A me noOriginariamente Scritto da StefanoBs
Se va lui ci può andare veramente chiunque...
Alex - l'unico meteofilo che aveva una stazione hippie
Brezza di ponente, Alex molto caliente
Vento, vento e ancora...vento!
Dati on-line Rivoli: http://rivolimeteo.altervista.org/Cu...antage_Pro.htm
Appartente al movimento dei "föhnati" e alla banda del buco.
Hai pvt.Originariamente Scritto da StefanoBs
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TROPPA INCERTEZZA, È MEGLIO ASPETTARE IL NUOVO CAPO DELLO STATO DI ANNA CHIMENTI
Non c'è pareggio ma Ciampi non può dare l'incarico
Lo scarto minimo di voti fra le coalizioni e il clima di scontro consigliano di non accelerare i tempi per la nomina del nuovo premier e sciogliere prima il nodo del Quirinale
Nel giro di ventiquattr'ore i controversi risultati elettorali del 9 e 10 aprile hanno beneficiato di una schiarita. Il cosiddetto «pareggio», che vedeva la Camera assegnata per venticinquemila voti al centrosinistra e il Senato per un solo seggio al centrodestra, ha subito un capovolgimento grazie al voto degli italiani all'estero, sperimentato per la prima volta in queste elezioni, che ha riportato l'Unione in maggioranza a Palazzo Madama. Si tratta di una maggioranza risicata, di soli 159 senatori su 315, ed anche se la coalizione guidata da Prodi sa di poter contare sul consenso di cinque dei sette senatori a vita, il margine per una normale vita parlamentare del governo e per l'approvazione dei propri provvedimenti in un ramo del parlamento, rimane alquanto incerto.
Eppure ieri, nella sua prima conferenza stampa, Prodi s'è preoccupato subito di mettere da parte ogni ipotesi di maggioranza diversa o allargata rispetto a quella uscita dalle urne, che nella lunga notte di attesa dei risultati aveva fatto capolino anche tra diversi esponenti dell'Ulivo. Se proprio non si potrÃ* fare il governo perché non c'è la stessa maggioranza in tutte e due le camere, era il ritornello, piuttosto che non tornare alle urne bisognerÃ* trovare una soluzione diversa.
Nella recente storia politico-istituzionale repubblicana, l'aggettivo «diverso» ha sempre avuto un peso importante. Ai tempi della prima repubblica, in tempi di proporzionale puro, serviva a contrassegnare tutte le ipotesi in cui un governo di per sé non autosufficiente avrebbe potuto contare su un appoggio stabile o occasionale dell'opposizione. Un governo «diverso», appunto, per dire non perfettamente coerente con la maggioranza politica che lo esprimeva, e tale da poter indurre l'opposizione a un ripensamento.
Questo genere di governi, come anche quelli «tecnici» o «istituzionali», varati sempre in caso di difficoltÃ* politiche e nel tentativo di ritardare lo scioglimento anticipato delle camere, sono sempre stati prerogativa del capo dello Stato. Era sempre il presidente della Repubblica, in completa autonomia, a proporre, e in qualche caso ad imporre ai partiti, la via d'uscita maturata nelle riflessioni al Quirinale.
E' questo metodo, e questo genere di soluzioni, che il maggioritario, con la sua chiara espressione di un risultato, di una maggioranza e di un premier scelti dagli elettori, aveva tolto di scena. Se il ricordo s'è riaffacciato nella lunga notte elettorale del 10, è perché il risultato incerto, e per certi versi indecifrabile, aveva fatto pensare di nuovo alla necessitÃ* di un espediente plausibile. La fine del pareggio, va da sé, si porta via insieme alle incertezze anche questi fantasmi del passato. Ma le difficoltÃ* di un governo che ha solo tre voti di maggioranza in una camera e di una coalizione che è contestata dall'altra, che chiede un nuovo conteggio dei voti, rimangono.
Ciò potrebbe consigliare, invece di una tattica, come quella di alcuni leader dell'Unione che preferiscono un rapido varo del nuovo governo (cosa che non potrÃ* avvenire, causa insediamento delle nuove camere, almeno fino ai primi di maggio, e sempre che non ci siano ulteriori complicazioni), una sorta di galateo istituzionale che venga in appoggio al capo dello Stato nel difficile passaggio che ha davanti.
Ciampi infatti ha il dovere di dare al paese un governo che governi effettivamente e non può trascurare i problemi che i leader del centrosinistra tendono a minimizzare per ragioni politiche. Il presidente si trova davanti un governo uscente il cui premier ha giÃ* fatto capire che non intende dimettersi fino a che i voti non saranno verificati e il risultato confermato o smentito; deve fare i conti con una scadenza che lo riguarda direttamente, dal momento che il 18 maggio scade il suo settennato; e deve risolvere un dubbio assolutamente legittimo sull'opportunitÃ* di dover essere proprio lui a dare l'incarico, o invece riservare questa incombenza al successore. E' presumibile che in presenza di un governo che nascerebbe comunque debole in almeno una delle camere i dubbi del capo dello Stato si rafforzino. L'insistenza in un clima di scontro frontale tra i leader dei due schieramenti - il vincitore, Prodi, che ha fretta, e lo sconfitto, Berlusconi che non riconosce la vittoria dell'altro - certo non facilita il compito del presidente, a cui non si può chiedere di accettare un parlamento e un paese diviso.
