Secondo me hai centrato il problema. Da un punto di vista ecologico (non "verde" ma relativo alla scienza degli ecosistemi), qualsiasi "popolazione" (animale nel senso più ampio del termine) si autolimita nel momento in cui le risorse a disposizione sono giunte al limite. C'è chi riduce le nascite, c'è chi innesca lotte per il capobranco, espellendo (verso un ambiente contiguo ma libero) il perdente e i suoi seguaci, ci sono la denutrizione e le malattie che da sole iniziano a operare... insomma, in natura, sin'ora, il sistema si è autoregolato.
Il problema è proiettare tutto ciò nella prospettiva umana attuale, quando non esistono più spazi vuoti al margine.
Di fatto l'autoriduzione nel mondo occidentale la vediamo già.
Abbiamo aspettative maggiori, il nostro "minimo indispensabile" è di gran lunga più alto di quello considerato un secolo fa (per non parlare di prima). Quindi è automatico pensare: se faccio un figlio posso garantirgli gli studi, i vestiti firmati, le vacanze in posti salubri, lo sport e magari anche il soggiorno-studio all'estero. Se ne faccio tre, tutto è più difficile. Su questa considerazione latente si innesta poi il mondo esterno, che non sostiene una politica demografica.
Oggi per decidere di fare un filgio occorre prima aver prenotato l'asilo; c'è sempre l'appoggio dei nonni, ma a breve la categoria "nonni pensionati" non esisterà più, bisognerà passare ai bisnonni, in attesa che i nonni arrivino alla pensione. Insomma, anche a voler ridurre le esigenze e crescere i figli spartanamente, riciclando i vestitini, resta il problema di fondo di come trovare gli spazi per accudirli.
Il risultato lo vediamo già.
Quelli che oggi fanno più figli in Italia sono in genere legati a modelli culturali più arcaici, in cui i "bisogni" sono minori, e quindi "ci stanno dentro".
Approdando man mano anche queste categorie al "benessere" nel senso nostro attuale, probabilmente arriveranno a fare gli stessi conti.
In teoria, estendendo la qualità della vita a scala globale, e portando tutti a modelli in cui i "bisogni di base" sono quelli dettati dalle attuali conquiste tecnologiche e sociali occidentali, tutte le popolazioni dovrebbero arrivare ad aspirare alla realizzazione di ciò e quindi a ridurre le nascite.
I fattori critici, per i quali non credo che ciò sia realizzabile:
- partiamo sempre da una "visione del mondo" occidentale, ossia un quadro di valori non condiviso da tutti. Il giochino funzionerebbe se tutti fossero convinti che il nostro occidentale laico e consumista sia il migliore dei mondi possibili. Ma in realtà vediamo già forti resistenze culturali e identitarie, che portano a respingere questo modello, lottando strenuamente per mantenere il proprio.
- se anche tutta l'umanità convenisse su questo punto, resta da considerare il tempo necessario: troppo a mio avviso, rispetto ai limiti che abbiamo davanti.
In definitiva, più facile che sia "il sistema" a imporre direttamente il calo demografico, con uno o più dei sistemi classici, a scelta: guerre, epidemie, carestie etc...
Più ci penso più è incredibile: ormai siamo totalmente assuefatti alle curve matematiche, pensando che siano sinonimo di realtà.
Spero più poi che prima, ma temo che "la mannaia di Madre Natura" agirà implacabile come ha sempre fatto, solo che stavolta sarà molto più rapido (rispetto ai collassi di civiltà del passato) perchè partiamo da un livello molto più alto di energia del sistemaOriginariamente Scritto da alexeia
La mia stazione meteo: https://www.wunderground.com/dashboard/pws/IREGGI57
Concordo con quanto riportato da alexeia, non si intravvedono neanche lontanamente soluzioni al problema dei limiti alla crescita. Per come siamo messi, sull'orlo di un dirupo, abbiamo un potenziale di caduta molto elevato ed in tempi brevi, tanto che chiunque potrà essere coinvolto e non solo indirettamente.
Nessuno può prevenire esattamente dove avverranno e quando fenomeni naturali accidentali, fenomeni sociali violenti e distruttivi, quantunque probabili.
Ognuno è a rischio, ci vorrà anche molta fortuna personale.
Anche tutta la prevenzione che si volesse attuare potrebbe non bastare, date le imponenti forze in gioco.
