Posto qui un breve articoletto che sarebbe dovuto uscire sul Magazine.....
Non ha alcuna pretesa ed è stato scritto solamente per illustrare moolto sommariamente un fenomeno glaciale quasi unico per le Alpi italiane
L'ordine di pubblicazione delle immagini è quello indicato nel testo
Buona lettura !!!
Il ghiacciaio del Mandrone è una parte di quello che attualmente viene considerato come il più grande apparato glaciale italiano (1810ha), il Pian di Neve, nel gruppo dell’Adamello. E’ un ghiacciaio di tipo vallivo, ovvero possiede un bacino di alimentazione ed una lingua ablatrice molto sviluppata.
E’ esposto a nordest ed è adiacente ai ghiacciai della Lobbia e del Pisgana, di dimensioni più contenute.
Si tratta di un ghiacciaio interessante perché di lui si possiedono numerose fotografie che lo ritraggono in diversi stadi evolutivi ed il fatto di essere alimentato interamente per via diretta lo elegge a campione ideale per lo studio delle interazioni tra il clima ed i ghiacciai.
Nella fase di acme glaciale della PEG (1820), con un limite delle nevi persistenti che era disceso a circa 2900m s.l.m., il Mandrone discendeva nel Pian di Venezia, dove si congiungeva con l’adiacente ghiacciaio della Lobbia, ma tale anastomosi fu di breve durata poiché giÃ* nel 1840 i due ghiacciai erano di nuovo indipendenti. Nella seconda grande avanzata del 1860, l’ultima della PEG, il Mandrone riuscì a ridiscendere al P. di Venezia solamente con la lingua sinistra, che formava una bella “zampa di leone” appoggiata su una grande conoide di ghiaccio rigenerato. Le stesse dimensioni le raggiunse anche nell’ultima fase positiva del XIX secolo (1890, vedi foto 3) e durante la prima avanzata del XX secolo, tra il 1915 ed il 1921 (vedi sequenza fotografica) , ma giÃ* nel 1930 la lingua era completamente risalita sopra il grande gradino glaciale della valle. Nel primo ombelico del gradino glaciale si formarono negli anni Quaranta bei pozzi glaciali, che simulavano un po’ gli inghiottitoi dell’ambiente carsico (Lago Nuovo, vedi foto 10). Un’ultima fase di progresso si è avuta tra il 1975 ed il 1984, ma in questa zona delle Alpi tale congiuntura positiva è stata meno incisiva che in altre aree (Ortles, Venoste, ecc.). Da quella data, il regresso è andato vieppiù accelerando, soprattutto per quanto riguarda lo spessore del bacino di alimentazione.
La morfologia del ghiacciaio si presta ottimamente all’analisi delle varie componenti che lo costituiscono.
Innanzitutto confrontiamo la carta del Payer, quella austriaca del 1900 e la foto aerea del 1998. Notiamo subito come le dimensioni siano diverse, ma l’aspetto che colpisce maggiormente è il forte smagrimento che ha portato all’emersione in massa delle creste che un tempo erano sepolte oppure appena affioranti (foto 1e 2). Questo permette oggi di delimitare con una certa sicurezza il bacino di alimentazione del Mandrone da quello del Pian di Neve. Nella carta del 1900 il ghiacciaio appare come un unico blocco e con una spiccata propensione da parte del Pian di Neve a distribuire i suoi ghiacci verso il Mandrone, ma anche i contributi degli altri circhi (A,B,C,) sono consistenti, con la vetta dell’Adamello che è addirittura raggiunta dal ghiaccio e l’interessante presenza del Laghetto Schulz, sotto il Venerocolo.
Agli inizi del XX secolo tutto il plateau del Pian di Neve si trova ancora al di sopra del limite delle nevi persistenti ed il Mandrone è collegato attraverso le creste e le selle al Pisgana, alla Lobbia ed al Venerocolo.
