
Originariamente Scritto da
il buon Neofita
Su un tavolino sghembo, in un giardino, all'ombra di una vecchia vigna da poco potata, giocano a scacchi due uomini, uno anziano e l'altro più giovane.
Uno indossa mocassini di pelle nera, eleganti pantaloni ed una giacchetta di velluto con bottoni neri lucidi e quasi brillanti.
Pochi capelli bianchi, una rete di rughe in viso ed uno sguardo carico di esperienza e storia.
Comanda i neri.
L'altro uomo non ha scarpe: indossa sandali usati, brache più volte rattoppate su uno stesso punto ed una camicia azzurra senza qualche bottone.
Ha una barba posticcia un po' disordinata ed una sigaretta, prossima ad essere un mozzicone.
Occhi brillanti, grandi ed attenti.
Comanda i bianchi.
La scacchiera è splendida: caselle di marmi diversi lucidi e lettere dorate.
Le pedine sono già ben sparpagliate nella scacchiera, la partita è iniziata già da parecchio.
Il re nero ed altre figure nere sono mancanti di alcuni dettagli: al re manca la croce sulla corona, un cavallo è senza testa ed un alfiere è senza il nobile elmo.
Le pedine nere sono in legno.
Mentre le pedine bianche sono tutte di marmo, limpide e bellissime.
L'uomo anziano è irrequieto, tortura continuamente con una mano uno dei bottoni della giacchetta di velluto, mentre con l'altra stringe uno dei suoi pedoni di legno da poco persi.
L'uomo più giovane invece pare immobile: l'unico movimento è il fumo denso, pesante e lento che sgorga dal mozzicone.
Spesso l'uomo anziano si osserva attorno piuttosto spaesato.
Il giardino è piuttosto incolto ed abbandonato, c'è un tentativo di ordine con delle aiuole, ma le verdure sono cresciute abbondanti e liberamente e si son così mescolate alle erbe selvatiche che proliferano tutt'intorno.
Grossi fichi crescono goffamente tutt'attorno alla vigna, che pare essere l'unica pianta dotata di ordine.
E' ormai fine Ottobre, fa caldo ancora per quel tempo: l'estate ha voluto perdurare.
Numerose le foglie pronte a cadere, lente ed assonnate le nubi arrancano nel cielo.
La terra è umida: di notte è piuttosto fresco nonostante che insista un sole più estivo che autunnale.
Una cosa è certa: l'uomo anziano ha paura.
La sua condizione è nobile: ha tutto, ma ha paura.
L'uomo più giovane è forte con i cavalli.
Movimento doppio, acuto.
E' una mossa: un alfiere nero, di legno e storpiato attraversa l'intero campo, trascinato, quasi tirato a forza dalla scheletrica ed appassita mano dell'anziano, con questo errore scatta il ragionamento finale dell'uomo più giovane e dura il tempo che una foglia di fico cada dal suo ramo e s'adagi per terra: il cavallo, guidato dalla fiera mano compie tre caselle in avanti poi viene accomodato a destra di una: è scacco matto.
E' il silenzio.
Quiete estrema.
Nessun uccello canta più, nessuna foglia s'accartoccia più, la brezza trattiene il fiato.
Poi un frastuono: una foglia con uno schianto si stacca dal ramo e danza fino a terra provocando un leggero suono di contingenze.
E' un attimo, un frangente: l'uomo anziano china la testa in avanti e il suo corpo la segue: s'accascia su se stesso e, come la foglia, il suo bel vestito in un rumore vellutato di contingenze si accartoccia.
L'uomo è morto.
Infine l'altro spegne il mozzicone sulla scacchiera di marmo, corrompendola e rovinandola; si alza e se ne va.
Scritto dopo aver letto un testo di Nietzsche, dopo un sogno.


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