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Discussione: Attacco ai sink

  1. #1
    Vento moderato L'avatar di Aldo Meschiari
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    Predefinito Attacco ai sink

    http://www.meteogiornale.it/news/read.php?id=16395

    Introduzione
    Ho iniziato a scrivere questi racconti leggendo libri di climatologia.
    Spesso tra le righe, apparentemente noiose e estremamente tecniche dei testi tecnici sul clima, appare improvvisamente uno scenario fantascientifico, un vero e proprio spettacolo climatico di un ipotetico e probabilmente irrealizzabile futuro.
    Allora tocca scrivere, o meglio descrivere e raccontare questo scenario climatico.
    Naturalmente senza alcuna velleità di coerenza scientifica o di attendibilità oggettiva, nella più pura tradizione della science fiction, sono nati questi racconti.
    Che non solo prima di tutto spero Vi possano piacere, ma anche che, tra le altre cose, Vi spingano a riflettere su alcune delle contraddizioni più scottanti della nostra epoca, non solo di natura prettamente meteo-climatiche.
    Attendo volentieri critiche, suggerimenti e giudizi.


    Siberia orientale
    Epoca imprecisata
    Devo riuscire a restare sveglio!
    Non sento più le mani, le braccia sono come rami secchi, le mie gambe allungate sulla neve come colonne di granito. Il mio corpo sta congelando. Sto morendo, lo so. Ma devo resistere, devo riuscire a rimanere vigile ancora un'ora! La tormenta non cessa di martoriarmi il viso, coperto con quello che rimane del mio passamontagna. Il termometro segna -60°C. Solo un'ora, e poi potrò finalmente arrendermi, lasciarmi andare, dormire. Solo un'ora. Mi sono scavato una fossa nel ghiaccio, cerco di ripararmi dalle raffiche atroci della bufera. Gli altri saranno nelle mie stesse condizioni?
    Quando prendemmo la decisione era una bella mattinata di luglio, e una tiepida primavera cercava di riscaldare quello che era rimasto della foresta equatoriale. Nell'area di Kampala erano rimasti gli ultimi boschi, le ultime piante in grado di sopportare il clima glaciale in cui era sprofondata la Terra. Ormai le gelate si spingevano sino al limite dell'Equatore. Il resto del pianeta era ricoperto dai ghiacci eterni sino al 50° parallelo, sia a nord che a sud. Oltre dominava la tundra, e le terre, sebbene libere dai ghiacci perenni, erano per molti aspetti anche più inospitali, a causa dei venti secchi e gelidi che sferzavano senza pietà tutto ciò che ardiva sopravvivere. Per qualche tempo le aree tropicali fornirono un valido riparo; ma progressivamente e impietosamente il gelo scese anche là, spazzando via la taiga che aveva tentato in quei luoghi l'ultima carta della sopravvivenza. Ormai rimaneva solo la zona equatoriale: ma per quanto ancora?
    Cerco di pensare, di ricordare. Cerco di mantenere la mente sveglia. Non voglio, non devo addormentarmi. Tengo fortemente in pugno il pulsante, l'ultima speranza per l'umanità. Non ho più notizie da due settimane né dai miei compagni, né dai villaggi equatoriali. Ma devo credere che tutti siano al loro posto in questo momento, pronti alla grande esplosione.
    La capitale di quella che una volta era la civiltà umana si trova a Kampala, in quello che fu lo stato dell'Uganda. Ricordo ancora la lunga discussione, che portò alla promulgazione del Piano Primavera, l'ultima speranza prima dell'estinzione. Il raffreddamento del clima, iniziato improvvisamene e senza una causa evidente, da decenni non dava segni di mutamento. L'ipotesi Palla di Neve era ormai una realtà. In altre parole la Terra stava divenendo un'enorme sfera ghiacciata. Sapevamo che era già successo nel lontano passato geologico. E per motivi a noi sconosciuti, stava riaccadendo. Allora qualcuno lanciò la proposta: liberare le enormi quantità di metano presenti nei sink sotto il permafrost siberiano e canadese, per aumentare a dismisura l'effetto serra del pianeta.
    Ora io mi trovo proprio su uno di questi sink, di questi sterminati serbatoi di metano, o meglio sarebbe di idrati di metano. Il metano, infatti, a temperature inferiori ai -15°C tende a formare una sorta di ghiaccio particolare, associandosi attraverso processi chimici all'acqua. Si plasmano delle vere e proprie "gabbie", in cui sei molecole di acqua si fondono con una molecola di metano: gli idrati appunto. Questi composti però sono altamente sensibili alla variazione di temperatura: se questa dovesse salire troppo e se i sink dovessero venire a contatto con l'atmosfera, ebbene i gas di metano si liberebbero dalla gabbia e si disperderebbero nella troposfera. Siccome si calcola che nei sink artici sono immagazzinati miliardi di tonnellate di metano, le conseguenze della loro liberazione in atmosfera dovrebbero essere simili ad un enorme ed improvviso effetto serra, essendo il metano un gas serra fino a 20 volte più efficace dell'anidride carbonica.
    Ormai la mia buca si sta ricoprendo di neve e ghiaccio, trasportati dalla tormenta. Manca poco alla Grande Esplosione. Posso farcela. Devo continuare a pensare, a ricordare le ragioni e l'importanza di questa impresa. Il mio corpo è quasi completamente immobilizzato. Ma le mie mani funzionano ancora. Resisti, Ivan, resisti ancora un po'. Ricorda, mantieni la mente occupata, non pensare al dolore, alla voglia feroce di dormire. Ricorda!
    Ma come fare per liberare dal ghiaccio i sink, e poi come riscaldarli sino alla loro dissociazione, visto che le regioni dove si trovano hanno temperature medie di -60°C?
    La soluzione a questi problemi venne così, quasi per caso. Durante la Grande Migrazione verso sud, l'umanità si era portata dietro ogni genere di cose. Da quelle fondamentali, necessarie alla sua sopravvivenza, a oggetti assolutamente privi di utilità pratica e di un valore puramente affettivo. Ma qualcuno aveva trascinato verso l'Equatore anche armi potenti e distruttive, come se non potesse sfuggire al vecchio istinto umano della guerra e del potere, pronto a sfruttare il momento opportuno appena i ghiacci si fossero ritirati. Invece, quegli ordigni atomici, fornirono la soluzione al problema.
    Ce l'ho stretta nella mia mano, la soluzione. Un pulsante collegato ad una bomba atomica.
    Prima di cadere stremato, ho posizionato l'ordigno secondo le coordinate stabilite. Come me dovrebbero avere già agito altri venti uomini, volontari sparsi tra la Siberia, il Canada e l'Alaska. La strategia è quella di far esplodere le armi nucleari contemporaneamente, in modo da moltiplicare le possibilità di successo dell'impresa. Se l'azione avrà successo, si dovrebbero liberare nell'atmosfera miliardi di tonnellate di gas metano, sufficienti a causare un aumento termico globale anche di +8°C, secondo i nostri calcoli. Sarebbe il ritorno della Primavera.
    Qualcuno si oppose fortemente al progetto.
    Diceva che così si sarebbe rischiato un inverno atomico, con conseguenze anche peggiori di quelle della Glaciazione. E la possibile distruzione del pianeta. Ma altri risposero che venti bombe atomiche di media potenza non erano certo sufficienti a scatenare una tale catastrofe. Le conseguenze sarebbero state certamente disastrose nelle aree interessate: Siberia, Alaska e Canada non sarebbero stati abitabili per molto tempo. Ma d'altra parte, chi avrebbe potuto sopravvivere in quei territori ormai completamente ricoperti dal ghiaccio?
    Bisognava rischiare, tentare. L'esplosione avrebbe liberato gli idrati dal ghiaccio e contemporaneamente avrebbe provocato un rialzo termico notevole, in grado di liberare le molecole di metano. O almeno era quello che speravamo.
    Così iniziò la lunga marcia verso nord.
    Furono giorni di grande fatica. Il fuoristrada mi portò sino al limite dei ghiacci perenni.
    Poi divenne inutile. Dovetti marciare per intere settimane, trascinandomi dietro viveri e strumenti, ma soprattutto la bomba. Ad un certo punto persi anche i contatti con Kampala, ma continuai lo stesso. Sapevo che sarebbe potuto succedere. Col solo aiuto di una bussola sono riuscito a giungere al posto stabilito.
    Ormai è l'ora.
    Se non avessi la faccia congelata, mi metterei a ridere.
    Mi trovo solo, in mezzo ad un deserto ghiacciato, ad un passo dalla morte o per congelamento o per l'esplosione atomica. E non posso neppure piangere, evidentemente per lo stesso motivo.
    Sono trasformato in una statua di ghiaccio, pronto solo ad un gesto: spingere un bottone.
    E la cosa che più mi fa star male, è che non potrò sapere neppure se l'azione avrà avuto successo.
    Ci siamo.
    Sento il segnale del mio timer.
    Addio.

