Risultati da 1 a 9 di 9
  1. #1
    Burrasca L'avatar di jacksinclaire
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    Jasim Al candel
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    Predefinito 42 anni da quel maledetto 9 ottobre,per non dimenticare

    9 ottobre 1963:una grossa porzione del Monte Toc frana riversando tonnellate di terra e
    detriti all'interno del lago artificiale formato dalla diga del Vajont.
    Il paese di Longarone viene totalmente spazzato via dalla furia dell'acqua che tracima dalla diga sovrastante acquistando velocitÃ* man mano che scende a valle.
    La stima delle vittime ad oggi più attendibile è di 1910 vittime.

    E' bene ricordare SEMPRE che non siamo noi a comandare la natura.
    Ci vuole l'Atlantico!
    "Per quanto io sia paziente di perturbata con clacson a prescindere, tu mi hai veramente ovombolato il cipollotto aspergicato." Ciao Tub!

  2. #2
    Brezza tesa L'avatar di meteobuccellato-LU
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    Predefinito Re: 42 anni da quel maledetto 9 ottobre,per non dimenticare

    Bravo Jack, hai fatto bene a ricordarlo.
    Penso si tratti di una delle pagine più criminali del dopoguerra della nostra Italia.
    A questo proposito consiglio vivamente (per chi non lo avesse ancora visto) di vedere lo spettacolo teatrale di Marco Paolini o di leggere il libro di Tina Merlin, giornalista "Come si costruisce una catastrofe. Il caso del Vajont".

    Incollo sotto una breve cronologia degli ultimi giorni (tratta dal sito www.vajont.net).

    ciao

    nicola

    ------------------------------------------

    Domenica 6 ottobre
    L'ing. Beghelli, funzionario del Genio Civile di Belluno, tra i primi a svolgere l'incarico di Assistente governativo al cantiere della diga, passando per la strada che portava in località Pineda, riporta un resoconto preciso di quanto stava accadendo. La sede stradale era completamente sconvolta, fessurata in più punti, talvolta traslata rispetto alla sua sede originale, con avvallamenti tali da compromettere il transito, al punto che "........sembrava di andare su di un campo".

    Lunedì 7 ottobre
    Le proteste del Comune di Erto raggiungono il Genio Civile di Udine, ma l'ingegnere capo, in una risposta alla Prefettura, sulla base di una relazione geologica del 1937 del Prof. Dal Piaz, dichiara che la conca rocciosa sulla quale sorge Erto è sicuramente solida e che "..........quanto sopra (........) è sufficiente per togliere alla popolazione di Erto ogni preoccupazione".
    Corona Pietro Matteo su incarico del maestro Martinelli, risalì il M. Toc, notando notevoli cedimenti nel piano in località Pausa e lungo la strada. Visivamente si notavano, in corrispondenza della vecchia frana, dei sassi che rotolavano nel lago, per effetto del movimento sottostante descritto come "..........boati con conseguenti tremolii (.......) colpi sordi molto profondi come di qualcosa che crepasse e contemporaneamente il terreno scosso in senso verticale".
    Il sorvegliante della frana, Filippin Felice, lo stesso giorno notò, in una zona boscosa a ridosso del bacino, l'apparire di diverse fessure nel terreno che correvano parallele alla sponda del lago, lunghe una decina di metri e larghe un metro. Qualche ora più tardi, in compagnia dell'assistente De Prà, su incarico del geom. Rossi, fu perlustrata tutta la zona della frana, dalla quale numerose fenditure, di varia dimensione, si riproducevano di ora in ora. Fu a seguito di questo controllo che si decise lo sgombero del Toc, e la sera stessa iniziò il piano di evacuazione delle casere stagionali, su ordine dell'assistente Corona Marco, ordine limitato alla zona del Toc, ad esclusione delle frazioni di Pineda, Prada e Liron. La motivazione data era: "..........per precauzione...........".
    Dal paese di Casso, intanto, si potevano osservare a vista d'occhio i mutamenti della frana, che interessava sia la strada sia i prati sovrastanti il piano stradale. Fenditure e spaccature non si contavano più.

