Nostra intervista dopo il no alla devolution
«Lombardo-Veneto?
Un sogno possibile»
I risultati elettorali e referendari hanno posto una novitÃ*. Bocciata la «devolution», ci si è trovati a parlare di Lombardo-Veneto. A urne aperte, le due regioni si sono riconosciute lungo la medesima tendenza: sì al centro-destra, sì alla riforma costituzionale. Una eccentricitÃ* rispetto al resto del Paese. Da tale eccentricitÃ* è emersa dalle brume l’evocazione del Lombardo-Veneto.
Si dice che alla cena post-elettorale di Arcore, Umberto Bossi abbia parlato e Silvio Berlusconi abbia ascoltato l’ipotesi di dar vita ad una macroregione racchiusa dentro i confini dell’antica provincia asburgica. Una soluzione per rivitalizzare l’anima leghista, per rinsaldare l’asse Lega-Forza Italia, per riavviare su altra strada il discorso federalista.
Le reazioni sono state diverse. Il sindaco di Venezia Cacciari ha detto subito: «Non ha senso unire due regioni solo perché in quei territori hanno vinto Berlusconi e Bossi». Anche Follini e Tabacci dell’Udc hanno espresso scetticismo e perplessitÃ*: ma si sa, l’opinione dei due «pierini» della Casa delle libertÃ* non fa testo. I commentatori invece si sono divisi: c’è chi prima di esprimere un’opinione vorrebbe conoscere la proposta in modo più compiutamente articolato e c’è anche chi boccia tutto subito senza nessuna attesa.
Romano Bracalini, storico imprestato dal giornalismo, è il saggista che più di altri ha studiato ed ha approfondito le tesi di Carlo Cattaneo, il padre indiscusso dell’idea federalista italiana. «Se federalismo sarÃ*» dice, «questo partirÃ* dalla Lombardia e dal Veneto».
Il Lombardo-Veneto
Perché?
«Perché al di lÃ* de
Il Lombardo-Veneto
Perché?
«Perché al di lÃ* dei risultati elettorali- continua Bracalini - bisogna dire che la Lombardia e il Veneto possiedono dei caratteri che sono stati creati da comuni esperienze storiche. Perciò non confondiamo le cause con gli effetti. Il voto è il precipitato chimico di una condizione comune, di una medesima visione prospettica, di un identico modo di affrontare i problemi».
Quindi l’autonomia delle due regioni.
«Certo e in questo non vedo nulla di straordinario. GiÃ* Carlo Cattaneo un secolo e mezzo fa aveva intuito che se l’Italia doveva essere federale, il processo federalista doveva partire dalla Lombardia e dal Veneto. Queste regioni, che hanno vissuto fondamentali esperienze sociali e politiche - la repubblica diVenezia, il riformismo teresiano, il decentramento dei poteri - contengono nel loro dna costitutivo tutti i presupposti per garantire l’avvio positivo del processo federalista attraverso l’autonomia».
Quindi la formula «Lombardo-Veneto» va intesa come sintesi espressiva di un rinnovamento che non contiene nulla di nostalgico verso una realtÃ* che ora appartiene soltanto alla storia.
«È così», dice Bracalini. «Chi oggi parla di Lombardo-Veneto non intende assolutamente sostenere la ricostituzione di una realtÃ* politica e istituzionale che non c’è più. Sarebbe assurdo. L’impero austro-ungarico è caduto nel 1918 e l’Europa ha camminato da allora. Oggi si parla di Lombardo-Veneto per capirci, ma ci si riferisce ad un progetto che vede innanzitutto la concessione alle due regioni di maggiori autonomie e poi l’inizio del processo federalista».
Ma perché il processo federalista dovrebbe partire dalla Lombardia e dal Veneto e non invece da altre regioni. Oppure perché non partire contestualmente in tutto il territorio nazionale.
«Il treno si muove perché c’è il locomotore che traina. Il motore dell’Italia, sul piano produttivo ed economico, sta in Lombardia e nel Veneto: sono le regioni più avanzate, le regioni che hanno i maggiori rapporti con l’estero, che possono contare su strutture consolidate, che hanno banche operativamente attrezzate».
Se tutto ciò è vero perché, allora, si esita tanto e perché si contano così tante resistenze?
