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Uragano
La Grande alluvione, 40 anni dopo
Consentitemi di riproporre in versione forum questo mio lungo servizio dedicato all'alluvione del 3-4 novembre 1966, che molti di voi avranno già letto sul Magazine della nostra associazione e, ancora prima, nella versione ospitata sul Meteogiornale. E' un lavoro lungo e noioso
, ma si può anche leggere scegliendo un capitolo che più interessa, oppure limitandosi a guardare le immagini. Purtroppo, per limiti di spazio negli allegati, ho dovuto fare una cernita. Ci sarebbe anche un collegato di Alberto Gobbi dedicato all'alluvione del Brenta. Lo aggiungerò nei prossimi giorni.
Buona lettura. 
1966, l'anno del diluvio
di Francesco Albonetti
Pioggia senza fine (I capitolo)
La pioggia continuava. Era una pioggia perenne, una pioggia dura e fumante, una pioggia ch'era sudore; un prorompere, un irrompere, un precipitare d'acqua, una sferza sugli occhi, una trazione subdola alle caviglie sommerse; una pioggia da inondare ogni altra pioggia, insieme col ricordo di tutte le altre piogge. Pioveva a tonnellate una pioggia tambureggiante, che decapitava la giungla, tagliava gli alberi come una enorme cesoia, tosava i prati e scavava gallerie nella terra e dissolveva i cespugli. Rattrappiva le mani degli uomini in mani grinzose di scimmie; pioveva una pioggia vitrea, una pioggia che non aveva mai fine.
Dal racconto "Pioggia senza fine" di Ray Bradbury
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Firenze 4 novembre 1966: l'acqua dell'Arno dilaga in piazza Cavalleggeri: presto la spalletta del fiume sparirà alla vista
Ebbe un'ora precisa l'inizio dell'agonia di Firenze. Il più sconvolgente cataclisma della sua storia iniziò alle 7,26 del 4 novembre 1966: a quell'ora si fermarono gli orologi elettronici, come in un forte terremoto. L'ultimo ponte, quello di San Niccolò, veniva invaso dalle acque dell'Arno che straripavano dalle spallette. Il fiume toscano, con una portata di 4500 metri cubi al secondo, si era improvvisamente trasformato in un Po in piena, seminando insieme ai suoi affluenti morte e distruzione in tutto il Valdarno dalle porte di Arezzo fino a Pisa.
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Il centro di Grosseto allagato dall'acqua dell'Ombrone
Passavano meno di venti minuti e a Grosseto, alle 7.45, l'Ombrone rompeva l'argine destro contemporaneamente in tre punti. L'acqua irrompeva limacciosa e minacciosa in città: dal Berrettino, per via de' Barberi, puntava direttamente su piazza De Maria, poi, attraverso Porta Vecchia, entrava nel cuore del capoluogo maremmano.
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La campagna maremmana alle porte di Grosseto
Nel frattempo si consumava il dramma di Venezia. Sospinta dallo scirocco e da condizioni astronomiche moderatamente favorevoli, la marea iniziò a salire dalle 22 del 3 novembre: alle 18 del giorno successivo, quando secondo le previsioni avrebbe dovuto calare toccando il minimo giornaliero, segnò invece la sua punta massima di tutti i tempi: 1 metro e 94 centimetri! Negozi, ristoranti e primi piani di tutte le isole della laguna furono sventrati dall'acqua del mare che, con i murazzi superati e travolti da onde alte fino a 4 metri, si abbatteva direttamente sulle case.
In serata da gran parte dell'Italia centro-settentrionale giungevano notizie di lutti e disastri. Maree di acqua e fango inondavano altri capoluoghi o le campagne circostanti a Udine, Brescia e Padova, sconvolta quest'ultima dalle piene del Brenta e del Bacchiglione. E alle 23 toccò a Trento, dove l'Adige, i cui affluenti di sinistra avevano già provocato in giornata morte e distruzione in alcune vallate alpine, entrò in città rompendo l'argine nei pressi di Roncafort. Se Trento ha vissuto la più grande alluvione della sua storia, ancora peggiore si presentava la situazione in Valsugana e nella zona di Primiero dove, oltre alle esondazioni del Brenta e di altri torrenti, vi furono decine di frane e interruzioni. Nel basso Veneto fu uno stillicidio, con progressive inondazioni che si susseguirono con l'aumento della portata delle acque dei fiumi anche nei giorni successivi.
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Venezia: onde alte fino a 4 metri travolgono i murazzi e si abbattono sulla laguna (www.comune.venezia.it)
] bilancio di quelle terribili giornate, rimaste ben impresse nella memoria collettiva, fu di 1119 comuni e 34 province alluvionati, 118 le vittime. Incalcolabili, e in molti casi irreparabili, i danni al patrimonio edilizio e alle vie di comunicazione, alle attività industriali e commerciali, all'agricoltura. Il patrimonio artistico pagò un durissimo prezzo: nella sola Firenze furono danneggiate 1400 opere d'arte fra tavole, tele, cicli di affreschi, sculture in legno e codici miniati; la Biblioteca Nazionale, la più importante d'Italia, perse 1 milione e 300mila pezzi; quasi distrutta la sezione etrusca del Museo archeologico, gravi perdite anche al Museo della scienza, dove per miracolo furono portati in salvo i cannocchiali di Galileo e altri preziosissimi strumenti. Danni ingentissimi in tutte le chiese del centro, gallerie, musei, biblioteche e nelle università (alluvionate 9 facoltà su 10). I ciclopici restauri delle opere e dei libri danneggiati ma non distrutti, sono tuttora in corso a distanza di 37 anni. I morti a Firenze furono 39, ma potevano essere centinaia se il 4 novembre non fosse stato un giorno di festa: fabbriche e negozi erano chiusi e sulle strade, all'alba di un giorno festivo, circolano pochi automobilisti e pochissimi turisti.
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Piazza dei Giudici, la Biblioteca Nazionale e, sullo sfondo, la basilica di S. Croce: i lungarni non esistono più
Ultima modifica di albedo; 31/10/2006 alle 02:22
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