Il primo deciso affondo di una saccatura ricolma di aria fresca atlantica, da 4 mesi a questa parte, sul bacino del Mediterraneo occidentale, ha trovato tutti quegli ingredienti esplosivi per cominciare ad innescare sul Nord Italia la formazione di intense strutture temporalesche fin dalle prime ore del mattino. Avevamo detto, giusto l’altro ieri, che venivamo da un periodo critico in termini di accumulo energetico a causa dell’eccessivo surplus termico scaturito, in modo particolare, dalle eccezionali ondate di calore di giugno e di luglio: terreno più che fertile, questo, per dare inizio alla formazione di un’intensa ondata temporalesca una volta che un ramo della corrente a getto polare avesse tolto il coperchio al calderone mediterraneo. L’opera di rimozione è avvenuta proprio nelle prime ore di questa mattina, verso le 4.30, quando i primi fulmini, sempre più frequenti, hanno incominciato ad illuminare tutto il Levante Ligure e la Versilia. Per capire la dinamica dell’innesco della fase temporalesca che poi, in giornata, si è estesa anche alle restanti regioni settentrionali, cerchiamo di spiegare passo dopo passo, con questa mappa che ho allegato, come si è arrivati a questa fase marcatamente perturbata.
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Come possiamo osservare dall’immagine satellitare rielaborata, questa mattina alle ore 4 UTC (le 6 italiane) la situazione su scala europea vedeva l’ingresso di una goccia di fredda sulla Francia, sganciata dal flusso di aria fresca con direttrice NW-SE che scorreva, in pieno Atlantico, al di sopra della struttura anticiclonica delle Azzorre. Il nucleo freddo era caratterizzato da una temperatura prossima ai -23 °C alla quota di 5610 metri di geopotenziale e presentava minimi già disaccoppiati all’interno del livello troposferico compreso tra 500 e 850 hPa, con i centri motore rispettivamente a 500 hPa nel cuore della regione francese e a 850 hPa a cavallo delle Alpi centro-orientali, segno inequivocabile di quanto fosse divenuta baroclina la struttura verticale dell’atmosfera e quindi, conseguentemente, di come fosse stata richiamata verso la papabile zona temporalesca un’avvezione di aria calda attiva già da ieri a tutte le quote che si preparasse allo scontro con aria più fresca lungo una ipotetica linea di convergenza. Se la circolazione ciclonica in quota aveva quindi già preparato, da 24 ore, l’apporto energetico con tutta calma, è stato necessario attendere una particolare curvatura della corrente a getto per cominciare a dar vita alla formazione delle prime strutture temporalesche. Osservando infatti l’andamento del ramo della corrente penetrato sul Mediterraneo (linea grossa azzurra tratteggiata), si notano in particolare due anse: la prima approssimativamente tra la catena dei Pirenei e le isole Baleari a sorvolare sul minimo francese a 500 hPa e la seconda a cavallo dell’arco alpino a sorvolare il minimo a 850 hPa.
Come è stato possibile, allora, la genesi delle strutture temporalesche che osserviamo in prossimità delle isole Baleari e tra Levante Ligure e Versilia? Sappiamo bene che il jet non è altro che un fiume d’aria che scorre ai limiti della troposfera presentando massimi di velocità (in gergo jet streak) in alcune zone particolari che, in questo caso, coincidono con la zona compresa tra le due anse. Proprio qui la corrente che scorre a 300 hPa acquista un’accelerazione proprio come quando un’automobile di appresta ad accelerare una volta superata una curva. E proprio laddove avviene la curvatura, le isoipse tendono a ravvicinarsi e determinano, appunto, l’accelerazione appena descritta. Avvenuto ciò, è logico supporre che allontanandoci successivamente dalla curvatura, l’accelerazione diminuisce perché le isoipse si allontanano fra di loro e, di conseguenza, a questo punto sul moto della massa d’aria prevale la forza deviante che determina una divergenza della massa d’aria stessa sempre alla quota di 300 hPa. Poiché in natura il vuoto non esiste, l’aria che viene sospinta verso l’esterno della corrente a getto deve assolutamente essere rimpinguata con una convergenza di masse d’aria al suolo (frecce arancioni) che, salendo, vadano a sostituire proprio la massa d’aria che in quota era andata incontro alla divergenza.