«Oggi le autonomie locali rappresentano la soluzione più funzionale per rendere maggiormente operativo il rapporto con la realtÃ* globalizzata. Più si allarga la piattaforma del confronto, più è necessario saper governare i microcosmi del sistema. Non a caso la Spagna, il Regno Unito, la Germania ampliano le responsabilitÃ* autonome. Soltanto in Italia vige una resistenza incredibile al decentramento, all’autonomia che non significa negazione dell’unitÃ* nazionale o - peggio - stravolgimento della nostra comune identitÃ*. L’autonomia è un’altra cosa. È maggiore responsabilitÃ*, maggior controllo amministrativo, maggiori consapevolezze civiche. Carlo Cattaneo, un secolo e mezzo fa, aveva capito - forse con troppo anticipo - come si sarebbe evoluto il processo di governo democratico. Per questo si batteva, ancor prima d’aver raggiunto l’unitÃ* nazionale, perché l’Italia nascesse giÃ* sotto il segno dell’unitÃ* e della federazione».
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Bocciata dagli esponenti del centrosinistra, la proposta è invece sostenuta a spada tratta dai leghisti. E dalla presidente di Assolombarda
Che sogno il “Lombardo-Veneto”
Cacciari: «Una proposta ridicola, non si possono fare maxiregioni così»
Venezia. Fa discutere la proposta di Umberto Bossi di tornare al Lombardo-Veneto dell’imperatore Francesco Giuseppe, attraverso una moderna fusione delle attuali due regioni. Per Paolo Giaretta, sottosegretario allo sviluppo economico ed esponente della Margherita è «l’ennesima tentazione per non affrontare i problemi del presente rifugiandosi in un improbabile futuro». «Si tratta dell’ennesima fuga in avanti della Lega - prosegue Giaretta - e certo non dubito che fasce non trascurabili dell’elettorato veneto possano rischiare di sentire il suono di questa sirena ma sarebbe un’altra favola da raccontare e non lo strumento per risolvere i problemi di queste aree produttive».
Dal canto suo, Massimo Cacciari è ancora più netto: «La proposta leghista di una fusione tra le regioni Lombardia e Veneto tirata fuori così, è semplicemente ridicola. È chiaro che nessuno può fare maxiregioni così». A meno che ci sia «un riassetto istituzionale complessivo per cui si vanno ad accorpare una serie di regioni sulla base di un disegno, di una strategia, e non certo sulla base di un risultato referendario».
Secondo Cacciari, un «riassetto federalistico del Paese, per funzionare bene, ha bisogno di una semplificazione e razionalizzazione del sistema sulla base di un discorso complessivo, di federalismo fiscale, di riforma costituzionale. Tirarla fuori così, semplicemente nel Lombardo e nel Veneto dove Berlusconi e Bossi hanno vinto il referendum, e vinto per modo di dire, è comico».
Sulla stessa linea anche Maurizio Fistarol, bellunese e parlamentare della Margherita: «Non sono pregiudizialmente contrario al progetto di macroregione ma credo ancora una volta, come in altri casi, che la Lega stia solo estraendo dal cappello l'ennesimo coniglio per stupire, per trovare una nuova parola d'ordine. Ragioniamo pure di macroregioni, ma allora facciamolo seriamente non per un puro calcolo politico». E liquida il tutto come una boutade propangandistica per tenere il palcoscenico della politica. «Mi sfuggono i benefici che deriverebbero da un tale progetto - spiega Fistarol - Lombardia e Veneto sono due potenze dal punto di vista economico e, se talvolta non sono potenze politiche, è solo per loro responsabilitÃ*».
«Non mi sembra una cosa seria...». Il deputato dell'Udc, Bruno Tabacci, ex presidente della Regione Lombardia, ha liquidato la questione con poche parole.
Naturalmente, dal versante della Lega giungono applausi all’idea di Bossi. «È scritto nella storia che la Lombardia e il Veneto possono essere un’unica grande regione, ed è un percorso da seguire per ottenere quelle autonomie previste dalla Costituzione che il centralismo romano, per una serie di motivi legati alla conservazione del potere, ha negato da sempre». Lo afferma Giampaolo Gobbo, sindaco di Treviso, tra i leader indiscussi e storici della Lega Nord: «La storia si ripete - dice Gobbo - non c’è nulla di nuovo». «Dal punto di vista politico - rileva - la Lega è nata proprio alla ricerca dell’autonomia di queste due regioni, se da soli non si va da nessuna parte è giusto farlo in due come ha fatto il nostro movimento». «Dal punto di vista pratico - avverte Gobbo - non si tratta di pensare ad una fusione a detrimento delle diverse realtÃ*; ricordo che la Serenissima andava dall’Istria e la Dalmazia fino al bergamasco senza che vi fossero attriti».
