Stasera ho riguardato quel grafico, e ho pensato a una cosa: se le polveri sono state rilevate nei ghiacci, probabilmente li rivestivano in parte. Allora mi sono venute in mente le immagini dei ghiacci e delle nevi della Groenlandia ricoperte di fuligine che ne diminuisce l'albedo a causa del fatto che inscuriscono le superfici glaciali, portandoli a riflettere meno radiazioni, e piuttosto ad assorbirne.

Ho trovato questa ipotesi (Ellis et all, 2016):

Modulation of ice ages via precession and dust-albedo feedbacks

Sintetizzandola: quando la glaciazione avanza, si liberano più polveri. Queste ricoprono le calotte nel corso di millenni, abbassando l'albedo e il tasso riflettente delle superfici ghiacciate. L'inversione di tendenza si ha quando il forcing orbitale aumenta nettamente e contemporaneamente le calotte glaciali sono "impolverate" (diciamo così ). Ciò risponderebbe anche a una delle mie domande fatte ieri, cioè come mai ad alcuni aumenti dell'insolazione estiva nell'emisfero boreale in corso di glaciazione non corrisponde l'innesco della fine della stessa e il passaggio a un interglaciale: il motivo è che quegli aumenti capitano in periodi della glaciazione in cui la concentrazione di polveri non è ancora alta, e quindi i ghiacci sono ancora "puliti" e privi di polveri che ne riducono la capacità riflettente.

Non solo: lo studio avrebbe scoperto che la polvere deriva soprattutto dai deserti (a quanto hanno scoperto, quella delle carote della Groenlandia per la glaciazione di Wurm sarebbe soprattutto del Gobi, quella antartica proverrebbe dalla Patagonia). Deserti che avanzano quando i livelli di CO2 precipitano a concentrazioni sotto le 200 ppm, che sono quasi letali per molte piante (pare che molte muoiano quando in atmosfera ce n'è meno di 150 ppm). Per cui, morendo e decomponendosi, contribuirebbero alla desertificazione e all'emissione di polveri.

In poche parole, l'origine sarebbe lo stesso freddo che innescherebbe dei feedback "latenti": più ghiaccio significa più freddo, che significa maggiore "intrappolamento" della CO2 (la solubilità di un gas in un liquido è inversamente proporzionale alla temperatura: più fa freddo, più un gas -dunque anche l'anidride carbonica e i gas serra- vengono disciolti in acqua e quindi meno gas resta in forma di vapore). Questo determina oltre al gelo una maggiore desertificazione delle lande non ghiacciate prossime ai poli per morte delle piante che dalla CO2 dipendono, e quindi maggiori polveri che vanno a ricoprire i ghiacci e a ridurne l'albedo. Quando a questo feedback negativo si aggiunge la forzante solare (aumento significativo dell'insolazione per migliaia di anni) ciò determinerebbe maggiore sciogliemento dei ghiacci e quindi passaggio a un clima più caldo (interglaciale).

Che ne pensate?