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Discussione: LA CALOTTA in agonia

  1. #1
    Brezza tesa L'avatar di Rudyak
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    Predefinito LA CALOTTA in agonia

    Ciao a tutti,
    ho sempre seguito gli aggiornamenti del SGL, nella speranza di accumuli nevosi che potessero rimpinguare i nostri bacini glaciali (ma, ahimè, invano), da poco ho notato il vostro interessante forum corredato da belle (e drammatiche) immagini.
    Ieri son tornato da una due giorni alla Calotta nel gruppo dell'Adamello, ho dormito al bivacco Regosa e dal diario ho notato che i vostri palinatori son passati anche lì.
    Non son stato mai precedentemente su questa montagna che ho sempre visto dal basso della valle e me la ricordavo sempre ben innevata sulla sua cima. Non così ieri e l'altro ieri, dove non ho trovato tracce di neve residua nemmeno in cima ed un gran numero di scariche di detriti rimbombavano in ogni dove, dai e sui ghiacciai. Ecco alcune foto:
    Il ghiacciaio dalla morena sottostante


    Visto dalla bocchetta della calotta


    la parte dx della calotta sommitale vista dalla cima


    Vista dell'Adamello dalla cima della Calotta


    Vista del ghiacciaio della Calotta visto dalla sua sinistra verso il bivacco Regosa alla Bocchetta.


    In vetta poi ho incontrato 3 individui con cui mi son soffermato per 5 minuti buoni. Tranquilli, ancora non è spuntata l'erba sulla cima, però loro erano la...



    La notte ha poi piovuto tutta notte, la mattina vedevo il Pisgana imbiancato dai 3100 in su, alle 10,30 un po' di nevischio è sceso fino ai 2960 del bivacco Regosa, ma scendendo la sensazione era che tutto si stesse squagliando

  2. #2
    Vento forte L'avatar di Ricky nibi
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    Predefinito Re: LA CALOTTA in agonia

    oila, benvenuto sul forum quindi

    eccellente esordio con una bella serie di foto ad alto interesse glaciologico.
    quando torna dalle ferie il Toffa (di cui avrai letto sul libro del bivacco) ti contatterÃ* per le foto che hai scattato

    hai per caso qualche foto del Pisgana dalla Calotta,sono curioso di capire quanto è buona l'inquadratura

    ti ringrazio e saluto
    Ricky
    osservatorio meteo dei Burnigui di Andalo Valtellino www.meteovaltellina.it
    http://www.youtube.com/elnibi

  3. #3
    Vento forte L'avatar di Ricky nibi
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    Predefinito Re: LA CALOTTA in agonia

    un'ultima cosa,i titoli in maiuscolo non sono concessi, in internet significa urlare,potresti cortesemente modificarlo tenendo solo la C iniziale in maiuscolo? fino adesso non l'avevo ancora detto ma giÃ* che ci siamo...(quindi vale anche per tutti gli altri)

    ti ringrazioe risaluto
    osservatorio meteo dei Burnigui di Andalo Valtellino www.meteovaltellina.it
    http://www.youtube.com/elnibi

  4. #4
    Brezza tesa L'avatar di Rudyak
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    Predefinito Re: LA CALOTTA in agonia

    Riposto le immagine dato che il servizio che avevo usato per linkarle è sparito...
    Il ghiacciaio della Calotta dal basso:

    ...il ghiacciaio dalla vetta...

    ...compagni di vetta...

    ...il ghiacciaio dalla sin orografica...

    ...e qualche divagazione:
    vita da bivacco:


    Tramonto dal Bivacco Regosa (2950mt)


  5. #5
    Enrico_3bmeteo
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    Predefinito Re: LA CALOTTA in agonia

    Foto molto interessanti.
    Un ghiacciaio in estinzione, non c'è dubbio....ghiaccio scuro, vecchio. Peccato perché è un bel ghiacciaio...

  6. #6
    Toffa77
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    Predefinito Re: LA CALOTTA in agonia

    Wow! La Calotta!!!!
    Ci sono stato nel settembre 2004 per i rilievi con il Luca F.! Siamo saliti da Valbione, Bocchetta dei buoi e quindi bivacco. Temporale serale con tanta pioggia! Faceva caldo!
    Ecco la foto


  7. #7
    Vento forte L'avatar di Ricky nibi
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    Predefinito Re: LA CALOTTA in agonia

    Citazione Originariamente Scritto da Toffa77
    Wow! La Calotta!!!!
    Ci sono stato nel settembre 2004 per i rilievi con il Luca F.! Siamo saliti da Valbione, Bocchetta dei buoi e quindi bivacco. Temporale serale con tanta pioggia! Faceva caldo!
    Ecco la foto

    innevamento residuo sul 3% della superficie
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  8. #8
    Brezza tesa L'avatar di Rudyak
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    Predefinito Re: LA CALOTTA in agonia

    Il Racconto della Calotta...