«Rifare il Lombardo -Veneto è l'ennesima e ultima trovata della Lega Nord, che, dopo la batosta presa con il Referendum costituzionale, adesso cerca di ringalluzzire il suo corpo elettorale, spingendo sul tasto dell'autonomia in salsa secessionista». Ne è convinto Pino Sgobio, capogruppo dei Comunisti Italiani alla Camera dei Deputati. «Con questa malsana e inutile idea - continua Sgobio - ritorna in auge l'idea leghista di voler giocare a sfasciare l'Italia, distruggendo il valore unitario del Paese e instaurando l'egoismo economico come vero cardine sociale su cui puntare una ipotetica riorganizzazione statale: tutto ciò, oltre che dannoso, sarebbe pericoloso e deleterio».
Gli risponde per le rime Stiffoni: «Se tutti i parlamentari fossero come Pino Sgobio, che non conosce neanche la riforma costituzionale del 2001, a quest'ora avremmo Kim Jong Sun in ogni angolo delle nostre case». Secondo Stiffoni, quelle del comunista sono affermazioni “paradossali”: il progetto indicato da Bossi è praticabile, perché «è contemplato nella riforma costituzionale varata nel 2001 dal governo di centrosinistra di cui egli scaldava qualche poltroncina».
Maurizio Gasparri, di Alleanza Nazionale, boccia l’idea seccamente: «Francamente non mi sembra una cosa utile e saggia. Si tratta di formule, queste delle macroregioni, rese possibili dal titolo V approvato dall’Unione che come abbiamo detto in campagna elettorale è pericoloso per il paese».
Ma c’è chi ha visioni anche più larghe: «Il Lombardo - Veneto ha rappresentato per il Nord Italia una fase storica. Io penso che si debba fare un discorso su una fascia più allargata, che vada dalla Liguria e dal Piemonte al Friuli Venezia Giulia. In questo senso si potrebbe parlare di forti sinergie che partano da queste regioni che sono un traino dello sviluppo e dell'economia per andare a vantaggio del Paese Italia». Parola del presidente di Assolombarda, Diana Bracco.
Ma non è la sola a pensarla così: la proposta leghista di una fusione tra le regioni Lombardia e Veneto, purché inquadrata nel percorso costituzionale, potrebbe essere una risposta plausibile alla «questione del Nord» e coinvolgere anche il Friuli - Venezia Giulia. È l’opinione di Angelo Moioli, professore di Storia economica all'UniversitÃ* degli Studi di Milano.
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Della serie: questo sì che è un passo avanti. E quello successivo quale sarÃ*? La ricostituzione del sacro romano impero? Il regno sumero di Mesopotamia?Originariamente Scritto da verza81
Maurizio
Rome, Italy
41:53:22N, 12:29:53E
fatalitÃ* tutte le nazioni più avanzate (usa-regno unito-germania-spagna-francia...) hanno una grande autonomia locale...
perchè qua no?
mah...
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Olè, torniamo alle guerre di Indipendenza!
Ridicoli, ormai non san più che pesci pigliare.
l'impero Inca?Originariamente Scritto da Jadan
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Villar Perosa, B.ta Casavecchia (TO) 630 m
Villanova C.se (TO) 376 m slm
a me farebbe schifo il lombardo-veneto
non abbiamo nulla da spartire![]()
Il Granducato del Righi, ovvio !Originariamente Scritto da Jadan
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infatti, meglio ancora sarebbe la Repubblica marinara di VeneziaOriginariamente Scritto da Prosecco DOC
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potresti andare a Seborga giusto per sapere come funziona il tutto,loro ci sono giÃ* passati e sapranno darti ottimi consigli!Originariamente Scritto da Gdr
oltretutto Seborga non è nemmeno troppo distante da Righi,potrebbe uscirne un gemellaCCio.![]()
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Ci vuole l'Atlantico!
"Per quanto io sia paziente di perturbata con clacson a prescindere, tu mi hai veramente ovombolato il cipollotto aspergicato." Ciao Tub!
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