    PS
    per i moderatori.
    Se dovesse essere troppo OT spostatelo pure.
    Grazie

  2. #2
    Burrasca forte L'avatar di Andrea Manzo
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    Predefinito Re: Attacco ai sink

    scusa aldo ma chi se lo legge tutto?
    metti almeno una vignetta ogni tanto

  3. #3
    Vento moderato L'avatar di Aldo Meschiari
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    Predefinito Re: Attacco ai sink

    Citazione Originariamente Scritto da andrea salento Visualizza Messaggio
    scusa aldo ma chi se lo legge tutto?
    metti almeno una vignetta ogni tanto

    sei un accanito lettore. eh

  4. #4
    Vento fresco L'avatar di strauch67
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    Predefinito Re: Attacco ai sink

    O caxxo...dal titolo del post credevo fosse scoppiata la guerra civile in India
    io ho vomitato sul sedile di un 737 AF (per chi non è pratico af=air france). figo, no? (Fedex dixit)

  5. #5
    Vento moderato L'avatar di Aldo Meschiari
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    Predefinito Re: Attacco ai sink

    Citazione Originariamente Scritto da strauch67 Visualizza Messaggio
    O caxxo...dal titolo del post credevo fosse scoppiata la guerra civile in India

    quelli sono i Sik

  6. #6
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    Predefinito Re: Attacco ai sink

    grande Aldo

  7. #7
    Vento moderato L'avatar di Aldo Meschiari
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    Predefinito Re: Attacco ai sink

    Citazione Originariamente Scritto da Nino Gatto Visualizza Messaggio
    grande Aldo

    grazie

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