E' sempre bello aver a che fare con te snowaholics, lo dico perchè sono sicuro che tuoi contributi (anche solo come queste riflessioni) alla discussione in corso non potrebbero far altro che arricchire il thread. Ho molta stima per persone colte ed educate come te (ma potrei benissimo citarne anche tanti altri, come Alessandro o Giagi che sono altre anime del thread).
Venendo ora al tuo commento, inizio dal fondo. Anche secondo me il paragone con l'Angliano è corretto fino a un certo punto (infatti poi ho scritto un altro intervento in cui puntualizzavo che molti scienziati ritengono che l'attuale interglaciale dovrebbe avere durata di altri 50mila anni). Ciò si nota già guardando le armoniche dei parametri orbitali (quella dell'inclinazione dell'asse terrestre è posta in basso, è quella curva nera poco sopra l'asse delle ascisse; l'eccentricità è l'armonica nera tratteggiata penso), che sono differenti sia in ampiezza sia in fase rispetto all'Angliano.
Il tutto è sintetizzato poi in quel secondo grafico che mostra la variazione dell'insolazione a 65°N in cui si vede bene come i picchi verso il basso fossero più profondi nell'Angliano piuttosto che nell'Olocene, quindi è più probabile potessero scatenare la cascata di feedback che portano alla glaciazione in un intervallo di tempo minore.
Anzi, guardando quel secondo grafico potrei azzardare la conclusione che tra 400mila e 500mila anni nel futuro potrebbe non esserci nessuna glaciazione, ma solo un lunghissimo interglaciale.
Comunque, guardando i vari livelli dei feedback (volume dei ghiacci, CO2, polveri) mi vien da pensare che la CO2, in generale, non abbia poi questo grandissimo effetto di forcing radiativo (parlo nel complesso del delta termico di 10° tra glaciazioni e interglaciali), dopotutto le sue variazioni si sono sempre mantenute in un range di 100 ppm (e come dici tu pare che la sensibilità all'equilibrio per un raddoppio di 280 ppm sia di 1° o poco più, quindi appena 100 ppm in più non so quanto potrebbero incidere) . Anche quello delle polveri non sembra incidere un granchè. Non dico che non esistano eh, solo che sembrano quasi trascurabili rispetto ai ghiacci.
Io credo che non dipenda solo dall'albedo dei ghiacci tra l'altro, ma anche dalle variazioni del livello del mare che determinano. Modificando le linee di costa si modificano anche ciclogenesi ed altri pattern, e in generale esponi a climi più miti (in quanto mitigati dal mare) superfici prima continentali (penso ad esempio all'Adriatico centro-settentrionale, che durante la glaciazione era del tutto piattaforma continentale).
Questo è mai stato preso in considerazione da studi? Potrebbe essere un altro feedback interno. Già il fatto che la Sundaland (ossia il Continente Marittimo che all'epoca non era una catena di isole ma era fuso o con l'Asia o con l'Australia) ha modificato l'ENSO (da come ho letto in altre ricerche) mettendo in comunicazione le acque di Pacifico e Indiano.
Non parliamo poi del Nord Europa, che senza calotta glaciale a esposto nuovamente alla Corrente del Golfo milioni di kilometri quadrati di superficie.
In poche parole: penso che un modello semplificato che tenga conto di volume dei ghiacci e del forcing orbitale potrebbe funzionare bene per descrivere le transizioni fase glaciale/interglaciale
Restano comunque molte domande non chiare, ne elenco alcune, e per farlo posto lo stesso grafico che mostra però l'andamento negli ultimi 800000 anni:
Ma quanto è bello?
Ricordo che l'armonica blu è l'insolazione al Polo Nord (i valori in W m-2 , leggibili sull'ordinata di sinistra, sono differenti da quelli del grafico con le armoniche rosse e verdi perchè quest'ultimo si riferisce a 65°N) e che il suo andamento correla con quello a 65°N che è il parametro fondamentale.
Ecco le domande:
1) perchè ad alcuni picchi di insolazione non corrisponde un disgelo? Per esempio 90000 o 50000 anni fa, che hanno picchi del tutto analoghi a quello di inizio Olocene e che avrebbe causato la fine della glaciazione Wurm?