    Ci son momenti in cui tutti sentono il bisogno di staccare la spina, soprattutto dal lavoro, ma non solo. Qualcuno sente l'urgenza di allontanarsi da casa, da una situazione... Qualcuno ne ha piene le balle della moglie o del marito, non sopporta più sentire i bimbi che piangono o le ragazze che lagnano.
    Io semplicemente ogni tanto ho voglia e bisogno di evasione, solo per il semplice motivo di riaffermare la mia volontÃ*, la mia forza di sacrificio, la mia capacitÃ* (forse la mia mascolinitÃ*), per mettere alla prova le mie paure e poter dire: "Si, ci sono. Sono ancora io, diamine!"
    La mia C.S. m'ha concesso 3 giorni di ferie infrasettimanali ad agosto, quindi mi concedo di amoreggiare per un paio di giorni con una delle mie passioni di vita: la Montagna. Decido di recarmi verso il gruppo dell'Adamello e salire una cima vista più volte risalendo in macchina l'alta Val Camonica e che mi ha sempre attirato l'attenzione: La Calotta. Vista dal basso sembra un bastione roccioso con sulla cima appollaiata una calotta glaciale. Ho studiato le cartine e lungo il sentiero che risale i suoi fianchi ci son due bivacchi, il più alto a 2960 mt, il bivacco Regosa, sarÃ* la mia base d'attacco. Verifico le previsioni meteo su internet, gira e rigira non lasciano presagire nulla di buono per i miei due giorni: variabile mercoledì e tuoni e saette giovedì. "Non importa" mi dico.

    La mattina del mercoledì mi alzo presto, il tempo e buono fuori, comincio ad armeggiare mentre mia moglie si prepara per andare a lavorare. Preparo il materiale ed affardello lo zaino. Piccozza, Ramponi e scarponi da ghiaccio, frontalino, giacca a vento, vestiti di ricambio, c'è quasi tutto. Mancano i viveri che non avevo comprato per scaramanzia.
    Saluto la moglie, ricevendo le solite raccomandazioni, e tiro su le bambine: "Forza, sveglia, dai che vi porto dalla nonna, su che devo andare..." Furbescamente pongo la domanda di cui so giÃ* la risposta:" Fate qua colazione o la fate dalla nonna?" La risposta è scontata, quindi le mando a lavarsi e le faccio vestire. In poco son pronto, carico lo zaino in macchina, le figlie ed il cane, che da quando gli ho messo il collare sembra in preda al demonio sottocutaneo....
    Passo al super e piglio pane e companatico, quindi in fretta e furia passo e scarico le figlie dai suoceri: "Si, ciao ciao, fate le brave, ci vediamo domani..." chiudo la porta e via col fuoco nelle terga.
    Risalgo tutta la val Camonica con la mia Yaris 1000 lanciata a cannone, Balto accucciato sotto il sedile davanti schiaccia un sonnellino. A Temù lascio la SS 42 e svolto per la val Adamè, la strada diventa una mulattiera sterrata con sassi sporgenti che risalgo volando come se fossi Yuha Kankkunnen evitando con destrezza ostacoli e famigliole scampagnanti.
    Arrivo ad uno spiazzo, lascio la macchina, libero il cane ed indosso lo zaino. Ai piedi ho i sandali Teva, gli scarponi li tengo nello zaino. Sono le 11 e un quarto e parto con il coltello fra i denti.
    Comincio a risalire un sentiero che costeggia un torrente in mezzo all'erba fradicia, il sole picchia a quest'ora e il frescore ai piedi è di sollievo. Salgo di passo deciso nonostante lo zaino sfiori i 20 kg, ma ad un tratto mi ritrovo tra cespugli di lamponi carichi di rubei frutti. La marcia si rallenta per forza di cose. Balto giÃ* avanti torna in dietro e mi guarda con aria da: "Su, dai che andiamo!". "Arrivo, arrivo.." penso io a bocca piena. Un orticata sulle gambe nude mi risveglia dal sollazzo gustativo e riprendo a macinare metri. Attraverso il torrente (Ah che bell'acquetta fresca!) e quindi abbandono l'erbetta per inerpicarmi su un sentiero a tornanti per delle roccette. Si deve passare uno sbalzo roccioso, quindi spesso bisogna fare dei gradini con un'altezza esagerata, lo sforzo mi fa partire qualche extrasistole. Mi dico che devono essere le tossine della cena di reparto della sera prima. Troppo liquore alla liquirizia?.
    Finalmente non senza affanno supero lo sbalzo roccioso, guardo l'altimetro dell'orologio: 1900 mt. Il primo bivacco dovrebbe essere a tiro.
    Finalmente lo vedo, un bel capanno di legno appoggiato ad una roccia. ci arrivo velocemente non prima di aver fatto i conti con qualche simpatica ortica. Al capanno mi fermo un attimo, è bello e pulito, pare quasi nuovo. Invoglia al pisolino, ma non è il caso ho dimezzato il tempo CAI per arrivar sin qui, ma ora ho ancora 1000 mt di dislivello da farmi, e guardando verso l'alto la Val Salimmo sembra promettere quello che dice.
    Lascio il bivacco e riprendo il cammino, il sentiero ora è appena accennato in mezzo ai ciglioni del prato. Subito mi perdo, e sarÃ* per la mia naturale predisposizione per la pietra che mi ritrovo sotto una parete. Gioisco per due ciuffetti di stelle alpine e tiro due imprecazioni al sentiero: "Ma 'n do' cazzo sei?"
    Mi guardo intorno alla ricerca delle strisce bianche e rosse che segnalano il sentiero ma non se ne vede traccia, così come non c'è traccia di sentiero in mezzo all'erba. Risalgo allora la valle dritto per dritto, soffermandomi a rifiatare con la scusa di cercare bollini sentieriferi. Finalmente dopo un po' ne avvisto uno, lo raggiungo e guardo il sentiero che passa al suo fianco: appena intuibile. Non deve essere molto frequentata la zona. Continuo a risalire la ripida valle continuando a perdere tempo per cercare i bollini rossi e bianchi. Devo ammettere che il mio allenamento è zero, molta di più la volontÃ*. Finalmente attraverso il torrrente glaciale e lascio l'erba dura e pungente per un tappettino muschioso che fa da preambolo al limo ed ai sassi della morena.
    Finalmente arrivo in cima alla morena, dietro non c'è ghiaccio, è un ammasso di terra e sassi lasciato dall'ultima espansione glaciale; chissÃ* quanti decenni fa. Il ghiacciaio ora lo si vede più in alto, è sgonfio e nudo. La neve dell'inverno se ne è andata tutta, il ghiacciaio è ahimè in contrazione. Risalgo per i detriti glaciali e mi avvicino.
    Risalgo tratti di morena fino a degli sbalzi rocciosi, cerco di immaginare questo disordine geologico appianato da una sinuosa lingua glaciale: " Ah come vorrei essere a quei tempi!"
    Finalmente arrivo ai piedi del ghiacciaio, o meglio di una parte agonizzante di ghiaccio avulsa dal principale ed ancora presente perche protetto da una parete e da qualche detrito soprastante. Ma non ha più alimentazione, a solo che da sciogliersi.

