L’inverno mai iniziato chiude definitivamente i battenti: arrivederci all’anno prossimo. Eventualmente, nel caso più remoto che un’ondata di freddo venga ad interessarci dopo il 20/25 febbraio, di sicuro i conti ormai saranno fatti e, proprio con febbraio, si aggiungerà all’interminabile lista un nuovo mese in anomalia positiva. Precisamente il sesto consecutivo. Per i prossimi giorni, infatti, le proiezioni dei principali centri di calcolo lasciano ben intravedere intense correnti umide e miti in arrivo dal medio Atlantico, in grado di portare piogge e temperature ben al di sopra della media del periodo, specie nei valori minimi. Tutto sommato, anche se l’inverno di quest’anno può essere relegato ad un normale episodio di freddo della durata di appena 4-5 giorni, la nuova fase atmosferica in arrivo è ben accetta, visto che da moltissimo tempo non si assisteva ad un ingresso così deciso e franco della zonalità sull’area mediterranea. Lungi quindi dal mostrarmi intollerante verso il periodo a tratti perturbato che ci aspetta almeno per i prossimi 10-14 giorni, desidero approfittare di questo lungo evento per farvi notare che, dal punto di vista del susseguirsi delle dinamiche atmosferiche, quest’anno l’avvicendamento dei fenomeni sembrano in notevole ritardo rispetto a quella normale tabella di marcia datata 1961-1990, in quanto abbiamo assistito e stiamo tuttora assistendo ad un drastico spostamento nel tempo della successione degli eventi meteorologici.

Come detto, i prossimi giorni saranno contraddistinti da un ritorno del flusso zonale, dopo mesi e mesi di sua completa inattività. Cioè… dal punto di vista circolatorio la situazione sinottica ricalca esattamente configurazioni bariche di pieno autunno, allorquando le correnti zonali acquistano la loro massima intensità a causa della discontinuità termica sempre più elevata che si viene a instaurare tra la cella di Hadley e la cella di Ferrel, a cavallo dei 30° di latitudine nord. Questa elevata discontinuità nasce semplicemente dall’accumulo di calore maturato in estate all’interno della fascia subtropicale anticiclonica e il raffreddamento a cui vanno incontro le alte latitudini da settembre in poi. L’aumento del corrispettivo gradiente termico nord-sud è quindi la causa dell’attivazione delle correnti zonali atlantiche. Ciò che quindi dovrebbe accadere in ottobre e novembre sembra che si stia per presentare adesso, proprio in virtù di quando ho detto nel mio ultimo intervento in cui ho affermato che non conosciamo i tempi di dilatazione delle fenomenologie intense che ci costringono a accumulare anomalia su anomalia. In pratica, a mio modesto avviso, è come se l’estate atmosferica quest’anno sia durata ben 7 mesi, da giugno fino a febbraio escludendo agosto. L’autunno, quindi, sembra cominciare proprio adesso, anche perché le perturbazioni in arrivo proverranno dal medio Atlantico e non saranno quindi seguite da masse di aria fredda.

Il problema è che, statisticamente parlando, il periodo in atto dovrebbe essere caratterizzato da un’atmosfera meno irrequieta che ha già esaurito la maggior parte della sua energia termica per merito delle correnti occidentali, e invece ora avviene proprio l’esatto contrario. In virtù di ciò e ragionando quindi sotto questa ottica, ecco che allora è probabile che la prossima primavera potrà vedere un mix di eventi che potrebbero essere la sintesi di una stagione invernale non arrivata a suo tempo e di una stagione primaverile che accelererà probabilmente l’arrivo della bella stagione. In pratica una stagione primaverile assai dinamica, sempre condita da fenomenologie intense e diametralmente opposte, in un contesto generale di anomalie da quantificare ma che dimostrano, ancora una volta, il netto e plateale cambiamento climatico (rispetto al trentennio di riferimento) che mai come quest’anno sembra aver completamente alterato il nostro iter degli eventi stagionali.