Pur tuttavia, almeno probabilisticamente, si possono fare scelte su luoghi e attività che meno potrebbero essere toccati, o quantomeno non drasticamente, da eventi negativi.
Ognuno può ricercare, in base alle proprie conoscenze di settore, in base alle proprie capacità e disponibilità, una collocazione più confacente per affrontare i periodi di crisi strutturale che si vanno dipanando.
Crisi che potrebbero essere davvero profonde e con pochi preavvisi.
La mentalità,le abitudini, le scelte delle persone meno informate o lungimiranti difficilmente(eufemismo, ma lasciamo pure uno spiraglio di ottimismo) saranno capaci di cambiare in tempo utile per evitare uno scontro a tutta velocità contro i limiti sistemici. Sopratutto se chi sa o che quantomeno dovrebbe sapere dato il ruolo che occupa, e che dovrebbe guidare la società delle varie nazioni, tace o minimizza(per motivi diversi) sui pericoli imminenti.
Oppure è talmente confuso e sprovveduto da non realizzarli.
E invece, nell’attuale contesto socio-economico, non è solo un problema di mercato ma, anche e soprattutto, un problema politico. Il paragone con i cellulari regge, così come regge il paragone con ogni bene divenuto di largo consumo in seguito all’introduzione di una nuova tecnologia. Nella fattispecie di cui si discute, inoltre, la componente meno nobile dell’innovazione (costo ed utile) si lega, indissolubilmente, a quell’aspetto etico di assoluta pregnanza che vede, oggi, una fetta sempre più ampia della popolazione mondiale (lontana dalla politica) attenta e sensibile ai bisogni del pianeta e, più in generale, alle tematiche connesse al rispetto dell’ambiente. Ragion per cui sbagliano, ed anche profondamente, quelli che - come te - valutano la convenienza di un prodotto (e, in questo caso, di un’intera tecnologia) sulla scorta di meri criteri materialistici facendo, perlopiù, un’analisi a limitato spettro temporale completamente incurante della sussistenza - ormai accettata e compresa da tutti - di fondamentali indici di benessere non computabili economicamente (eppure capaci di fare la differenza). Credevo, tuttavia, che il concetto da me spremuto, all’estremo, nelle righe che precedono, fosse recepito ed assodato in virtù di quanto già letto, discusso ed affrontato in diversi 3d di questo forum. Evidentemente, quando fa comodo, si è disposti a far finta di nulla ed a far regredire la discussione ad un livello quasi primordiale (con conseguente perdita di tempo). Se il tuo pensiero, del resto, fosse valido, non avrebbe senso programmare future spedizioni su Marte (hai idea di quanto costi e sia rischioso un viaggio del genere)? Non avrebbe alcun senso, altresì, mantenere in vita una stazione orbitante. Eppure, forse, il senso c’è: il pianeta potrebbe non bastare per ospitarci tutti e, piaccia o non piaccia, Marte - in un futuro ancora lontano per l’uomo ma non così lontano per la natura - entrerà, progressivamente, in quella fascia di abitabilità (per come noi intendiamo la vita) ora inglobante la Terra, ma destinata a traslare - successivamente all’innesco delle fasi iniziali che tramuteranno il Sole in una gigante rossa - verso orbite più esterne. Potremmo però non investire alcuna risorsa in una missione del genere, visto che l’esigenza non è poi così pressante. Tuttavia, grazie al volere politico, così si è deciso e così si fa. Vuoi vedere che, alla fine, è anche una questione di scelte (come sostenuto, da me, fin dal principio)? Sempre se il tuo pensiero fosse valido, inoltre, nessuno – oggi – acquisterebbe alimenti biologici (così torniamo con i piedi per terra, dopo la breve digressione astronomica e spaziale). E’ vero: il costo del biologico non è conveniente eppure, per ragioni del tutto avulse da ogni implicazione dipendente dal denaro, molti preferiscono ripiegare su tale scelta. Per quale motivo? Forse per questioni legate all’ambiente (e, quindi ad un interesse collettivo) ed al benessere fisico della persona? La differenza nell’approccio a tematiche aventi, tutte, lo stesso denominatore (altro che VHS), non la spieghi con il denaro ma la desumi, esclusivamente, dal grado di sensibilità di una persona e, più in particolare, dalla consapevolezza dell’individuo di far parte di un tessuto sociale - quale quello umano - oggi sfibrato e lacerato da conflitti (spesso legati alle risorse ed al denaro) che richiedono, per l’approccio ad una definitiva soluzione, rinunce individuali in cambio di vantaggi collettivi. E così capita, sovente, che chi risparmia sul superfluo, rinunciando allo spreco (ed io ci metto anche il cibo non necessario al sostentamento umano), accantoni risorse da investire in quelle tecnologie ad “emissioni zero” che i produttori dediti al lucro (e non i consumatori) ritengono non convenienti. Il consumatore attento alle tematiche ambientali non ha bisogno di cambiare un cellulare all’anno, ma ha bisogno, forse, di un’auto a zero emissioni anche al costo di pagarla un po’ di più dell’equipollente modello a benzina. Ed ecco, quindi, che si torna alla mia asserzione iniziale: “non è una questione di costi, ma di stile di vita e di diffusione di una tecnologia che “intercetti” lo stile di vita di un individuo desideroso di contribuire il meno possibile all’avvelenamento del pianeta”. E oggi, come dimostrato da Tesla Motors, la tecnologia esistente giustificherebbe una diffusione, su larga scala, dell’automobile elettrica anche attraverso la progettazione di modelli non sportivi, meno equipaggiati e capaci di raggiungere una velocità massima di 150 km/h (dunque 100 km/h al di sotto del limite oggi già raggiunto dalla casa americana). E se la differenza di prezzo fosse anche di 5 mila euro rispetto a un’utilitaria a benzina, stai pur certo che chi già fa “economia” in nome dell’ambiente sarebbe disposto, sempre in nome dell’ambiente e di un interesse collettivo, ad investire immediatamente ciò che recupera dall’eliminazione degli innumerevoli e quotidiani sprechi (tra l’altro con la consapevolezza di ammortizzare, almeno parzialmente, i costi e con la certezza di una rapida discesa dei prezzi in caso di effettiva concorrenza). Eppure questa naturale propensione a “rimetterci” per l’ambiente e per il benessere di tutti da parte di alcuni individui è frenata, in questi tempi, da chi ritiene non vi sia spazio per scelte svincolate dalle ragioni del profitto. La diffusione di una tecnologia, per quanto utile e ad impatto zero (o quasi zero), quindi, deve sottostare all’utile delle aziende. Illuminante, sul punto, il pensiero di Marchionne:
Marchionne sempre più italiano: «L'auto elettrica non ha futuro»
Auto elettriche: Tesla rende disponibili i brevetti. Marchionne sconsiglia l'acquisto - Il Fatto Quotidiano
Fca, Marchionne agli americani: "Per favore, non comprate la 500 elettrica" - Il Fatto Quotidiano
Hai letto con attenzione? Mi auguro di si. Tieni bene in mente il contenuto di quegli articoli poiché lo stesso Marchionne (sui cui “emolumenti”, tra l’altro, non apro alcuna parentesi per amor di sintesi), di lì a poco, rinnegherà se stesso palesando quali siano le reali ragioni a monte della sua “strategia imprenditoriale”. Spero inoltre che tu abbia focalizzato l’attenzione, durante la lettura, sull’idea diversa di imprenditoria portata avanti da Tesla (sebbene sia ancora profondamente distante dalla mia personalissima e “senmuttiana filosofia”). L’azienda americana, in sostanza, rinuncia a lucrare sui propri brevetti nella speranza che le cause automobilistiche cooperino, sinergicamente, nel portare avanti e nel migliorare una tecnologia già - di per sé - efficiente, oltre che dagli enormi margini di sviluppo e perfezionamento. Se ti va, inoltre, esprimi pure il tuo parere sulla volontà politica di uno stato come la California ed immagina per un attimo, ma solo per un attimo, cosa accadrebbe se ciò avvenisse su scala globale.
La tecnologia Tesla, quindi, non è fine a se stessa, e tutte le osservazioni da te compiute sulla velocità massima, sul peso e sulla resa delle batterie sono irrilevanti oltre che, in molti casi, del tutto campate per aria e/o non veritiere. Il peso non costituisce affatto un problema. Ritieni forse che le strade siano a rischio voragine o che le solette dei garage crollino??
Indipendentemente dal peso, infatti, le prestazioni pubblicate dalla casa sono quelle desumibili dal link che ti ho allegato e che ora, qui di seguito, riporto nuovamente:
Tutte le risposte alle tue domande | Tesla Motors
Come già riportato, inoltre, Tesla dichiara che a breve potrà fare molto di più.
