del XVI secolo si usavano ancora p(u)aire e m(u)aire e fraire, che poi hanno subito una sorta di crasi diventando puae, muae e frae (a un certo punto della loro storia le parlate liguri centrali hanno perso la "r" intervocalica di tipo uvulare, che si è conservata nell'Oltregiogo occidentale, in Valle Arroscia e nella zona di Albenga) quindi, probabilmente per effetto di una migrazione dalla Val Padana occidentale, hanno subito parecchie modificazioni fonetiche.
Ultima modifica di galinsog@; 15/04/2020 alle 10:34
Partendo dal genovese e dai dialetti liguri centrali (settore Noli-Moneglia) qualche parola di uso desueto:
madonnâa = nonna (ma nell'entroterra si usava più spesso "muae grande")
messiâa = nonno (nell'entroterra soprattutto "puae grande")
alantû (documentato anche nella forma arcaica "alantor") = una volta, un tempo, allora (avverbio di tempo).
Denâ = Natale (festività)
scimoea = risacca
armón = frutto e albero del corbezzolo
reíxa = radice
ranpunsci = raperonzolo (fiore e verdura selvatica).
Sugli italianismi non so quanti locutori genovesi (ormai anziani) utilizzino termini come tundu (piatto) o disnâ (pranzare) o desbarassâ (traslocare) ma penso proprio pochi, ormai si dice "piattu" e "pransà" e "traslocà"... forse qualcuno da queste parti sulle alture, di certo non in città... già Gilberto Govi negli anni '50 usava un genovese urbano parecchio italianizzante (e nelle commedie trasmesse in TV, dalla RAI, ripeteva spesso la frase o il concetto in italiano, ad uso dei "foresti").
Ultima modifica di galinsog@; 15/04/2020 alle 10:27
Esistono somiglianze tra il francese e il francoprovenzale e l'occitano ma è normale visto che sono zone confinante. Ma percorrendo questo 3D ho natato qualche somiglianza con i dialetti della lombardia e anche più ad Est mentre la parola italiana è un po più diversa. Ecco questi esempi:
Italiano
Dialetti Nord Italia
francese lamponi i frambus (MI)
i frambos (CO)framboises pomodori tumates (MI)
tumata (NO)tomates prosciutto cotto jambon (MI) jambon (cuit) topo ratupii (SO)
ratt (MB)rat carciofo articiocch (MI) artichaut grandine grela (NO) grêle caprone bech (SO) bouc peperoni pevron (NO) poivrons piovigine brusina (MI) bruine uovo of (SO) (TN) œuf pulito lustru (SO) lustré testicolo cuiun (MB) couille Sai ? setu ? (TV) sais-tu ? (si pronuncia setu, u
francese)bere trincar (VI) trinquer soffitto plafun (SO) plafond mela
melopom(m) (TN)
pomar (TN)pomme
pommierpatata pom da tera (MB) pomme de terre pranzo disnar (TN) diner (la sera) l’anno scorso l’an pasà (AA) l’an passé tappo buscion (MB) bouchon (si pronuncia quasi comme buscion) raccoglitore ad anelli classeur (CO) classeur
Praticamente tutti questi vocaboli con leggerissime modifiche li trovo anche nel ticinese, a parte il “trincar” che non mi sembra comune e il “setu?” che si inverte in “to-se?”. In ogni caso non si riesce a costruire il “sai?” come in italiano, ci vuole il pronome come in francese.
Poi ad esempio “pranzo” diciamo “discnà”che in francese è “déjeuner”.
Lou soulei nais per tuchi
Oggi ho visto un video girato a Palermo , presumo , in cui ancora si dice per macelleria " vucceria".
Mi sono ricordato di un vecchio manoscritto di metà settecento di uno storico locale di Lanciano , in cui la macelleria viene indicata " bucceria", ed il macellaio " buccere", termini oggi caduti in disuso.
Noto in entrambi i casi una assonanza col termine inglese
" butcher" = macellaio. Come pure in francese " boucher".
Caspita, è veroIn effetti è proprio evidente l'assonanza con l'inglese.
Comunque non è un caso secondo me. Oltretutto hai citato proprio il Settecento, e qui mi viene in mente un collegamento.
Guarda caso il nostro sommo poeta Leopardi (proprio di quel periodo) nella celeberrima "A Silvia" utilizza il verbo "rimembri". Bene, alcuni studiosi sostengono che non sia un caso che non abbia voluto usare il verbo "ricordi" (molto più diffuso, all'epoca, di "rimembrare" in italiano) prediligendo un "prestito" dall'inglese "remember".
Oltretutto Leopardi è stato fortemente influenzato anche dalla poesia romantica inglese del Settecento.
Des certitudes ? Il n'y en a qu'une: fièrement francophone.
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