    Risalgo gli ultimi tratti di detriti e mi ritrovo alla base del ghiacciaio vero e proprio. Ho a tiro la forcella della Calotta, lì dovrebbe esserci il bivacco, ma non lo vedo. A terra è tutto un detrito di sassi inconsistenti, ma sotto c'è il ghiaccio vivo... Ed io sono ancora con i sandali. Potrei (e sarebbe meglio) tirar fuori gli scarponi dallo zaino, ma mancano pochi metri.
    Procedo scivolando e franando qua e la, Balto sopra di me fa rotolare una pietra sulla caviglia, "Porc... ma stammi più lontano no?!!" Con qualche equilibrismo e una miriade di movimenti annaspanti riesco ad arrivare in cima alla forcella per vie traverse. Solo in cima vedo un canalino di una quindicina di metri con una fune fissa per aiutarsi a risalirlo. Il bivacco e lì appena dietro una roccia.

    Sono le 15,10: 4 ore per arrivare quassu a 2960mt, pensavo di essere scoppiato, e la sensazione l'ho avuta più volte, ma se il CAI da la risalita al bivacco in 6 ore vuol dire non son andato poi malaccio. Però son veramente disfatto. Butto lo sguardo oltre la forcella e vedo il ghiacciaio del Pisgana, anni fa lo discesi con gli sci, era ancora giugno credo, non ricordo, però era tutto coperto di neve. Ora anch'esso è tutto nudo, grigio ghiaccio in discioglimento e retrazione. Che tristezza!
    Mi riposo, bevo guardo il territorio intorno. Il panorama è mozzafiato, ma chissa da su in cima come lo è. Cerco di capire da che parte si può salire.
    La via naturale dovrebbe salire attaccando frontalmente il ghiacciaio risalendolo per la linea di massima pendenza, però di solito lo si fa quando c'è ancora neve residua e in cordata, io sono solo, non c'è neve residua e soprattutto sento che la montagna scarica parecchi sassi giù per il ghiacciaio. No no, da lì non si passa. Un'altra via potrebbe essere scendendo dalla bocchetta, passare sotto il ghiacciaio e risalire la spalla rocciosa opposta della montagna... Ma ci penseremo domani, ora riposiamo.
    Entro nel bivacco, mi mango un panino col prosciutto che divido con Balto (Balto però non ha diviso le crocchette con me) e sfoglio il diario del Bivacco. Effettivamente non è molto frequentato e non son molti che ci arrivano dal fondo valle come me.