Per quanto concerne le batterie, potrà forse essere utile sapere che Tesla offre una garanzia di 8 anni a chilometraggio illimitato. Tutto il resto, in assenza di scritti contrari e nella consapevolezza delle conseguenze legali in caso di mancato rispetto di accordi sinallagmatici, è fuffa.
Ma torniamo al buon Marchionne (ovvero all’uomo che ha affermato che l’elettrico non ha futuro …). Bene, ora leggi qui:
Marchionne: "Apple sul mercato auto? Non la prendo alla leggera" (03/03/2015) - FIRSTonline
"L'entrata di Apple e Tesla - ha ancora commentato Marchionne - in questo mercato ha cercato di spostare il discorso su altri assetti che impatteranno sull'auto un futuro. Non sottovaluterei la risposta dei costruttori di auto a rispondere a questa provocazione. Abbiamo la capacità tecnica per fare fronte all'Apple, anche se abbiamo molto da imparare. Non ci preoccupa comunque, anzi ci aiuterà ad evolvere".
LOL
Ma vuoi vedere che, per FCA, è una questione di concorrenza? Finché, sostanzialmente, c’era solo Tesla (con i suoi modelli efficienti ma costosi) la spavalderia la faceva da padrona.
Ora, improvvisamente, Tesla diventa un competitor per l’auto del futuro (insieme ad apple).
Sic transit gloria mundi.
PS: scusa se non ho quotato tutti i tuoi passaggi ma, per esigenze di tempo, ho dovuto scrivere velocemente senza badare allo stile e senza approfondire alcuni passaggi per come realmente avrei voluto fare.
Obsequium amicos, veritas odium parit.
Ciao. Nell'attesa di risponderti degnamente (in questi giorni non sto messo benissimo) ti chiedo di spiegarmi, cortesemente, cosa intendi per "violazione dei diritti di proprietà privata e la restrizione delle libertà economiche degli individui in corso da anni. Non sono certo, infatti, di aver ben compreso il concetto che sta dietro a quelle tue parole.
Preciso fin da ora, in ogni caso, che il mio modello di sviluppo non presuppone l'abbandono istantaneo dell'attuale sistema: è a mio avviso indispensabile, infatti, una lunga fase di pilotata e regolamentata transizione. Abbiamo, giusto per fare un esempio, intere "città" da demolire e/o riconvertire: pensa all'enorme quantità di lavoro che un tale progetto, portato avanti su larga scala, sarebbe in grado di generare. Diversamente da te, inoltre, ritengo che il primo passo per il progressivo abbandono di ogni forma di speculazione e di lucro sia quello di restituire, al pubblico, ciò che al pubblico deve necessariamente appartenere.
Ne riparliamo.![]()
Obsequium amicos, veritas odium parit.
I consumatori possono anche decidere di investire per salvare il pianeta. Lo vediamo già, qualsiasi maniaco del biologico spende qualcosina di più pur di mantener fede alle proprie convinzioni (scusate il tono, ma posto l'inquinamento in generale dell'atmosfera, con ricadute anche a grande distanza, e il ristagno degli inquinanti nei suoli, mi vien da dubitare che ci sia lo spazio per produrre tutto il biologico che si dice di vendere... e temo che ormai anche questo sstia diventando un affare, a scapito di chi ci crede veramente).
Il punto è se le decisioni politiche vanno incontro a questa volontà, o meno.
Senza prendere in considerazione l'elettrico, che ancora va sviluppato, è di nicchia, e ha autonomia solo cittadina... consideriamo il GPL, promosso dai governi regionali con incentivi e sconti, ampiamente collaudato e ormai piuttosto diffuso.
Io alla fine ho deciso di provarci, giusto per non parlare sempre di ciò che non conosco, e dare un po' di fiducia alle "nuove" tecnologie.
Bene, per metà dei miei spostamenti sono costretta ad andare a benzina, spendendo di più del vecchio diesel (con gpl invece la differenza è minima), per il semplice fatto che sul territorio i distributori di GPL sono rari come i panda. L'autonomia dell'auto che mi hanno venduto è di 300 km, quella vecchia a gasolio ne faceva 700. Oltretutto, i distributori fanno meno dell'orario di negozio (ormai siamo tutti abituati all'orario continuato).
Insomma, devo pianificare spostamenti, orari, percorsi. E non sempre le cose coincidono.
Ovviamente, appena si è ventilata una legge sull'obbligatorietà per i nuovi distributori di avere anche GPL e metano, nel settore sono tutti insorti.
