Direi che mi trovo in toto col programma del PCDL:
UN PROGRAMMA SOCIALISTA PER UN GOVERNO DEI LAVORATORI
Sono vent’anni che le sinistre italiane, politiche e sindacali, accettano di negoziare sulla piattaforma del padronato: prima sulla cancellazione della scala mobile (anni 80 e primi anni 90); poi sui tagli alle spese sociali, sulle privatizzazioni, sull’abbattimento della previdenza pubblica (92-96); poi sulla precarizzazione dilagante del lavoro. Ogni volta si è detto che i “sacrifici” richiesti servivano a ottenere miglioramenti futuri. E’ accaduto l’opposto: ogni arretramento ha preparato la strada agli arretramenti successivi. Ogni sconfitta ha trascinato con sé altre sconfitte. Sino alla devastazione attuale: in cui i figli si vedono privati delle conquiste dei loro padri.
Noi diciamo: ora basta Ogni negoziato sui nuovi sacrifici è inaccettabile e va respinto. Proponiamo quindi di partire dalle esigenze e dalle domande dei lavoratori. Quelle sacrificate da vent’anni.
Un forte aumento di salari e stipendi per l’insieme dei lavoratori dipendenti: perché con 1000 euro (quando va bene) non si raggiunge la fine del mese.
L’abolizione di tutte le leggi di precarizzazione del lavoro, dal pacchetto Treu alla legge Maroni, a partire dall’assunzione a tempo indeterminato di tutti i lavoratori oggi precari: per porre fine alla ricattabilità sociale di milioni di giovani, all’insicurezza cronica del lavoro e della vita di un’intera generazione.
L’abrogazione delle controriforme pensionistiche degli ultimi 15 anni, a favore del ritorno della previdenza pubblica a ripartizione: consentendo a milioni di giovani di godere un domani di una pensione decente, vincolata all’ultimo stipendio e sottratta al ricatto dei fondi pensione.
Un vero salario garantito per i disoccupati in cerca di lavoro e per i giovani in cerca di prima occupazione: per consentire loro di sottrarsi alla marginalità sociale, al ricatto del precariato, alle mani della criminalità organizzata.
Un massiccio investimento di risorse sotto controllo popolare, nella scuola pubblica, nella sanità pubblica, nei trasporti, nell’edilizia popolare, nel risanamento ambientale…: restituendo innanzitutto ai servizi sociali e alla qualità della vita tutto ciò che le politiche dominanti hanno loro sottratto per vent’anni a esclusivo vantaggio delle rendite e dei profitti.
A chi afferma che non vi sono risorse per finanziare queste richieste, rispondiamo che le risorse non solo esistono ma sono immense. Basta prenderle là dove sono.
Dalle decine di miliardi che le Finanziarie regalano alle grandi imprese private con gli ordinari trasferimenti pubblici (44 miliardi tra il 2000 e il 2006).
Dagli immensi profitti realizzati dalle grandi imprese in anni e decenni di supersfruttamento del lavoro e di bassi salari (41 miliardi di profitti nel solo 2005 da parte delle prime venti aziende).
Dai giganteschi utili realizzati dalle banche sia con attività di ordinario strozzinaggio (mutui) sia con l’espansione del proprio controllo sul grosso dell’economia nazionale (crescita del 50% dei profitti nel solo 2006).
Dal grande patrimonio finanziario detenuto dal 2% delle famiglie italiane (800 miliardi di euro tra i possessori di patrimoni superiori ai 500.000 euro).
Dai 21 miliardi di spese militari previsti dal bilancio dello stato (cresciuti del 13% con la finanziaria 2006) e destinati a costosissimi armamenti, missioni di guerra, e profitti dell’industria militare.
Per non parlare infine della famigerata evasione fiscale del grande capitale o della Chiesa: una Chiesa che grazie alla scandalosa esenzione di IVA ed ICI ed ai mille benefici di cui gode, sottrae all' erario pubblico 6 miliardi l' anno.
Una programma di governo non può limitarsi alla sola redistribuzione della ricchezza, ma chiama in causa il tema stesso della proprietà.
Il fatto che nelle mani di una piccola minoranza della società si concentrino tutte le leve di comando (industria, credito, servizi, telecomunicazioni, stampa) non suscita alcuno scandalo. Al contrario tutti i “democratici” lo considerano un fatto del tutto normale e inevitabile. Di più: negli ultimi 15 anni hanno sostenuto o avallato un gigantesco processo di privatizzazioni che ha allargato a dismisura proprietà e ricchezze del capitale finanziario, a vantaggio di poche grandi famiglie (vecchie e nuove) e a scapito di lavoratori, consumatori, piccoli risparmiatori, oltreché della moralità pubblica e dell’ambiente.
Noi vogliamo ribaltare questa politica. Per questo, a partire dalle lotte dei lavoratori, avanziamo alcune rivendicazioni elementari.