    Alle 17 ho una premonizione ed una intuizione. Il tempo regge, girano nuvoloni ma non sembrano con cattive intenzioni, ricordo però le previsioni per il giorno dopo (tuoni e fulmini). Comincio a pensare di fare uno sforzo e provare ad andare in vetta subito. Il dislivello non è molto: 300mt, anche se non so da che parte salire.
    Mi trastullo un po' nell'indecisione, anche perchè mi ero appena lavato tutto con le salviettine pampers delle mie figlie ed ero bello cambiato.
    Decdo. Via, si va. Lego il cane al bivacco e lascio la porta aperta: "Te stai qua, capito? Torno subito. Quasi." ChissÃ* se avrÃ* capito, in ogni caso si accuccia e mi guarda partire. Decido di fare di testa mia (ma va?) e attacco quella che dovrebbe essere la via più breve seppur probabilmente inesplorata. Salgo sulla spalla della montagna di fronte al bivacco, così non devo nemmeno perdere quota. E' subito evidente che è una marceria di sassi instabili che ogni tanto i miei piedi fanno rotolare con fragore giù per le rocce, però procedo delicatamente cercando di appigliarmi a ciò che sembra roccia stabile. giro intorno ad una guglia e mi ritrovo di fronte un canalino di scarico che appare molto friabile (o franabile come diceva Aldo). Me lo studio per 5 minuti buoni alla ricerca della risoluzione. Ne trovo una non di quelle autostradali, ma in qualche maniera riesco ad attraversarlo pur mandando all'inferno sottostante qualche pezzo di granito tonalitico. Dall'altra parte la roccia sembra più stabile, salgo a forza di braccia e gambe superando facile roccette, finchè il fruscio di acqua corrente richiama la mia attenzione. Trovò infatti un rigagnolo che esce dalle roccette, mi abbevero e giungo alla conclusione che se su questa cresta c'è acqua che scende poco sopra ci deve essere ghiaccio. Difatti dopo pochi metri eccomi sbucate sulla calotta glaciale sommitale.
    Ci monto sopra per saggiare il ghiaccio. E' proprio ghiaccio, riempio il polmoni di aria sottile e mi sento più leggero. Raggiungo una roccia e mi fermo a calzare i ramponi e tirar fuori la picca.
    Riprendo a risalire attraverso il ghiacciaio, la pendenza non è gran chè, crepacci non ce ne sono, e se ci fossero, non essendoci neve, lì vedrei. Nessun pericolo e quindi risalgo il pendio, con la cima che si avvicina sempre più.
    Velocemente arrivo in cima sul confine tra roccia e ghiaccio, lì tolgo i ramponi e lascio la picozza, e comincio ad arrampicarmi sulla cresta rocciosa, cercando con gioia crescente la punta più alta. La trovo un po più in lÃ* di dove ero salito, lÃ* dove è posta anche una madonnina. Mi avvicino e proprio lì qualcosa spunta dalle rocce...

    Se vedevo la Madonna, che pure è lì a fianco legata ad una roccia, non sarei restato così senza fiato (beh, un po' sarò stato anche a corto di fiato per la stanchezza). Tre stambecchi che mi guardano con i loro occhioni. Immagino che staranno pensando "E questo qua cosa vuole?", mentre io penso: "E che ci fate voi qui?"
    Rimangono lì a guardare, io scatto alcune foto per sicurezza prima che scappino, poi mi avvicino un po', loro si avvicinano incuriositi, allargano le froge, sentono forse il mio odore. Il più grande sbuffa più volte, io spero non abbiano intenzione di incornarmi. Siamo ormai vicinissimi, circa 5 mt ci separano e riesco a scattare ancora qualche foto. Incredibile.
    D'un tratto un colpo di zoccolo e partono a razzo, sul filo della cresta, e di lÃ* c'è un precipizio. Sento sassi che rotolano giù per un canalino, io scavalco la cresta e guardo di lÃ*. Spariti. "Ma come faranno con quegli zoccolini?" mi domando io.
    Mi siedo sulla cimaa 3211mt, in parte alla Madonnina e spazio con lo sguardo. Il cielo è ancora sereno ma girano sempre nuvoloni, dalla valle comincia a salire nebbia che sul filo di una cresta il vento arriccia su se stessa. A nord il gruppo del Bernina è quasi completamente nascosto da nubi nerastre, dietro l'Adamello si mostra in tutta la sua nuditÃ*.
    Scatto una foto con la Madonnina, le chiedo anche un autografo ma si nega, ma poi vedo che sul capo ha un paio di segni di fusione, evidentemente i fulmini le hanno spappolato i neuroni. Poi ha anche una corda intorno al collo: impossibile che mi risponda.
    La nebbia continua a salire, quindi mi sbrigo a scendere prima che mi trovi senza punti di riferimento.
    Rimonto i ramponi e riparto sul ghiacciaio, decido di scendere dal versante opposto. Faccio un traverso e mi ritrovo in cima allo scivolo di ghiaccio, pochi metri sotto di me una profonda crepaccia terminale, sale la nebbia ed il mondo è ovattato. La montagna mette soggezione.
    Decido di togliere i ramponi e scendere attraverso le roccette aggirando il ghiacciaio. Finalmente la nebbia come è venuta se ne è andata; penso tra me che sia stato un segno che la Montagna mi ha mandato per farmi scegliere la via più sicura. Ora vedo dall'altra parte del ghiacciaio la bocchetta con il bivacco, penso a Balto lÃ* legato, speriamo non si sia agitato troppo... E che sia ancora lÃ* soprattutto.
    In breve, balzellon balzelloni, sono alla base del ghiacciaio, lo attraverso e mi porto alla base della bocchetta che stavolta risalgo con l'aiuto delle corde. Sono le 19,30, il sole comincia ad abbassarsi all'orizzonte e Balto dormiva nel bivacco.
    Mi do subito una ripulita dal sudore e ceno a lume di candela a base di tonno in scatola. Non ho nemmeno tanta fame; la stanchezza invece è davvero tanta. Ho fatto quasi 1800mt di dislivello senza nemmeno essere allenato. Fortuna non devo tornare a valle ora.
    Preparo la branda ed esco fuori a godere del tramonto, quindi pago e davvero intirizzito dal freddo ora pungente rientro e mi chiudo nel bivacco con Balto.

    Mi infodero sotto uno strato di 3 coperte di lana lasciando momentaneamente accese 3 candele, nella sopita speranza che possano scaldare un po' l'ambiente, nel frattempo finisco di leggere il diario e lascio un segno del mio passaggio e della via risalita per la cima de La Calotta. Son le 22 passate quando decido di spegnere tutto. Balto è giÃ* per terra sotto la mia branda che dorme, io son distrutto, ma in effetti non ho nemmeno molto sonno. Ci provo comunque. Buonanotte.

