Sicuramente. Quando parlo di "farsi giustizia da sé" intendo "sommaria", come solo può essere quella istintiva, dettata dallo sconvolgimento interiore, e non misurata secondo le regole della società di appartenenza. La massa chiede sempre giustizia sommaria e basta. Lo si è visto molte volte, a partire dai grandi casi di cronaca in cui palesemente l'importante era avere un colpevole, non importa chi, sino alle richieste di depenalizzare all'estremo la difesa fai-da-te. E' un istinto animale di base, che non riusciamo ad annientare, e che è pronto a riemergere ogni qualvolta ci si sente attaccati.

E' un punto di partenza da non trascurare: questo "istinto" sta riemergendo, o forse sono i mass-media a scovarlo e amplificarlo, con un effetto a catena, non so... comunque se si scorrono i commenti sul web è palese. Qualche settimana fa, tanto per dire, sull'Eco di Bergamo si sono scatenati commenti furiosi che invocavano pene severissime ai trasgressori e persino gravi ritorsioni della sorte contro di loro, il tutto per... beh... un po' di gente che pattinava sul lago ghiacciato nonostante un'ordinanza di divieto, cosa che in loco si è sempre fatta: sembrava un "caso" internazionale, con punte di astio veramente inquietanti rispetto alla portata della cosa. Evidentemente era lo sfogo di ben altre tensioni che covano sotto.

E' per questo che, almeno quando le cose sono abbastanza chiare, occorre intervenire, far capire che la Giustizia - quella vera e regolamentata esiste - e che è l'unico gestore ad avere il monopolio del giudizio e della pena.
Ho l'impressione che la gente sia stufa di processi insabbiati, ma anche di prepotenti che ti passano sopra ogni volta che cacci il naso fuori, senza che nessuno gli dica niente. Alla fine, le grandi mancanze si conglobano e si confondono con le piccolezze quotidiane, assumendo la medesima portata nella testa delle persone; e si finisce per sfogarsi su quelle piccole, perché sembrano più alla portata del singolo (insomma, non posso incazzarmi col governo per le tasse che mi estorce, però se il vicino non mi fa dormire la notte, gli posso distruggere i geranei col diserbante, e già mi sento meglio... questa è la mentalità).

Di paese civile, ormai, penso che non se ne parli neppure. Quando, nel marasma generale, persino rispettare i limiti di velocità diventa occasione per essere messi a rischio da auto che sorpassano a velocità doppia del consentito, in contromano e pure in galleria... mi sembra che di civile non rimanga poi molto.
Iniziamo dal piccolo. Se ci sono distrazioni che non fanno vedere un rosso, iniziamo a eliminare queste distrazioni (che devono essere anche piuttosto grosse, se non fanno veder né il rosso, né il giallo che lo precede...). E cerchiamo di pretendere che un'indicazione stradale sia vista.
Sta al giudice poi valutare i singoli casi, e applicare pene che siano proporzionate, senza infierire e senza vendetta. Però che lo faccia, e non in tempi geologici.
Il caso di cronaca di Vasto nasce proprio da tutto questo miscuglio di suggestioni e di elementi contraddittori. Qui la legge nuova non c'entra nemmeno: c'è una comunità che si sente offesa, ci sono dei mezzi di comunicazione autogestiti che danno voce e fanno montare l'ira popolare, c'è un poveretto che non è stato assistito adeguatamente dal punto di vista psicologico, e c'è una risposta della legge comunque lenta e insufficiente a tenere a bada tutti questi impulsi. Il problema, qui, è che non ci si è nemmeno accontentati di pensare che esista la definizione "omicidio stradale" sperando in chissà quale pena: si è passati subito ai fatti, giudicando come facevano gli antenati Longobardi.
E' qui che dico che il mondo civile è già finito...