Tu che sei il massimo esperto del settore nel forum dovresti spiegarlo in parole povere ai federalisti (fiscali) qui presenti.
A te l'onore!
http://www.lavoce.info/articoli/pagina1000438.html
Neutrofilo, normofilo, fatalistofilo: il politically correct della meteo
27/11: fuori a calci i pregiudicati. Liberazione finalmente.
E già che ci sei, anche questo.
http://www.corriere.it/economia/08_g...4f02aabc.shtml
Già che ci sei, mi potresti dare un'occhiata al modello Unico/730 di quest'anno, ho l'impressione di aver scritto qualche corbelleria.![]()
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TRAP: "No say the cat is in the sac!"
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Ciao Ale!
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Cose dette e ridette. Il vero federalismo fiscale dovrebbe consistere in una parte (più o meno piccola) di tasse versate allo Stato centrale e una parte (più o meno piccola) di tasse
a) decise dal potere locale
b) destinate al territorio locale.
Di fatto questo vorrebbe dire dare agli enti locali ampia capacità di imposizione fiscale. Teoricamente senza limiti. Nel 2002 successe che il Governo Berlusconi diminuì la spesa degli enti locali. Onde evitare che gli stessi compensassero aumentando le tasse locali (e, di fatto, incrementando la pressione fiscale complessiva) annullò nei fatti il punto a).
Potremmo discutere fino a domani della cosa, ma il punto cruciale è evidente. Se tu ragioni in termini di imposizione fiscale complessiva devi controllare TUTTA la filiera delle imposizioni fiscali. Anche perché potrebbe (in teoria) capitare che il cittadino lombardo abbia un'imposizione pari al 35% e quello veneto pari al 45%. Se tu prometti un'imposizione fiscale media del (chessò) 40%, allora non puoi lasciare che altri decidano tasse al posto tuo. In buona sostanza, per me, la questione è semplice. Se tu Governo centrale vuoi veramente il federalismo fiscale allora devi imporre una serie di tasse uniche (centrali) e lasciare che localmente ciascuno se la sbrighi. Se invece vuoi imporre una pressione fiscale complessiva e pari a X, allora devi rinunciare a ottima parte del federalismo fiscale. Dilemma che aveva il primo Colui III e che ha Colui V.
Per l'OCSE. NOn ci vuole molto a capire che se la crescita diminuisce diminuiranno anche le entrate fiscali. Quindi o diminuisco la spesa oppure aumento le aliquote. Dato che ci si sta muovendo lungo l'arco della diminuzione delle tasse, l'effetto di meno tasse e di minori entrate (crescita mancata) desta ovviamente preoccupazione.
A tutti, pare, tranne che alla maggioranza dei cittadini italiani.
Maurizio
Rome, Italy
41:53:22N, 12:29:53E
Qui ho bisogno di capire perchè da solo non ci arrivo.
Leggendo tra le righe (del tuo post, ma soprattutto dei vari articoli che se ne occupano) pare che se la crescita rallenta le entrate fiscali calino.
Ora poichè io un matematico ignorante sarei portato a dire "se le crescita rallenta allora le entrate cresceranno poco" vorrei capire dove sbaglio ...
Neutrofilo, normofilo, fatalistofilo: il politically correct della meteo
27/11: fuori a calci i pregiudicati. Liberazione finalmente.
Non è che sbagli, è che ti manca un passaggio. Le entrate calano rispetto a quanto previsto in finanziaria. I bilanci che contano, nel pubblico, sono solo preventivi, o budget. Se io parto da una situazione in cui l'imposizione media è del 40% e il reddito è di 100 ho entrate pari a 40. Se, a settembre, prevedo che il reddito del 2008 sarà di 110, prevedo che le entrate saranno di 44. Su questi 44 baso le mie uscite del 2008.
Se a giugno del 2008 mi rendo conto che il reddito aumenta solo a 105, le entrate saranno 42. Il che è un aumento rispetto ai 40 dell'anno prima. Ma è un calo rispetto ai 44 previsti (e quindi un calo rispetto alle 44 di spesa già stanziate).
Maurizio
Rome, Italy
41:53:22N, 12:29:53E
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