    Martedì 8 ottobre
    L'ing. Caruso parla a Violin, Capo del Genio Civile, dicendogli che l'accellerarsi degli spostamenti della frana non sono eccessivamente preoccupanti: un esperimento ha dimostrato che una eventuale onda potrebbe essere contenuta all'interno della diga ed uno svaso della diga comprometterebbe la stabilità della frana ma però........... "Non c'è niente di allarmante (......) la pregherei di non spargere voci allarmistiche perché per quello che c'è di pericoloso abbiamo già provveduto", intendendo per questo lo sfollamento delle casere relative al M. Toc.
    Durante una rilevazione compiuta con i geometri in località Pineda, Corona Felice, notò che la frana si muoveva a vista d'occhio e che la preoccupazione toccava anche i tecnici addetti alla misurazione. Il terreno ormai continuava ad abbassarsi.

    Mercoledì 9 ottobre
    L'ing. Biadene scrisse una lettera all'ing. Pancini nella quale si descrivevano, in modo sommario ma preoccupante, gli eventi degli ultimi giorni e si consigliava un rientro anticipato a Venezia, dalla vacanza a New York, per prendere decisioni importanti con il Presidente e il Direttore Generale. La lettera si concludeva con un fatidico "Che Iddio ce la mandi buona".
    Poco dopo l'ing. Biadene parlò telefonicamente con il geologo dello Stato, Penta, che messo al corrente di quanto stava accadendo raccomandò la calma e di "........non medicarci la testa prima di essersela rotta".
    Alle 17.00 ai Carabinieri fu ordinato di interdire il traffico per la diga.
    Nel frattempo altre testimonianze si aggiungevano alle precedenti. Filippin Felice, ricorda di aver visto alberi che si inclinavano e che cadevano, sollevando zolle di terreno e radici, mentre De Marta Giuseppe notò che una crepa, intravista tre ore e mezza prima, si era mossa di quasi mezzo metro.
    La sera del 9 ottobre l'autista che fece l'ultimo carico di legname dalla zona sgomberata confessò a Martinelli che non credeva di ".......farcela a tornare a Casso, dato lo stato della strada di sinistra".
    Savi Antonio, anch'esso autista, lavorò fino alle 21.00, quando per le ormai impossibili condizioni stradali, decise di smettere.
    Chi rimase al suo posto di lavoro fu la centralinista della Telve Maria Capraro. Smise come al solito il suo turno serale alle ore 22, quindi abbassò la saracinesca dell'ufficio che si trovava duecento metri sotto il municipio. Tornò a casa, in via Roma 44, poco distante da esso giusto in tempo per salvarsi.
    Alle 22.30 alcuni tecnici ed operai erano ancoraimpegnati in servizio straordinario ad ispezionare la frana con i riflettori................ furono gliultimi bagliori di una notte cupa, di un disastro annunciato che si manifestò in tutte le sue drammaticheconseguenze.

  3. #3
    Banned L'avatar di alex74
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    Predefinito Re: 42 anni da quel maledetto 9 ottobre,per non dimenticare

    in questo caso la colpa non fù della natura ma della superficialitÃ* di molti.

  4. #4
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    Predefinito Re: 42 anni da quel maledetto 9 ottobre,per non dimenticare

    Citazione Originariamente Scritto da alex74
    in questo caso la colpa non fù della natura ma della superficialitÃ* di molti.
    Vero !
    La natura qui c'entra poco.
    - Una volta eliminato l'impossibile, ciò che resta, per quanto improbabile, dev'essere la verità -
    Stazione meteo: Denitron Meteo

  5. #5
    Burrasca L'avatar di jacksinclaire
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    Predefinito Re: 42 anni da quel maledetto 9 ottobre,per non dimenticare

    Citazione Originariamente Scritto da alex74
    in questo caso la colpa non fù della natura ma della superficialitÃ* di molti.
    e un bel chissene?
    l'uomo ha esagerato e la natura s'è ribellata PUNTO.
    Ci vuole l'Atlantico!
    "Per quanto io sia paziente di perturbata con clacson a prescindere, tu mi hai veramente ovombolato il cipollotto aspergicato." Ciao Tub!