In pratica, l’area in cui si è avuta la diminuzione di accelerazione (massima divergenza in quota) è coincisa con l’area in cui si è avuta la formazione delle due strutture temporalesche che sono state innescate dai moti ascendenti (updraft) che andavano ad apportare nuove masse d’aria provenienti dalla massima convergenza di queste al suolo. La struttura rigenerante delle multicelle è stata quindi determinata da un continuo apporto dai bassi strati di aria calda e umida con valori di energia disponile (CAPE) prossima a 1000 J/kg generata da un profilo termodinamico fortemente instabile evidenziato anche da un Lifted Index di -4 °C. Per di più, gli intensi updraft sono stati all’origine di temperature raggiunte al top della struttura temporalesca che hanno raggiunto i -60 °C e, parallelamente, di formazioni di chicchi di grandine di dimensioni di tutto rispetto per la zona colpita. Sulla costa della provincia spezzina, in particolare, sono stato io stesso testimone della caduta di chicchi aventi dimensioni (misurate) comprese tra 2,5 e 3 cm di diametro. Mi è anche giunta notizia della caduta di chicchi più grandi (senz’altro agglomerati di chicchi più piccoli) e comunque assai probabili visto che la rottura del parabrezza di due autovetture e del vetro della mansarda di casa mia classificherebbero questi chicchi nella scala Torro al livello H4. Vi risparmio poi lo stato in cui destano le carrozzerie degli autoveicoli: ho visto gente con le mani ai capelli per la disperazione. Per completare, riporto nella cartina allegata il quantitativo di precipitazione che è caduto in circa due ore, tra le 6 e le 8.
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Aggiungo solo una cosa: sebbene il Levante Ligure sia una delle zone più piovose d’Italia, tale piovosità è determinata non tanto da notevoli cumulate di pioggia giornaliere ma dal un grande numero di giorni di pioggia. È raro vedere, alla Spezia, cumulate superiori ai 100 mm in 24 ore, anche in autunno. Ancor più raro lo diventa nel corso di un temporale estivo: non era mai successo almeno negli ultimi 11 anni, ovvero da quando registro i dati per la mia città. Per trovare un accumulo superiore a questa soglia (ma qui cadiamo nel pieno della stagione autunnale), dobbiamo risalire all’ottobre del 1999, data dell’ultima alluvione: il giorno 20 caddero 72 mm di pioggia, mentre il giorno 21 si arrivò a ben 159 mm.
Buona serata a tutti...![]()
Complimenti Andrea, chiarissimo!![]()
"Credo nel potere del riso e delle lacrime come antidoto all'odio e al terrore." C. Chaplin
Always looking at the sky...
Apperò! Ottima spiegazione![]()
Alessandro 1981
membro del TT-chaser
Bellissima analisi
Ossevando quanto accaduto oggi a Prato devo rilevare che nelle zone interne è molto difficile assistere a temporali rigeneranti come i fenomeni avuti oggi pom fra Pistoia Prato e Firenze con accumuli giornalieri di tutto rispetto compresi fra 50 e 100mm specie nella piana.
Questa cella ha indugiato oggi pom pressochè in zona per 2-3 ore
L'Ultimo fenomeno di rilievo nel mese di Agosto simile come violenza e durata mi sembra sia stato quello del 5 Agosto 2000 .
A Prato quel giorno grandinata record tromba d'aria ed accumulo prossimo ai 100mm.
Configurazione molto molto simile.
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Già mi ricordo quel pomeriggio vento,acqua,fulmini e grandine.
E' vero Stefano!Con qualche differenza negli effetti. Innanzitutto nell'attuale occasione pare che, complessivamente, sia piovuto di più rispetto al 5 agosto 2002, quando io registrai 65 mm ma anche le altre zone di Prato non andarono molto oltre questo quantitativo. In compenso in quell'occasione l'apporto di aria fredda dalla quota evidenziatosi con l'abbondante grandinata (fino a 20 cm il cumulo in alcune zone della città), comportò un calo termico nel momento topico dell'evento ben maggiore, con minima crollata fino a 10°. Ieri invece non sono sceso sotto i 17,8°.
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Quando la traiettoria della goccia fredda scende dalla Francia ed espone la costa del Levante Ligure e dell’Alta Toscana al lato della sua circolazione ciclonica ascendente non si scappa: è libeccio freddo con neve in inverno (con le opportune termiche, ovviamente...) e violenti temporali in estate. Tipiche configurazioni nella stagione estiva, però, non sono così tanto frequenti, visto che la precedente risale proprio al 5 agosto del 2000 (La Spezia, in quella occasione, fece 23 mm), ma l’ondata di maltempo di ieri con regge proprio il confronto. La differenza negli effetti sta solo nelle condizioni di partenza dello stato dell’atmosfera: se c’è più energia in gioco c’è più violenza nei fenomeni che ne scaturiscono, perché i fenomeni sono proprio la valvola di sfogo del sistema. Con tutto quello che stiamo attraversando, quindi, eventi come quelli di ieri dovevano assolutamente essere messi in lista di attesa.
Ciao Andrea, per quale motivo la costa toscana da Viareggio in giù non ha visto niente? E' stato solo un caso, oppure c'è un motivo per cui i TS si sono formati dietro i rilievi retro-costieri (tipo il Monte Serra) per scatenarsi su pistoiese, pratese e fiorentino?
Le correnti non erano così sfavorevoli per la costa, e pure la ventilazione al suolo (in prevalenza ostro/libeccio) non era così intensa da lasciar presagire un salto totale...
Ciao e grazie per i tuoi interventi,
Luca![]()
Luca Bargagna
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