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Un giorno a Palermo, la splendida
Arriviamo a Palermo intorno alle dieci.
Io, mio cugino Saverio e Angelo, un amico lodigiano di origini salernitane a cui vogliamo far vedere la città, scendiamo dal treno.
Fa caldo, ma non sembra eccessivo.
Saverio, malgrado abbia visto più volte la città, non si vuol fare scappare la novità del piccolo autobus per turisti.
Lo prendiamo, e ammiriamo dall'alto dell'autobus(che ha un nome che mi sfugge in continuazione)la città.
Balza subito all'occhio, mentre il sole inonda coi suoi raggi potenti di luce il capoluogo e il caldo aumenta, il traffico caotico di Palermo. I motorini sfrecciano ovunque, il suono dei clacson è assordante, è un continuo viavai di ambulanze e sirene della polizia.
Passiamo davanti a Palazzo D'Orleans, e da Porta Nuova, che ad Angelo piacciono molto. Gli racconto l'aneddoto che circola su un'espressione palermitana, la cui veridicità non ho mai verificato: "Sì talmente coinnutu ca non ci passi sotto Puoitta Nuova". Passo dunque a spiegargli la ricchezza delle metafore palermitane, spesso molto colorite.
Peccato avere poco tempo a disposizione: alle cinque vorremmo essere di nuovo a Capo D'Orlando.
Si suda. Avverto Angelo che fra poco rimarrà impressionato dalla magnificenza della Cattedrale, e consiglio ad entrambi di scendere.
Ecco apparire all'orizzonte la Cattedrale, con la sua imponenza e la koinè di stili che la contraddistinguono.
Si scende, e frotte di turisti percorrono la piazza antistante.
Visitiamo la Cattedrale, e proseguiamo a piedi verso i Quattro Canti e Piazza della Vergogna(o Pretoria, fate voi).
La strada è piena di librerie di ogni tipo, ma purtroppo balzano all'occhio i palazzi fatiscenti, seppur antichi e bellissimi. Ho un senso di nausea a vedere tutto questo dopo aver ammirato la Cattedrale: come facciamo a non accorgerci che questi palazzi sono stupendi?
Più tardi percorriamo via Maqueda. Il caldo aumenta sempre più, il sole brucia, scotta, e i monti che circondano Palermo, col loro giallo, non fanno che aumentare la sensazione di sofferenza. Ad un tratto arriva sfrecciando una motoape con due tizi che urlano al mio capelluto cugino: "RICCARDO COCCIANTE!!!!!!!!!!!!"...invito a Saverio a non sconvolgersi: Palermo è anche questo, anche se devo ammettere che da messinese abituato al fatto che nessuno ti dia confidenza senza un motivo anch'io sono un pò interdetto.
Finalmente arriviamo al Teatro Massimo. Angelo non si aspettava un monumento così bello, e si intontisce diversi minuti a guardarlo. Prendiamo un caffè, e il suo sapore ci accompagna verso il Politeama(nel frattempo non siamo riusciti a riacciuffare il pullmino perchè non si è fermato davanti al Massimo, chissà perchè). Alcune persone, vedendoci smarriti, ci danno informazioni di loro spontanea volontà, e sono gentilissimi. Palermo è questa: in alcuni punti sembra Parigi, in altre Marrakesh, alcune persone sono la quintessenza della gentilezza(a Messina chi mai ti avrebbe aiutato a trovare la strada spontaneamente?), altre sono di tutt'altra pasta, come vediamo da alcuni ragazzini intenti a minacciarsi con espressioni impronunciabili o da qualcuno che si insulta in modo pesante in automobile.
Il fascino della città-lo riconosce anche Angelo, che comunque non si scandalizza più di tanto perchè conosce bene Napoli, che giudica più caotica(e infatti il paragone mi è sempre sembrato azzardato)-è questo.
Riacciuffiamo il pullmino e arriviamo nei pressi della Focacceria San Francesco, dove gustiamo delle "arancine"ottime e mio cugino fa incetta di pani cà mìeusa, mentre Angelo si accontenta di un arancino e un calzone.
Usciamo, percorrendo vicoli pieni di spazzatura e presidiati dalla polizia.
Riaffiora la domanda: perchè? Ci sono angoli stupendi a Palermo seminascosti, e non basterebbe un mese a visitarli tutti(uno per tutti, la Kalsa, che però non abbiamo il tempo di vedere). Arriviamo a via Roma, e torniamo a Piazza Pretoria. Lì l'"autista"di una carrozza destinata ai turisti cerca di inseguire dei turisti con un inglese improbabile: "Sùarri!Sùarry!".
O, voleva dire "Sorry". Un altro tizio, gentilissimo, ci aiuta a ritrovare la strada per la stazione.
Angelo guarda con interesse a questi chiaroscuri di Palermo è ricca(anche se, concordiamo, sarebbe meglio se ci fossero più chiari). Alla stazione ci sediamo sulla panca caldissima, mentre l'odore del mare arriva soprendentemente assieme alla brezza.
Tanto altro abbiamo fatto a Palermo, ma non me lo ricordo.
Resta però nella mente la vista della città con Monte Pellegrino dopo Terrasini, le case fatiscenti accanto ai palazzi imponenti e curatissimi, lo squallore di alcuni angoli e lo splendore di altri, il fare prepotente di alcuni e la bontà estrema di quanti ci hanno fatto orientare nel "pettine"delle vie palermitane.
Mi fa piacere che la Sicilia abbia conquistato il lodigiano/campano, anche grazie a me e a Saverio.
Torniamo a Capo D'Orlando: abbiamo voglia di mare, io ho un appuntamento e Angelo deve preparare le valige.
Palermo la splendida ci lascia un retrogusto agrodolce che ci accompagnerà, come ogni vera capitale che si rispetti.
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