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 Momento filosofico 2: la teologia del PIL
				
				
						
						
				
					
						
							Memore dell'epocale diatriba laico-scettica o para-credente e miso-evoluzionistica (parole che fanno girare la testa!!), ritorno io sull'argomento e, me ne raccomanderò, eviterò di portare prove come i mosaici della romanità o le pitture rupestri dell'Età del Bronzo.
Possiamo però noi oggi dire che un'unica incrollabile fede ha iniziato a divenire popolare nella civiltà? Ovvero il credo spregiudicato nella fatturazione?
Possiamo parlare di teologia del PIL? Nell'avere un'incrollabile fede nel fatto che all'aumentare della produzione e del consumo aumentino il benessere e la felicità delle persone?
Dio non è chiamato in causa, ma possiamo noi associare la felicità dei singoli individui alla loro ricchezza monetaria? E come mai le nazioni più ricche del pianeta hanno anche il più alto tasso di suicidi? A parte un'ovvia componente di determinismo ambientale, che fa sì che molti finlandesi, svedesi, russi e canadesi s'ammazzino nei più svariati modi perché non reggono l'assenza della luce solare per lungo tempo, perché la ricchezza monetaria non è sempre, o non è per niente, indice di felicità?
#mosaicodelnilo #sidetwo
						
					 
					
				 
			 
			
			
		 
	 
		
	
 
		
		
		
	
 
	
	
	
	
	
	
	
	
	
	
	
	
		
		
		
		
			
				
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