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  1. #1
    Burrasca L'avatar di digitos
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    Predefinito [Politica] Analisi perfetta (per me)

    di Luca Ricolfi (La Stampa)

    Un anno fa, in piena campagna elettorale, quando i conti erano ancora in profondo rosso, il centro-sinistra aveva promesso la riduzione del cuneo fiscale a lavoratori dipendenti e imprese entro un anno (10 miliardi di euro), l’abolizione del cosiddetto scalone (9 miliardi di euro) e soprattutto di non aumentare le tasse. Invano alcuni studiosi avevano fatto notare che nella migliore delle ipotesi si poteva sperare di aumentare i salari più bassi e che il primo problema di un eventuale governo di centro-sinistra sarebbe stato il debito occulto delle grandi opere (più di 10 miliardi all’anno secondo i calcoli dell’Osservatorio del Nord-Ovest). Questo succedeva fra gennaio e marzo del 2006, quando ancora pochissimo si sapeva del favorevole (e imprevisto) gettito fiscale di quegli stessi mesi.

    Poi, ad aprile, l’Unione vince le elezioni e fa mostra di scoprire - improvvisamente - che la situazione dei conti pubblici è drammatica, e quindi tutte le promesse vanno riviste (o «rimodulate», come piace dire ai politici quando non hanno il coraggio di raccontarci la verità). Il governo incarica un’apposita Commissione di fare luce sullo stato dei nostri conti: è la famosa due diligence, che dovrebbe mettere a nudo la catastrofica eredità di Tremonti. E qui succede qualcosa di davvero notevole, mentre i quotidiani si riempiono di titoli che sottolineano il «boom delle entrate fiscali».

    La Commissione e il governo, anziché rivedere in senso ottimistico le previsioni sul deficit ereditate da Tremonti (3.8% del Pil), fanno esattamente il contrario e le rivedono in senso pessimistico: secondo la relazione finale presentata al ministro dell’Economia, il deficit del 2006 non si sarebbe fermato al 3.8% ma sarebbe salito a un livello compreso fra il 4.1% e il 4.6% (ora sappiamo che, alla fine della storia, il deficit del 2006 risulterà appena del 2.4%, al netto delle una tantum).

    Questa visione, inspiegabilmente pessimistica, viene pienamente recepita nel Documento di programmazione economica di luglio, e fornisce la base per la «stangata» che attende gli italiani con la Finanziaria del 2007. Poiché le divisioni della maggioranza non consentono di incidere in modo apprezzabile sulla spesa pubblica né di ridurre gli sprechi, e inoltre ogni ministro reclama risorse per le proprie politiche, comincia il grande dietro-front: il problema pensioni viene accantonato, la riduzione del cuneo fiscale alle imprese viene attenuata e dilazionata (sarà a regime solo nel 2008), i famosi 350 euro in più in busta paga affluiscono nelle tasche di appena 1 lavoratore su 4, la pressione fiscale complessiva aumenta. A gennaio di quest’anno, di fronte a un boom delle entrate che continua, quasi tutti hanno capito che con la Finanziaria 2007 si è esagerato e che la pressione fiscale è stata portata a un livello pericoloso, che rischia di strangolare quel poco di ripresa che il 2006 ha regalato all’Italia. Nonostante tutto ciò, e a scanso di equivoci, il ministro dell’Economia non perde occasione per ribadire che di riduzione della pressione fiscale non si parla prima del 2009.

    Ma non è finita. Tra febbraio e marzo i nostri governanti cambiano di nuovo idea: forse abbiamo esagerato, forse abbiamo spremuto un po’ troppo gli italiani. C’è un bonus fiscale, ci sono quattrini da ridistribuire (una decina di miliardi). Nel giro di pochi giorni sul tavolo del governo affluisce ogni genere di richiesta, compresa quella di abolire l’Ici sulla prima casa. Un provvedimento tutt’altro che insensato, ma che appena un anno prima - annunciato da Berlusconi in chiusura della sua campagna elettorale - era stato oggetto di un impressionante fuoco di sbarramento, con la Cgil che dichiarava che avrebbe favorito «ancora una volta i ricchi» e Prodi che, con il consueto fair play, si appellava all’intelligenza degli italiani: «Gli elettori non crederanno mica alle balle».

    A questo punto della storia la rotta è di nuovo cambiata. Grazie all’ipotesi di abolizione dell’Ici si ricomincia a parlare di riduzione delle tasse, forse già dal 2007. Nessuno si sbilancia più di tanto, ma il tabù è caduto. Persino il ministro Padoa-Schioppa, che fino a poche settimane fa escludeva qualsiasi riduzione delle aliquote prima del 2009, prende ora in seria considerazione l’ipotesi di ridurre le imposte sulle imprese, per favorire lo sviluppo e attrarre investimenti stranieri. Niente più abolizione della tassa sulla casa (Ici), dunque, ma riduzione progressiva dell’imposta sulle società (Ires), una delle più alte dell’eurozona.

