Agenti e 007, la rete di talpe
Notizie a Moggi sulle indagini in cambio di biglietti e gadget
Per ricompensare i designatori incontri a cena e «lauti doni»

Luciano Moggi (Ansa)
Controllava gli arbitri, i designatori, le squadre e i calciatori. Ma Luciano Moggi era in grado di controllare anche investigatori e forze dell'ordine. È una vasta rete di contatti quella che emerge dalle carte consegnate dai carabinieri di Roma ai magistrati napoletani. Gli uomini giusti nei posti giusti: dalla Guardia di Finanza alla polizia, dal Sisde al Viminale, il direttore generale della Juventus era in grado di avere informazioni riservate anche sulle inchieste in corso. «È davvero allarmante — si legge nel rapporto — il quadro dei soggetti istituzionali che si lega, a vario titolo, a Moggi e che animati, in alcuni casi, dalla fede juventina riescono a venir meno ai più elementari doveri istituzionali pur di ottenere in cambio dei loro servigi stock di biglietti per le partite, stock di gadget, accompagnamenti per trasferte estere e finanche intercessioni in tema di carriera, avanzamento e altro. Il tutto nell'ambito di una rete di cointeressenze straordinarie e di altissimo livello che consente al sodalizio di poter godere di un'assoluta impunitÃ* affiancata a una assoluta tracotanza nei comportamenti derivante proprio dalla consapevolezza delle elevate coperture godute».
Le talpe di Torino Uno degli uomini più fidati appare G.D'A., «che Moggi chiamava familiarmente "Peppe"». Si tratta di un maresciallo della Guardia di Finanza in servizio alla Tributaria di Torino e attualmente in congedo. «D'A. — scrivono i carabinieri — risultava aver riferito al dirigente juventino dell'arrivo presso la Procura di Torino dello stralcio delle indagini precedentemente coordinate dalla Procura di Roma e affidate alla sezione Verifiche della Gdf, inerente aspetti di carattere finanziario di varie societÃ* calcistiche soprattutto in relazione alle iscrizioni ai campionati di calcio e anche della Gea World. L'attivitÃ* di intercettazione ha altresì evidenziato il fatto che il maresciallo D'A. si accompagna a tale maresciallo R.S., arrestato nel maggio del 1999 a Milano per reati contro la pubblica amministrazione (tra cui la corruzione in atti giudiziari). All'epoca dei fatti R.S. era in servizio presso la Procura di Torino, come diretto collaboratore dell'allora sostituto procuratore Bruno Tinti, ora capo del pool per i reati finanziari. Il collegamento di R.S. con l'ufficio del dottor Tinti assume particolare rilevanza alla luce del fatto che il predetto magistrato è titolare del fascicolo processuale sul cosiddetto "doping amministrativo" procedendo per l'ipotesi di reato di falso in bilancio». Altro uomo di fiducia è D.P., un poliziotto. Al termine di una telefonata intercettata, Moggi lo invita perentoriamente a seguire con particolare cura il «Ced». «Non si è avuto modo di appurare — si sottolinea nel rapporto — a quale Ced i due facciano riferimento, ma è ipotizzabile che si riferiscano o alla Banca Dati delle forze di polizia o al Ced della Procura di Torino. In entrambi i casi si evidenzia che si tratta di controlli eseguibili solo per esigenze di indagini di polizia giudiziaria e che un'eventuale interrogazione effettuata su richiesta del dirigente bianconero comporta una violazione della legge».
Soffiata sull'inchiesta Il 22 dicembre 2004 Moggi contatta Peppe che lo avvisa di una nuova inchiesta. Peppe: «Sì! Va bene! Senti, e allora ti faccio gli auguri di Buon Natale... so che vai giù! Spero di vederti... Quando rientri qua?». Moggi: «Eh, io senti grosso modo...no! Io grosso modo il 28 c'ho qui e ci so due giorni... poi ritorno via!» Peppe: «Va beh! Niente di particolare. Ti volevo fare gli auguri e poi dirti una cosa! Ma niente di...» Moggi: «Ci vediamo... Sì! ...tu dove sei!?»... Peppe: «Sì ma io avevo piacere di vederti un attimo così... nulla di urgente! Niente di particolare! Però te lo volevo dire!