  6. #6

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    Predefinito Re: 42 anni da quel maledetto 9 ottobre,per non dimenticare

    Citazione Originariamente Scritto da jacksinclaire
    e un bel chissene?
    l'uomo ha esagerato e la natura s'è ribellata PUNTO.
    complimenti per la sensibilita'.

  7. #7
    gb
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    Predefinito Re: 42 anni da quel maledetto 9 ottobre,per non dimenticare

    giÃ*, non dimentichiamo!

    che sia sempre di lezione anche a noi tecnici!!!

    una tragedia stra-annunciata e sottovalutata

    la natura aveva dato i segni premonitori

  8. #8
    Burrasca L'avatar di jacksinclaire
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    Predefinito Re: 42 anni da quel maledetto 9 ottobre,per non dimenticare

    Citazione Originariamente Scritto da Tubular Bells
    complimenti per la sensibilita'.
    grazie ma tu che hai capito?
    Ci vuole l'Atlantico!
    "Per quanto io sia paziente di perturbata con clacson a prescindere, tu mi hai veramente ovombolato il cipollotto aspergicato." Ciao Tub!

  9. #9
    Vento moderato L'avatar di CapoNordMediterraneo
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    Predefinito Re: 42 anni da quel maledetto 9 ottobre,per non dimenticare

    Citazione Originariamente Scritto da meteobuccellato-LU
    Bravo Jack, hai fatto bene a ricordarlo.
    Penso si tratti di una delle pagine più criminali del dopoguerra della nostra Italia.
    A questo proposito consiglio vivamente (per chi non lo avesse ancora visto) di vedere lo spettacolo teatrale di Marco Paolini o di leggere il libro di Tina Merlin, giornalista "Come si costruisce una catastrofe. Il caso del Vajont".

    Incollo sotto una breve cronologia degli ultimi giorni (tratta dal sito www.vajont.net).

    ciao

    nicola

    ------------------------------------------

    Domenica 6 ottobre
    L'ing. Beghelli, funzionario del Genio Civile di Belluno, tra i primi a svolgere l'incarico di Assistente governativo al cantiere della diga, passando per la strada che portava in localitÃ* Pineda, riporta un resoconto preciso di quanto stava accadendo. La sede stradale era completamente sconvolta, fessurata in più punti, talvolta traslata rispetto alla sua sede originale, con avvallamenti tali da compromettere il transito, al punto che "........sembrava di andare su di un campo".

    Lunedì 7 ottobre
    Le proteste del Comune di Erto raggiungono il Genio Civile di Udine, ma l'ingegnere capo, in una risposta alla Prefettura, sulla base di una relazione geologica del 1937 del Prof. Dal Piaz, dichiara che la conca rocciosa sulla quale sorge Erto è sicuramente solida e che "..........quanto sopra (........) è sufficiente per togliere alla popolazione di Erto ogni preoccupazione".
    Corona Pietro Matteo su incarico del maestro Martinelli, risalì il M. Toc, notando notevoli cedimenti nel piano in localitÃ* Pausa e lungo la strada. Visivamente si notavano, in corrispondenza della vecchia frana, dei sassi che rotolavano nel lago, per effetto del movimento sottostante descritto come "..........boati con conseguenti tremolii (.......) colpi sordi molto profondi come di qualcosa che crepasse e contemporaneamente il terreno scosso in senso verticale".
    Il sorvegliante della frana, Filippin Felice, lo stesso giorno notò, in una zona boscosa a ridosso del bacino, l'apparire di diverse fessure nel terreno che correvano parallele alla sponda del lago, lunghe una decina di metri e larghe un metro. Qualche ora più tardi, in compagnia dell'assistente De PrÃ*, su incarico del geom. Rossi, fu perlustrata tutta la zona della frana, dalla quale numerose fenditure, di varia dimensione, si riproducevano di ora in ora. Fu a seguito di questo controllo che si decise lo sgombero del Toc, e la sera stessa iniziò il piano di evacuazione delle casere stagionali, su ordine dell'assistente Corona Marco, ordine limitato alla zona del Toc, ad esclusione delle frazioni di Pineda, Prada e Liron. La motivazione data era: "..........per precauzione...........".
    Dal paese di Casso, intanto, si potevano osservare a vista d'occhio i mutamenti della frana, che interessava sia la strada sia i prati sovrastanti il piano stradale. Fenditure e spaccature non si contavano più.