2) perchè, al contrario, alcuni picchi negativi di insolazione hanno causato cali più marcati e altri cali parecchio più blandi?
3) perchè durante le ere glaciali picchi di insolazione negativi della medesima entità causano variazioni termiche verso il basso molto più gravi?
A mio parere la risposta è nel volume dei ghiacci. Infatti alla terza si può rispondere agevolmente osservando come ad esempio oggi, pur giungendo a 65°N 480 W/m2 di insolazione, così come nel 450000 BP, non si sia in un'era glaciale, anzi. La principale differenza è che 450000 anni fa si era nel bel mezzo di una glaciazione, e quel parametro orbitale in calo non fece altro che inasprirla, mentre oggi il clima si è fatto più freddo (Neoglaciazione) rimanendo pur sempre però in un interglaciale.
Resta da capire ciò che fa variare questo volume dei ghiacci, e il solo forcing orbitale mi pare un motivo non sempre ben correlato...
Ultima modifica di burian br; 12/10/2019 alle 22:52
Troppo buono
Ricambio pienamente la stima, i tuoi contributi non sono da meno, mi ricordi come ero io da studente universitario.
Purtroppo ultimamente non ho tempo per contribuire quanto vorrei, scrivo quando posso, a volte di fretta senza avere tempo di ricercare le citazioni.
Pienamente d'accordo. Avevo visto i tuoi commenti successivi ma ho cercato di condensare in un unico discorso.Venendo ora al tuo commento, inizio dal fondo. Anche secondo me il paragone con l'Angliano è corretto fino a un certo punto (infatti poi ho scritto un altro intervento in cui puntualizzavo che molti scienziati ritengono che l'attuale interglaciale dovrebbe avere durata di altri 50mila anni). Ciò si nota già guardando le armoniche dei parametri orbitali (quella dell'inclinazione dell'asse terrestre è posta in basso, è quella curva nera poco sopra l'asse delle ascisse; l'eccentricità è l'armonica nera tratteggiata penso), che sono differenti sia in ampiezza sia in fase rispetto all'Angliano.
Il tutto è sintetizzato poi in quel secondo grafico che mostra la variazione dell'insolazione a 65°N in cui si vede bene come i picchi verso il basso fossero più profondi nell'Angliano piuttosto che nell'Olocene, quindi è più probabile potessero scatenare la cascata di feedback che portano alla glaciazione in un intervallo di tempo minore.
Anzi, guardando quel secondo grafico potrei azzardare la conclusione che tra 400mila e 500mila anni nel futuro potrebbe non esserci nessuna glaciazione, ma solo un lunghissimo interglaciale. Immagine
Ecco qui secondo me sottovaluti la non linearità che può avere un sistema complesso come il clima. Dentro il contesto delle glaciazioni il feedback diretto della co2 non è particolarmente forte, ma quella variazione di temperatura può incidere sulla formazione delle calotte glaciali ed essere molto amplificata.Comunque, guardando i vari livelli dei feedback (volume dei ghiacci, CO2, polveri) mi vien da pensare che la CO2, in generale, non abbia poi questo grandissimo effetto di forcing radiativo (parlo nel complesso del delta termico di 10° tra glaciazioni e interglaciali), dopotutto le sue variazioni si sono sempre mantenute in un range di 100 ppm (e come dici tu pare che la sensibilità all'equilibrio per un raddoppio di 280 ppm sia di 1° o poco più, quindi appena 100 ppm in più non so quanto potrebbero incidere).
Se prendi il contesto attuale con concentrazioni più che doppie rispetto ai minimi glaciali ad esempio ci ritroviamo significativamente più lontani dal punto in cui si verifica un rapido accumulo di ghiacci, anche se rispetto al totale della variazione di temperatura tra minimi glaciali e massimi interglaciali il contributo umano è poca cosa. La rapidità con cui avvengono le transizioni tra glaciazione e interglaciale sono sintomo di un sistema con dei forti effetti-soglia, stare da un lato o dall'altro può dipendere da fattori che di per sè avrebbero scarso rilievo.
