E pensare che scaldare a legna costa molto meno che a metano il gpl e' il più caro tutti
Comunque per i comuni montani quoto il discorso fatto da Beppe, ho dei terreni che fanno parte della casa che ho in montagna che sono sulle pendici di un monte ,bene anni indietro mio nonno coltivava le patate ora che tutto è andato a ramengo c'è una fitta boscaglia![]()
Sestriere 8/12/14
Fede http://webgis.arpa.piemonte.it/webme...DTOT=001191902
Sestriere 8/12/14
Fede http://webgis.arpa.piemonte.it/webme...DTOT=001191902
Confermo il fatto che il bosco anche qui sulle Alpi come nel resto d'Italia è in netto aumento.
Vi mostro 2 foto che mostrano l'avanzamento boschivo qui a Rasura (SO) dagli anni '30 ad oggi, vi premetto comunque che rimane a tutt'oggi uno dei paesi di tutto il circondario con più prati attorno all'abitato.
Rasura primi anni '30...
rasura primi del 900.jpg
Rasura nel nuovo millennio...
rasura oggi.jpg
Curiosità: Il nome di Rasura deriva dai toponimi raso/rasa, cioè, zona priva di alberi!
Diego
Valgerola: la più bianca d'inverno, la più verde d'estate!
Anche io tendenzialmente amo vedere la natura lasciata a se stessa,ed i boschi che erano rigogliosi prima dell'uomo,tornerebbero a tale condizione,anche se dopo molti anni di abbandono e passando attraverso fasi iniziali che a noi parrebbero di degrado:un campo abbandonato si riempie di rovi nei primi anni,poi di cespugli poi di piccoli alberi poi via via si copre,e non è detto che torni a coprirsi delle piante autoctone (visto che oggi imperversano in certe zone robinie ed ailanti al posto di querce e carpini).La mania di tenere puliti i boschi a me pare una deformazione professionale dei forestali.Un bosco con i tronchi lasciati sul terreno dopo la morte della pianta per vetustà è assolutamente più bello e naturale di una fustaia produttiva con tagli programmati.
Noto anche dalle mie parti un aumento delle superfici boscate,in concomitanza con il progressivo abbandono dei terreni coltivati collinari (con la progressiva estinzione dei vecchi contadini,i loro nipoti che vanno (andavano) in fabbrica,hanno meno tempo e voglia di curarsi la vigna o l'uliveto.Anche in montagna si nota un aumento dei boschi (dove non arriva la forestale con i suoi scellerati diradamenti:ho visto cose immonde nel Molise dove stanno distruggendo una abetina spontanea).Però l'Appennino centrale,essendo calcareo,specie nelle zone interne dell'Abruzzo,dove arrivano poco gli influssi umidi del Tirreno e dell'Adriatico,è più lento a ricoprirsi di boschi dopo che i pascoli o i campi siano lasciati a se stessi.Molto più veloce invece l'Appennino settentrionale direi.
Grazie o per colpa di alcuni "pazzi" come me il bosco si è esteso anche nei condomini urbani:questo è il mio boschetto di aceri sul mio balcone,ma ho anche un faggio,una betulla,un abete bianco,un pino silvestre,un castagno che produce,una roverella e frutti di bosco ecc. ecc.
-Foto2745 light.jpg
Ultima modifica di EnnioDiPrinzio; 17/10/2014 alle 06:49
In Val Seriana e Val Borlezza sono state raccolte numerose testimonianze fotografiche da archivi storici locali che evidenziano bene il fenomeno anche qui in atto della riavanzata del bosco. Le cause, come già è stato detto sopra, sono legate innanzitutto all'abbandono di pascoli e coltivi, ovvero l'abbandono della tradizionale economia della montagna.
Da questo punto di vista, il trend appare abbastanza "naturale", riflettendo un'oscillazione che caratterizza tutte le epoche passate. Il primo, pesante, disboscamento delle foreste planiziali padane, ad esempio, è documentato nell'Età del Bronzo, con i primi massicci interventi di modificazione del territorio e del paesaggio. Nella fascia prealpina, l'epoca romana costituise unìaltra fase significativa nella storia della forestazione e deforestazione. Nei territori della Serenissima, imponenete è stato il disboscamento di numerose aree, in un epoca in cui il legname serviva oltre che come combustibile e costruzione, anche per il trasporto marittimo. Insomma, è sempre una questione di domada e offerta.
