E' andata così:

«La morte è sopraggiunta in un tempo non superiore a poche decine di minuti» scrivono i medici legali nella relazione per i pm sulla fine, nel laghetto di Mondo Juve a Vinovo, hinterland torinese, dei baby calciatori bianconeri Alessio Ferramosca e Riccardo Neri. E’ la prima certezza: l’agonia dei due ragazzi non è stata breve. Stringe lo stomaco ripensarli immersi in quella pozza scura mentre tentano di risalire verso il bordo: i segni dei tacchetti delle scarpe di gioco sul telone di plastica ricoperto di muffa raccontano il gesto disperato e prolungato dei due diciassettenni, in completa solitudine, di sottrarsi alla morte.
Su quelle decine di minuti per morire si dicuterà a lungo: i consulenti dei pm Gabriella Viglione e Alberto Benso hanno scelto di circoscriverli con un solo aggettivo («pochi») che fa pensare a un arco di tempo fra i 20 e i 30 minuti. Gli anatomo-patologi del collegio di difesa hanno più che dimezzato la resistenza di Alessio e Riccardo. Nelle loro conclusioni Gianluca Bruno e Sergio Bonziglia scrivono che «l’azione iniziale dell’ipotermia non può essere durata, dati di letteratura alla mano, oltre la decina di minuti».
Sul resto, anche loro concordano con la relazione di Fabrizio Bison e Valentina Vasino: il gelo dell’acqua ha portato Alessio e Riccardo a perdere conoscenza e a quel punto, resi inermi dall’ipotermia, i ragazzi sono annegati. Nei loro polmoni sono state trovate tracce delle diatomee, le alghe presenti nel laghetto di Vinovo. Il linguaggio altrettanto gelido della medicina legale fissa l’evento nell’azione finale di «un’asfissia meccanica».
Le escoriazioni rinvenute sul viso e sul corpo di Neri, così come la sabbia rintracciata sulle braccia di entrambi i ragazzi, non vengono ritenute rilevanti dai consulenti dell’accusa: significa che non si potrà ricostruire come andò quel pomeriggio del 15 dicembre scorso, finito l’allenamento della «Beretti». I ragazzi scivolarono nell’acqua per recuperare un pallone, superato l’ostacolo di una recinzione allora alta non più di 130 centimetri. Resterà un mistero se uno dei due si sia immerso per cercare di salvare l’altro e sia annegato con il compagno di squadra.
I medici legali annotano che la temperatura dell’acqua quella sera era di 6 gradi e che quella dei corpi dei ragazzi, ripescati senza vita dai vigili del fuoco dopo le venti non superava i 22 gradi. Soglia di non ritorno. Bison e Vasino ne deducono, nelle loro conclusioni: «E’ verosimile che un raffreddamento corporeo da immersione in acqua fredda abbia determinato una reazione sincopale» che avrebbe preceduto e provocato il successivo annegamento.
Per omicidio colposo sono indagati Jean Claude Blanc, amministratore delegato della Juventus; Maurizio Schincaglia, allenatore della Beretti; Lorenzo Frison, preparatore dei portieri; Alessandro Sorbone, responsabile delle risorse umane della società e Renato Opezzi, amministratore delegato della «Vinovo campi spa».
Per i pm è una questione di mancata protezione e sorveglianza, dei giocatori e del laghetto. Acuita dal precedente di un ragazzino di una squadra giovanile caduto nella pozza a fine estate e tirato fuori per i capelli. I tempi sono importanti: l’allenamento della «Beretti» finisce intorno alle 17-17.10. La chiamata dei soccorsi è delle 18.21.
L’allarme scatta quando, verso le 18, i giovani bianconeri in collegio a Moncalieri si radunano al pullman: «Non c’è Neri, dov’è Neri?». Cominciano a cercarlo finché, nei pressi del laghetto, scorgono lo zainetto di Ferramosca e i guanti da portiere di Neri.