    La notte è lunga per chi non riesce a prendere sonno. Dopo un po' prende a picchiettare sulla lamiera del bivacco. Piove. Fuori tira vento che a folate pare quasi ululare, ogni tanto tuona. Mi auguro che gli ancoraggi reggano, ma non deve essere il primo temporale che affronta. E poi deve volar via proprio con me e Balto dentro?
    Alle due sento Balto che si agita un po', immagino abbia bisogno di evacuare, e dura saltar fuori dalle coperte ma esco, ne approfitto anch'io per vuotare la vescica. Fuori piove a dirotto e c'è nebbia tutto intorno.
    Rientriamo e riappoggiamo le ossa. Piove tutta notte ed io riesco ad addormentarmi che è quasi mattina.

    Alle 9 passate Balto si agita ancora e quando mi accorgo dell'orario quasi mi viene un colpo, ma tanto non ho fretta. Metto i sandali ed esco, piove ancora, si vede il ghiacciaio del Pisgana, sopra è bianco, deve aver nevicato intorno ai 3100mt. L'acqua scroscia ed i torrenti che escono dai ghiacciai sono ingrossati, molto ingrossati.
    Faccio una frugale colazione, quindi riaffardello lo zaino, sistemo e pulisco il bivacco. Sono quasi le 11 quando con il poncho addosso esco e chiudo il mio rifugio con il chiavistello. Per un attimo ha nevischiato, quindi la temperatura è di pochi gradi sopra lo zero.
    Scendo velocemente lungo la morena, Balto cerca gli ultimi rimasugli di neve per correre e saltare come un matto con la lingua di fuori.
    Sono felice, seppur sotto la pioggia battente, ho gli auricolari alle orecchie che passano la mia musica preferita. Io canto a squarcia gola saltando di sasso in sasso, attraversando torrentelli tumultuosi. Mi sento leggero seppur la pioggia dovrebbe appesantirmi. Mi commuovo e poco ci manca che mi venga da piangere. Ho la faccia e mani bagnate, sono felice, sono contento, sono orgoglioso, sono libero.
    Volo.

  9. #9
    Toffa77
    Ospite

    Predefinito Re: LA CALOTTA in agonia

    Stupendo racconto! Letto tutto d'un fiato...

  10. #10
    Vento forte L'avatar di Ricky nibi
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    Predefinito Re: LA CALOTTA in agonia

    Citazione Originariamente Scritto da Rudyak
    Il Racconto della Calotta...

    Ci son momenti in cui tutti sentono il bisogno di staccare la spina, soprattutto dal lavoro, ma non solo. Qualcuno sente l'urgenza di allontanarsi da casa, da una situazione... Qualcuno ne ha piene le balle della moglie o del marito, non sopporta più sentire i bimbi che piangono o le ragazze che lagnano.
    Io semplicemente ogni tanto ho voglia e bisogno di evasione, solo per il semplice motivo di riaffermare la mia volontÃ*, la mia forza di sacrificio, la mia capacitÃ* (forse la mia mascolinitÃ*), per mettere alla prova le mie paure e poter dire: "Si, ci sono. Sono ancora io, diamine!"
    La mia C.S. m'ha concesso 3 giorni di ferie infrasettimanali ad agosto, quindi mi concedo di amoreggiare per un paio di giorni con una delle mie passioni di vita: la Montagna. Decido di recarmi verso il gruppo dell'Adamello e salire una cima vista più volte risalendo in macchina l'alta Val Camonica e che mi ha sempre attirato l'attenzione: La Calotta. Vista dal basso sembra un bastione roccioso con sulla cima appollaiata una calotta glaciale. Ho studiato le cartine e lungo il sentiero che risale i suoi fianchi ci son due bivacchi, il più alto a 2960 mt, il bivacco Regosa, sarÃ* la mia base d'attacco. Verifico le previsioni meteo su internet, gira e rigira non lasciano presagire nulla di buono per i miei due giorni: variabile mercoledì e tuoni e saette giovedì. "Non importa" mi dico.

