Direi di no. Tagliamo comunque la testa al toro: riporto qui quel post. In blu la parte da te tradotta, in rosso la parte da me sopra citata. Fanno parte dello stesso articolo, mi pare...
Predictions of climate
Posted by Oliver Morton on behalf of Kevin E. Trenberth
I have often seen references to predictions of future climate by the Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), presumably through the IPCC assessments (the various chapters in the recently completedWorking Group I Fourth Assessment report ican be accessed through this listing). In fact, since the last report it is also often stated that the science is settled or done and now is the time for action.
In fact there are no predictions by IPCC at all. And there never have been. The IPCC instead proffers “what if” projections of future climate that correspond to certain emissions scenarios. There are a number of assumptions that go into these emissions scenarios. They are intended to cover a range of possible self consistent “story lines” that then provide decision makers with information about which paths might be more desirable. But they do not consider many things like the recovery of the ozone layer, for instance, or observed trends in forcing agents. There is no estimate, even probabilistically, as to the likelihood of any emissions scenario and no best guess.
Even if there were, the projections are based on model results that provide differences of the future climate relative to that today. None of the models used by IPCC are initialized to the observed state and none of the climate states in the models correspond even remotely to the current observed climate. In particular, the state of the oceans, sea ice, and soil moisture has no relationship to the observed state at any recent time in any of the IPCC models. There is neither an El Niño sequence nor any Pacific Decadal Oscillation that replicates the recent past; yet these are critical modes of variability that affect Pacific rim countries and beyond. The Atlantic Multidecadal Oscillation, that may depend on the thermohaline circulation and thus ocean currents in the Atlantic, is not set up to match today’s state, but it is a critical component of the Atlantic hurricanes and it undoubtedly affects forecasts for the next decade from Brazil to Europe. Moreover, the starting climate state in several of the models may depart significantly from the real climate owing to model errors. I postulate that regional climate change is impossible to deal with properly unless the models are initialized.
The current projection method works to the extent it does because it utilizes differences from one time to another and the main model bias and systematic errors are thereby subtracted out. This assumes linearity. It works for global forced variations, but it can not work for many aspects of climate, especially those related to the water cycle. For instance, if the current state is one of drought then it is unlikely to get drier, but unrealistic model states and model biases can easily violate such constraints and project drier conditions. Of course one can initialize a climate model, but a biased model will immediately drift back to the model climate and the predicted trends will then be wrong. Therefore the problem of overcoming this shortcoming, and facing up to initializing climate models means not only obtaining sufficient reliable observations of all aspects of the climate system, but also overcoming model biases. So this is a major challenge.
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Posted by Oliver Morton on June 04, 2007
Ultima modifica di Jadan; 16/09/2009 alle 11:34
Maurizio
Rome, Italy
41:53:22N, 12:29:53E
Non dice "poco" comunque eh ...
1. La variabilità interannuale non è modellata e già lo sapevamo; pesa? In sè no, ma i feedback? E chi lo sa ...
2. Lo stato iniziale è diverso quindi introduce il bias; però introdurre tale distorsione non è detto che sia ad impatto zero perchè anche i feedback possono essere differenti (esempio iperbolico: se parto dicendo che la T media planetaria è 0° oppure 20° fa la differenza tra un pianeta abitabile e uno no; più banalmente sul ciclo del carbonio). E' qui che si inserisce l'affermazione "si assume che la risposta sia lineare. E invece ci sono casi in cui non è così come il ciclo dell'acqua".
3. La formazione delle nubi è un problema acclarato e si riaggancia anche a quanto sopra.
Ma ovviamente non conclude certo dicendo "fa tutto schifo diamogliela su".
Ma che è una grande sfida.
Certo che lo è. Più grande è sfida maggiore sarà la soddisfazione quando ne arriveremo a capo.
No, infatti. Ma sono tutte cose note e stranote a chi si sia preso la briga di sfogliare un rapporto IPCC.
Sul feedback, una notazione. Non viene modellato anche perché se ne ha una percezione discreta e non continua. Esempio: fa caldo ---> si scioglie il permafrost ---> si libera CO2 ---> fa più caldo. Non è che l'IPCC non sappia quanto sopra. Ma quello che sa è soltanto il (diciamo) segno del feedback, di questo feedback, e non di quanto può incidere.