Quindi basta relativamente poco (anche se non sappiamo dire esattamente quanto) per limitare la crescita dei ghiacci durante la fase di forcing orbitale negativo e una volta superata quella si rimarrebbe nell'equilibrio caldo con poco albedo.
Nei modelloni fisici dovrebbero tenere conto di tutti questi fattori, bisogna vedere se lo fanno in maniera corretta. Il problema poi in questo casi è che diventa estremamente difficile separare i singoli fattori che determinano l'andamento delle simulazioni.
Anche quello delle polveri non sembra incidere un granchè. Non dico che non esistano eh, solo che sembrano quasi trascurabili rispetto ai ghiacci.
Io credo che non dipenda solo dall'albedo dei ghiacci tra l'altro, ma anche dalle variazioni del livello del mare che determinano. Modificando le linee di costa si modificano anche ciclogenesi ed altri pattern, e in generale esponi a climi più miti (in quanto mitigati dal mare) superfici prima continentali (penso ad esempio all'Adriatico centro-settentrionale, che durante la glaciazione era del tutto piattaforma continentale).
Questo è mai stato preso in considerazione da studi? Potrebbe essere un altro feedback interno. Già il fatto che la Sundaland (ossia il Continente Marittimo che all'epoca non era una catena di isole ma era fuso o con l'Asia o con l'Australia) ha modificato l'ENSO (da come ho letto in altre ricerche) mettendo in comunicazione le acque di Pacifico e Indiano.
Non parliamo poi del Nord Europa, che senza calotta glaciale a esposto nuovamente alla Corrente del Golfo milioni di kilometri quadrati di superficie.
In poche parole: penso che un modello semplificato che tenga conto di volume dei ghiacci e del forcing orbitale potrebbe funzionare bene per descrivere le transizioni fase glaciale/interglaciale Immagine
Belle domande.Restano comunque molte domande non chiare, ne elenco alcune, e per farlo posto lo stesso grafico che mostra però l'andamento negli ultimi 800000 anni:
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Ma quanto è bello? Immagine
Ricordo che l'armonica blu è l'insolazione al Polo Nord (i valori in W m-2 , leggibili sull'ordinata di sinistra, sono differenti da quelli del grafico con le armoniche rosse e verdi perchè quest'ultimo si riferisce a 65°N) e che il suo andamento correla con quello a 65°N che è il parametro fondamentale.
Ecco le domande:
1) perchè ad alcuni picchi di insolazione non corrisponde un disgelo? Per esempio 90000 o 50000 anni fa, che hanno picchi del tutto analoghi a quello di inizio Olocene e che avrebbe causato la fine della glaciazione Wurm?
2) perchè, al contrario, alcuni picchi negativi di insolazione hanno causato cali più marcati e altri cali parecchio più blandi?
3) perchè durante le ere glaciali picchi di insolazione negativi della medesima entità causano variazioni termiche verso il basso molto più gravi?
A mio parere la risposta è nel volume dei ghiacci. Infatti alla terza si può rispondere agevolmente osservando come ad esempio oggi, pur giungendo a 65°N 480 W/m2 di insolazione, così come nel 450000 BP, non si sia in un'era glaciale, anzi. La principale differenza è che 450000 anni fa si era nel bel mezzo di una glaciazione, e quel parametro orbitale in calo non fece altro che inasprirla, mentre oggi il clima si è fatto più freddo (Neoglaciazione) rimanendo pur sempre però in un interglaciale.
Resta da capire ciò che fa variare questo volume dei ghiacci, e il solo forcing orbitale mi pare un motivo non sempre ben correlato...
In termini generali la 1 ci dice che l'equilibrio glaciale è molto più stabile di quello interglaciale, perché ad ogni oscillazione fredda per l'emisfero nord coincide con una glaciazione ma non tutte le oscillazioni opposte producono un interglaciale.
Non è sempre stato così, questa regolarità è presente solo nell'ultimo milione di anni mentre prima le glaciazioni seguivano un ciclo corrispondente alle variazioni di obliquità, erano oscillazioni meno ampie e più frequenti.