Andare a fare la spesa negli ipermercati, altro incubo: in molti posti il garage non è aperto ai GPL, mentre all'aperto non esistono parcheggi riservati; se ilparcheggio fuori è comodo, lo trovi pieno, se è distante e scomodo allora hai qualche speranza... insomma, più di una volta ho fatto il giretto in tondo, sono uscita via e andata a cercare un altro supermercato.
Alla fine, anche il consumatore ecologo e sensibile demorde, se non c'è una concordanza di intenti da parte di chi dirige.
Sto meditando di cambiare auto e tornare al diesel... questo il risultato.
A parte la questione che ho introdotto relativa al denaro, di importanza estrema nel sistema economico odierno (le valute fiat che usiamo sono senza mezzi termini la più grande frode legalizzata mai esistita), e che affronterò a breve (ora non ho molto tempo) pensa solamente e banalmente all'imposizione fiscale sul reddito. Il reddito che guadagno è un frutto del MIO lavoro e in quanto tale è una mia proprietà. L'imposta sul reddito è un esproprio attuato attraverso la forza della legge e della coercizione dei frutti del mio lavoro: non a caso si chiama imposta, ti impongo di dare la tua proprietà (parte di essa) a terzi (settore pubblico).
Idem dicasi sugli immobili. L'immobile che io possiedo è una mia proprietà e di conseguenza lo sono anche i suoi frutti (dal momento che tu mi sembri abbastanza ferrato in diritto, credo tu sappia perfettamente di cosa parlo: diritto privato). L'imposta sugli immobili e sui loro frutti (rendita), obbliga a trasferire parte della mia proprietà a terzi soggetti tramite la forza della legge, allo stesso modo con cui agisce l'imposta sul reddito. La mia frase nella firma (io sono un libertario convinto rothbardiano) è in parte provocatoria, ma solo in parte. Le imposte sono un esproprio coatto di proprietà privata, o in altri termini una violazione della proprietà privata attuata con la forza della legge. Oggi nei principali Paesi (inclusa quindi anche la Cina) l'imposta sul reddito supera il 30% del prodotto interno lordo e in moltissimi Paesi tra cui il nostro e la Francia supera il 40%. Vuoldire che da un terzo fino alla metà della proprietà privata viene obbligatoriamente trasferita. Se ti sembra poco...
Attendo con piacere. Specialmente attendo volentieri di sapere perché tali elementi devono necessariamente appartenere al pubblico e(è scritto nelle tavole della legge, nel Vangelo, dove precisamente?) e non essere invece gestite da privati in libera concorrenza: cioè in altre parole perché devo pagare obbligatoriamente per un bene/servizio (pubblico = coercizione = obbligo di pagare) piuttosto che scegliere liberamente di non farlo. Come vedi quando parlavo di violazione della proprietà privata e delle libertà economiche non stavo dicendo a caso. Più spesa pubblica e più tasse = meno libertà individuale, sempre e necessariamente.
«L'Italia va avanti perché ci sono i fessi. I fessi lavorano, pagano, crepano. Chi fa la figura di mandare avanti l'Italia sono i furbi, che non fanno nulla, spendono e se la godono» (Giuseppe Prezzolini, 1921)
L'amico mio ha già vissuto la grande fregatura dei forex. La settimana scorsa, dopo 16 mesi di scommesse sulle piazze di scambio, ha ritirato il suo conto: ha sfiorato la sesta cifra.
(E, così facendo, quanto meno a noialtri amici suoi ci pagherà da bere! Vino rosso. Biologico, km zero il più possibile, ne guadagniamo tutti!)
Quindi, 'sto giro ha sbancato!
In ordine rispondo ai tre neretti sottolineati.
1) morire d'inquinamento in Occidente non è così scontato. Si muore d'inquinamento oggi più che 10-20-30-40 anni fa.
Il rapporto dell'OMS di settembre 2013 è spietato.
Le PM10 e le PM2,5 quotidianamente inalate fanno letteralmente a brandelli i nostri sistemi respiratori più profondi.
Sono le cose invisibili da temere.
E non esiste alcuna malattia propria dell'inquinamento, non c'è "l'inquinamentite" ma c'è una vastissima gamma di correlazioni a questo.
A partire dall'aumento esponenziale di asme e bronchiti croniche nei bambini.
Chi non vuole vedere questo, cioè che la nostra società è meno sana di 10-20-30-40 anni fa, è in errore.
