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La fine dell’inferno, passando per il purgatorio
Quella che sta per iniziare potrebbe essere l’ultima settimana all’insegna di un tempo caratterizzato da alte pressioni, nebbie e, soprattutto, da temperature ben oltre le medie del periodo. Probabilmente, nel prossimo fine settimana, vivremo l’ultimo sussulto dai sapori prettamente primaverili che potrebbe inanellare l’ultimo intenso picco di calore dopo quello appena vissuto l’altro giorno: i 22 °C registrati a Piacenza rappresentano, insieme alle anomalie positive delle ultime 12 decadi, solo la punta di un iceberg che nasconde sicuramente, al di sotto della massa di ghiaccio che rimane emersa, tutti i possibili scenari che inquadrano un cambiamento climatico divenuto ormai troppo tangibile. È inutile negare l’evidenza!
I valori elevati raggiunti in modo continuo dal campo termico in tutti questi mesi saranno certamente motivo di studio e di ricerca per stabilire se la durata delle anomalie, in particolare, potrà essere catalogata statisticamente come “eccezionale”. Da pure osservazioni qualitative, però, mi sembra che le ripetute fasi che si sono susseguite in questo lungo lasso temporale abbiamo il diritto di entrare a pieno titolo negli annali della climatologia non solo italiana, ma anche europea. Non credo, infatti, che la vastità del fenomeno abbia precedenti almeno nell’ultimo secolo: un fenomeno che, allo stesso tempo, ci coglie completamente impreparati proprio nel comprendere l’enormità dell’anomalia stessa. Questo nostro senso di impotenza, indotto da una logica atmosferica a noi estranea che non combacia più con i connotati standard della nostra stagione invernale, ci lascia esterrefatti anche perché non avremmo mai immaginato che, per ben una stagione e mezzo, il motore atmosferico che fa capo alla circolazione subtropicale abbia avuto il modo di accumulare e conservare un’inerzia termica così elevata da sconvolgere, con un impatto riflesso, anche il tempo di ben mezzo continente. Dalle coste atlantiche fino alla lontana Mosca, passando per i paesi scandinavi, è stato un ammutinamento continuo: intere città hanno alzato…bandiera bianca, perché le loro temperature non sono mai scese al di sotto dello zero se non in pochissime e rare volte. Incredibile! Veramente incredibile!
In un contesto che ci vede ormai abituati a questo tipo di circolazione ma di sicuro che ci lascia ancora increduli e in condizioni non ancora ottimali per cominciare ad assimilare mentalmente la realtà dei fatti e a farci quindi una ragione dell’accaduto, ecco che l’atmosfera comincia a preparare le prime mosse per portare probabilmente a termine un primo tentativo di cambiamento sostanziale della circolazione che, come avviene sempre più spesso, sarà deciso dal solito anticiclone atlantico. Se infatti la matrice africana del colosso subtropicale spegnerà probabilmente i motori proprio nel prossimo week-end, parimenti assisteremo ad una ripresa dell’attività della figura anticiclonica delle Azzorre che, per tutto questo tempo, è stata costretta a partecipare allo spettacolo solo in qualità di assistente alla regia. Il travaso di energia, quindi, dalla componente anticiclonica africana a quella azzorriana dovrebbe quindi deporre bene per la ripresa di nuove spinte meridiane che, per il momento appaiono mascherate da timidi spostamenti del cuore anticiclonico a latitudini un po’ più settentrionali rispetto a quelle attuali: non si tratta quindi di vere e proprie incursioni nordiche, ma di un tentativo che sicuramente andrà a segno nell’inquadrare nelle Isole Britanniche una possibile sede transitoria e di parcheggio di figure bariche stabili. Un primo passo che potrà aprire la strada, per l’inizio della terza decade, alla prima irruzione di aria fresca di questa stagione invernale. Già…avete capito bene. Fresca… Ma perché?
Se, nel complesso, trovo infatti sostanzialmente plausibile il nuovo assetto dei geopotenziali che potrebbero venirsi a delineare dopo il 21, resto ancora molto scettico circa il campo termico previsto. Con buona probabilità i modelli stanno sopravvalutando l’entità del raffreddamento e sicuramente l’arrivo dell’aria fredda dovrà fare i conti con un continente che sta registrando temperature al di sopra della media del periodo. La discesa quindi di eventuali isoterme a 850 hPa che viaggiano verso la -10 °C non daranno probabilmente gli effetti sperati (almeno in questa prima fase) specie se, come ho potuto già affermare, l’assetto barico che potrebbe delinearsi non descriverà una pronunciata circolazione meridiana in modo da rendere molto più incisivo l’affondo. Nel complesso, quindi, possiamo sintetizzare che un primo cambiamento a carattere freddo è sicuramente alle porte ma questo stesso cambiamento, se forse deluderà i più, avrà il merito tanto meno di attutire i colpi e ridurre i danni sull’impatto che potrebbe avere il transito immediato di un blocco di aria troppo fredda.
Credo che, come primo assaggio, possiamo anche accontentarci. Nella speranza che, successivamente, l’inverno faccia però sul serio. Non vorrei sbagliarmi, ma mi sembra che le intenzioni ci siano…
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