Citazione Originariamente Scritto da elz Visualizza Messaggio
Visto che si parlava di tempi dei tempi di ritorno lunghissimi stimati per eventi tipo il 2003 vorrei aggiungere alcune considerazioni, negli stessi articoli in cui sono presenti quelle stime viene anche sottolineato come questi valori non debbano essere interpretati come la probabilità che si verifichi di nuovo un tale evento neppure nell'ipotesi(non realistica) che il clima rimanga stazionario.
I tempi di ritorno sono stimati rispetto ad una distribuzione gaussiana del passato, ovviamente se la media si alza la distribuzione si sposta e i tempi di ritorno possono cambiare notevolmente Schar et al. stimano comunque tempi di ritorno molto lunghi per il 2003 anche rispetto alla media recente 1990-2002(che comunque non è del tutto rappresentativa del clima anni 2000) di 46.000 anni con un limite inferiore di 9.000 anni però poi aggiungono anche questa considerazione:


ovvero la loro interpretazione di questo evento molto anomalo è che potrebbe essere indicativo di una maggiore variabilità climatica rispetto al passato legata a meccanismi di feedback che amplificano l'anomalia e che si innescano con maggiore facilità se la media di base si alza, in questo caso la probabilità che si ripeta un tale evento è assai inferiori rispetto a quelli calcolati in rapporto alla curva gaussiana del passato.

In realtà è possibile che i tempi di ritorno di questi eventi siano molto inferiori anche senza bisogno di chiamare in causa un aumento della varianza, come spiegano Rahmstor e Coumou il frequente ripetersi nell'emisfero nord di queste anomalie fuori scala fa pensare che si stiano osservano fenomeni non lineari che fanno comparire anomalie estreme che deviano fortemente dalla curva gaussiana del passato anche senza un aumento della varianza(ad esempio se si riducono gli eventi di freddo , le anomalie estive possono essere più vicine tra loro ma occasionalmente intervallate da eventi estremi molto al di fuori della curva gaussiana), questo può essere legato a fenomeni di soglia, ad esempio i suoli che seccano con maggiore facilità e prima in presenza di temperature medie più alte e/o una variazione nella circolazione atmosferica che favorisce una maggiore persistenza dei pattern atmosferici.

Credo che non ci sia da stupirsi più di tanto se queste anomalie così estreme si ripetono con frequenza tanto che quest'anno abbiamo 3 aree nell'emisfero nord che sono circa anomale quanto o più del 2003 europeo, e magari qualcuna lo sarà anche alla fine dell'estate; tutto questo avviene mentre le aree di terra dell'emisfero nord nel complesso stanno avendo anomalie molto forti oramai da mesi.

The role of increasing temperature variability in European summer heatwaves : Abstract : Nature
http://www.nature.com/nclimate/journ...imate1452.html

Considerazioni interessanti ...

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negli stessi articoli in cui sono presenti quelle stime viene anche sottolineato come questi valori non debbano essere interpretati come la probabilità che si verifichi di nuovo un tale evento neppure nell'ipotesi(non realistica) che il clima rimanga stazionario.

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I tempi di ritorno sono stimati rispetto ad una distribuzione gaussiana del passato, ovviamente se la media si alza la distribuzione si sposta e i tempi di ritorno possono cambiare notevolmente.

Il tempo di ritorno altro non è che l'inverso della frequenza. Esprime in unità di misura temporale ciò che esprime la frequenza in unità di misura percentuale. Il suo utilizzo può trarre in inganno poiché lascia pensare che esprima la quantità temporale che intercorre tra un evento e l'altro quando invece non è così per due motivi:

- quando si parla di tempo di ritorno si intende una quantità temporale media. Un tempo di ritorno di 100 anni significa che mi attendo il verificarsi di un evento 1 volta in media ogni 100 anni. Potrebbe anche succedere però che l'evento si presenti in due anni consecutivi su 200 anni ...

- esprimendo in altri termini lo stesso concetto di frequenza esso è legato alla concezione frequentista della probabilità. L'evento "estate 2003" ha una sua probabilità teorica di accadimento a noi ignota. Attraverso la misurazione strumentale siamo in grado di verificare empiricamente il suo manifestarsi e tradurre quanto osservato in probabilità statistica di accadimento. Ma probabilità statistica (a posteriori, a noi nota in via empirica) e probabilità teorica (a priori, a noi ignota) sono due cose differenti che trovano un punto d'incontro al tendere all'infinito del numero di eventi, quando la probabilità statistica converge verso la probabilità teorica.

Quindi mi trovo perfettamente d'accordo sulla cautela nell'utilizzare il tempo di ritorno in ottica previsionale. Probabilità statistica e tempo di ritorno devono essere visti nell'ottica giusta cioè come le stime più accurate in nostro possesso circa la conoscenza della probabilità teorica degli eventi a noi ignota. Un esempio molto concreto può essere il lancio di una moneta. Sappiamo che la probabilità teorica che esca testa o croce (ad ogni lancio) è pari a 0,5 il che significa che l'evento testa o croce hanno un tempo di ritorno teorico pari a 1 su 2 lanci. Questo in via teorica, appunto. Sappiamo bene come nulla vieta di ottenere su 10 lanci consecutivi sempre testa o sempre croce e che la probabilità teorica del 50% è verificata per via empirica quando il numero di lanci tende all'infinito.


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la loro interpretazione di questo evento molto anomalo è che potrebbe essere indicativo di una maggiore variabilità climatica rispetto al passato
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In realtà è possibile che i tempi di ritorno di questi eventi siano molto inferiori anche senza bisogno di chiamare in causa un aumento della varianza, come spiegano Rahmstor e Coumou il frequente ripetersi nell'emisfero nord di queste anomalie fuori scala fa pensare che si stiano osservano fenomeni non lineari che fanno comparire anomalie estreme che deviano fortemente dalla curva gaussiana del passato anche senza un aumento della varianza
Personalmente sono del parere che non è in atto alcun mutamento circa la variabilità climatica intrinseca in quanto dalle serie storiche che ho potuto analizzare non emerge una variazione significativa della varianza nel corso dei decenni, come evidenziato anche in differenti studi, tra cui anche uno italiano:

Eventi estremi e variabilità della temperatura in un clima che cambia | Le Scienze Web News

dove si teorizza che l'increemnto degli eventi estremi può essere ricondotto ad un modello alla base del quale svolge un ruolo fondamentale lo shift di temperatura, quindi una variazione in media piuttosto che in varianza, con le dovute attenzioni su questo aspetto:

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meccanismi di feedback che amplificano l'anomalia e che si innescano con maggiore facilità se la media di base si alza
Difficile poter dimostrare che un aumento in media è diretta conseguenza di una maggior probabilità di accadimento di eventi estremi in quanto potrebbero essere questi stessi eventi a materializzarsi e a generare un aumento della media. Io credo che la persistenza di determinate configurazioni bariche è causa di maggiori eventi estremi i quali determinano un aumento della media. Che poi alla fine il tutto si traduca che con uno shift positivo di temperatura è più probabile osservare eventi estremi in quel verso è un discorso ma mettere in relazione diretta causa ed effetto non è così semplice ed immediato, come ipotizzato correttamente:

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questo può essere legato a fenomeni di soglia, ad esempio i suoli che seccano con maggiore facilità e prima in presenza di temperature medie più alte e/o una variazione nella circolazione atmosferica che favorisce una maggiore persistenza dei pattern atmosferici.