Kabul, l’Unione rischia
Parisi: «Se la maggioranza viene meno si torna alle urne»
Roma. Sul rifinanziamento della missione in Afghanistan nell’Unione la tensione è altissima. La maggioranza, alla vigilia del consiglio dei ministri che darÃ* il via libera al decreto - necessario per stanziare i fondi urgenti - ed esaminerÃ* il disegno di legge che consentirÃ* di non ricorrere periodicamente ai decreti, è ancora in bilico. E mentre da Palazzo Chigi è partita la mediazione del sottosegretario Ricardo Levi per cercare di convincere gli otto «dissidenti» a fare marcia indietro ed evitare una grave frattura, è arrivato il monito del ministro della Difesa. «Se la maggioranza di centrosinistra venisse meno sull’Afghanistan - ha detto chiaro e tondo Arturo Parisi, ai pacifisti che nei giorni scorsi aveva cercato di rassicurare - sarebbe necessario tornare alle urne e sciogliere il Parlamento». D’altra parte Prodi è contrario a ricorrere al voto di fiducia in Parlamento - dove il provvedimento approda a metÃ* luglio - come pure ad accettare il soccorso dell’Udc: sulla politica estera vuole che la maggioranza sia autosufficiente. Da Mosca intanto, dove ha partecipato alla riunione dei ministri degli Esteri del G8, anche Massimo D’Alema ha messo in guardia i ribelli: «È in gioco la credibilitÃ* della maggioranza». Il ministro degli Esteri ha spiegato che «il governo non può che contare su una maggioranza parlamentare». Per quanto riguarda la possibilitÃ* che parlamentari dell’opposizione (vedi Udc) votino a favore per il capo della nostra diplomazia è «normale».
Un parlamentare infatti deve (o dovrebbe) votare per i provvedimenti che ritiene giusti. In ogni caso, «è positivo un consenso più ampio» in Parlamento, ma «la maggioranza politica non può che contare su una maggioranza parlamentare anche nelle scelte di politica estera». Quanto ai dissidenti, D’Alema ha detto di nutrire «il più grande rispetto per posizioni che nascono da ragioni di coscienza», ma ritiene che questa situazione debba essere «oggetto di una riflessione».
È intervenuto anche il ministro della Giustizia. Clemente Mastella ha scritto ai “ribelli” pacifisti che minacciano la crisi per stigmatizzare il loro grave «errore politico». «Cari amici - ha scritto il leader dell’Udeur - comprendiamo e abbiamo rispetto per le posizioni personali, ma non le condividiamo». Poi l’avvertimento: «Rischiate il disastro».
I «ribelli» dell’ala radicale e pacifista (Prc, Pdci e Verdi) smentendo gli accordi raggiunti dalle segreterie, hanno minacciato di votare contro il decreto e insistono nel chiedere un forte segnale di discontinuitÃ* con il governo Berlusconi e discutere di una strategia per lasciare Kabul. E anche se l’Unione rischia la frattura, è probabile che fino all’ultimo manterranno le loro riserve cercando di ottenere qualcosa in più. Anche se il capogruppo dei Verdi Angelo Bonelli, nell’incontro a Palazzo Chigi, ha assicurato a Levi il forte senso di responsabilitÃ* del partito di Pecoraro Scanio. «Non possiamo cambiare governo e maggioranza, ma occorre trovare una sintesi con il movimento pacifista».
Dal sito del Ministero degli Affari esteri. L’Italia in Afghanistan ha avuto «una rilevante dimensione militare con la partecipazione all'operazione Enduring Freedom, soprattutto tramite la missione della Task Force Nibbio (circa 1000 uomini), tra il 2002 e il 2003». Inoltre la partecipazione alla missione Isaf dell’Onu: «L'Italia contribuisce con circa 450 militari alla missione, tuttora in corso a Kabul e passata sotto comando Nato dall'agosto 2003. Dal 2001 il governo italiano ha speso quasi 650 milioni di Euro».
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