È arrivata da Roma quella cosa... hai capito?» Moggi: «Quale?». Peppe: «Quella cosa dell'inchiesta su... hai capito? È arrivata in Procura! Ti ricordi? Quella delle plusvalenze, che hanno fatto la perquisizione». «Ah, è arrivata... è arrivata?». Peppe: «Eh! È arrivata qui in Procura! Hai capito?». Moggi: «Ma tu... tu, i termini li conosci?». Peppe: «Sì! E perciò!». «Vieni a trovarmi alle sei stasera, dai!». «Alle sei stasera?». «Ok»
L'incontro in ufficio Il primo febbraio 2005 la segreteria di Moggi lo informa che i marescialli S. e D'A. «devono parlare con lei o con il dottor Giraudo assolutamente prima di colazione. «Il giorno successivo all'incontro con i due marescialli — è scritto nel rapporto — Moggi convoca tramite la propria segretaria i collaboratori Fabio Ellena e Giannello ai quali dÃ* disposizione di ricostruire i passaggi (riferito ad acquisti, cessioni e prestiti) dei giocatori D'Amato e Cingolani, fino all'ultimo trasferimento. Due giorni dopo uno degli avvocati comunica a Moggi l'esito di una verifica subita dalla societÃ* bianconera, evidentemente da parte della Procura di Torino, che a suo dire è andata molto bene e che riguardava proprio questioni attinenti le «compartecipazioni» e le «stanze di compensazione». Al termine del colloquio l'avvocato ricorda a Moggi che devono riparlare del giocatore D'Amato e preparare qualcosa nell'eventualitÃ* venga richiesta qualche altra informazione. La progressione temporale delle conversazioni e degli eventi in esse descritti è un chiaro segnale del fatto che lo S. e il D'A. hanno con tutta evidenza informato Moggi dell'indagine in corso con particolari relativi al tipo di indirizzo investigativo, consentendo in tal modo al dirigente di far preparare per tempo la documentazione necessaria a dimostrare la correttezza del modus operandi della societÃ* bianconera e di nascondere o addirittura eliminare documenti utili per la ricostruzione genuina dei fatti».
Le richerche al Ced Il 25 maggio 2005 Moggi riceve una telefonata da D.P. Così viene ricostruita dai carabinieri: «Luciano chiede se fosse stato vero che a luglio sarebbe accaduto qualcosa. D. risponde asserendo che gli era stato detto da un suo collega del ministero dell'Interno che ai primi di giugno avrebbero fatto il "consiglio di amministrazione", per le promozioni e per eventuali avvicendamenti, quindi dice che al momento era previsto il movimento per Torino di T. e in lizza c'era un certo I.M. Luciano dice di aver parlato con una terza persona di un certo F., poi aggiunge che gli avevano fatto capire che era tutto in alto mare. I due si risentiranno per le novitÃ*. Dino dice di essere a disposizione del suo interlocutore ogni qual volta ne avesse avuto bisogno. Luciano nel salutarlo dice: "Tu ogni tanto fai una scappata al Ced che non guasta" ».
I regali per gli arbitri A leggere le intercettazioni si capisce come Luciano Moggi sappia ricompensare gli amici. E infatti di «lauti doni» parla con la moglie il 2 dicembre 2004, prima di un incontro organizzato a casa di Pierluigi Pairetto. Moglie: «Porto i panettoni». Moggi: «No (ride)... gli diamo altra roba, non ti preoccupa'... Loro più che panettoni...». Le cene con i designatori appaiono un'abitudine. Un'altra viene organizzata per il 21 dicembre e poi l'accordo, come riferisce Pairetto la mattina dopo al presidente degli arbitri Tullio Lanese, è di incontrarsi ancora: «Siamo rimasti che a metÃ* gennaio, fine gennaio, ci vediamo di nuovo. Così facciamo un check». Il 6 febbraio Giraudo chiama Moggi «con il quale conviene sul fatto di rinsaldare le fila per procedere spediti verso la vittoria del campionato. In particolare, i due sono d'accordo sul consolidare lo spogliatoio ma soprattutto — con chiara allusione al settore arbitrale — di ravvivare la corrispondenza con esso, poiché avvertono una descalation dell'apporto proveniente dagli "amici", a sottolineare ancor più l'esistenza di una continuata connivenza di quell'ambiente».
Fiorenza Sarzanini
15 maggio 2006
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