Magari non bisogna dare troppo ascolto alle prime dichiarazioni, e mettere in conto che il clima esacerbato della campagna elettorale impieghi qualche giorno, e forse qualche settimana, a diradarsi. Ma anche se il pareggio non s'è verificato, o proprio perché è apparso ed è svanito nello spazio di una notte, lasciando comunque una coda d'incertezza attorno alla prossima vita del governo al Senato, sarebbe proprio opportuno se, a partire dalla scelta dei due nuovi presidenti delle camere, e in questi primi contatti con il Quirinale per la soluzione della crisi, un po' di fair play e un pizzico di galateo istituzionali prendessero piede nei due accampamenti, dove i fumi della battaglia invece restano ancora densi.
Docente di Diritto costituzionale all'UniversitÃ* di Foggia
«Io me lo ricordo bene Berlusconi mentre magnificava in tv le qualitÃ* della sua riforma elettorale. “Questa è una legge super-democratica”, diceva, “chi prende un voto in più, governa”. Ebbene, abbiamo preso un voto in più e governeremo». Romano Prodi rispondeva così ieri ai musi lunghi di quanti gli chiedevano mezzo preoccupati e mezzo scettici cosa può e deve fare il centrosinistra dopo un voto così complicato. La conferenza stampa di Silvio Berlusconi, che non ha riconosciuto la vittoria dell'Unione e ha lanciato l'ipotesi di un governo di larghe intese, non ha colto di sorpresa il Professore. Nel pomeriggio, prima delle dichiarazioni del Cavaliere, Prodi ha incontrato a Santi Apostoli Piero Fassino e Francesco Rutelli per concordare linea e agenda dei prossimi giorni. La mossa berlusconiana era stata messa in conto: «CercherÃ* di logorarci non riconoscendo la nostra vittoria - spiegavano gli spin doctor prodiani prima che Berlusconi parlasse - e magari dopo un po', per accreditare una immagine di statista responsabile, ci offrirÃ* una soluzione per uscire insieme dalla situazione». L'offerta è arrivata prima del previsto. Ma la risposta di Prodi resta netta, nessun inciucio, e viene affidata a una scarna nota firmata Ulivo: «È grave insinuare che l'esito elettorale sia stato falsato, alterato o manipolato e ciò dimostra la volontÃ* di sovvertire l'ordine reale dei fatti: la vittoria indiscutibile del centrosinistra».
Per sfuggire il rischio logoramento i leader dell'Ulivo hanno insomma deciso di fare muro sulla base della comunione di intenti («Abbiamo vinto, governeremo», sostengono all'unisono pure Fassino e Rutelli) e di prendere tempo. La parola d'ordine è duplice: presidiare tutto il fronte della coalizione, per evitare smarcamenti davanti alle profferte del Cavaliere, e ragionare senza fretta sulla soluzione dell'ingorgo istituzionale (in un mese e mezzo saranno rinnovate tutte le principali cariche dello Stato). Sul primo obiettivo la situazione appare al Prof sotto controllo: con Fassino e Rutelli non ci sono state frizioni, Clemente Mastella viene dato «allineato e coperto», Antonio Di Pietro idem, su Fausto Bertinotti non ci sono nemmeno sospetti. Casomai grossa irritazione ha creato l'uscita di Gavino Angius, che ospite di un programma tv ha proposto di assegnare la presidenza di una delle due Camere al centrodestra.
Immediato lo stop da Santi Apostoli: «Non era in programma e non vedo perché i risultati elettorali debbano cambiare questo programma», ha detto Prodi nel corso di una conferenza stampa convocata in tarda mattinata nel suo ufficio. Duri i commenti fuori verbale dello staff: «Ci sono politici che di mattina, a mente non lucida, amano parlare in libertÃ* nei talk show». Le restanti riflessioni dei vertici ulivisti sono state dedicate alla tempistica. Costretto a rivedere i piani pre-elettorali, dove si puntava alla formazione lampo dell'esecutivo, il Prof s'è convinto che sia meglio eleggere prima il nuovo capo dello Stato e solo in seguito procedere alla formazione del suo governo. Il che non significa che Prodi debba necessariamente ricevere l'incarico da un presidente diverso da quello attuale. Il “pareggio” nelle urne ha infatti prepotentemente rilanciato l'ipotesi di un Ciampi bis, che del resto Prodi aveva cominciato a prendere in considerazione giÃ* prima del voto. Ieri, per la prima volta, il leader dell'Unione ha fatto trapelare il suo gradimento: «Non so se Ciampi vorrÃ* rimanere al Quirinale - ha detto intervistato dal Tg3 - non si è ancora pronunciato e quindi neanche io posso pronunciarmi. La mia stima veramente profonda per Ciampi è da tutti conosciuta». Per il rinnovo del mandato si sono pronunciati ieri anche Udeur e Pdci ed è noto che nei Ds i sostenitori di questa linea frequentano i piani alti del partito. Dunque lo sequenza gradita sarebbe: assegnazione di entrambe le presidenze delle Camere a rappresentanti del centrosinistra (qui restano tre uomini - Bertinotti, D'Alema e Marini - per due poltrone), rielezione di Ciampi e quindi via libera a un governo dove entrino obbligatoriamente tutti i leader di partito. «Con questa maggioranza risicata, solo un governo che tenga dentro tutti i big ha qualche chance di durare cinque anni», è il pensiero che il Prof che ha giÃ* recapitato a Fassino e Rutelli.
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