    La mattina del mercoledì mi alzo presto, il tempo e buono fuori, comincio ad armeggiare mentre mia moglie si prepara per andare a lavorare. Preparo il materiale ed affardello lo zaino. Piccozza, Ramponi e scarponi da ghiaccio, frontalino, giacca a vento, vestiti di ricambio, c'è quasi tutto. Mancano i viveri che non avevo comprato per scaramanzia.
    Saluto la moglie, ricevendo le solite raccomandazioni, e tiro su le bambine: "Forza, sveglia, dai che vi porto dalla nonna, su che devo andare..." Furbescamente pongo la domanda di cui so giÃ* la risposta:" Fate qua colazione o la fate dalla nonna?" La risposta è scontata, quindi le mando a lavarsi e le faccio vestire. In poco son pronto, carico lo zaino in macchina, le figlie ed il cane, che da quando gli ho messo il collare sembra in preda al demonio sottocutaneo....
    Passo al super e piglio pane e companatico, quindi in fretta e furia passo e scarico le figlie dai suoceri: "Si, ciao ciao, fate le brave, ci vediamo domani..." chiudo la porta e via col fuoco nelle terga.
    Risalgo tutta la val Camonica con la mia Yaris 1000 lanciata a cannone, Balto accucciato sotto il sedile davanti schiaccia un sonnellino. A Temù lascio la SS 42 e svolto per la val Adamè, la strada diventa una mulattiera sterrata con sassi sporgenti che risalgo volando come se fossi Yuha Kankkunnen evitando con destrezza ostacoli e famigliole scampagnanti.
    Arrivo ad uno spiazzo, lascio la macchina, libero il cane ed indosso lo zaino. Ai piedi ho i sandali Teva, gli scarponi li tengo nello zaino. Sono le 11 e un quarto e parto con il coltello fra i denti.
    Comincio a risalire un sentiero che costeggia un torrente in mezzo all'erba fradicia, il sole picchia a quest'ora e il frescore ai piedi è di sollievo. Salgo di passo deciso nonostante lo zaino sfiori i 20 kg, ma ad un tratto mi ritrovo tra cespugli di lamponi carichi di rubei frutti. La marcia si rallenta per forza di cose. Balto giÃ* avanti torna in dietro e mi guarda con aria da: "Su, dai che andiamo!". "Arrivo, arrivo.." penso io a bocca piena. Un orticata sulle gambe nude mi risveglia dal sollazzo gustativo e riprendo a macinare metri. Attraverso il torrente (Ah che bell'acquetta fresca!) e quindi abbandono l'erbetta per inerpicarmi su un sentiero a tornanti per delle roccette. Si deve passare uno sbalzo roccioso, quindi spesso bisogna fare dei gradini con un'altezza esagerata, lo sforzo mi fa partire qualche extrasistole. Mi dico che devono essere le tossine della cena di reparto della sera prima. Troppo liquore alla liquirizia?.
    Finalmente non senza affanno supero lo sbalzo roccioso, guardo l'altimetro dell'orologio: 1900 mt. Il primo bivacco dovrebbe essere a tiro.
    Finalmente lo vedo, un bel capanno di legno appoggiato ad una roccia. ci arrivo velocemente non prima di aver fatto i conti con qualche simpatica ortica. Al capanno mi fermo un attimo, è bello e pulito, pare quasi nuovo. Invoglia al pisolino, ma non è il caso ho dimezzato il tempo CAI per arrivar sin qui, ma ora ho ancora 1000 mt di dislivello da farmi, e guardando verso l'alto la Val Salimmo sembra promettere quello che dice.
    Lascio il bivacco e riprendo il cammino, il sentiero ora è appena accennato in mezzo ai ciglioni del prato. Subito mi perdo, e sarÃ* per la mia naturale predisposizione per la pietra che mi ritrovo sotto una parete. Gioisco per due ciuffetti di stelle alpine e tiro due imprecazioni al sentiero: "Ma 'n do' cazzo sei?"
    Mi guardo intorno alla ricerca delle strisce bianche e rosse che segnalano il sentiero ma non se ne vede traccia, così come non c'è traccia di sentiero in mezzo all'erba. Risalgo allora la valle dritto per dritto, soffermandomi a rifiatare con la scusa di cercare bollini sentieriferi. Finalmente dopo un po' ne avvisto uno, lo raggiungo e guardo il sentiero che passa al suo fianco: appena intuibile. Non deve essere molto frequentata la zona. Continuo a risalire la ripida valle continuando a perdere tempo per cercare i bollini rossi e bianchi. Devo ammettere che il mio allenamento è zero, molta di più la volontÃ*. Finalmente attraverso il torrrente glaciale e lascio l'erba dura e pungente per un tappettino muschioso che fa da preambolo al limo ed ai sassi della morena.
    Finalmente arrivo in cima alla morena, dietro non c'è ghiaccio, è un ammasso di terra e sassi lasciato dall'ultima espansione glaciale; chissÃ* quanti decenni fa. Il ghiacciaio ora lo si vede più in alto, è sgonfio e nudo. La neve dell'inverno se ne è andata tutta, il ghiacciaio è ahimè in contrazione. Risalgo per i detriti glaciali e mi avvicino.
    Risalgo tratti di morena fino a degli sbalzi rocciosi, cerco di immaginare questo disordine geologico appianato da una sinuosa lingua glaciale: " Ah come vorrei essere a quei tempi!"
    Finalmente arrivo ai piedi del ghiacciaio, o meglio di una parte agonizzante di ghiaccio avulsa dal principale ed ancora presente perche protetto da una parete e da qualche detrito soprastante. Ma non ha più alimentazione, a solo che da sciogliersi.

    Risalgo gli ultimi tratti di detriti e mi ritrovo alla base del ghiacciaio vero e proprio. Ho a tiro la forcella della Calotta, lì dovrebbe esserci il bivacco, ma non lo vedo. A terra è tutto un detrito di sassi inconsistenti, ma sotto c'è il ghiaccio vivo... Ed io sono ancora con i sandali. Potrei (e sarebbe meglio) tirar fuori gli scarponi dallo zaino, ma mancano pochi metri.
    Procedo scivolando e franando qua e la, Balto sopra di me fa rotolare una pietra sulla caviglia, "Porc... ma stammi più lontano no?!!" Con qualche equilibrismo e una miriade di movimenti annaspanti riesco ad arrivare in cima alla forcella per vie traverse. Solo in cima vedo un canalino di una quindicina di metri con una fune fissa per aiutarsi a risalirlo. Il bivacco e lì appena dietro una roccia.