Nella foto aerea del 1998 la situazione è nettamente cambiata. La fronte è arretrata di centinaia di metri ed i contributi dei diversi circhi sono cambiati. I tre circhi A, B, e C sono prossimi all’esaurimento e le loro colate possono essere considerate quasi fossili e costituite di ghiaccio morto. Solamente il Pian di Neve alimenta ancora attivamente la lunga lingua ma questa è ancora ipertrofica per le condizioni climatiche attuali e quindi destinata ad ulteriori ridimensionamenti. Inoltre, il graduale calo del Pian di Neve ha avuto come diretta conseguenza la diminuzione del deflusso glaciale verso il Mandrone e questo è giÃ* evidente nel gradino sepolto che separa il grande circo del Pian di Neve dal circo sottostante del Mandrone, giÃ* oggi morfologicamente intuibile sotto la massa ghiacciata (Passo d’Adamè).
Degno di nota è il fatto che i circhi A e B, nonostante la loro notevole superficie siano quelli che più rapidamente si avviano all’esaurimento. Inoltre, durante la PEG, era attivo anche il canale della Valletta (D) che contribuiva modestamente all’alimentazione della parte sinistra della lingua e che era situato lungo la stessa costiera e come i primi due esposto ad est/sudest.
In sintesi, l’esaurimento dei bacini esposti ad oriente e meridione indica che il limite delle nevi è più elevato degli alti collettori glaciali dell’Adamello e che la conservazione della neve è oramai affidata al fattore esposizione. In un prossimo futuro, il ghiacciaio del Mandrone, stanti le condizioni climatiche attuali, sarÃ* destinato a subire un progressivo smagrimento della lingua ed in misura maggiore un calo di spessore delle porzioni più elevate. All’altezza del Passo dell’Adamè, sotto il Dosson di Genova, emergerÃ* la cresta divisoria tra i due circhi, posti ad altezze diverse. Quindi, il Mandrone fa parte di quella categoria di ghiacciai che si estinguono sul posto invece di subire un vistoso arretramento frontale seguito da una frammentazione del bacino collettore.
Da ultimo, è interessante osservare come i maggiori regressi degli alti bacini di alimentazione glaciale alpini siano spesso concentrati sui lati occidentali, ovvero i lati che espongono le nevi ad oriente. E’ così, sull’Adamello, sulle Orobie ed altri gruppo minori.
Foto 1 Carta del Payer del 1865 con tratteggiato il limite delle nevi persistenti
Foto 2: Carta austriaca del 1900 con tratteggiato il limite delle nevi persistenti
Foto 3: Foto aerea del 1998
Foto 4: La zampa di leone con la conoide nel 1890 (V. Sella)
Foto 5: nel 1913
Foto 6: nel 1919
Foto 7: nel 1920
Foto 8: sequenza del regresso della lingua nel 1921, 1922, 1923
Foto 9: La grande seraccata del Mandrone con in evidenza le due colate separate.
Foto 10: Le grandi colate della Lobbia e del Mandrone nel 1910. La colata della Lobbia è ben alimentata ed in fase di rigonfiamento. Si vede il cordone morenico della PEG e la morena del ghiacciaietto del Corno Stablel.
Foto 11: L’inghiottitoio glaciale nel 1951
Foto 12: La seraccata con la Valletta e l’indicazione delle dimensioni raggiunte dalla colata nella PEG e le linee di deflusso del ghiaccio
Foto 13: confronto tra due immagini, la prima degli anni Settanta, la seconda del 2003
Ultima modifica di Enrico_3bmeteo; 06/12/2006 alle 09:33
Complimenti, veramente molto interessante!
Socio MeteoNetWork - Socio SMI
Dati online e web cam:
http://www.osservatoriometeorologicodicastagnetopo.biz
http://www.wunderground.com/weathers...p?ID=ITORINOC3
http://www.awekas.at/en/instrument.php?id=2296
complimenti, bellissimo articolo!
Il ghiacciaio del Passo della Valletta in essere, su ebay...
Penso che la foto sia degli anni 30-40
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Spettacolare veduta aerea della lingua nel 2002..
E' proprio morta....
http://subzero.irea.cnr.it/asi/Photo...lo/Shoot22.jpg
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Ultima modifica di Enrico_3bmeteo; 01/10/2006 alle 08:11
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