Un’irruzione di aria fredda, intensa per il periodo, sta per interessare la nostra penisola. Vedere l’isoterma di 0 °C appoggiarsi sull’arco alpino e la +5 °C scendere fino alla Campania fa un certo effetto ai primi di settembre, come farà un certo effetto il salto termico che apprezzeremo entro le prossime 72 ore considerando che proveniamo da un periodo che, specie per il Centro-Sud, è stato complessivamente più caldo della norma fino all’altro ieri. Non dobbiamo però lasciarci troppo scuotere emotivamente da quanto sta succedendo e meravigliarci più di tanto perché, pur non togliendo nulla all’eccezionalità del fenomeno che si appresta a interessarci, credo che ormai dovremmo essere più che consapevoli del fatto che ogni estremo che l’atmosfera tende a riproporci, anche a breve distanza di tempo uno dall’altro, non debba essere giudicato fine a se stesso, bensì inserito all’interno di una linea evolutiva del clima che appare ormai chiara.

Al sentire la parola “cambiamento climatico”, però, qualcuno che storce il naso c’è sempre, perché la letteratura scientifica che si occupa di trattare tale argomento ha sempre associato a questo importante tema solo la modifica di tutti quei fattori astronomici che costruiscono, appunto, le condizioni medie dei parametri meteorologici su tutto il nostro pianeta: radiazione solare, inclinazione dell’asse terrestre, precessione degli equinozi, ecc… Focalizzando però l’attenzione solo su questo modo di intendere il clima, inteso quasi in modo macroscopico, si finisce per dimenticare che il nostro sistema climatico, alla fin fine, lavora come una macchina termica in cui c’è un bilancio energetico da conservare. Esiste anche quindi un problema che è interno al sistema, che possiamo definire microscopico in rapporto a ciò che avviene oltre il nostro pianeta e che non dipende dalle influenze di tutti quei fattori sopraccitati che agiscono come forzanti esterne. L’estremizzazione climatica, ovvero l’esatto significato da dare quando si parla di cambiamento climatico nel breve termine, non è una teoria che nasce per un record battuto, ma ha il suo fondamento, semplicemente, nella prima legge della termodinamica applicata al sistema terra-atmosfera e che, in sintesi, afferma due cose:

1) il calore è una forma di energia
2) questo calore può essere utilizzato sia per fare aumentare la temperatura del sistema e sia per permettere al sistema per compiere lavoro.

Non ho minimamente l’intenzione di tediarvi con questi argomenti prettamente nozionistici, però se non ci si rifà a certi principi base per spiegare certe dinamiche, si rimarrà sempre a bocca aperta ogni volta che l’atmosfera muoverà i propri passi proprio come ha fatto ultimamente, in particolare con le eccezionali ondate di caldo di questa estate e con la bordata fredda imminente. Se è vero che la deriva dell’effetto serra ha portato ad avere in atmosfera una maggiore concentrazione di gas attivi nell’infrarosso, è anche vero che questa radiazione ha comportato un aumento dell’energia che rimane intrappolata e che non riesce più a liberarsi nello spazio. Se ora ci chiediamo come viene sfruttato questo ΔE, si arriva facilmente a spalmare l’eccesso energetico in un incremento della temperatura ΔT del sistema e in una quantità di energia che verrà immessa nei motori atmosferici che fanno il nostro tempo per produrre nuovo lavoro ΔL: significa, in pratica, che gli anticicloni da un lato e le depressioni dall’altro sfruttano questa marcia in più per dar vita a fenomeni più incisivi, siano essi di natura calda che di natura fredda. Queste estremizzazioni, quindi, non sono altro che una valvola di sfogo del sistema climatico e, fin tanto apprezzeremo un aumento della frequenza delle stesse, vorrà dire che il sistema è ancora in fase di accumulo e non di dissipazione energetica.

Da non dimenticare, tuttavia, che tutto questo discorso ricopre una notevole rilevanza specialmente se rapportato al nostro bacino del Mediterraneo, definito dagli studiosi il bacino di prova del clima. È arcinoto che il nostro mare amplifica notevolmente le fenomenologie e che quindi, conseguentemente, ciò che nasce in area mediterranea nasce principalmente come scontro tra masse d’aria di opposta natura le cui caratteristiche vengono esaltate proprio durante questa dinamica conflittuale. Per noi, allora, deve diventare ormai un’abitudine avere a che fare con un sistema che sembra andato su di giri, perché all’estremizzazione legata esclusivamente a quel ΔL in più che viene utilizzato si aggiunge anche un fattore locale che non è certamente ininfluente e che alimenta tutto ciò che l’estremizzazione può potenzialmente produrre. Avremo modo, nei prossimi giorni, di vedere dimostrata questa semplice teoria, sia dal punto di vista prettamente “estremo” (calo sensibile delle temperature) e sia dal punto di vista “nostrano”, nel senso che il Mediterraneo saprà certamente come comportarsi laddove avrà modo di interagire con una massa d’aria fredda che, come dicevo all’inizio, appare notevole per questo inizio mese.

Vi invito quindi a non lasciarvi troppo prendere dall’emozione per non essere irretiti dal sensazionalismo e viviamo la prima bordata "fredda" della stagione autunnale come una semplicissima conseguenza di una dinamica del clima molto più vivace che, pur nuova, ormai è arrivata al punto che deve essere digerita.