La rinazionalizzazione, sotto controllo operaio e senza indennizzo (se non per i piccoli risparmiatori), di tutte le aziende, i settori, i servizi che sono stati privatizzati negli ultimi 20 anni, a partire dai settori strategici: non è possibile costruire alcuna alternativa se innanzitutto non si libera il campo dalle devastazioni compiute. Se non si recuperano al controllo pubblico e all’interesse pubblico beni fondamentali per la qualità della vita, a partire dall’acqua.
L’unificazione sotto controllo pubblico dell’istruzione e della sanità: scuola privata e sanità privata non solo contraddicono la necessaria universalità e gratuità di servizi pubblici fondamentali, ma sottraggono grandi risorse al servizio pubblico. Spesso, oltretutto – come nella sanità – per truffe e speculazioni ignobili sulla pelle dei malati. E’ inaccettabile. Istruzione e sanità debbono essere pubbliche e laiche.
La nazionalizzazione senza indennizzo e sotto controllo dei lavoratori delle industrie in crisi, che inquinano, che licenziano. Migliaia di aziende prendono soldi dallo Stato per realizzare ristrutturazioni antioperaie, portare all’estero gli impianti, lasciare sulla strada i dipendenti. E’ intollerabile. E’ necessario unificare le 4.500 lotte di resistenza oggi in corso nelle fabbriche in crisi a difesa dei posti di lavoro in un ampio fronte unitario di lotta. E’ possibile solo se la parola d’ordine della nazionalizzazione delle aziende in crisi è fatta propria dal movimento operaio italiano. Come in settori d’avanguardia e lotte radicali di altri paesi.
La nazionalizzazione delle assicurazioni e delle banche. Banche e assicurazioni sono l’architrave del potere economico in Italia. Ma anche strumento di oppressione verso ampi strati popolari: attraverso il nodo scorsoio di mutui usurai, il raggiro di correntisti e piccoli risparmiatori, i legami con la criminalità, la partecipazione, da protagonisti, a truffe gigantesche e scandali nazionali (Cirio, Bond Argentini, Parmalat). La nazionalizzazione delle banche e la loro unificazione in un unico istituto di credito sotto controllo popolare, sarebbe non solo un fattore di eliminazione di irrazionalità e sprechi: ma anche una leva di igiene morale e di liberazione dallo strozzinaggio per un’ampia parte della società. E un colpo severo a mafia e camorra.
A chi obietta che queste misure, nel loro insieme, sono “incompatibili” con le leggi economiche dell’attuale società e dell’attuale Unione Europea, rispondiamo semplicemente che è vero. Infatti ci battiamo per un’altra società e per un’altra Europa.
Solo un’economia europea democraticamente pianificata, basata sul controllo delle leve della produzione e del credito da parte dei lavoratori può consentire una riorganizzazione dei rapporti sociali in funzione dei bisogni dei molti e non del profitto dei pochi.
Solo un’economia democraticamente pianificata, può affrontare in Italia la moderna questione meridionale, impiegare e valorizzare tutte le capacità di lavoro sull’intero territorio nazionale, riconvertire l’industria bellica o inquinante con piene garanzie occupazionali per i lavoratori, ampliare e qualificare la spesa sociale in direzione di case, scuole, università, ospedali, ricerca, programmare un ampio sviluppo dei servizi per l’infanzia, promuovere il riassetto idrogeologico del territorio. E una battaglia per l’alternativa anticapitalistica in Italia è parte della lotta per un’Europa socialista, oltreché un contributo importante in questa direzione.
Infine il nostro programma di governo non sarà mai realizzato nell’attuale quadro istituzionale. Richiede una trasformazione costituzionale per un altro governo e un altro Stato.
Noi ci battiamo per un altro Stato. Perché ci battiamo per il potere reale dei lavoratori e delle lavoratrici. Naturalmente lavoriamo per la difesa di tutti i diritti e gli spazi democratici che la classe operaia e le masse popolari hanno conquistato e strappato con durissime lotte. Prima contro il fascismo. Poi contro i manganelli dell’attuale “democrazia” borghese. Ed anzi lottiamo per ampliare (o recuperare) questi diritti contro l’involuzione in corso, rivendicando il ritorno a una legge elettorale pienamente proporzionale, la difesa e sviluppo delle libertà sindacali (dei singoli e delle organizzazioni), la difesa dei diritti e delle libertà delle donne, la parità di diritti tra lavoratori italiani e immigrati, contro ogni forma di xenofobia, la parità dei diritti degli omosessuali e di tutte le minoranze oppresse, contro ogni cultura e discriminazione omofobica. Ma non ci limitiamo a questo.
Non ci limitiamo a difendere diritti e spazi di tutti gli oppressi dentro l’attuale democrazia. Rivendichiamo una democrazia dei lavoratori, delle lavoratrici, della maggioranza della società: l’unica peraltro che può realizzare sino in fondo le stesse aspirazioni democratiche. Rivendichiamo in fondo la democrazia reale: quella in cui la maggioranza della società non ha solo il diritto di votare ogni 5 anni chi la governerà in Parlamento, ma ha il potere di decidere le condizioni della propria vita e del proprio futuro.