    Non passano ventiquattro ore da queste caute aperture del ministro dell’Economia e il presidente del Senato non resiste alla tentazione di dire anche lui la sua: le tasse vanno sì ridotte (ma non le avevate appena aumentate?), e tuttavia non basta farlo per le imprese, occorre farlo anche per le famiglie. Domani, con quasi tre mesi di (ulteriore) ritardo sugli impegni presi a suo tempo, partirà il cosiddetto «tavolo sulle pensioni», che doveva finire i suoi lavori alla fine di marzo (per i dettagli vedi la nuova rubrica «Conto alla rovescia» a pagina 35). Vedremo quali altre sterzate ci attenderanno nelle prossime settimane, anche in vista delle elezioni amministrative di maggio (più di 10 milioni di cittadini al voto).

    Il governo, naturalmente, ha tutto il diritto di decidere su che rotta vuole condurre la barca dell’Italia. Può fare come la Merkel (caute riforme del Welfare più sgravi fiscali alle imprese), può fare come ha fatto fin qui (più tasse e più spese), può fare come aveva promesso (riforme, meno sprechi, meno tasse), può persino inventarsi una politica economica completamente nuova. Però deve dircelo, deve farci capire dove siamo diretti. Non soltanto perché, dopotutto, è ai cittadini che un governo risponde, ma perché l’incertezza, i segnali contraddittori, i falsi annunci, il continuo dire e contraddire, fare e disfare - insomma questo continuo governare a zig-zag - danneggiano l’economia del Paese e deprimono il morale delle persone.



  2. #2
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    Predefinito Re: [Politica] Analisi perfetta (per me)

    Citazione Originariamente Scritto da digitos Visualizza Messaggio
    di Luca Ricolfi (La Stampa)

    Un anno fa, in piena campagna elettorale, quando i conti erano ancora in profondo rosso, il centro-sinistra aveva promesso la riduzione del cuneo fiscale a lavoratori dipendenti e imprese entro un anno (10 miliardi di euro), l’abolizione del cosiddetto scalone (9 miliardi di euro) e soprattutto di non aumentare le tasse. Invano alcuni studiosi avevano fatto notare che nella migliore delle ipotesi si poteva sperare di aumentare i salari più bassi e che il primo problema di un eventuale governo di centro-sinistra sarebbe stato il debito occulto delle grandi opere (più di 10 miliardi all’anno secondo i calcoli dell’Osservatorio del Nord-Ovest). Questo succedeva fra gennaio e marzo del 2006, quando ancora pochissimo si sapeva del favorevole (e imprevisto) gettito fiscale di quegli stessi mesi.

    Poi, ad aprile, l’Unione vince le elezioni e fa mostra di scoprire - improvvisamente - che la situazione dei conti pubblici è drammatica, e quindi tutte le promesse vanno riviste (o «rimodulate», come piace dire ai politici quando non hanno il coraggio di raccontarci la verità). Il governo incarica un’apposita Commissione di fare luce sullo stato dei nostri conti: è la famosa due diligence, che dovrebbe mettere a nudo la catastrofica eredità di Tremonti. E qui succede qualcosa di davvero notevole, mentre i quotidiani si riempiono di titoli che sottolineano il «boom delle entrate fiscali».

    La Commissione e il governo, anziché rivedere in senso ottimistico le previsioni sul deficit ereditate da Tremonti (3.8% del Pil), fanno esattamente il contrario e le rivedono in senso pessimistico: secondo la relazione finale presentata al ministro dell’Economia, il deficit del 2006 non si sarebbe fermato al 3.8% ma sarebbe salito a un livello compreso fra il 4.1% e il 4.6% (ora sappiamo che, alla fine della storia, il deficit del 2006 risulterà appena del 2.4%, al netto delle una tantum).