Non ci sono spiegazioni certe per questo cambiamento, che infatti è definito il problema dei 100 mila anni, ma sembra che il problema sia legato alla formazione di calotte glaciali più spesse e persistenti, in grado quindi di sopravvivere alle fasi calde. Tra le spiegazioni che sono state proposte c'è la riduzione della CO2 e delle temperature medie (non molto ma abbastanza da rendere più stabile l'equilibrio freddo rispetto a quello caldo) e l'erosione che ha portato ad avere più zone rocciose esposte che costituiscono una base più solida per le calotte glaciali, che quindi diventano più stabili.
La domanda più importante a quel punto forse diventa perché esistano ancora gli interglaciali, molto interessante l'articolo sulla polvere/albedo (ci avevo pensato ma non avevo mai trovato articoli scientifici). Altre possibilità possono essere variazioni della circolazione atmosferica/oceanica indotta dal progressivo accumulo di ghiaccio ai poli o il peso eccessivo delle calotte che le rende instabili.
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Figurati, grazie anche per la tua dichiarazione di stima
Sì, vero, potrei sottovalutarla. Dicevo infatti che era una mia impressione.Ecco qui secondo me sottovaluti la non linearità che può avere un sistema complesso come il clima. Dentro il contesto delle glaciazioni il feedback diretto della co2 non è particolarmente forte, ma quella variazione di temperatura può incidere sulla formazione delle calotte glaciali ed essere molto amplificata.Di modelli che tentano di riprodurre il passato ne ho visti diversi in questi giorni, e a volte hanno risultati non del tutto corrispondenti ai proxy o comunque diversi tra loro.Nei modelloni fisici dovrebbero tenere conto di tutti questi fattori, bisogna vedere se lo fanno in maniera corretta. Il problema poi in questo casi è che diventa estremamente difficile separare i singoli fattori che determinano l'andamento delle simulazioni.
Hanno dei forti limiti comunque, benchè siano importanti per farci un'idea.
E questo grafico che hai postato ci introduce al Pleistocene. Vediamo ora di trattarlo meglio.Non è sempre stato così, questa regolarità è presente solo nell'ultimo milione di anni mentre prima le glaciazioni seguivano un ciclo corrispondente alle variazioni di obliquità, erano oscillazioni meno ampie e più frequenti.
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Interessante. Avevo letto di questo problema. Fondamentalmente prima dell'ultimo milione di anni l'alternanza tra glaciazioni e interglaciali durava meno di 100000 anni, ossia 41000?Non ci sono spiegazioni certe per questo cambiamento, che infatti è definito il problema dei 100 mila anni, ma sembra che il problema sia legato alla formazione di calotte glaciali più spesse e persistenti, in grado quindi di sopravvivere alle fasi calde. Tra le spiegazioni che sono state proposte c'è la riduzione della CO2 e delle temperature medie (non molto ma abbastanza da rendere più stabile l'equilibrio freddo rispetto a quello caldo) e l'erosione che ha portato ad avere più zone rocciose esposte che costituiscono una base più solida per le calotte glaciali, che quindi diventano più stabili.
Sì, anche queste sono ipotesi che di certo potrebbero aver contribuito a "scongelare" la Terra.La domanda più importante a quel punto forse diventa perché esistano ancora gli interglaciali, molto interessante l'articolo sulla polvere/albedo (ci avevo pensato ma non avevo mai trovato articoli scientifici). Altre possibilità possono essere variazioni della circolazione atmosferica/oceanica indotta dal progressivo accumulo di ghiaccio ai poli o il peso eccessivo delle calotte che le rende instabili.
Pur non volendo ridurre il tutto a poche motivazioni, e sposando l'ipotesi multifattoriale che vede numerose cause concorrere all'innesco delle glaciazioni/interglaciali, credo che comunque alcune di queste cause abbiano (avuto) un ruolo predominante più delle altre. Resta da capire quali. Per rendere meglio: tutto fa buon brodo, ma senza acqua e un minimo di verdure o di carne il brodo non si farebbe.![]()
Ultima modifica di burian br; 15/10/2019 alle 15:28
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