    Martedì 8 ottobre
    L'ing. Caruso parla a Violin, Capo del Genio Civile, dicendogli che l'accellerarsi degli spostamenti della frana non sono eccessivamente preoccupanti: un esperimento ha dimostrato che una eventuale onda potrebbe essere contenuta all'interno della diga ed uno svaso della diga comprometterebbe la stabilitÃ* della frana ma però........... "Non c'è niente di allarmante (......) la pregherei di non spargere voci allarmistiche perché per quello che c'è di pericoloso abbiamo giÃ* provveduto", intendendo per questo lo sfollamento delle casere relative al M. Toc.
    Durante una rilevazione compiuta con i geometri in localitÃ* Pineda, Corona Felice, notò che la frana si muoveva a vista d'occhio e che la preoccupazione toccava anche i tecnici addetti alla misurazione. Il terreno ormai continuava ad abbassarsi.

    Mercoledì 9 ottobre
    L'ing. Biadene scrisse una lettera all'ing. Pancini nella quale si descrivevano, in modo sommario ma preoccupante, gli eventi degli ultimi giorni e si consigliava un rientro anticipato a Venezia, dalla vacanza a New York, per prendere decisioni importanti con il Presidente e il Direttore Generale. La lettera si concludeva con un fatidico "Che Iddio ce la mandi buona".
    Poco dopo l'ing. Biadene parlò telefonicamente con il geologo dello Stato, Penta, che messo al corrente di quanto stava accadendo raccomandò la calma e di "........non medicarci la testa prima di essersela rotta".
    Alle 17.00 ai Carabinieri fu ordinato di interdire il traffico per la diga.
    Nel frattempo altre testimonianze si aggiungevano alle precedenti. Filippin Felice, ricorda di aver visto alberi che si inclinavano e che cadevano, sollevando zolle di terreno e radici, mentre De Marta Giuseppe notò che una crepa, intravista tre ore e mezza prima, si era mossa di quasi mezzo metro.
    La sera del 9 ottobre l'autista che fece l'ultimo carico di legname dalla zona sgomberata confessò a Martinelli che non credeva di ".......farcela a tornare a Casso, dato lo stato della strada di sinistra".
    Savi Antonio, anch'esso autista, lavorò fino alle 21.00, quando per le ormai impossibili condizioni stradali, decise di smettere.
    Chi rimase al suo posto di lavoro fu la centralinista della Telve Maria Capraro. Smise come al solito il suo turno serale alle ore 22, quindi abbassò la saracinesca dell'ufficio che si trovava duecento metri sotto il municipio. Tornò a casa, in via Roma 44, poco distante da esso giusto in tempo per salvarsi.
    Alle 22.30 alcuni tecnici ed operai erano ancoraimpegnati in servizio straordinario ad ispezionare la frana con i riflettori................ furono gliultimi bagliori di una notte cupa, di un disastro annunciato che si manifestò in tutte le sue drammaticheconseguenze.


    Oltre al pezzo teatrale ed al libro segnalati, consiglio anche chi passasse tra Veneto e Friuli, se ha tempo e modo, di fare una deviazione su per Longarone e poi soffermarsi, da sotto, di fronte a quella gola che si apre verso Est... Imboccare il canalone, vedere quei luoghi. Fermarsi, materialmente e con la mente. Proseguire poi, attraverso il Passo di Sant'Osvaldo, verso la ValCellina e riscendere verso le Pianure Pordenonesi. Ogni volta che passo di lì è una sensazione, un sentimento che fanno turbinare in mente mille cose, rivedere tutto ciò che si è detto, scritto, mostrato, raccontato su quel tragico, per me personalmente forse il più angosciante e terribile nella sua dinamica, disastro...
    Saluti dal punto più settentrionale del Mediterraneo! E da TS, patria dei ts e della Bora, da cui soffia il fresco a 150 all'ora ...e il caldo si divora!

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