Per questo rivendichiamo una democrazia fondata sull’autorganizzazione democratica dei lavoratori stessi e delle larghe masse popolari, con rappresentanti eletti direttamente nei luoghi di lavoro e sul territorio; con il più ampio e libero confronto tra diverse proposte, candidature, organizzazioni , partiti, sulla base del principio proporzionale e del comune riconoscimento del potere popolare; dove ogni eletto è permanentemente revocabile dai suoi elettori e privo di qualsiasi privilegio sociale, economico, giuridico rispetto alla sua base elettiva; dove il potere politico concentra nelle proprie mani sia le funzioni legislative che esecutive; dove tutte le articolazioni del potere e gli stessi strumenti di difesa del nuovo ordine sociale sono basati sulla forza organizzata dai lavoratori stessi e sono posti sotto il loro controllo.
A chi obietta che è una proposta arcaica, rispondiamo che è l’unica risposta progressiva, reale, straordinariamente attuale, alle stesse istanze di moralità pubblica, trasparenza, efficienza, economicità che la propaganda dominante oggi solleva in modo ipocrita e distorto, e spesso reazionario.
“Costi della politica”? Nessuna soluzione è più economica dell’eliminazione degli stipendi faraonici agli attuali parlamentari (o consiglieri regionali); della assegnazione ad ogni deputato del popolo di uno stipendio da lavoratore; della soppressione del bicameralismo (quanto costa il Senato?).
“Efficienza”? Nessuna soluzione è più efficiente di quella che unifica poteri legislativi ed esecutivi, che smantella l’enorme parassitismo dell’attuale burocrazia dello Stato, che affida alla forza organizzata dei lavoratori e alla loro mano pesante (e non ad amministrazioni colluse o impotenti) la repressione della mafia e della grande criminalità organizzata.
“Moralità e trasparenza dello Stato”?
Nessuna soluzione è più trasparente di quella che cancella ogni forma di segreto di Stato; che abolisce la diplomazia segreta; che abbatte la separatezza dello Stato, restituendolo alla società civile. E nessuna soluzione è più igienica e morale di quella che, abolendo il potere della borghesia e il cinismo del profitto, estirpa alla radice il fondamento stesso della corruzione e del malaffare.
La politica è oggi un costoso strumento di raggiro e di privilegio. Solo il potere dei lavoratori può edificare uno Stato trasparente e a buon mercato, rifondando la natura stessa della politica e trasformandola in strumento di gestione collettiva e libera del bene comune.
Quindi in sintesi proponiamo sei punti azione da cui partire per trasformare il nostro paese:
1) la retribuzione di un deputato sia uguale al salario medio di un lavoratore e l’abolizione del Senato;
2) Contro la barbarie degli omicidi bianchi nei posti di lavoro, l’inasprimento delle pene per i padroni responsabili dell’insicurezza, l’esproprio senza indennizzo per le imprese e sotto controllo operaio;
3) Contro l’usura dei mutui contratti da milioni di lavoratori, la nazionalizzazione senza indennizzo delle banche (ovviamente senza toccare un euro al piccolo risparmio); la creazione di un’unica banca pubblica sotto il controllo popolare, come mezzo di sostegno a lavoratori e artigiani, piccoli commercianti, oggi torchiati e truffati dalle banche;
4) il ritiro immediato delle truppe italiane da tutti i teatri di guerra e comunque da tutti i paesi esteri in cui sono attualmente; la nazionalizzazione senza indennizzo dell’industria bellica; il riconoscimento del diritto alla resistenza di tutti i popoli oppressi e l’abolizione dei servizi e della diplomazia segreti;
5) contro l’offensiva oscurantista reazionaria del Vaticano contro la scienza e le donne, il rafforzamento del diritto all’autodeterminazione delle donne; l’abolizione dei fondi pubblici alle scuole e università confessionali, la tassazione progressiva del patrimonio ecclesiastico (oggi esente da IVA e ICI), l’esproprio delle grandi proprietà immobiliari della gerarchia vaticana da destinare ad uso sociale;
6) la massima libertà per la ricerca scientifica perché solo la scienza ha favorito il benessere dell’umanità migliorando le tecniche e aumentando il controllo della natura; ma per migliorare la scienza e la tecnica è necessario liberarle anche dalle pressioni del mercato, eliminando i brevetti e l’utilizzo privato delle scoperte scientifiche.
Per realizzare questo programma, il Partito Comunista dei Lavoratori indica come capo della propria forza politica Marco Ferrando, nato a Genova il 18/07/1954.
Visto che farò lo scrutatore nello stesso seggio dove voto, perso per perso il mio voto lo darò a loro che mi rappresentano.
I punti del suo programma sono completamente compatibili con quelli di
una "Sinistra Riformista", completamente contrapposta al liberismo
destraiolo all'amatriciana che vedo nel Centro-Destra... (che poi, secondo
me, manco è così "Liberista"...)
In più , c'è appunto la garanzia di una totale opposizione a Ilvio e di un
voto non disperso in formazioni minori prive di speranza (sai che la pensiamo
all'opposto su sta storia, no?)
C.
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"S'è la notizia fossi confermata sarò zio."
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