    Questa visione, inspiegabilmente pessimistica, viene pienamente recepita nel Documento di programmazione economica di luglio, e fornisce la base per la «stangata» che attende gli italiani con la Finanziaria del 2007. Poiché le divisioni della maggioranza non consentono di incidere in modo apprezzabile sulla spesa pubblica né di ridurre gli sprechi, e inoltre ogni ministro reclama risorse per le proprie politiche, comincia il grande dietro-front: il problema pensioni viene accantonato, la riduzione del cuneo fiscale alle imprese viene attenuata e dilazionata (sarà a regime solo nel 2008), i famosi 350 euro in più in busta paga affluiscono nelle tasche di appena 1 lavoratore su 4, la pressione fiscale complessiva aumenta. A gennaio di quest’anno, di fronte a un boom delle entrate che continua, quasi tutti hanno capito che con la Finanziaria 2007 si è esagerato e che la pressione fiscale è stata portata a un livello pericoloso, che rischia di strangolare quel poco di ripresa che il 2006 ha regalato all’Italia. Nonostante tutto ciò, e a scanso di equivoci, il ministro dell’Economia non perde occasione per ribadire che di riduzione della pressione fiscale non si parla prima del 2009.

    Ma non è finita. Tra febbraio e marzo i nostri governanti cambiano di nuovo idea: forse abbiamo esagerato, forse abbiamo spremuto un po’ troppo gli italiani. C’è un bonus fiscale, ci sono quattrini da ridistribuire (una decina di miliardi). Nel giro di pochi giorni sul tavolo del governo affluisce ogni genere di richiesta, compresa quella di abolire l’Ici sulla prima casa. Un provvedimento tutt’altro che insensato, ma che appena un anno prima - annunciato da Berlusconi in chiusura della sua campagna elettorale - era stato oggetto di un impressionante fuoco di sbarramento, con la Cgil che dichiarava che avrebbe favorito «ancora una volta i ricchi» e Prodi che, con il consueto fair play, si appellava all’intelligenza degli italiani: «Gli elettori non crederanno mica alle balle».

    A questo punto della storia la rotta è di nuovo cambiata. Grazie all’ipotesi di abolizione dell’Ici si ricomincia a parlare di riduzione delle tasse, forse già dal 2007. Nessuno si sbilancia più di tanto, ma il tabù è caduto. Persino il ministro Padoa-Schioppa, che fino a poche settimane fa escludeva qualsiasi riduzione delle aliquote prima del 2009, prende ora in seria considerazione l’ipotesi di ridurre le imposte sulle imprese, per favorire lo sviluppo e attrarre investimenti stranieri. Niente più abolizione della tassa sulla casa (Ici), dunque, ma riduzione progressiva dell’imposta sulle società (Ires), una delle più alte dell’eurozona.

    Non passano ventiquattro ore da queste caute aperture del ministro dell’Economia e il presidente del Senato non resiste alla tentazione di dire anche lui la sua: le tasse vanno sì ridotte (ma non le avevate appena aumentate?), e tuttavia non basta farlo per le imprese, occorre farlo anche per le famiglie. Domani, con quasi tre mesi di (ulteriore) ritardo sugli impegni presi a suo tempo, partirà il cosiddetto «tavolo sulle pensioni», che doveva finire i suoi lavori alla fine di marzo (per i dettagli vedi la nuova rubrica «Conto alla rovescia» a pagina 35). Vedremo quali altre sterzate ci attenderanno nelle prossime settimane, anche in vista delle elezioni amministrative di maggio (più di 10 milioni di cittadini al voto).

    Il governo, naturalmente, ha tutto il diritto di decidere su che rotta vuole condurre la barca dell’Italia. Può fare come la Merkel (caute riforme del Welfare più sgravi fiscali alle imprese), può fare come ha fatto fin qui (più tasse e più spese), può fare come aveva promesso (riforme, meno sprechi, meno tasse), può persino inventarsi una politica economica completamente nuova. Però deve dircelo, deve farci capire dove siamo diretti. Non soltanto perché, dopotutto, è ai cittadini che un governo risponde, ma perché l’incertezza, i segnali contraddittori, i falsi annunci, il continuo dire e contraddire, fare e disfare - insomma questo continuo governare a zig-zag - danneggiano l’economia del Paese e deprimono il morale delle persone.


    Se lo sapessero te lo direbbero, ma loro lo sanno? E poi loro chi (Unione politica ma non Unione di intenti)?
    La tua mi sembra un'analisi abbastanza realistica!

  3. #3
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    Predefinito Re: [Politica] Analisi perfetta (per me)

    Citazione Originariamente Scritto da giami Visualizza Messaggio
    Se lo sapessero te lo direbbero, ma loro lo sanno? E poi loro chi (Unione politica ma non Unione di intenti)?
    La tua mi sembra un'analisi abbastanza realistica!
    Magari riuscissi a fare un'analisi così...è di Luca Ricolfi, editorialista de La Stampa.


  4. #4
    Tempesta violenta L'avatar di Tex
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    Predefinito Re: [Politica] Analisi perfetta (per me)

    Molto accorta,moderata e sensibile,come le analisi di 2-4 anni fa.
    ...when the night has come
    and the land is dark
    and the moon is the only light we'll see...

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