In genere, tutte le variabili per le quali è noto solo il segno ma non il quantum, l'IPCC ha scelto di non includerle nei modelli. Il che non vuol dire che non ne parli. Ne parla eccome, ma non fanno parte dei modelli. (Parentesi: è proprio questa non inclusione che ha generato la maggior parte di critiche ai rapporti dell'IPCC. Critiche, evidentemente, al fatto che l'IPCC ha sottostimato il futuro riscaldamento del pianeta proprio perché non ha considerato, nei modelli, quei feedback che, in misura largamente prevalente (dal permafrost agli idrati di metano), portano un segno +. Cioè agiscono nel senso di un ulteriore rialzo delle T.)
Ma ripeto: sono tutte cose dette a chiare lettere in ogni rapporto.
Maurizio
Rome, Italy
41:53:22N, 12:29:53E
ne approfitto quindi per un 'altra domanda
- sia che i modelli si facciano correre all'indietro nel clima del passato,
- sia che li si faccia correre nel futuro
perchè i dati iniziali non si conoscono? o non corrispondono alla realtà?
Se parto dal 2005 conosco sia la temperatura dell'aria che quella del mare, forse è un problema fare una media globale?
ma Trenberth dice "In particular, the state of the oceans, sea ice, and soil moisture has no relationship to the observed state at any recent time in any of the IPCC models."
Io l'avevo capita così: "lo stato degli oceani ghiacci marini umidità al suolo non ha nessuna relazione (o meglio correlazione) tra i dati reali osservati recentemente e i dati espressi dai modelli dell'IPCC"
come a dire che i modelli (che non sono partiti adesso nelle loro corse), non ci han preso. Quindi se io fissassi adesso nel 2009 un dato di un modello che è stato inizializzato che so ad es 10 anni fa ad es la t marina. Il valore che esprime il modello non corrisponde alla realtà.
O sbaglio?
Aggiungo, nel caso non mi sbagliassi, non è che per inizializzazione si intende un processo iniziale di verifica dei dati del modello, che so a partire dallla temperatura del 1970 (che dovrebbe essere conosciuta) verificare se per 40 anni di corsa del modello, le temperature espresse dal modello corrispondono alla realtà?
Questo perchè poi Trenberth parla di oscillazioni oceaniche, quindi condizioni che variano nel tempo non di condizioni sbagliate di partenza.
Ultima modifica di clayco; 16/09/2009 alle 12:42
Premesso che non mi interessa di parlare dell'IPCC e delle 7 sorelle, una presa di posizione del genere da parte di un addetto ai lavori non è esattamente uno scherzo.
La domanda finale che potrebbe scaturire è la seguente: è la modellizzazione che fornisce input per le decisioni da prendere. Se tale input (ovvero l'output dei modelli attuali) non può considerarsi sufficientemente affidabile come puoi basarti su questo per prendere decisioni?
Lasciamo stare l'etica e/o il principio di precauzione (che ovviamente dovrebbero stare sopra il discorso).
in linea di massima l'inizializzazione di un modello è fondamentale per fare le previsioni meteorologiche: in altre parole, se voglio conoscere il tempo tra 12 ore devo conoscere quanto meglio possibile il tempo allo stato t=0. Non solo: il modello deve essere già in equilibrio con questo stato. E' uno dei problemi fondamentali della previsione a breve termine. Per fare un esempio terra terra: io posso dire al modello che sta piovendo a Milano, ma se la dinamica interna del modello non prevede per le prossime ore nubi umidità e condensazione il modello mi dirà per forza che a Milano tra poco smette di piovere.
Per le previsioni climatiche questo problema non si pone. Non devono prevedere il tempo. I modelli vengono integrati per molti anni e c'è tutto il tempo perchè dopo un po' raggiungano da soli l'equilibrio, che corrisponde al loro clima e che sarà soggetto alla loro variabilità interna. Allora, quello che si chiede al modello del clima di solito è di vedere in che modo reagisce al cambiamento delle forzanti (esempio: aumento dei GHG), e dunque dopo si farà il confronto tra un run e l'altro. In questo senso può anche essere (relativamente) poco importante che il clima rappresentato dal modello sia simile a quello reale, perchè la risposta che cerco è: quanto cambia il clima (del modello) in risposta a una perturbazione assegnata?
Spero di essermi spiegato.
Lorenzo
Lo dice lui stesso. Questi modelli non funzionano se tu vuoi sapere, in un certo punto del tempo, quale sarà la corrente oceanica. Ma funzionano in caso di forcing esterni.
