PECHINO (Cina) – «Stanno uccidendo la nostra cultura con la censura», si legge su un sito cinese. «E ora come faccio a finire la tesi?», scrive uno studente. La rete comincia a ribollire: il popolo cinese rivuole Wikipedia. Dal 18 ottobre 2005 il sito web dell’enciclopedia è inaccessibile in parecchie province cinesi, compresa quella di Shanghai. Agli utenti che provano a collegarsi compare un messaggio di errore che si riferisce a non precisati problemi di collegamento. Ironia della sorte, il 19 ottobre era stato appena pubblicato il primo libro bianco sulla costruzione della democrazia politica in Cina. Ma al di lÃ* dei buoni proposti sorge prepotente il sospetto che le autoritÃ* temano i 12,2 milioni di articoli in cento lingue diverse presenti sull’enciclopedia condivisa, soprattutto per quanto concerne questioni “delicate” come il Tibet o Taiwan e ancor più per il fatto che è aperta a ogni tipo di contributo da ogni parte del mondo.
NESSUNA SPIEGAZIONE – Non ci sono state giustificazioni di questa ostruzione e ormai sono passate dieci settimane, fa notare GlobeandMail.com . Wikipedia era stata precedentemente bloccata dalle autoritÃ* cinesi in due diverse occasioni nel corso del 2004 a causa del dissidente contenuto politico, e ora gli animi si stanno scaldando. Ancora una volta la protesta nasce negli ambienti universitari, tra studenti e intellettuali, professori e ricercatori. A quasi diciassette anni dai fatti di Tiananmen, la Porta della Pace celeste, il ricordo dei carri armati dell’Esercito di liberazione del popolo che sparano sulla folla è ancora vivo e la censura su Wiki rievoca tristi ricordi, soprattutto tra gli studenti. Nel frattempo le misure governative non fanno che amplificare e confermare la popolaritÃ* della creatura di Jimmy «Jimbo» Wales (fondatore dell’enciclopedia condivisa): libera, ampliabile e modificabile da chiunque, Wiki sta diventando uno strumento essenziale per la conoscenza e non può che far paura ai nemici delle libertÃ*.
Emanuela Di Pasqua