    Sono le 15,10: 4 ore per arrivare quassu a 2960mt, pensavo di essere scoppiato, e la sensazione l'ho avuta più volte, ma se il CAI da la risalita al bivacco in 6 ore vuol dire non son andato poi malaccio. Però son veramente disfatto. Butto lo sguardo oltre la forcella e vedo il ghiacciaio del Pisgana, anni fa lo discesi con gli sci, era ancora giugno credo, non ricordo, però era tutto coperto di neve. Ora anch'esso è tutto nudo, grigio ghiaccio in discioglimento e retrazione. Che tristezza!
    Mi riposo, bevo guardo il territorio intorno. Il panorama è mozzafiato, ma chissa da su in cima come lo è. Cerco di capire da che parte si può salire.
    La via naturale dovrebbe salire attaccando frontalmente il ghiacciaio risalendolo per la linea di massima pendenza, però di solito lo si fa quando c'è ancora neve residua e in cordata, io sono solo, non c'è neve residua e soprattutto sento che la montagna scarica parecchi sassi giù per il ghiacciaio. No no, da lì non si passa. Un'altra via potrebbe essere scendendo dalla bocchetta, passare sotto il ghiacciaio e risalire la spalla rocciosa opposta della montagna... Ma ci penseremo domani, ora riposiamo.
    Entro nel bivacco, mi mango un panino col prosciutto che divido con Balto (Balto però non ha diviso le crocchette con me) e sfoglio il diario del Bivacco. Effettivamente non è molto frequentato e non son molti che ci arrivano dal fondo valle come me.

    Alle 17 ho una premonizione ed una intuizione. Il tempo regge, girano nuvoloni ma non sembrano con cattive intenzioni, ricordo però le previsioni per il giorno dopo (tuoni e fulmini). Comincio a pensare di fare uno sforzo e provare ad andare in vetta subito. Il dislivello non è molto: 300mt, anche se non so da che parte salire.
    Mi trastullo un po' nell'indecisione, anche perchè mi ero appena lavato tutto con le salviettine pampers delle mie figlie ed ero bello cambiato.
    Decdo. Via, si va. Lego il cane al bivacco e lascio la porta aperta: "Te stai qua, capito? Torno subito. Quasi." ChissÃ* se avrÃ* capito, in ogni caso si accuccia e mi guarda partire. Decido di fare di testa mia (ma va?) e attacco quella che dovrebbe essere la via più breve seppur probabilmente inesplorata. Salgo sulla spalla della montagna di fronte al bivacco, così non devo nemmeno perdere quota. E' subito evidente che è una marceria di sassi instabili che ogni tanto i miei piedi fanno rotolare con fragore giù per le rocce, però procedo delicatamente cercando di appigliarmi a ciò che sembra roccia stabile. giro intorno ad una guglia e mi ritrovo di fronte un canalino di scarico che appare molto friabile (o franabile come diceva Aldo). Me lo studio per 5 minuti buoni alla ricerca della risoluzione. Ne trovo una non di quelle autostradali, ma in qualche maniera riesco ad attraversarlo pur mandando all'inferno sottostante qualche pezzo di granito tonalitico. Dall'altra parte la roccia sembra più stabile, salgo a forza di braccia e gambe superando facile roccette, finchè il fruscio di acqua corrente richiama la mia attenzione. Trovò infatti un rigagnolo che esce dalle roccette, mi abbevero e giungo alla conclusione che se su questa cresta c'è acqua che scende poco sopra ci deve essere ghiaccio. Difatti dopo pochi metri eccomi sbucate sulla calotta glaciale sommitale.
    Ci monto sopra per saggiare il ghiaccio. E' proprio ghiaccio, riempio il polmoni di aria sottile e mi sento più leggero. Raggiungo una roccia e mi fermo a calzare i ramponi e tirar fuori la picca.
    Riprendo a risalire attraverso il ghiacciaio, la pendenza non è gran chè, crepacci non ce ne sono, e se ci fossero, non essendoci neve, lì vedrei. Nessun pericolo e quindi risalgo il pendio, con la cima che si avvicina sempre più.
    Velocemente arrivo in cima sul confine tra roccia e ghiaccio, lì tolgo i ramponi e lascio la picozza, e comincio ad arrampicarmi sulla cresta rocciosa, cercando con gioia crescente la punta più alta. La trovo un po più in lÃ* di dove ero salito, lÃ* dove è posta anche una madonnina. Mi avvicino e proprio lì qualcosa spunta dalle rocce...