C'è da dire che, attualmente, il sistema è però sbilanciato. A zone si sono fatte deliberate opere di rimboschimento con essenze non autoctone, che hanno preso il sopravvento spargendosi liberamente anche nelle aree limitrofe, e già questo porta a un degrado del bosco, perché molte specie del sottobosco risultano ostacolate da presenze "non in equilibrio".
INoltre, come già stato detto, si tratta spesso di una riavanzata su terreni degradati, e quindi, prima che l'ecosistema si riprenda completamente, tornando a una situazione di equilibrio, occorrerà del tempo.
La questione del bosco "autosufficiente" è un problema non da poco. Il punto è che l'Uomo interagisce col bosco, vive a i suoi margini, oppure ne risente l'influenza anche a distanza. E questo è il motivo base per cui il bosco "va curato". Perché non si parla più del bosco in sé, quello in cui transitavano pochi H. sapiens dediti alla caccia, ma di un bosco che fa parte di un ambiente globalmente antropizzato. E che quindi si vuole "in equilibrio" con l'Uomo.
Il bosco, di fatto, "pesa" sul versante. E la dinamica dei versanti prevede che di tanto in tanto, superato l'equilibrio, qualche pezzo venga giù. Il bosco "selvaggio" coesisteva con vallate in cui gli insediamenti si concentravano in punti tradizionalmente "sicuri", che erano in quantità sufficiente per la densità di popolazione antica. Il resto del territorio, o era usato come risorsa - e quindi il bosco era regolato, ripulito periodicamente della legna caduta, liberando il sottobosco, impedendo l'accumulo di materiali e la ritenzione idrica, e indefinitiva riducendo il carico - oppure era saltuariamente frequentato, e lasciato alla sua naturale evoluzione. Che era quella che oggi definiremmo "dissesto idrogeologico".
L'agente morfogenetico di gran lunga più attivo e rappresentato in Prealpi è la gravità. Frane, smottamenti, colate di fango e debris-flow sono la norma nelle nostre vallate da sempre, per lo meno negli interglaciali, e anche la copertura boschiva prendeva la sua parte nel gioco.
Ovviamente, nel momento in cui la specie umana si è diffusa nei territori, tutta questa "naturalità" è diventata scomoda. L'intervento dell'Uomo sul territorio è antichissimo, e connaturato alla sua presenza e sussistenza in esso.
Questo per il semplice fatto che, in natura, si sviluppano tutta una serie di fenomeni assolutamente normali, che però interferiscono negativamente con la nostra specie. Per dire, laghi originati da frane che sbarrano la valle ce ne sono in quantità, di origine anche molto antica. Però quando si è formato il Lago della Val Pola, - evento naturale, consono all'evoluzione di quel territorio - è stato subito soppresso. Perché non sbarrava una semplice valle, ma un contesto fittamente abitato, troncando la principale arteria di comunicazione; e perché avrebbe potuto evolversi sino a spazzare la valle sottostante, con tutte le sue infrastrutture.
Il punto non è quindi naturalità vs. intervento antropico, bensì il riuscire a mantenere un equilibrio sensato. Dal dire "curo il bosco" come - spesso inconsapevolmente - si è sempre fatto, al dire "ne approfitto del bosco, tanto in fondo lo faccio per il suo bene" il passo è molto lungo.
Stessa cosa qui: diversi maggenghi ormai sono praticamente "spariti" inghiottiti dal bosco, oppure si sono notevolmente ridotti !
E stiamo parlando di localita' prima con appunto prati NON risalenti a 50-60 anni orsono ma a tempi decisamente piu' vicini e che rientrano nella mia memoria, quindi al massimo 25-30 anni eh !
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Riallacciandomi ai discorsi sulla cementificazione del territorio, sempre facendo i raffronti tra le 2 foto che vi ho proposto, si nota come anche in piccoli paesi di montagna (senza scomodare posti illustri come Aprica, Madesimo, Chiesa, ecc...) vi è stata una decisa antropizzazione del territorio, senza però un reale fabbisogno di prime case dato che il numero di abitanti non ha subito grosse variazioni ma anzi è tendenzialmente in calo..... Rasura negli anni '30 contava circa 340 abitanti, oggi ne conta 300 scarsi!
Valgerola: la più bianca d'inverno, la più verde d'estate!
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