Detto in altri termini: se io calcolo in un certa quantità di W al mq il potere forzante dei gas serra; se io ipotizzo, ad una certa data, e dipendente dalle politiche che verranno adottate, una certa quantità di gas serra; allora potrò proiettare (cioè projection - cosa che fa l'IPCC -, termine che lui ci tiene a distinguere da prediction; forse la cosa più vicina in italiano è distinguere proiezioni (per l'IPCC) da previsioni) questa forzante rispetto ai valori medi attuali e ottenere uno scenario (proiezione) di come potrebbe essere il clima data la forzante considerata.
Ora, tutto ciò presuppone una buona dose di ceteris paribus. E il ceteris paribus riguarda non solo eventuali aggiustamenti che potrebbero mitigare l'effetto dell'aumento dei gas serra ma, anche e soprattutto, amplificazioni dell'effetto stesso. E qui ritorniamo al discorso che facevo sui feedback di cui sopra.
Ma questo, credo di averlo già detto a uffa, è chiaro a chiunque abbia letto un rapporto dell'IPCC.
D'altro canto, qual è l'alternativa? Noi un dato l'abbiamo per certo: ed è l'incremento dei gas serra. Un altro dato lo consideriamo ormai fortemente acquisito, ed è la forzante dell'incremento di essi sulla temperatura media al suolo. Da qui non è che si scappa granché.
Se noi dovessimo abbandonarci al nichilismo scientifico, potremmo tranquillamente dire che, in effetti, essendo ignoti molti parametri del clima noi non sappiamo in che misura questa forzante agirà nel concreto. Ergo, smettiamola lì e pensiamo ad altro. Il principio di precauzione, poi, è una cosa di cui tanti si riempiono la bocca ma che, poi, va quantificato. Esempio: per quanto tempo devo prendere precauzione? Parliamo dell'OGM. Molti dicono: non sappiamo che effetto possano avere con certezza. Per precauzione blocchiamo tutto. Ottimo. Domanda: quanti anni devono passare prima che la precauzione possa considerarsi scaduta? 10? 30? 1000? Laonde per cui il principio di negazione finisce per essere sovente una negazione per principio mascherata.
Nel caso dei gas serra: tu vedi che, nonostante il mondo scientifico additi da anni il pericolo di un riscaldamento globale, non si è ancora intervenuti in maniera efficace. Vuoi che lo si faccia sulla base non di un pericolo dato per quasi certo, ma per un'eventuale possibile possibilità? E' come dire "non facciamone nulla".
Torniamo a noi. Le proiezioni prese in considerazione dall'IPCC sono quelle che si basano sui dati oggi considerati più solidi. Sappiamo tutti che la realtà sarà in misura più o meno larga diversa (anche se, sino ad ora, ci hanno preso abbastanza). Se altri dati, altre teorie o altri punti di vista dovessero dimostrarsi solidi, nel prossimo rapporto IPCC se ne terrà conto. Ma tutte le teorie alternative (personalmente lo ripeto da anni, ma tant'è) non potranno scappare ad una domanda di fondo. Cioè per dimostrare che altri sono i fattori importanti da tener conto, prima sarà necessario dimostrare che un aumento dei gas serra a concentrazioni mai viste negli ultimi 600.000 anni (almeno) sia un fatto irrilevante (o poco o pochissimo rilevante). Dopo che avranno dimostrato questo, potranno dirci come e perchè altri fattori sono più rilevanti.
L'impatto che questa forzante avrà sul clima giorno per giorno è largamente sconosciuto. Ma possiamo proiettare quest'aumento previsto di forzante e dire come sarebbe, ceteris paribus, il mondo in presenza di tale forzante (certa) che esplica un ruolo (certo) sul clima.
Allo stato attuale questo a me basta e avanza. Anche perché una cosa è certa: un aumento di energia termica NON può portare ad un raffreddamento. Quindi che un aumento dell'effetto serra (che ha un ruolo certo nel processo di riscaldamento) possa portare (in equilibrio, non in un singolo momento) ad un raffreddamento delle temperature non è cosa, sulla base di ciò che ci dice la scienza, possibile. Non è detto che durante il processo di riscaldamento non si possano manifestare, temporaneamente o localmente, dei feedback che possano portare giù la temperatura. Ma si tratterebbe di fenomeni locali o transitori. Più effetto serra porta più calore. Alla fine il messaggio che esce dai rapporti IPCC, ridotto all'osso, è questo. I critici farebbero bene prima smontare questo, poi a procedere.
Maurizio
Rome, Italy
41:53:22N, 12:29:53E
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