YANGON (MYANMAR) - La protesta va avanti, ma non si nemmeno ferma la repressione in Birmania. Sarebbero almeno 200 i monaci buddisti arrestati durante incursioni effettuate in nottata in diversi monasteri di Yangon. Lo scrive dalla capitale birmana l'agenzia giapponese Kyodo, citando testimonianze raccolte sul luogo. L'agenzia cita anche informazioni secondo cui sarebbero
sicuramente almeno cinque (ma probabilmente sono sei) le persone uccise mercoledì dal fuoco della polizia contro i manifestanti, mentre la giunta militare birmana ha finora ammesso solo la morte di una persona.
Secondo le testimonianze citate dalla Kyodo, almeno 70 monaci sono stati «arrestati con violenza», vale a dire picchiati e malmenati nei soli monasteri di Moe Kaung e di Ngwe Kyar Yan, nella parte nord occidentale di Yangon.
La radio Voce democratica della Birmania, che trasmette da Oslo, sta cercando di verificare la notizia che quattro persone siano stati uccise, probabilmente percosse a morte, durante i raid. Lo ha riferito il direttore dell'emittente Moe Aye, intervistato al telefono dall'agenzia stampa tedesca Dpa. Secondo Moe Aye, la situazione è «molto tesa» anche a Mandalay, seconda cittá della Birmania. I militari hanno ordinato al principale ospedale di dimettere pazienti, in un indicazione che si stia preparando una violenta repressione delle manifestaioni in questa cittá dopo i morti di ieri a Yangoon. Intanto testimoni oculari dalla Birmania hanno raccontato che nei raid militari della scorsa notte, i monaci sono stati picchiati e trascinati a forza urlanti fuori dai monasteri. In molti alloggi dei monaci sono visibili tracce di sangue.
ANCORA SCONTRI - Successivamente almeno 10mila manifestanti hanno nuovamente affrontato le forze di sicurezza dispiegate nei pressi della pagoda Sule, nel centro di Yangon.
La polizia ha sparato colpi di avvertimento per disperderli, ferendo almeno due manifestanti. Secondo quanto riferito da testimoni i dimostranti avevano iniziato a battere le mani intonando l'inno nazionale davanti a circa 50 agenti e soldati in assetto antisommossa che hanno bloccato loro il passaggio. Subito dopo sono partiti i colpi per fare allontanare i manifestanti che continuano a sfidare la repressione della giunta militare birmana.
Le forze di sicurezza birmane hanno poi lanciato un ultimatum ai manifestanti intimando loro di disperdersi nel più breve tempo possibile con la minaccia di «un'azione estrema».
Secondo la Cnn gran parte della folla si sarebbe dispersa. Ma poi si sarebbe radunata successivamente in un'altra zona della città. A fronteggiare la polizia ora ci sarebbero 70mila persone. Le forze dell'ordine avrebbero nuovamente sparato in aria.
RIVOLTE - Contemporaneamente un migliaio di abitanti del villaggio di Okkalapa sud, alla periferia di Yangoon, ha attaccato un camion carico di militari a colpi di pietra. I soldati sono riusciti a farsi largo solo dopo aver sparato dieci candelotti lacrimogeni. La folla ha aggredito i militari sull'onda dello sdegno del raid delle prime ore dell'alba contro il monastero locale di Ngwe Kyar Yan, dove i soldati hanno arrestato i monaci e duramente picchiato l'abate, un leader religioso riverito dagli abitanti di Okkalapa.
ONU - Nella notte al termine della riunione d’emergenza dedicata alla situazione in Birmania , il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha invitato la giunta militare «alla moderazione» e ha deciso il suo sostegno all’invio sul posto di Ibrahim Gambari, inviato speciale nel paese del segretario generale Ban Ki-moon. Secondo alcuni diplomatici, la Cina, principale partner economico e politico della Birmania, era all’inizio contraria a qualsiasi dichiarazione. Poi ha rivisto la sua posizione firmando un breve e moderato testo che alla fine della riunione a porte chiuse è stato letto dall’ambasciatore francese Jean-Maurice Ripert, presidente del Consiglio di sicurezza. «I membri del Consiglio hanno espresso la loro preoccupazione riguardo alla situazione e hanno invitato alla moderazione, in particolare da parte del governo birmano» ha dichiarato Ripert, aggiungendo: «Hanno espresso il loro pieno sostegno alla missione di buoni uffici del segretario genela delle Nazioni Unite».
SUU KYI - Le forze di sicurezza birmane hanno arrestato stanotte il portavoce della leader della Lega nazionale per la democrazia, Aung San Suu Kyi, e un membro dello stesso partito. Si tratta di Myint Thein e Hla Pe, stando a quanto riferito dai familiari del primo e da un esponente in esilio della Lega nazionale per la democrazia. Nella notte è stato arrestato anche un ex parlamentare, esponente della minoranza Chin, Pu Yin Shin, stando a quanto riferito dalla stessa fonte in esilio.
Intanto la giunta militare birmana ha rafforzato le misure di sicurezza attorno all’abitazione della leader della Lega nazionale per la democrazia, Aung San Suu Kyi, da anni agli arresti domiciliari. Stando a quanto riferito da un diplomatico asiatico, la giunta ha inviato nuove truppe a presidiare l’esterno dell’abitazione, mentre oltre 100 soldati sarebbero stati dispiegati all’interno dell’edificio. «Le rafforzate misure di sicurezza mi fanno dire che è ancora lì», ha detto il diplomatico, smentendo le voci che negli ultimi giorni davanti come probabile il trasferimento di Suu Kyi nel famigerato carcere di Insein, a Rangoon. Il diplomatico avrebbe anche saputo che la donna è stata vista nella serata di ieri nella sua abitazione.
CINA - Sul fronte diplomatico il governo cinese, principale alleato del Myanmar, ha chiesto alla giunta militare birmana di mostrare moderazione nella gestione delle proteste antigovernative ma non ha condannato l'uccisione delle vittime tra i dimostranti. «Speriamo che tutte le parti esercitino moderazione e gestiscano correttamente la situazione», ha dichiarato il portavoce del ministero degli Esteri, Jiang Yu, senza aggiungere altro o rispondere alla domanda se Pechino condannasse l'uccisione dei manifestanti in Myanmar
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