Non abbiamo mai ricevuto un euro dalle raccolte di fondi a favore delle vittime dell'uranio impoverito che sono state e vengono tuttora promosse in televisione. A parlare, a GrNews.it, è Lorena Di Raimondo, vedova di Alberto Di Raimondo, militare di Lecce, deceduto nell'ottobre del 2005 a 26 anni a causa di un linfoma in seguito ad una missione nei Balcani.
Quello che non sopporto, aggiunge - è che qualcuno utilizzi le nostre storie per farsi pubblicità. Per me queste persone che vanno in tv per fare appelli non sembrano persone serie quando dicono che aiuteranno le vittime dell'uranio economicamente. Con questo non voglio dire che non sia positiva la denuncia e il fatto che se ne parli, ma ci sono modi e modi per denunciare. Speculare sui malati e sui familiari delle vittime non penso sia decoroso.
Lorena sta aspettando che il ministero della Difesa riconosca la causa di servizio al marito. Aveva presentato una prima domanda nell'ottobre del 2005, ma al ministero tutta la documentazione era stata smarrita e ha quindi ripresentato, scongiurando nuovi intoppi, l'istanza nel gennaio scorso.
In questi anni spiega la vedova lo Stato ci ha solo rimborsato le spese sostenute per i viaggi da un ospedale all'altro. Siamo qui che aspettiamo che venga fatta giustizia e chiediamo allo stesso tempo di non essere strumentalizzati per fini commerciali.
A confermare quanto detto da Lorena, un'altra vittima da possibile contaminazione da uranio, il capitano dell'Esercito Carlo Calcagni, per lui tre missioni nei Balcani, ed ora un calvario continuo tra ospedali, terapie quotidiane e legali per far valere i suoi diritti.
Strumentalizzare la nostra malattia - spiega l'ufficiale - è indecente. Noi non vogliamo l'elemosina da nessuno, ma allo stesso tempo alcune affermazioni dovrebbero essere corrette, dal momento che oltre al sottoscritto, che lotta dal 2002, nessuna delle famiglie dei caduti e degli ammalati di mia conoscenza ha ricevuto da parte di chicchessia alcuna forma di aiuto materiale. Per quanto mi riguarda ho speso fino ad oggi, di tasca mia, oltre 50.000 euro per cure, visite specialistiche e trasferte, senza ricevere l'aiuto da nessuno. Le chiacchiere non servono a nessuno, tantomeno ai chi sta male.
"Intanto - denuncia Francesco Palese, direttore editoriale di Gnews.it, che conduce un inchiesta sul tema - la segreteria delle commissioni mono e bicamerali di inchiesta ci nega la visione della documentazione relativa ai costi della commissione sull'uranio."
"Essendo una commissione del Senato della Repubblica - aggiunge Palese - riteniamo che sia un nostro diritto, e dei familiari delle vittime, sapere come vengono spesi i nostri soldi. Ci auguriamo quindi che alla nostra formale richiesta, di molti giorni fa, seguano delle risposte concrete, convinti che nessuno abbia nulla da nascondere."

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