    Se vedevo la Madonna, che pure è lì a fianco legata ad una roccia, non sarei restato così senza fiato (beh, un po' sarò stato anche a corto di fiato per la stanchezza). Tre stambecchi che mi guardano con i loro occhioni. Immagino che staranno pensando "E questo qua cosa vuole?", mentre io penso: "E che ci fate voi qui?"
    Rimangono lì a guardare, io scatto alcune foto per sicurezza prima che scappino, poi mi avvicino un po', loro si avvicinano incuriositi, allargano le froge, sentono forse il mio odore. Il più grande sbuffa più volte, io spero non abbiano intenzione di incornarmi. Siamo ormai vicinissimi, circa 5 mt ci separano e riesco a scattare ancora qualche foto. Incredibile.
    D'un tratto un colpo di zoccolo e partono a razzo, sul filo della cresta, e di lÃ* c'è un precipizio. Sento sassi che rotolano giù per un canalino, io scavalco la cresta e guardo di lÃ*. Spariti. "Ma come faranno con quegli zoccolini?" mi domando io.
    Mi siedo sulla cimaa 3211mt, in parte alla Madonnina e spazio con lo sguardo. Il cielo è ancora sereno ma girano sempre nuvoloni, dalla valle comincia a salire nebbia che sul filo di una cresta il vento arriccia su se stessa. A nord il gruppo del Bernina è quasi completamente nascosto da nubi nerastre, dietro l'Adamello si mostra in tutta la sua nuditÃ*.
    Scatto una foto con la Madonnina, le chiedo anche un autografo ma si nega, ma poi vedo che sul capo ha un paio di segni di fusione, evidentemente i fulmini le hanno spappolato i neuroni. Poi ha anche una corda intorno al collo: impossibile che mi risponda.
    La nebbia continua a salire, quindi mi sbrigo a scendere prima che mi trovi senza punti di riferimento.
    Rimonto i ramponi e riparto sul ghiacciaio, decido di scendere dal versante opposto. Faccio un traverso e mi ritrovo in cima allo scivolo di ghiaccio, pochi metri sotto di me una profonda crepaccia terminale, sale la nebbia ed il mondo è ovattato. La montagna mette soggezione.
    Decido di togliere i ramponi e scendere attraverso le roccette aggirando il ghiacciaio. Finalmente la nebbia come è venuta se ne è andata; penso tra me che sia stato un segno che la Montagna mi ha mandato per farmi scegliere la via più sicura. Ora vedo dall'altra parte del ghiacciaio la bocchetta con il bivacco, penso a Balto lÃ* legato, speriamo non si sia agitato troppo... E che sia ancora lÃ* soprattutto.
    In breve, balzellon balzelloni, sono alla base del ghiacciaio, lo attraverso e mi porto alla base della bocchetta che stavolta risalgo con l'aiuto delle corde. Sono le 19,30, il sole comincia ad abbassarsi all'orizzonte e Balto dormiva nel bivacco.
    Mi do subito una ripulita dal sudore e ceno a lume di candela a base di tonno in scatola. Non ho nemmeno tanta fame; la stanchezza invece è davvero tanta. Ho fatto quasi 1800mt di dislivello senza nemmeno essere allenato. Fortuna non devo tornare a valle ora.
    Preparo la branda ed esco fuori a godere del tramonto, quindi pago e davvero intirizzito dal freddo ora pungente rientro e mi chiudo nel bivacco con Balto.

    Mi infodero sotto uno strato di 3 coperte di lana lasciando momentaneamente accese 3 candele, nella sopita speranza che possano scaldare un po' l'ambiente, nel frattempo finisco di leggere il diario e lascio un segno del mio passaggio e della via risalita per la cima de La Calotta. Son le 22 passate quando decido di spegnere tutto. Balto è giÃ* per terra sotto la mia branda che dorme, io son distrutto, ma in effetti non ho nemmeno molto sonno. Ci provo comunque. Buonanotte.

    La notte è lunga per chi non riesce a prendere sonno. Dopo un po' prende a picchiettare sulla lamiera del bivacco. Piove. Fuori tira vento che a folate pare quasi ululare, ogni tanto tuona. Mi auguro che gli ancoraggi reggano, ma non deve essere il primo temporale che affronta. E poi deve volar via proprio con me e Balto dentro?
    Alle due sento Balto che si agita un po', immagino abbia bisogno di evacuare, e dura saltar fuori dalle coperte ma esco, ne approfitto anch'io per vuotare la vescica. Fuori piove a dirotto e c'è nebbia tutto intorno.
    Rientriamo e riappoggiamo le ossa. Piove tutta notte ed io riesco ad addormentarmi che è quasi mattina.

    Alle 9 passate Balto si agita ancora e quando mi accorgo dell'orario quasi mi viene un colpo, ma tanto non ho fretta. Metto i sandali ed esco, piove ancora, si vede il ghiacciaio del Pisgana, sopra è bianco, deve aver nevicato intorno ai 3100mt. L'acqua scroscia ed i torrenti che escono dai ghiacciai sono ingrossati, molto ingrossati.
    Faccio una frugale colazione, quindi riaffardello lo zaino, sistemo e pulisco il bivacco. Sono quasi le 11 quando con il poncho addosso esco e chiudo il mio rifugio con il chiavistello. Per un attimo ha nevischiato, quindi la temperatura è di pochi gradi sopra lo zero.
    Scendo velocemente lungo la morena, Balto cerca gli ultimi rimasugli di neve per correre e saltare come un matto con la lingua di fuori.
    Sono felice, seppur sotto la pioggia battente, ho gli auricolari alle orecchie che passano la mia musica preferita. Io canto a squarcia gola saltando di sasso in sasso, attraversando torrentelli tumultuosi. Mi sento leggero seppur la pioggia dovrebbe appesantirmi. Mi commuovo e poco ci manca che mi venga da piangere. Ho la faccia e mani bagnate, sono felice, sono contento, sono orgoglioso, sono libero.
    Volo.




    meraviglioso....NON TU! il racconto

    veramente stupendo, ti ho seguito con la mete su e giù da ogni masso
    osservatorio meteo dei Burnigui di Andalo Valtellino www.meteovaltellina.it
    http://www.youtube.com/elnibi

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