E ancora più impressionante di un tempo è il fatto che oggi la maggior parte della popolazione ricca può permettersi un'alimentazione e una salute migliori della popolazione nelle fasce economicamente più povere.
Prima dell'Illuminismo -semplificando come avrebbe fatto un pensatore contemporaneo come Michel Foucault (NON quello del pendolo!)- i ricchi erano grassi, gottosi e diabetici. I poveri erano splendenti e ben formati.
Oggi i ricchi sono splendenti e ben formati, mentre molti poveri non lo sono: perché non è nemmeno concesso loro il tempo materiale per dedicarsi alla cura del corpo. Correre dopo 8-9 ore di lavoro? Ufficio? Acciaieria? Cantiere?
Attenzione a notare questi mutamenti: l'inquinamento, sempre l'OMS, è cancerogeno.
Verdetto storico dello IARC (Oms): "Inquinamento e polveri sottili certificati come fattori cancerogeni" - Quotidiano Sanità
Impariamo a vivere in città meno sporche nell'aria e forse staremo meglio.
2) La BP (British Petroleum) è molto pericolosa (dopo il disastro del Golfo del Messico, poi).
E come lei qualsiasi multinazionale del petrolio.
Impressionante però, come dici tu, di questi colossi è il fatto che forse quasi metà delle loro entrate è reinvestita per creare la domanda!! Ovvero: marketing.
Per quello adoro certe parole del comico americano Bill Hicks, morto ormai nel '94, che già sparava sentenze piuttosto illuminanti sull'epoca in corso: "if your job is marketing, please: kill yourself".
E infatti quando vedo certe immagini studiatissime sulle nuove tecnologie dell'idrocarburo, fatte con foglie d'erba in controluce o chiome d'alberi su sfondi azzurri, avverto subito un odorino stagnante di diarrea proprio, no?
Concordo su quel che dici intorno a certo marketing che travia le menti di quei boccaloni convinti d'aver davanti un affare da green-economy.
Infine 3).
Il problema del GW dipende ANCHE da un giardinetto cementificato.
Tutto compartecipa, dalla microscala alla macroscala.
Da un vialetto di sessanta metri in mezzo alla Maremma che viene asfaltato e che porta in cima alla masseria sulla collina, allo sversamento di 10milioni di tonnellate di petrolio nel Golfo del Messico.
Dall'inacidimento degli oceani al fatto che durante un incidente in autostrada io resto immobile in coda col motore acceso più di 5 minuti, tutto e tutti contribuiamo.
Finché non ci entra in testa questo, e per ovvie ragioni fisiologiche non entrerà facilmente in testa il fatto che un essere umano incida su 12mila km di pianeta, non usciremo facilmente da questa condizione, cioè quella di minacciare la nostra stessa sopravvivenza sul globo.
Tutto è collegato, non è un motto new-age para-hippy. Ma è fisica, quindi è economia, sociologia, storia, antropologia, fisica e via dicendo.
Ho avuto già in passato la fortuna di ottenere un'illuminante panoramica sull'attuale condizione dell'economia e della sua storia grazie a te Federico, ed a quel documentario ben fatto.
Ed il punto su cui si ritorna è qua: la storia della merce "moneta".
Se si sdrammatizzasse il suo valore (economico, etimologico, etico), cambierebbero già molte cose.
Tutti quei movimenti spontanei tipo "WE'RE 99%" o anche "Anonymous" o "Indignados" o altri, in tanta parte, sono sorti proprio partendo da questo semplice passaggio nella storia economica del Novecento.
Poi, naturalmente e come le mosche, questi movimenti hanno attratto folle dal web di cittadini più e meno disagiati.
Alcuni dei quali hanno abbassato pure l'età media di certi parlamenti europei.
Su tutti, quello italiano.
Ma questo è un altro discorso.
Quanto al controllo delle nascite, la questione è estremamente delicata. La bioetica ha trattato anche questo tema.
Ma i discorsi pro-life di certi esponenti del pianeta (comunità mormoniche di Salt Lake, ultra-cattolici europei, i Pro-Life appunto, quelli di CL, ecc....) mi fanno passare la voglia d'argomentare qualcosa intorno a questa faccenda.
Mi restano in mente le parole di un amico ex indios cittadino messicano che vive e lavora qua nella mia città come ricercatore universitario della FAO che dice che "oggi l'atto più inquinante in assoluto che può fare un essere umano, è mettere al mondo un altro essere umano".![]()
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